Agcom, un forcone sul web italiano

Domani, e in tutta fretta prima che sia insediato il nuovo commissario (non sia mai che abbia da ridire qualcosa sui tempi e sui metodi), l’Agcom approverà un regolamento contenente le norme che definiscono l’istruttoria della rimozione di contenuti sul web ritenuti lesivi del diritto d’autore. Chiunque abbia a lamentare una violazione del copyright, può seguire la sottostante procedura, al cui termine siede come un samurai la Direzione Agcom, pronta a segar via dal web i contenuti lesivi, lasciando all’utente pochissime opportunità d’appello.

Vi descrivo brevemente la procedura contenuta nella delibera:

  1. Procedura di notifica di violazione del diritto d’autore (notice and take-down): richiesta di rimozione del contenuto al gestore del sito su cui lo stesso è disponibile o al fornitore del servizio di media audiovisivo o radiofonico che lo abbia messo a disposizione del pubblico;
  2. L’uploader rimuove il contenuto spontaneamente >> fine della contestazione // L’uploader non rimuove il contenuto spontaneamente;
  3. Il gestore del sito rimuove il contenuto >> l’uploader ha facoltà di contestare al gestore del sito l’avvenuta rimozione; il gestore ha quattro giorni per ripristinare il contenuto, se ritiene legittima l’opposizione dell’uploader;
  4. Nel caso in cui nessuno dei due soggetti proceda alla rimozione, è quindi possibile inviare entro sette giorni la segnalazione alla Direzione Agcom, la quale provvede all’esame del caso (va da sé che anche l’uploader ha il medesimo diritto di ricorrere all’Agcom qualora il gestore del sito non provveda al ripristino del contenuto rimosso);
  5. Nella propria valutazione, l’Agcom tiene conto delle seguenti eccezioni: materiale pubblicato per finalità didattiche e scientifiche; per l’esercizio del diritto di cronaca, di commento, di critica e di discussione nei limiti dello scopo informativo e dell’attualità; assenza della finalità commerciale e dello scopo di lucro; occasionalità della diffusione, la quantità e qualità del contenuto diffuso rispetto all’opera integrale che non pregiudichi il normale sfruttamento economico dell’opera;
  6. L’Agcom ha venti giorni per deliberare nel merito;
  7. LAgcom può:
    • ordinare ai gestori di siti i cui nomi di dominio siano stati registrati da un soggetto residente o stabilito in Italia, la rimozione selettiva dei contenuti oggetto di segnalazione;
    • ordinare ai gestori dei gestori di siti i cui nomi di dominio siano stati registrati da un soggetto non residente o non stabilito in Italia: a) richiamare i gestori dei siti al rispetto della Legge sul diritto d’autore; b) chiedere loro di rimuovere selettivamente i contenuti lesivi; b) segnalare il tutto all’Autorità giudiziaria competente;

In questa procedura, tranne che per il caso dei siti registrati all’estero, non rientra mai l’autorità giudiziaria. Dinanzi alla richiesta di rimozione, i gestori dei siti non possono far altro che piegare la testa e censurare il contenuto, almeno in via cautelare. Il tempo di risposta è così breve – quattro giorni – che rende pressoché sicuro il ricorso all’Agcom. L’Authority sarà strutturata a sufficienza per sopportare il carico di lavoro derivante dalla mole dei ricorsi?

Naturalmente il governo Letta, per bocca della sottosegretaria ai Beni e alle Attività culturali Simonetta Giordani, ha approvato l’attività regolamentare in materia di diritto d’autore senza nemmeno porsi il problema se una Authority potesse normare in materia di diritti costituzionali. Solo la voce solitaria di Felice Casson aveva chiesto all’Agcom di fermarsi.

Nel silenzio generale, il web italiano viene infilzato dal forcone dell’Agcom.

Il pasticcio su Nitto Palma: così Grillo può gridare di nuovo all’inciucio

Si parla di telefonate dal Colle per fermare i ribelli del PD (ma in sei hanno resistito al richiamo all’ordine). Giarrusso del M5S ha rivelato in serata di aver dato ai democratici la disponibilità di tutto il M5S a votare Felice Casson. Giarrusso ne ha parlato con Zanda, e con il medesimo Casson.

