Bosco Albergati, crocevia fra Renzi e Civati

Capita di sfogliare youtube e d imbattersi in un video ‘antichissimo’, datato 2 Agosto 2010. In quella estate calda dello scontro Fini-Berlusconi, poi risoltosi in un “che fai? mi cacci”, a Bosco Albergati transitava il segretario del Partito Democratico, Pierluigi Bersani. Veniva narrato di un PD compatto, pronto ad essere alternativa. Bersani, incredibilmente, già parlava di un governo di transizione, di scopo, che facesse due o tre riforme, tipo quella della legge elettorale, un governo “senza Berlusconi”. Oggi, risentire quelle promesse fa specie, poiché il PD viene da due anni (!) di governo con Berlusconi e tutto sembra assolutamente normale, per l’Apparato, tutto dovuto e sacrificato sull’altare della responsabilità verso il ‘paese in crisi’.

Da Bosco Albergati, piccolo centro in cui il PD modenese organizza la sua festa, sono passati Epifani, Renzi e – giusto ieri sera – Pippo Civati. Di Renzi le cronache riportano di “un’ora scarsa di intervento” (modenatoday.it), di un intervento che doveva lasciar presagire ben altro, fatto alla maniera di un comizio, da un palco, dietro uno scranno; ripreso dalle tv più importanti e tradotto in titoloni, il giorno stesso sui siti web dell’informazione ortodossa (La Repubblica). Renzi ha calcato la mano sul governo, Renzi ha chiesto al segretario Epifani di fissare la data del congresso, Renzi detto la sua sulla sentenza Mediaset, “Renzi ha sfoderato le cinque E (educazione, energia, equità, Europa e entusiasmo)”, che ricordano tanto le tre i di berlusconiana memoria.

Ora, nulla di quanto è stato detto è sbagliato o estraneo al Partito Democratico (le tre E a parte). Quel che è sbagliato è il metodo: usare Bosco Albergati per la messinscena di una ‘discesa in campo’ (Dio ce ne scampi e liberi), occupando un pubblico e un palco che sono del Partito, senza per questo mettersi a sua disposizione, a disposizione di quei volti di donne e uomini democratici che affollano ogni sera quella e altre feste e che hanno la pazienza (ancora) di ascoltare promesse e progetti (che speriamo non facciano la fine di quelli enunciati da Bersani nel 2010).

Non è successo questo quando ieri sera Pippo Civati è andato, con la propria macchina, facendo la coda per la strada come un normale visitatore, arrivando umanamente in ritardo, sfilando fra le sedie con la camicia stropicciata, proprio in quel di Bosco Albergati, non già per sottoporre i presenti alla propria versione di comizio, bensì per rispondere alle domande dei moderatori e dei presenti, senza un canovaccio scritto ma parlando ‘a braccio’. L’antitesi della comunicazione renziana, e non per questo deve essere svalutata o considerata meno efficace. Civati consegna alla politica una dimensione di genuinità che si è persa oramai da troppi anni.

E se per ascoltare Renzi erano presenti almeno duemila persone, per Civati vi era una “grande folla” (cfr. Gazzetta di Modena; per Epifani erano una cinquantina).

Qui di seguito lo Storify: http://storify.com/Ciwatweets/pippo-civati-festa-pd-bosco-albergati-10-08-13

renzi

civati_boscoalbergati[foto Gazzetta di Modena]

 

Verso Epifani: il Caminetto vince su #OccupyPD?

Sul nome di Epifani, è scritto, si sarebbe raggiunto un accordo fra le varie componenti del Partito Democratico. Quali siano le suddette componenti è – e resterà – un fitto mistero. Non è chiaro, per esempio, se quei famosi 101 del killeraggio prodiano siano una squadra coesa o – per così dire – a geometria variabile. Non è chiaro affatto se essi diventeranno fieri sostenitori dell’ex segretario CGIL oppure siano mandati in ordine sparso, irriconoscibili fra i tanti, a seminare il dubbio dopo aver palesato in pubblico la propria approvazione per il nome del ‘traghettatore’.

In ogni caso il traghettatore è stato indicato preliminarmente contando sul fatto che gli altri, gli oppositori della linea del governissimo, che sono quasi certamente più di uno ma non quei 101, non sono pienamente allineati intorno a un nome che possa essere condiviso dalla restante parte. Di fatto non c’è e non ci sarà una candidatura alternativa a quella di Epifani, pertanto i giochi si possono dire già fatti. Ancora una volta la decisione è presa altrove, non dagli organismi deputati, in questo caso l’Assemblea Nazionale, ma dalle riunioni del cosiddetto Caminetto, il gruppo ristretto dei dirigenti prescelti.

Solo il dibattito di domani potrà chiarire definitivamente se e come il PD andrà a congresso in autunno. Epifani viene etichettato come traghettatore ma l’impressione è che la scelta del suo nome sia stata molto ragionata anche se non è detto che sia ragionevole. Se l’obiettivo era quello di ricompattare il partito, in realtà la sua nomina potrebbe avere l’effetto di accentuare la polarizzazione interna fra la sinistra e i neo-democristiani.

