L’inaccettabile minaccia di Cicchitto sul DL Anticorruzione

Così inizia il discorso alla Camera di Fabrizio Cicchitto, ieri, durante la discussione preliminare al voto (poi favorevole) sul DL Anticorruzione:

Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio innanzitutto sgombrare il campo da un dato. Noi, nel corso di tutti questi anni, siamo stati in prima fila nella lotta contro la corruzione e contro la mafia […] Nella lotta alla mafia il Governo Berlusconi dal 1994 ha condotto una battaglia, sia per quello che riguarda l’articolo 41-bis, la sua estensione, senza nessun compromesso, ragion per cui noi consigliamo al dottor Ingroia, che la mattina fa il magistrato, il pomeriggio il politico e adesso si sta avviando a fare anche il romanziere, di frequentare la scuola di scrittura creativa di Alessandro Baricco, a Torino, così potrà anche arricchire il suo bagaglio culturale.

Cicchitto tenta quindi di fare una ricostruzione storica e insieme antropologica della corruzione in Italia, dalla vicenda di Tangentopoli alla situazione attuale, fatta di capobastone, di corruzione diffusa e parcellizzata, “trasversale”, dice lui. Lui e il suo gruppo politico avrebbero voluto parlare di tutto ciò, avrebbero voluto parlare di quella parte politica e imprenditoriale che è stata salvata da Tangentopoli. Dell’uso politico della giustizia. Del traffico di influenza. Avrebbero voluto parlarne, per ore ed ore, fino alla fine della Legislatura. Ma:

le diciamo francamente, onorevole Ministro (si riferisce al Ministro Severino), che noi avremmo voluto liberamente dibattere e discutere su questi due punti senza che lei fosse venuta qui in Parlamento a metterci le manette ed impedirci di fare un confronto libero, quale sarebbe dovuto essere e quale un Governo tecnico, privo di una sua maggioranza nel Paese, avrebbe dovuto consentirci. Allora, onorevole Ministro, le dico due cose: in primo luogo che noi faremo di tutto in Senato per cambiare in questi punti questo disegno di legge; in secondo luogo, che occorre sempre un bilanciamento di poteri, ce lo insegnano i padri costituenti; ed essi avevano creato un bilanciamento di poteri nell’articolo 68: nel momento in cui si dava alla magistratura un potere ed un’autonomia inusitata si doveva dare anche al potere politico una garanzia istituzionale […] al Senato noi sosterremo la responsabilità civile dei giudici e le diamo un elemento di riflessione: non ci venga a proporre emendamenti con l’esercizio da parte del Governo della fiducia, non venga ad esercitare questo perché noi, in questo caso, non voteremo la fiducia su questo punto, perché non vorremmo essere ulteriormente strangolati. Come si suol dire e come dice il proverbio, uomo o donna avvisati, sono mezzo salvati…

Ecco, niente fiducia se il governo mette il becco sull’Anticorruzione come ha fatto nell’iter di approvazione alla Camera. “Non vorremmo essere ulteriormente strangolati”!, dice Cicchitto. Ci avete “messo le manette”. Ergo, il DL Anticorruzione verrà parcheggiato al Senato, laddove è stato partorito dalle fervidi menti del precedente governo. Il governo Monti è avvisato, se impedirà ai senatori del PdL di stravolgere il disegno di legge verrà sacrificato e addio risanamento dei conti pubblici. La corruzione non può essere regolata da mani estranee. La corruzione è roba per gente del mestiere, non so se mi spiego.

Caso Ruby, Cicchitto mente sul giudice naturale

Cicchitto, in fase di commento alla notizia del giudizio immediato di Berlusconi per il caso Ruby, si inventa teorie senza senso:

1 – La persecuzione nei confronti di Berlusconi da parte dei magistrati continua con il piede spinto sull’acceleratore. La difesa reagira’ a questo tentativo di sottrarre il premier dal suo giudice naturale

2 – Rinvio a giudizio immediato solo per Berlusconi e non per gli altri indagati (quindi è persecuzione).

FALSITA’ n. 1:

C’è un equivoco fondamentale, però, ed è quello che determina l’imbroglio operato da Cicchitto e da molti difensori di Berlusconi, nonché da Berlusconi stesso. Benché venga informalmente chiamato “tribunale dei ministri”, il collegio che si occupa dei reati ministeriali non ha funzioni giudicanti. Il tribunale dei ministri non ha a che fare col giudizio sull’eventuale reato: istruisce il processo. Ha il compito di condurre le indagini preliminari e poi, al loro termine, decidere se archiviare la pratica – se ritiene che si configurasse l’esercizio delle funzioni – o disporre il rinvio a giudizio. Nel secondo caso, gli atti tornano alla procura e il processo viene poi condotto da un tribunale ordinario: e lì si troverà il “giudice naturale”. Il tribunale dei ministri, quindi, non è affatto un “giudice”, e quindi non può essere il giudice naturale. Il “giudice naturale” di Berlusconi è quello competente per il reato che è accusato di aver commesso telefonando alla questura di Milano per far rilasciare Ruby: il tribunale di Milano (Il Post).