Così avrebbe detto all’Huffington Post: “È arrivata una telefonata dal Colle, perché altrimenti il governo sarebbe stato a rischio e Palma non poteva saltare. Noi in terza votazione abbiamo votato un nostro nome solo per poter arrivare al ballottaggio e dare fino all’ultimo la possibilità al Pd di ripensarci. Ma Zanda ha deciso di continuare su quella strada”.

Felice Casson ha risposto molto sinteticamente alle domande dei cronisti: “La commissione giustizia tratta come si vede materie delicate e a volte incandescenti. Per questo abbiamo cercato la più ampia condivisione. Non avendola trovata abbiamo votato coerentemente scheda bianca”. Si può solo ipotizzare che la condivisione non sia stata trovata non tanto fra i senatori delegati ma all’interno del partito. Oppure i delegati del PD tentavano di divergere verso un altro nominativo targato Pdl al fine unico di rispettare la logica spartitoria e di evitare controindicazioni nella maggioranza. Un nome che non fosse quello di Nitto Palma. Ma, a sorpresa, ad astenersi alla terza votazione sono stati i due senatori leghisti, che sono stati provvidamente sostituiti da due senatori PD poco convinti della strategia Capacchione-Casson. Rosaria Capacchione aveva dichiarato nei giorni scorsi: “Non potrei tornare a Napoli se voto l’amico di Cosentino”. L’amico di Cosentino è riuscito a prendere i voti ma senza il suo aiuto. Magra consolazione.

Grillo, dal suo canto, ha scritto in serata un post al veleno. Secondo il Capo Comico, la lista dei presidenti eletti “è una provocazione verso i cittadini per scelta delle persone e per la loro generale incompetenza. Se ci fosse una Commissione per i Cessi di Montecitorio occuperebbero anche quella, metà chiappa pdl, metà chiappa pdmenoelle e lascerebbero il cesso da pulire alla finta opposizione di Sel”. Però nella lista ignominiosa inserisce anche Donatella Ferranti del PD (Giustizia). E questo è molto poco condivisibile, anche se la deputata del PD è stata eletta tale anche con i voti dei pidiellini. Sono gli effetti collaterali del cosiddetto Manuale Cencelli.

Donatella Ferrante è una ex magistrato, ha lavorato a lungo nel Csm, prima alla Segreteria presso le Commissioni per la valutazione di professionalità, per la formazione, incarichi direttivi, organizzazione e incompatibilità ambientale e funzionale dei magistrati, successivamente dal 2004 prima come vicesegretario e poi come Segretario Generale fino al marzo 2008, quando poi è diventata parlamentare del PD. Durante la XVI Legislatura è stata capogruppo del PD in 2a commissione Giustizia alla Camera. Non una personalità politica di cui vergognarsi, insomma.

Poche parole invece per Capezzone o per Formigoni, per esempio. Nomina, quest’ultima, ancor più scandalosa visto il suo fresco rinvio a giudizio per l’inchiesta sullo scandalo Maugeri. Ma a Grillo, come al solito, non interessa fare distinzioni. Nè ora né mai.

Nitto Palma messo al tappeto due volte – M5S decisivo per il voto di domani

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Ma, vi avverto, domani difficilmente potrà essere sostituito poiché basterà la maggioranza semplice. Oggi doveva riceve 14 voti, ne ha ricevuti 13. Pensate a un effetto dei soliti riottosi parlamentari del PD eletti con le primarie? In Commissione Giustizia al Senato siedono Rosaria Capacchione, Felice Casson, Luigi Manconi. Rosaria Capacchione è stata inserita in lista da Bersani. E’ una dei parlamentari PD facente parte del listino del segretario. E certamente il suo nome non risulta fra i 13 votanti di Nitto Palma.

