Nucleare, latte allo iodio 131 anche in Italia. Il caos giornalistico sulle soglie decise dall’Unione Europea

Secondo la rivista online Newscientist non è vero che Fukushima ha raggiunto Chernobyl: nella peggiore delle ipotesi, trattasi di soltanto di 630.000 Bq di materiale radioattivo rilasciato nell’atmosfera, soltanto un decimo di quanto rilasciato nel 1986:

a government panel, said that between 370,000 and 630,000 terabecquerels of radioactive materials have been emitted into the air from the nos 1 to 3 reactors of the plant. Level 7 accidents on the International Nuclear Event Scale correspond to the release into the external environment of radioactive materials equal to more than tens of thousands of terabecquerels of radioactive iodine-131 […]But this does not mean Fukushima is now on a par with Chernobyl. Indeed, as Bloomberg notes, the data so far suggests that Fukushima has released only one-tenth as much radioactive material as Chernobyl did. (Newscientist).

Siamo allora al sicuro? Sappiate che sono state trovate traccia di Iodio 131 nel latte fresco sia in California, in Francia e persino – udite, udite – in Italia:

Ora, i quantitativi registrati sono dell’ordine di 10-5 circa, ampiamente al di sotto della soglia di rischio stabilita per legge. Questi, e solo questi, sono i riferimenti normativi:

  • D.Lgs. 230/95 come modificato dal D.Lgs. 241/00 art. 104 “Controllo sulla radioattività ambientale”
  • Raccomandazione europea 473/00 Euratom
  • “Applicazione dell’art. 36 del Trattato Euratom per quanto concerne il controllo dei livelli di radioattività ambientale al fine di determinare l’esposizione della popolazione nel suo insieme”
  • Reg. CE 2218/89 Euratom “Livelli massimi di radioattività per i prodotti alimentari… a seguito di un incidente nucleare”.
  • Reg. CE 737/90 Euratom “Condizioni di importazione di prodotti agricoli da paesi terzi a seguito incidente di Chernobyl”

(per approfondire potete leggere l’ampia trattazione di Pietro Cambi su Nuove Tecnologie Energetiche).

Per cui negli alimenti in genere si può tollerare sino a 1000 Bq al Kg (Reg. CE 2218/89), eccezioni il latte di prima infanzia 370 Bq/Kg (Reg. CE 737/90), castagne e i funghi, in quanto alimenti, 1250 Bq/Kg (Reg. CE 2218/89), mentre il limite è più restrittivo per i prodotti importati da paesi terzi (extra UE) 600 Bq/Kg (Reg. CE 737/90). Nei giorni scorsi sono comparse notizie contradditorie circa la volontà dell’Unione Europea di adeguare i limiti della radioattività negli alimenti ai livelli del Giappone. Da un lato si affermava che la UE innalzava i valori, dall’altro si diceva l’esatto opposto. Come stanno davvero le cose?

30 Marzo 2011  – Dallo scorso fine settimana l’Unione Europea ha alzato la soglia di contaminazione radioattiva per alcuni determinati beni alimenti provenienti dal Giappone grazie ad una decisione della Commissione. Normalmente il livello massimo consentito per i cibi si trova a 600 bequerel per Cesio-134 e Cesio 137. Da sabato invece la soglia è stata più che raddoppiata fino a 1250. Per i prodotti caseari invece al posto dei normalI 370 Bequerel si è passati a  1000. La soglia massima di radioattività è stata fissata nel 1987 in risposta alla catastrofe di Chernobyl, e da allora i valori non sono stati più cambiati. Se la crisi fosse dichiarata finita, tornerebbe in vigore la soglia abituale. Anche lo Iodio 131, normalmente non rilevato, è stato incluso nei nuovi parametri di sicurezza dell’Unione Europea […] La possibile contaminazione dei cibi giapponesi ha allertato l’Unione Europea, che ha prodotto un regolamento specifico per gestire i beni provenienti da determinate aree nipponiche. (Giornalettismo).

