C’è una giustizia malata, una “giustizia criminale” che bisogna combattere. Non è la giustizia rappresentata dai giudici piterzisti come Alfonso Marra e Arcibaldo Miller. No. Le frasi del famigerato capitano Ultimo, al secolo Sergio De Caprio, il carabiniere passato alla storia per aver catturato il Capo dei Capi, il sanguinario Totò Riina, non lasciano spazio al dubbio. E’ criminale quella giustizia che osa mettere in dubbio l’operato delle forze dell’ordine, e in special modo dei Ros, nei mesi delle stragi del 1992-93. Sono criminali quei giudici che hanno avanzato teoremi assurdi, che hanno ipotizzato una trattativa fra lo Stato e la Mafia. E’ criminale – quindi – anche chi dice che dietro via D’amelio non vi è solo la Mafia:
«Mi sembra che il patto tra mafia e pezzi dello Stato sia quello che stanno facendo adesso questi strani personaggi , portando avanti le tesi di Riina. I ragazzi devono invece sapere che lo Stato ha combattuto la mafia e ha vinto», ha detto Ultimo […] «bisogna riflettere su criminalità e giustizia e capire se c’è una giustizia criminale che aiuta Riina e che invece combatte quelli che hanno combattuto Riina» […] Una «giustizia criminale», alla quale Ultimo fa riferimento anche a proposito della recente sentenza che ha condannato a 14 anni di reclusione per droga il generale Giampaolo Ganzer, comandante dei carabinieri del Ros […] il problema è riflettere tra criminalità e giustizia, individuare la “giustizia criminale” e combatterla (
Mafia: “Cap. Ultimo”, «Chi parla di stragi di Stato è un vile criminale» – Corriere della Sera).
I giudici di Caltanissetta, di Palermo, di Firenze sono allora ‘giustizia criminale’? Ostinarsi a non credere alle frettolose ricostruzioni fatte negli anni a seguire le stragi vuol dire forse aiutare Riina? E’ strano – e pericoloso – che un ex carabiniere dei Ros, un uomo dello Stato, giunga a dire che vi è una giustizia criminale e che questa giustizia deve essere combattuta. Sono dichiarazioni ai limiti dell’eversione. E non è finita: le sconcertanti parole di De Caprio alias Ultimo trovano una spalla di appoggio nell’editoriale di oggi di Maurizio Belpietro su Libero.

Belpietro cerca una analogia forzata con il 1992: oggi come allora le toghe tentano il ribaltone. Ieri, fuori il pentapartito e i socialisti in primis per permettere l’alternativa che il PCI non si era mai potuto permettere; oggi abbattere il nemico Berlusconi. Con una differenza sostanziale, però:
L’attacco è ora rivolto agli uomini della sicurezza, a Nicolò Pollari, a Mario Mori, a Giampaolo Ganzer, a De Gennaro. La giustizia criminale attacca i tutori dell’ordine. La tesi è che così si prepara il ‘governo dei giudici’, nella maniera già studiata a suo tempo dal temibile eversivo pool di Mani Pulite, alla cui testa vi era l’oscuro Saverio Borrelli:
Certo, c’è qualche toga che potrebbe rimanere invischiata nell’operazione pulizia, ma si tratta solo di un “effetto collaterale”.
Colpisce, e non poco, la similarità delle due tesi. Entrambe estendono l’attacco alla giustizia anche ai casi che esulano dalle inchieste di Mafia – vedi caso De Gennaro, Ganzer e Pollari. Come se ci fosse un disegno politico da far passare a tutti i costi alla luce dell’opinione pubblica proprio nel giorno della ricorrenza della strage di via D’Amelio, in cui servitori dello Stato di tutt’altra fattura persero la vita. Un disegno che comprenda tutti i funzionari dei servizi e delle forze dell’ordine coinvolti in inchieste giudiziarie. Funzionari che hanno agito ai limiti della legge o fuori della legge, funzionari che hanno tradito, secondo i magistrati; funzionari fedelissimi all’esecutivo, evidentemente secondo Libero e Ultimo, che in qualche modo bisogna pur difendere.
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