Eppure un ignoto franceschiniano, riportano le cronache televisive del Tg La7, avrebbe esclamato: “questo PD è incontinente”. Dall’altra parte della ormai ex barricata, Renato Schifani richiama tutti alle “proprie responsabilità”. Il PD viola i patti, tuonano. Sempre Schifani, questa volta al TG5: “il Pdl ha dimostrato di essere responsabile poiché ha votato i candidati del PD nelle altre commissioni, altrettanto non è successo nel caso del nostro senatore Nitto Palma”, “è un fatto politico e non un caso di franchi tiratori”.

Felice Casson annuncia che domani i parlamentari del PD voteranno un loro candidato. Dice che non c’era nessun accordo, almeno per loro: “Cercavamo un candidato condiviso ma se tutto il Pd non lo ha votato evidentemente non lo è”. Il Messaggero riporta il fatto che i democratici sono rimasti in aula altri dieci minuti oltre la fine della riunione insieme ai delegati di Sel e del M5S. Qualcuno subodora una imboscata? Può darsi. I 5 Stelle hanno piazzato in 2a Commissione Giarrusso, Airola, Cappelletti, Buccarella. Non voteranno mai Nitto Palma. Ma possono votare un candidato del PD e di Sel? Ecco, magari sarà la Commissione Giustizia a creare un nuovo ponte con l’inesplorato (da parte del PD) mondo pentastellato.

Fatti i conti in tasca all’avversario (che ripeto, in clima di governissimo, è un modo di dire desueto), la previsione per il voto di domani potrebbe essere:

Voto congiunto PD-Sel-M5S, voto Grandi Autonomie pro Palma

– candidato PD; Airola, Buccarella, Capacchione, Cappelletti, Casson, Cirinnà, De Cristofaro,   Filippin, Giarrusso, Ginetti, Lo Giudice, Manconi, Zeller – 13 voti

– Nitto Palma – votato da Pdl. Lega, Scelta Civica: 13 voti

Voto congiunto PD-Sel-M5S e contemporanea astensione Scelta Civica, voto Grandi Autonomie pro Palma

– candidato PD: 13 voti;

– Nitto Palma: 11 voti.

Resta l’incognita della scelta del rappresentante del gruppo Grandi Autonomie. Se dovesse astenersi o votare PD, il candidato dei democratici passerebbe anche senza astensione di Scelta Civica. Sempre che il M5S voglia scongiurare la presa della Commissione da parte dell’ex ministro del governo Berlusconi IV.

PD, eppur si muove: mobilitazione online contro il bavaglio ai bloggers

Aboliamo il comma ammazza-blog

Potrà sembrare poco. Ma per il PD è tanto. E’ il segnale che il corpo della ‘balena’ è ancora vivo e si muove con una intensità leggermente in crescita. Così è stata lanciata una campagna online di mobilitazione contro una norma della Legge Bavaglio che interessa i blogger, norma passata sotto silenzio nei giorni della battaglia al Senato; norma che estende l’obbligo di rettifica previsto dalla Legge sulla Stampa, n. 47/1948, esponendo i bloggers a sanzioni pari a 12.500 euro. La norma non è stata finora oggetto di alcun emendamento. E’ ancora nella sua versione originale come redatta dal governo.

Su questo blog si è parlato dell’iniziativa di Il Nichilista e Byoblu, i quali hanno cercato la sponda di un parlamentare PdL (Cassinelli), per ottenere una modifica almeno parziale del comma 28 – o 29 nel testo come approvato dal Senato. Si è discusso se la proposta di emendare il comma ammazza-blog non fosse aprire la strada per la sua accettazione e implementazione nel sistema giuridico e nella cultura di questo paese. Ho spiegato il mio punto di vista: la proposta di Cassinelli è insufficiente poiché limitata solamente a modificare il termine delle quarantotto ore di tempo per la rettifica. Manca del tutto una trattazione sul divieto di contro-commento da parte del blogger e in fatto di sanzioni. Pertanto il destino di questa norma deve essere soltanto quello di essere accantonata.

Civati, Orfini e Gentiloni hanno il merito di aver messo all’ordine del giorno questo problema, altrimenti confinato ai dibattiti online. No, il bavaglio ai blogger è altrettanto pericoloso di quello ai giornalisti e deve essere tolto. Emendarlo è un compromesso al ribasso che potrebbe soltanto limitare i danni gravissimi portati alla libertà individuale di ognuno di noi.