L’articolo pubblicato da Giornalettismo pare inquinato da alcune imprecisioni: viene riferito che la UE ha alzato la soglia di contaminazione radioattiva con una “decisione” – e questo è un atto proprio del Consiglio dell’Unione e non già della Commissione, che invece formula pareri e raccomandazioni (ex art. 211 TCE) – mentre più avanti nell’articolo si parla di “regolamento”, che è un atto giuridico di natura comunitaria avente forza di legge per tutti i paesi aderenti all’Unione, naturalmente previa approvazione da parte del Consiglio e del Parlamento dell’Unione, senza necessità di recepimento da parte del paese membro. Per approvare un regolamento ci vogliono mesi. Qualche paragrafo più in alto ho elencato la normativa vigente in materia: trattasi di regolamenti, di decreti legislativi (norma nazionale ma frutto del recepimento di una direttiva europea), di raccomandazioni. La Commissione – da sola – al massimo può aver espresso una raccomandazione, che non è vincolante nei confronti dei paesi membri. Ecco, forse trattasi solo dell’intenzione di rivedere tali limiti.

Poi viene il 9 aprile 2011, e i titoli cambiano di nuovo.

Mangeremo come in Giappone. Europa più severa sulla radioattività nel cibo

L’articolo di Journal avverte che la UE intende abbassare le soglie sulla radioattività per i cibi che provengono dal Giappone, allineandosi con la normativa nipponica, “più severa della nostra”. E viene pubblicata la seguente tabella:

I limiti UE, per i prodotti importati dai paesi terzi, sinora era di 600 Bq/Kg. Quindi si opererebbe una differenziazione tale per cui si sarà molto restrittivi sul latte per l’infanzia (100 Bq/Kg) e meno sulle verdure in generale. Abbastanza confusa la situazione. Ma nemmeno si comprende quale sia l’atto normativo adottato: una proposta di regolamento? una direttiva? un parere? una raccomandazione? Poiché ciò cambia nei riguardi dei paesi membri, i quali, dinanzi ad una normativa nazionale più restrittiva, potrebbero decidere di mantenere i limiti attuali, ma che di fronte a dun regolamento non potrebbero che riallinearsi alle soglie decise a Bruxelles. Quale la verità? Forse la più probabile è che non sia stato deciso nulla.

Fukushima, l’onda dello tsunami si infrange sulla centrale

La Tepco ha diffuso un breve filmato in cui – a dir loro – si dovrebbe vedere chiaramente l’onda dello tsunami infrangersi contro lo stabilimento nucleare di Fukushima.Dubbi sui reali danni creati dall’onda erano già emersi quando DigitalGlobe diffuse immagini satellitari di Fukushima Daichii riprese pochi minuti dopo le esplosioni dei reattori. Le campagne circostanti apparivano integre, così come pure le zone nei dintorni della centrale.

Questo il video:

Ora, che l’onda si infranga sulla centrale è cosa vera nonché inevitabile: i reattori sono posizionati a pochi metri dalla riva. Non esisteva alcuna protezione rispetto a eventi del genere, pur probabili nell’area, vista e considerata l’alta sismicità. Si consideri inoltre che la zona immediatamente retrostante la centrale è diversi metri sopra il livello del mare, fatto che ha permesso al tecnico della Tepco di girare quelle poche immagini. Perché costruire a riva? Lo tsunami non è la causa radice di questo disastro: lo è piuttosto una logica progettuale priva di senso, quella di aver collocato sei reattori nucleari, uno dei quali contenente combustibile altamente tossico per l’uomo (plutonio), praticamente sul bagnasciuga. Le immagini non aggiungono nulla. L’onda c’è stata ma, diversamente da quello che ci raccontano, non ha travolto tutto. Nell’articolo di Le Figaro, da cui proviene questo video, si fa menzione circa la distruttività dell’onda, la quale avrebbe “danneggiato gravemente i circuiti di alimentazione elettrici e di raffreddamento”. Quale progettista metterebbe i circuiti elettrici e di raffreddamento di una centrale nucleare in fronte all’oceano?