Può il PD fondare la propria esistenza sulla dicotomia Letta-Epifani? Può Epifani rappresentare una discontinuità con la segreteria dimissionaria? E che fine ha fatto il metodo democratico?

Domani i ragazzi di #OccupyPD presidieranno il Padiglione 10 della Nuova Fiera di Roma. Proporranno 4 punti, fra i quali il congresso subito. Ma il Padiglione 10, domani, potrebbe essere sufficientemente impermeabile alle loro richieste.

Festa PD: Bonanni contestato, “squadristi”. Ma è crisi delle relazioni industriali

Liberi fischi in libero Stato, scriveva ieri Travaglio nella sua striscia settimanale sul blog di Grillo. Ora dovrebbe coniare un altro detto, del tipo Libero Fumogeno in libero Stato. A questo si è giunti oggi alla Festa PD, durante il dibattito con Bonanni (CISL). La contestazione è scesa a livelli da stadio: c’è stata anche l’invasione di palco.

Bonanni è stato prima accolto dai centri sociali con da fischi, urla e lanci di banconote finte. Quindi, quando è stato raggiunto da un fumogeno che gli ha bruciato il giubbotto senza però ferirlo (La Repubblica.it).

Marchionne comanda e Bonanni obbedisce, uno degli slogan. Tanto per capirci: a ciò si arriva perché manca la politica. Federmeccanica disdetta il CCNL, la Fiom si oppone e minaccia il ricorso a vie legali. Dove è il governo in tutto questo? Le parti sociali hanno oramai aperto il conflitto, la concertazione è solo più un campo di cenere e non c’è più freno all’arroganza. Si potrà mai fermare questa discesa all’inferno del conflitto sociale? Sacconi ha diviso il sindacato. Berlusconi ancora dimentica di nominare il Ministro allo Sviluppo Economico. Il governo con la scadenza abbandona il paese; i lavoratori mai li ha presi in considerazione.

Ma ora gli effetti nefasti della globalizzazione hanno avviato l’Italia verso una infelice deindustrializzazione. Non c’è un solo settore dell’industria a essere salvato dalla concorrenza cinese, dell’est Europa o dell’America Latina. Per un imprenditore non c’è alcuna convenienza a produrre in Italia. Produrre qui da noi costa venti volte che in Cina o in Messico. La globalizzazione ha emesso una condanna per la nostra industria. O si cambia, o si chiude. Lo dicono in molti, anche fra i finiani: serve un nuovo patto fra Capitale e Lavoro. Non già a senso unico, sia chiaro. Il lavoro deve essere rispettato, concedendo aumenti salariali e ribadendo la necessità di combattere la precarietà. Eppure, per poter essere competitivi, le relazioni industriali devono rinnovarsi. A cominciare dalle forme contrattuali, i cui rinnovi costano troppo in termini di contrattazione e ore di sciopero. Aprire le Assise del Lavoro sarebbe una buona idea. Discutere del lavoro è necessario e urgente.

Ecco perciò che un sindacato asservito al governo, come sembra essere quello guidato da Bonanni, non serve a nulla. Bonanni oggi è vittima di un’aggressione verbale. Però è anche arteficie di questa situazione di blocco: lui e Angeletti hanno rotto con CGIL; loro hanno permesso la creazione di un ghetto per il sindacato di sinistra. Un ghetto nel quale rimane ancor più isolata la FIOM. Anziché creare i presupposti di un dialogo che comprendesse anche Epifani e Landini, hanno lavorato per delegittimarli. Questa è la loro grave colpa.

Oggi viene facile gridare ‘squadristi’ a coloro che danno alla loro protesta la forma poco democratica della rivolta. La rivolta è ciò che serve per uscire dai ghetti, se lo ricordino. Invece, a questo paese, servono dialogo e democrazia, a cominciare dalle relazioni industriali. Certamente, al governo non ci tengono a dare il buon esempio. Prendete ad esempio le dichiarazioni di oggi di Bossi a margine della condizione di quasi crisi di governo:

Governo: Bossi, se tecnico portiamo dieci milioni di persone a Roma

Fini: Bossi, ognuno si fa uccidere dall’elettorato come vuole

Ecco, questo lessico trasuda violenza e conflitto. E generalmente il lessico è una anticipazione dell’agire collettivo. Se il lessico politico si fa violento, allora, prima o poi, quella violenza verbale si farà atto compiuto. La storia recente ce lo ha insegnato. Tenete presente ciò che accadde negli anni ’70 in questo paese.

Per concludere, il premio dell’Incoerenza è assegnato a Antonio di Pietro, prima difensore del diritto di fischiare Schifani e ora…

BONANNI CONTESTATO: DI PIETRO, VIOLENZA DANNEGGIA DEMOCRAZIA