Sottoscrivi anche tu l’appello su Facebook:

Il Partito Democratico lancia, per la prima volta nella sua storia, una mobilitazione online contro la legge sulle intercettazioni per la parte che riguarda internet. L’iniziativa è di Pippo Civati, Paolo Gentiloni, Matteo Orfini e sostiene il lavoro parlamentare di Felice Casson e Vincenzo Vita, richiamando tutti ad appoggiare l’emendamento che vuole abrogare una delle tante cose sbagliate contenute nella legge voluta dal governo Berlusconi, ovvero l’obbligo per i blog di pubblicare le richieste di rettifica entro 48 ore o esporsi a una possibile multa di 12.500 euro. L’invito per tutti è a sottoscrivere e rilanciare l’appello (Nessuno tocchi i blog | Cambia l’Italia).

L’appello/ Nessuno tocchi i blog

Art.1, comma 29 del ddl intercettazioni: i blogger devono pubblicare le richieste di rettifica in 48 ore o pagare fino a 12.500 euro. Aboliamo questa norma. Metti questa campagna sul tuo status Facebook

Da pochi giorni in Senato la maggioranza con la trentesima fiducia ha approvato il ddl intercettazioni: un testo che tutela meglio i criminali dei cittadini e uccide il diritto ad essere informati. Tra i commi del testo ci sono attacchi e censure anche alla Rete. Una pagina davvero brutta per la democrazia italiana, il ddl intercettazioni dopo 2 anni di gestazione si dimostra un grande esproprio della democrazia e dell’informazione, dove le notizie cattive si sommano, e ora toccano anche il controllo e la censura della Rete. Come hanno indicato i senatori del Pd Vincenzo Vita e Felice Casson tra i tanti passaggi liberticidi e censori del maxiemendamento sulle intercettazioni ce n’è anche uno devastante per la rete. Infatti, per ciò che attiene alla ‘rettifica’, si equiparano i siti informatici ai giornali, dando ai blogger l’obbligo di rettifica in 48 ore. Il comma 29 dell’art. 1 prevede che la disciplina in materia di obbligo di rettifica prevista nella vecchia legge sulla stampa del 1948 si applichi anche ai “i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”! I blogger all’entrata in vigore della nuova legge anti-intercettazioni, dovranno provvedere a dar corso ad ogni richiesta di rettifica ricevuta, entro 48 ore, a pena, in caso contrario, di vedersi irrogare una sanzione fino a 12.500 euro.

Ma un blog non è un giornale, il blogger non è un redattore, spesso gli aggiornamenti sono saltuari. Si può rischiare una maximulta perché magari si è in vacanza o non si controlla la posta? Ciò significa rendere la vita impossibile a migliaia di siti e di blog, ben diversi dalle testate giornalistiche. Lo fanno dimenticando che la rete è proprio un’altra cosa. L’emendamento del PD per modificare questa norma non è stato discusso perché la fiducia taglia tutto . Ma la destra abituata a usare la tv o non lo sa, o sperando nel silenzio prova a mettere le mani dove ancora non era riuscita a farlo. Non sappiamo se questo sia l’obiettivo perseguito o solo un effetto collaterale dell’ignoranza con la quale il centrodestra continua ad affrontare le dinamiche della ret e, di sicuro faranno passare ai più la voglia di occuparsi, on line, di informazione in ambiti o materie suscettibili di urtare la sensibilità di qualcuno ed indurlo a domandare – a torto o a ragione – la rettifica. Un ottimo silenziatore alle domande legittime dei frequentatori del web.

Non finisce qui. I senatori PD vogliono presentare, d’intesa con i colleghi della Camera dei D eputati, un disegno di legge seccamente abrogativo della seconda parte della lettera a del comma 29 che recita per l’appunto: ”per i siti informatici sono pubblicate entro 48 ore dalla richiesta…”. Ci chiediamo se l’emendamento sarà sostenuto anche dai parlamentari di PDL e Lega che fanno parte dell’intergruppo web 2.0 e che nei convegni si esprimono sempre a difesa della libertà d’espressione in rete. Ora devono dimostrare alla rete che le loro non sono solo parole, da abolire a un cenno di Berlusconi. Chiediamo loro di firmare e votare l’emendamento PD al comma 29 per abolire l’obbligo di rettifica in 48 ore per siti e blog.