Disastro di Fukushima, trovate tracce di Iodio 131 nei cieli del Piemonte

Con uno scarno comunicato, l’ARPA Piemonte rivela di aver riscontrato tracce di Iodio 131, una sostanza radioattiva rilasciata nei cieli dal disastro nucleare di Fukushima. Questi i dati:

Il punto di campionamento è quello di Ivrea. E’ stato scritto che si tratta di “misure approfondite”, ma non è specificata la modalità di rilevamento. Si tratta di 0.0000473 Bq/m3, una concentrazione molto bassa. Va da sé, la nube è veramente arrivata sin da noi. Scrive l’ARPA:

Per fare un paragone, sono concentrazioni almeno 10.000.000 di volte inferiori a quelle che,  per lo I-131, si registrarono in Italia ai tempi di Chernobyl.
La stessa concentrazione di radioattività naturale presente in aria (dovuta al radon) è da 100.000 a 1.000.000 di volte superiore a questo valore (Sito ARPA Piemonte).

Quelli che seguono invece sono i grafici di ieri di Fany, in Svizzera. Nulla di anomalo, ma si noti il picco di radioattività in corrispondenza delle precipitazioni. Forse un fenomeno del tutto normale, forse no, anche considerati i dati rivelati oggi dall’ARPA.

Questo invece è relativo alla località di Stabio, sempre in Svizzera. I dati fanno riferimento al già citato sito della CENAL.

Aggiornamento ore 20.40: Il Fatto Quotidiano riporta la notizia che lo Iodio 131 è stato rilevato anche dall’ARPA Lombardia.

Sito ARPA Piemonte

Arriva arriva la nube di Fukushima

La nube radioattiva di Fukushima arriverà anche in Italia. Seguirà all’incirca questa evoluzione:

Oggi la Iaea, l’agenzia atomica dell’Onu, ha avvisato che la fuoriuscita di radiazioni dalla centrale di Fukushima è costante e “allarmante”: di fatto si sospetta la parziale fusione delle barre in due/tre reattori, fra cui il temibile reattore tre, che contiene plutonio (equivale a dire che stanno diffondendo cancro nucleare nell’atmosfera e nei mari). La Iaea ha anche detto che non si comprende quale sia l’effettiva origine della emissione. Una dichiarazione disarmante.

Dicevo che la nube sta entrando nei cieli dell’Europa: ha fatto il suo ingresso da nord, dall’Islanda. Quali le ripercussioni sul nostro paese? I media avvertono che sarà una schiocchezza. Per arrivare sin qui ha solcato i cieli di mezzo mondo, quindi se non ha fatto danni altrove non li farà nemmeno da noi. Intanto i dati della vicina Svizzera non mostrano alcuna variazione:

unità di misura nSv/h

unità di misura nSv/h

[fonte dati https://www.naz.ch/it/aktuell/messwerte.html]

Sarebbe interessante comparare le dichiarazioni delle autorità e i titoli dei giornali di oggi con quelli del 1986. All’epoca qualcuno profetizzò la gigantesca operazione di cover up (di copertura) del reale impatto che la nube di Chernobyl ebbe sul nostro paese:

PRIMO MAGGIO 1986, cinque giorni dopo l’incidente di Chernobyl

“BISOGNA ASPETTARSI, PER I GIORNI CHE VERRANNO, UN COMPLOTTO INTERNAZIONALE DEGLI ESPERTI UFFICIALI PER MINIMIZZARE LA STIMA DELLE VITTIME CHE CAUSERÁ QUESTA CATASTROFE. IL PERSEGUIMENTO DEI PROGRAMMI CIVILI E MILITARI IMPONE ALL’ASSEMBLEA DEGLI STATI UNA TACITA COMPLICITÁ CHE OLTREPASSA I CONFLITTI IDEOLOGICI O ECONOMICI” (Estratto di un articolo di MADAME BELLA BELBEOCH, fisico, contenuto nella rivista “Ecologie”, n° 371, maggio 1986).