FALSITA’ n. 2:

Il giudizio immediato viene chiesto per l’indagato verso il quale il magistrato ha raccolto prove evidenti, ovvero prove che rendono immediatamente manifesta la sua colpevolezza. E’ Berlusconi ad effettuare la famosa telefonata in Questura per permettere il rilascio di Ruby, non Emilio Fede, non Lele Mora. D’altronde, solo Berlusconi si trova nella posizione di poter compiere il reato di abuso d’ufficio: egli ha fatto valere la propria carica istituzionale per ottenere o far ottenere un favore da un funzionario di polizia. Così recita l’articolo 317 del Codice penale: “Il pubblico ufficiale che abusando della sua qualità o delle sue funzioni costringe o induce taluno a dare o a promettere, indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dodici anni”. “La concussione è “in re ipsa”, cioè nella telefonata stessa del presidente del Consiglio che è in sé un’indebita pressione, anche se i poliziotti non avessero poi seguito i “desiderata” di Berlusconi”, scrive Massimo Fini su Il Fatto. Sono chiare quindi le ragioni dello stralcio della posizione di Berlusconi, a differenza di quel che vuol farci credere Cicchitto.

Ruby, Cicchitto choc: abbasseremo la maggiore età

Non è uno scherzo. No, ho verificato. Non è assolutamente uno scherzo. Quanto sopra è stato veramente detto da Fabrizio Cicchitto, capogruppo PdL alla Camera, piduista invecchiato 30 anni, forse da rottamare, considerato lo sproloquiare degli ultimi giorni. Oggi ha esordito – forse reduce da un bunga bunga – con una perla che resterà negli annali. No, non basta tutto lo scandalo e la vergogna che valicano i confini e raggiungono i giornali esteri. No, non si finisce mai di contribuire a questo sfascio.

Cicchitto ha risposto ad una domanda dei giornalisti, i quali gli chiedevano come si sarebbe comportato il PdL, la prossima settimana, quando la convenzione di Lanzarote, ovvero il trattato internazionale sottoscirtto anche dall’Italia contro lo sfruttamento e l’abuso minorile, giungerà in aula al Senato per il voto di approvazione:

“Colgo la provocazione che è insita nella sua domanda, comunque voteremo sì”, afferma Cicchitto. Potrebbe bastare, ma no. Lui sente il dovere di ragguagliarci sulle iniziative della maggioranza in proposito. E questa Convenzione fa proprio al caso del loro Padrone:  “la Convenzione di Lanzarote che il governo italiano deve ratificare prevede, tra l’altro, il raddoppio delle pene per prostituzione minorile” (Asca News).

Pensate che non verrà nuovamente preparata una leggina ad personam, anzi ad minor. Cicchitto ha così confermato – senza neppure un minimo di imbarazzo – che “allo studio del governo c’e’ una legge per l’abbassamento della maggiore eta’: ”E’ una delle tante questioni che ci sono sul tavolo – ha spiegato – ma non e’ la piu’ urgente” (Asca News, cit.).

Una bagatella di poco conto, diciamo: legalizzare il bunga bunga con le diciassettenni. Primo punto del programma di governo.

 

Dietro gli scandali, la mafia. Parola di Berlusconi

Opera Buffa, "Una commedia che dura da troppo tempo", The Economist, oggi 04.11.2010

Il caso Ruby? Le rivelazioni di Nadia Macrì? Sono opera della mafia che si vendica di Berlusconi e della sua politica irreprensibile in fatto di lotta alla criminalità. In verità la frase pronunciata dal Presidente del Consiglio dinanzi alla platea della Direzione Nazionale del partito è diversa:

Per la prima volta si profila la possibilità di sconfiggere per sempre la piaga della mafia e della criminalità organizzata. I colpi che infliggiamo ci fanno dire che nessuno oggi può eslcudere che alcune cose che accadono siano vendette della malavita (Il Fatto Quotidiano).

Stasera, Fabrizio Cicchitto, portavoce del PdL, durante Otto e Mezzo la trasmissione di La7, avverte: certe dichiarazioni di alcuni presunti pentiti, di Ciancimino, di Spatuzza, lasciano presagire uno scenario allarmante. Si farebbe un uso criminoso del pentitismo a fini politici. Non mi sento di specificare oltre, fa presente Cicchitto. All’insistenza della Gruber, che lo incalzava in maniera molto morbida sia chiaro, chiedendogli se il caso Ruby e Macrì fossero da mettersi in correlazione con una possibile probabile vendette mafiosa, Cicchitto ha sin quasi balbettato. Ha preferito riparare dietro il discorso anti-Ciancimino. Una frase, quella del premier, che imbarazza persino i suoi. Ma che c’entrano le escort con la mafia? Quale salto quantico si può compiere per mettere in congiunzione due ambiti apparentemente distinti? Come si arriva da Ciancimino e dal caso del Generale Mori alla vicenda tristissima di puttanopoli?

Una frase tanto grave dovrebbe mettere in agitazione tutto lo staff dedicato alla sicurezza del (finto) premier. Ma ancora una volta si compie lo scempio della parola al solo fine di riparare al danno politico creato dallo scandalo escort. Basta spararla grossa, poi tutto si aggiusta. Magicamente.