COSA PUOI FARE:
– firma l’appello
– metti il badge sul tuo sito, blog
– facci sapere se metti il badge inserendo il link nei commenti
-metti l’appello come status su facebook utilizzando il facebook connector

Il Legittimo Impedimento è legge dello Stato. Berlusconi è legibus solutus.

Così ha votato l’Aula del Senato per il primo e il secondo voto di fiducia relativi ai primi due articoli del ddl denominato “Legittimo Impedimento”:

Senatori presenti 304;  Senatori votanti 303; Maggioranza 152; Favorevoli 168;  Contrari 132;  Astenuti 3.

Il voto finale non prevedeva blindatura, ma i senatori del PdL hanno votato compatti. Ora Berlusconi può contare su un ulteriore provvedimento legislativo, la cui incostituzionalità è manifesta, per scampare al giudizio nel processo Mills e nel processo diritti televisivi-Mediaset. Già nei giorni scorsi, gli avvocati del (finto) premier erano ricorsi alla pratica dell’ostruzionismo giudiziario iscrivendo a testimoniare al predetto processo Mediaset persone che poi non si sono presentate, causando un nuovo rinvio delle udienze. Questa inesorabile strategia di sottrarsi alla giustizia ha determinato il clima di blocco nel quale versa l’intero paese.

Quello che segue è il discorso del senatore Casson (PD) pronunciato stamane all’Aula. Vengono ribadite le motivazioni dell’opposizione all’ennesiomo provvedimento ad personam.

  • CASSON (PD). Signor Presidente, questo disegno di legge sul legittimo impedimento che voi questa sera approverete contiene delle perle di assurdità logica e giuridica, delle perle di vergogna e dei punti di rottura della legittimità costituzionale in modo palese, in maniera manifesta.

    Per sintesi ripercorro quanto emerso e quanto sarebbe emerso dall’illustrazione dei nostri emendamenti, illustrazione che ci avete impedito con il voto di fiducia.

    Voi imponete una presunzione assoluta di legittimo impedimento che comporterà un blocco dell’attività giurisdizionale, un allungamento dei tempi processuali, la prevaricazione di un potere – quello Esecutivo – su un altro, quello giurisdizionale. Inoltre, voi create una vera e propria prerogativa, un privilegio per i titolari delle funzioni di Governo, prerogativa e privilegio finalizzati a proteggere una singola persona o poche persone dall’esercizio della giurisdizione; privilegio personale creato, inventato mediante una legge ordinaria in spregio assoluto agli articoli 3 e 138 della Costituzione, in spregio soprattutto all’ inderogabile principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge e davanti al giudice.

    Si tratta di un ulteriore sfregio alla nostra Costituzione per la palese incongruenza e istituzionale irrazionalità di prevedere un privilegio per reati comuni commessi dal Premier sottratti all’esame del giudice, mentre per i reati commessi e giustificati dall’esercizio della funzione di Governo tale prerogativa non sussiste. Il tutto è ulteriormente aggravato, dolosamente aggravato dalla piena vostra consapevolezza della necessità di una legge costituzionale, come confessato da voi stessi con l’articolo 2 del disegno di legge. Ma ciò richiederebbe per voi troppo tempo e il popolo italiano boccerebbe con referendum questa vostra nefasta iniziativa. Tutto ciò vanificherebbe la necessità – questa sì – per voi assoluta di salvare il Presidente del Consiglio dalle accuse di corruzione e frode.