Esiste uno studio, denominato Progetto Humus, realizzato da André Paris fra il 1999 ed il 2001, una mappatura del sud della Francia e del Nord Italia del contaminamento residuo di Cesio137, il prodotto della fusione del nocciolo di Chernobyl. Si tratta di una “visione leggermente deformata e sottovalutata della situazione del 1986 tenuto conto, da una parte, del decadimento fisico del cesio137 (meno del 30%) e, dall’altra, di una disparità supplementare legata al tipo di terreno ed al suo utilizzo”, quindi non i dati reali del contaminamento del 1986. Si può stimare che “sulla maggioranza dei suoli della Francia continentale presi in considerazione nell’atlante, il livello di contaminazione di cesio137 doveva essere, nel 1986, almeno due volte più importante che le cifre riportate nell’atlante, tenuto conto del decadimento fisico del cesio137 e della sua eliminazione per trasferimento” (Progetto Humus).

Ebbene, ne è uscito “il Nord dell’Italia e l’Austria sono stati e restano più contaminati che la Francia, ma anche che vaste porzioni dell’est del territorio francese – situate pertanto a più di 2.000 km da Chernobyl, sono più colpite che i settori studiati dell’Ungheria o della Slovenia”; le Alpi “che erano considerate un ambiente preservato dalla contaminazione, si sono, al contrario, rivelate tra i posti più colpiti dal fall out di Chernobyl” (Progetto Humus, cit.).

Sulla sommità del Colle del Piccolo San Bernardo, sui grandi prati, la contaminazione uniformemente ripartita è stata misurata ad un valore di 5.300 Bq/m². 180 metri sotto, dalla parte italiana, la contaminazione uniformemente ripartita, misurata sui grandi prati, si attesta sul valore di 10.700 Bq/m². Sotto il borgo di La Thuile in direzione di Colle San Carlo, su terreno boschivo, la contaminazione uniformemente ripartita, mostra un valore di 14.000 Bq/m². A Cogne, sotto il villaggio, il valore della contaminazione uniformemente ripartita è misurato ad un valore di 16.500 Bq/m². È pressoché simile a quello rilevato a La Thuile (ibidem).

Questa una cartina:

Cartina radioattività residua 1999-2001 Val Pellice-PineroloIl nostro paese, le Alpi, furono i più colpiti dalla nube di Chernobyl. Forse saremo soltanto sfiorati da questa nuova catastrofe. Per darvi un’idea della portata del disastro giapponese, “spinaci raccolti a quasi cento chilometri dalle centrali hanno evidenziato qualcosa come 54.000 Bq/Kg, ovvero oltre 50 volte il limite massimo consentito e ben 27 di quello stabilito dal Governo locale. I livelli per il Cesio radioattivo, invece erano ben 190 volte oltre la norma” (Pietro Cambi su Nuove Tecnologie Energetiche).

Resta il fatto che dobbiamo vigilare su quel che accade.

Fukushima, non è colpa dello tsunami. La verità dalle foto di Digital Globe

Non è vero che è stato il devastante tsunami a causare la catastrofe della centrale nucleare di Fukushima. Lo si può dedurre dalle foto di Digital Globe: pochi danni alle strutture di superficie frontali al molo: probabilmente delle pompe di acqua marina o strutture similari:

Una testimonianza del fatto che in questa zona del Giappone lo tsunami non ha fatto grossi danni la potete ritrovare in questa seconda fotografia:

Questa foto è stata scattata dal satellite qualche minuto dopo l’esplosione del reattore 3, il 14 Marzo scorso. Le campagne intorno alla centrale sono intatte. Si distinguono nettamente case e automobili. L’onda dello tsunami avrebbe sommerso tutta l’area, l’avrebbe ricoperta di fango; avrebbe portato via case, automobili e persone.

Se ne deduce:

  1. non è vero che la sicurezza dell’impianto è stata pregiudicata dall’onda di maremoto; i danni provocati dalle onde sono stati minimi, limitati alle strutture accessorie prossime al mare;
  2. è quindi ragionevole affermare che non è affatto vera l’affermazione secondo cui queste centrali sono state progettate per resistere a magnitudo molto alte, ovvero a essere mantenute in sicurezza in casi estremi di malfunzionamento di strutture accesorie: di fatto, ai danni arrecati al sistema di raffreddamento, i tecnici della giapponese TEPCO non sono riusciti a porre rimedio, nemmeno avevano a disposizione sistemi alternativi di emergenza se non il volo degli elicotteri con le ‘bombe’ d’acqua, come si fece nel lontano 1986 a Chernobyl.

Il documento di analisi di Digital Globe: DG_Analysis_Japan_Daiichi_Reactor_March2011

Un video di oggi che circola su Youtube mostra i danni agli edifici che ospitano i reattori:

Nucleare, i rischi delle centrali di terza generazione

  1. L’Électricité de France, nel “Rapporto preliminare di sicurezza” relativo al costruendo reattore di Flamanville 3, ha rilevato gravi rischi in merito a repentine escursioni di potenza con il rischio di crisi di ebollizione, esplosioni di vapore (in grado di danneggiare seriamente il reattore e le barriere di contenimento) ed altresì il rischio di espulsione violenta delle barre di controllo;
  2. Considerato che le barre di controllo hanno la funzione di regolare la potenza del reattore e/o spegnerlo in caso di necessità, la gravità del problema è palese. Poiché si ravvisavano “superamenti significativi dei criteri [di sicurezza]”, sono stati proposti da Areva degli interventi correttivi alle barre di controllo per mitigare (ma non rimuovere) il rischio di questa tipologia di incidente, ma tuttavia persistono margini molto ristretti per l’esercizio in sicurezza dell’impianto in quanto la problematica è intrinseca al design del reattore EPR (e dei precedenti N4) ed alla modalità di esercizio prevista (Reattore nucleare europeo ad acqua pressurizzata – Wikipedia).

Questo il documento che analizza la relazione della società elettrica francese: SDN_1_EPR_une technologie_explosive. Un titolo a dir poco lapidario: una tecnologia esplosiva.

Terzo aspetto negativo: il carburante. Al posto delle consuete barre di uranio, negli EPR si impiegheranno “l’ossido di uranio arricchito in percentuali variabili fra il 4 e il 6% oppure miscele di ossidi di uranio e plutonio, il cosiddetto combustibile MOX (Reattore nucleare di III generazione – Wikipedia). E’ il medesimo combustibile impiegato nel reattore 3 di Fukushima. Un materiale di ricilaggio, poiché combina il plutonio delle bombe nucleari dismesse, o il residuo delle altre centrali nucleari:

    • Il Mixed oxide fuel (o MOX) è una miscela di uranio naturale e plutonio. È composto in genere da una miscela di uranio impoverito, il prodotto di scarto dei processi di arricchimento dell’uranio, e di plutonio. La percentuale di plutonio dentro il combustibile MOX dipende dalle quantità isotopiche dei vari isotopi del plutonio
    • per creare un combustibile MOX equivalente si deve utilizzare una quantità di plutonio weapons grade pari a circa il 4.5% del totale del combustibile (quasi tutto il plutonio in questo caso è fissile), utilizzando un plutonio derivante dal riprocessamento del combustibile esausto di altri reattori, si deve arrivare al 7% del totale di plutonio (se questo è composto per il 65% di materiale fissile)
    • Si può produrre dalla dismissione di armi nucleari dismesse in seguito ai trattati START e SORT. Attualmente esiste un abbondante quantità di plutonio proveniente dallo smantellamento delle testate nucleari in base ai molti accordi contratti dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica.

Va da sé, il plutonio è altamente nocivo per la salute umana. E’ il combustibile nucleare più nocivo. La bestia peggiore.