    Ma ciò che politicamente e socialmente ci preoccupa di più è il fatto che questo disegno di legge, anziché affrontare i veri problemi del nostro Paese (quelli occupazionali, economici, finanziari, imprenditoriali, infrastrutturali e ambientali) è l’ultima trovata per sollevare il Presidente del Consiglio dalle sue responsabilità penali. La XVI legislatura è iniziata con le vostre norme “blocca processi” – volevate bloccare circa 100.000 processi – ed è continuata con il lodo Alfano, con le norme sulle intercettazioni telefoniche per bloccare le indagini della polizia e della magistratura, con il disegno di legge sul processo penale contenente norme ancora una volta finalizzate ad ostacolare le indagini di polizia e magistratura e a tutelare il premier Berlusconi dalla possibilità che la sentenza di condanna per David Mills possa essere utilizzata contro lo stesso Berlusconi.

    Si è continuato con il cosiddetto processo breve, che invece è istituzionalmente lunghissimo, e continuate – e per il momento vi fermate – con il disegno di legge sul legittimo impedimento. Il tutto mentre la giustizia è allo sfascio, mentre state facendo deragliare la macchina della giustizia e mentre gettate fumo negli occhi parlando – solo parlando – di riforma della giustizia come fa il Ministro della giustizia presente in Aula, quando poi ve ne infischiate letteralmente delle nostre proposte, precise e concrete, forse proprio con l’inconfessabile speranza che il nostro sistema giustizia imploda.

    Concludo il mio intervento con una suggestione; suggestione che avete inserito nel disegno di legge al nostro esame, prospettando la necessità di garantire la serenità del Presidente del Consiglio. Provengo da terra veneta, dalla terra della Venezia Serenissima e serenissimo era il nostro Doge. Forse il presidente Berlusconi ha ambizioni o mire dogali o – peggio ancora – principesche, ma ricordiamoci che serenità non ha mai voluto dire irresponsabilità. Il Doge era serenissimo, ma pienamente responsabile. Invece voi volete un premier irresponsabile, impunito, sottratto ai controlli della legge e della Costituzione. Questa è una manifesta rottura della legalità costituzionale. È la negazione dei principi del nostro Stato democratico.

Ronde della discordia. O Serracchiani della discordia.

Così la Serracchiani agita la manina e chiede che Marino prenda una posizione chiara sul tema delle ronde perché “le posizioni del Pd su questo tema sono state sempre nette, senza equivoci” e “il senatore Marino” che si candida alla segreteria nazionale del Pd” dovrebbe saper “sempre tenere la barra dritta su temi delicati come questi”. Tutto ciò in sehuito all’intervista del Sindaco di Genova Marta Vincenzi al Giornale in cui la stessa si esprimeva positivamente sulle ronde. Marta Vincenzi sostiene la mozione Marino. Così ne è nato un parapiglia. Un nuovo attacco a Marino. Dalla Serracchiani. Non si risparmiano i veleni.

La Vincenzi, in quell’intervista, diceva:

  • Le ‘ronde’ possono anche andare bene, purché non sfocino nella giustizia fai da te e siano uno strumento partecipato da istituzioni e cittadini […] “il quadro che emerge dalle anticipazioni (del decreto Maroni ndr) mi sembra molto positivo, visto che tiene conto delle osservazioni di molti sindaci e anche di quelle del Presidente della Repubblica. Il compito di reprimere il crimine – continua il sindaco nell’intervista – spetta sempre alle Forze dell’Ordine ma mi rendo anche conto che nelle città ci sono delle zone grigie dove il senso di insicurezza percepita è molto forte, o per la presenza di illegalità vera e propria o per disprezzo delle regole e incapacità di relazionarsi correttamente con gli altri e con il bene pubblico” (fonte ANCI).
La risposta di Marino non si è fatta attendere. La risposta, dicono dal sito, è nei testi degli interventi parlamentari. Allora Yes, Political1 è andata a cercali.
Questo è relativo all’intervento di Felice Casson, ex magistrato, senatore, candidato alla segreteria regionale del Veneto:
  • Legislatura 16º – Aula – Resoconto stenografico della seduta n. 229 del 30/06/2009: CASSON (PD). Signora Presidente, signori del Governo, signori senatori, sono diverse le disposizioni di questo provvedimento che generano rilevanti perplessità, sia di ordine costituzionale, sia di ordine politico. […] ci venite a proporre con questo disegno di legge l’istituzione delle cosiddette ronde. Propaganda. È soltanto propaganda. Credo che qualcuno, dai banchi del Governo e della maggioranza, non si sia reso conto, non si renda conto a che cosa si sia data la stura. Basta leggere le cronache di queste ultime settimane: si è parlato di “ronde nere” a proposito di quell’associazione milanese che aveva dotato i propri associati di materiale e di divise di stampo militaresco e di emblemi nazifascisti; si è temuta la costituzione, in certe zone dell’Italia del Sud, di gruppi di cittadini assoldati dalla criminalità organizzata; ci sono stati scontri a Padova tra ronde padane ed esponenti dei centri sociali; abbiamo assistito, in questi ultimi giorni, a ex militanti della Lega, appartenenti alla LIFE, con divise paramilitari e cani poliziotto al guinzaglio. È successo, sempre in questi giorni, addirittura che si siano verificati scontri e accuse pesanti tra due Ministri di questo Governo e assessori della Giunta regionale friulana, di destra, della stessa maggioranza, in materia di polizia locale, di presidio di territorio e di ronde; con l’aggravante, per di più, che abbiamo i poliziotti, sempre più spesso chiamati a far da guardia, anche nottetempo, alle ronde, per evitare che queste combinino guai o creino disordini: poliziotti che vengono così distolti dai loro compiti istituzionali. Ma invece di far perdere tempo alla Polizia e ai Carabinieri, signori del Governo, pensate piuttosto di dotarli di mezzi e strumenti per operare al meglio! Stanziate risorse finanziarie pari almeno alle tante vostre parole! (Applausi dal Gruppo PD). Guardate, signori del Governo e della maggioranza, che in fase di prima lettura abbiamo già evitato un grosso rischio. Ricordo che inizialmente il testo del vostro disegno di legge parlava sic et simpliciter di ronde, senza vietare l’uso di armi e con compiti anche di presidio del territorio. Di fronte alla nostra preoccupata segnalazione di pericolo sociale ed istituzionale che ciò comportava, in Commissioni 1a e 2a riunite, Governo e maggioranza ci hanno risposto picche: hanno approvato ronde tacitamente armate con compiti di presidio del territorio. Una cosa istituzionalmente da pazzi, perché venivano così legittimate bande armate paramilitari sul territorio, dell’uno o dell’altro partito, dell’una o dell’altra organizzazione criminale, in spregio anche all’articolo 18 della Costituzione. Per buona sorte, in occasione del primo passaggio in Aula del Senato, per resipiscenza del Governo e per lucida tenacia dell’opposizione, il peggio veniva scongiurato. Ora però la cronaca, i duri fatti ci danno ragione anche sulla parte restante delle nostre critiche. I duri fatti vengono a confermare tutte le nostre preoccupazioni. E badate bene che a legislazione vigente i sindaci e le varie amministrazioni locali sarebbero e sono benissimo in grado di intervenire a tutela dei cittadini: l’esperienza dei Comuni di Milano, Bologna, Padova ed altri Comuni del Veneto lo sta a confermare. Invece, le norme sulle cosiddette ronde che si dovrebbero approvare stravolgono il tessuto istituzionale e costituzionale e, non a caso, sono fortemente contestate anche dagli operatori della sicurezza, proprio per la loro pericolosità. Le norme odierne rischiano di assegnare a privati la titolarità di funzioni in un ambito, quale quello della gestione dell’ordine pubblico e della tutela della pubblica sicurezza, che costituisce un’attribuzione tipica ed esclusiva dell’istituzione statuale, proprio perché tali delicatissime funzioni a garanzia dell’incolumità e della libertà di tutti devono essere esercitate nel pieno rispetto della legge e con il massimo grado di imparzialità, professionalità, proporzionalità ed adeguatezza e nel rispetto dei diritti dei cittadini che solo l’autorità di pubblica sicurezza può pienamente garantire. Le norme oggi in esame sono chiaramente incompatibili con il principio del nostro ordinamento che assegna allo Stato il monopolio della forza, affinché questa venga esercitata nelle forme previste dalla Costituzione e dalla legge, a tutela dell’incolumità e della sicurezza delle persone e nel rispetto della dignità della persona, dell’uguaglianza dei diritti e delle libertà di tutti. Si tratta di un principio generale dell’ordinamento che trova esplicito riconoscimento nel testo costituzionale, che autorizza soltanto la pubblica autorità all’utilizzo legittimo di ogni forza di coercizione fisica. Infine, ricordo come le norme di cui ai commi 40 e seguenti dell’articolo 3 non sanciscano espressamente il carattere non violento di tali associazioni ma solo il fatto che quanti ne fanno parte non siano armati. Nulla esclude perciò, come in qualche caso è già successo, che le cosiddette ronde, magari perché ispirate ad opposte ideologie politiche, possano venire alle mani o che talune di esse possano compiere atti squadristi di aggressione o di mortificazione nei confronti di soggetti ad esse invisi, come, per esempio, gli immigrati, e che la loro stessa esistenza possa essere interpretata come un segno di debolezza delle forze di polizia e finisca per generare sfiducia nelle istituzioni; che insomma queste cosiddette ronde si trasformino in fattori di insicurezza e disordine pubblico, alla faccia della da voi tanto conclamata esigenza di sicurezza. Per queste considerazioni, chiediamo che il Senato deliberi di non procedere all’esame delle norme del disegno di legge n. 733-B. (Applausi dal Gruppo PD) (discorso completo qui).

  • Sulle ronde la posizione di Marino è chiara “Non è difficile conoscere la posizione di Ignazio Marino rispetto alle ronde, basta seguire l’attività parlamentare”. Lo afferma l’on. Sandro Gozi, coordinatore dei rapporti politici della mozione Marino. “Grazie alla battaglia condotta, tra gli altri, da Ignazio Marino e da Felice Casson, sono sparite dal testo del Governo le proposte di ronde armate, di ronde a presidio dei territori ed è stato sventato il tentativo del Governo di procedere ad una vera e propria privatizzazione della sicurezza contraria al principio di legalità e dello stato di diritto. Una battaglia che parla da sola e di cui noi tutti democratici dobbiamo essere orgogliosi.”

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    • Esplode la polemica all´interno del Pd dopo le dichiarazioni al Giornale del sindaco Marta Vincenzi sulle ronde e il problema-sicurezza.
    • L´europarlamentare del Pd Debora Serracchiani e Gianclaudio Bressa, componente Pd della commissione Affari costituzionali della Camera, sono particolarmente critici.
      «Che cosa ne pensa Ignazio Marino dell´entusiasmo con cui Vincenzi, sostenitrice della sua mozione, plaude alla legislazione che introduce le ronde nel nostro Paese? – chiede la Serracchiani – Le posizioni del Pd su questo tema sono state sempre nette, senza equivoci. Fuor di polemica, confido che chi, come il senatore Marino, si candida alla segreteria nazionale del Pd sappia sempre tenere la barra dritta su temi delicati come questi».
    • le parole di Bressa. «Sarebbe interessante conoscere l´opinione del senatore Marino sulle ronde dopo che la sua principale sponsor, il sindaco Vincenzi, appare entusiasta dell´iniziativa del ministro Maroni. L´uso della forza da che esiste lo stato moderno è esclusiva competenza dello Stato – afferma Bressa – Le zone grigie dove cresce il senso di insicurezza si proteggono con politiche sociali e di integrazione, e non con maldestri drappelli volontari per la sicurezza. Pensarla in modo diverso da questo non è anticonformismo ma è un pensiero democraticamente debole. Comunque nessun processo alle intenzioni ma la semplice constatazione di dove si vuole situare la qualità della democrazia».
    • la replica della Vincenzi. «Genova conferma il proprio no alle ronde. Sono grata al presidente della Repubblica per aver influito moltissimo nel far modificare il decreto Maroni che, in una prima lettura, sembra impostato più sul modello Genova», spiega la Vincenzi che aggiunge: «Genova è una città in cui già da tempo è stata progettata una forma di sicurezza partecipata che trova la sua realizzazione nella presenza dei tutor d´area

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