Une technologie explosive:
l’EPR
Un réacteur à puissance réduite
Le « Rapport préliminaire de sûreté [RPS] de l’EPR Flamanville 3 » (version publique 2006)
nous donne les caractéristiques de ce réacteur en les comparant à celles des réacteurs du
« palier N4 » (centrales de Chooz et Civaux). Cependant, une note d’étude d’EDF de 2004 [1]
indique que la puissance de l’EPR serait, dans un premier temps, inférieure de 180 MWe à
celle déclarée dans le Rapport préliminaire de sûreté.
Paramètres du réacteur
Puissance thermique (MWth)
Puissance électrique (MWe)
Rendement (%)
Rendement calculé (Pe/Pth)
Rapport de sûreté
EPR
Palier N4
4500
4250
1630
1475
36
34,5
36,2
34,7
Note EDF 2004
EPR
Palier N4
4250/4500
4250
1450/1550
1450
/
/
34,1/34,4
34,1
La puissance du réacteur EPR sera donc équivalente à celle des centrales les plus récentes
(palier N4). Quant à l’effarant saut technologique de 1,5% de rendement, il ne serait que
poudre aux yeux et enfumage. En effet, avec les même puissances thermique (Pth) et
électrique (Pe), les deux types de réacteur ne peuvent avoir qu’un même rendement, de l’ordre
de 34%.
Un autre document explique que « la vocation de l’EPR est de permettre le passage (à moyen
terme) à un niveau de puissance de 4 500 MWth [mégawatt thermique]» [2] (§4.10). La durée
du « moyen terme » n’est pas indiquée. « Toutefois, la puissance retenue dans les études
accidentelles du rapport préliminaire de sûreté EPR est 4250 MWth » [1] (§4.1).
Une énergie ruineuse
Cet écart de puissance est-il important ? Oui car il conditionne le coût de production du
réacteur. Pour un même coût de construction, plus la machine est puissante plus elle produira
de l’énergie, et moins chers seront les mégawatt-heures (MWh).
C. Pierre Zaleski et Sophie Meritet du Centre de géopolitique de l’énergie et des matières
premières (CGEMP) ont estimé en 2004 le coût du MWh EPR à 41 €, pour un coût de
construction de 3 milliards d’€ et avec une puissance de 4 500 MWth [3]. Ce MWh serait
désormais de l’ordre de 55 € compte tenu du surcoût de construction annoncé prudemment à
4 milliards d’€ [4]. Et la facture risque de s’allonger encore en fonction des aléas du chantier
de construction, de la transparence du maître d’œuvre sur le coût réel et de ce qu’on entend
par « moyen terme » pour le passage de 4 250 à 4 500 MWth…
Il est alors intéressant de comparer les coûts de production nucléaire. Aujourd’hui, le MWh
« en base » est vendu par EDF à 35 € sur le marché de l’énergie, pour un prix de revient de 33
à 34 € sortie des centrales REP actuelles.
L’EPR produira donc à perte l’énergie de « base » même si le prix de vente du MWh « en
base » est légèrement relevé comme le souhaite EDF. Cependant, le coût du MWh « en
pointe » de consommation peut dépasser les 100 € sur le « Marché spot » de l’électricité [5].
Mais, l’EPR est conçu pour fonctionner en « suivi de charge » ainsi qu’en « réglage de
fréquence ». Il est sensé réaliser des variations rapides de puissance grâce à son mode de
pilotage révolutionnaire : le « RIP » pour « Retour instantané en puissance ».
Dans ce cas, EDF pourrait éventuellement envisager d’amortir son investissement.
L’accident grave
Eventuellement… En effet, nous avons connaissance d’une note technique d’EDF [6]
évoquant l’« l’EDG FA3 ». Qu’est ce que c’est que ce charabia ? FA3 est le diminutif de
Flamanville 3 et EDG est l’acronyme de l’accident « Ejection de grappe ». Les grappes
servant à contrôler la puissance du réacteur, à le piloter. Ce sont à la fois l’accélérateur et le
frein. L’accident d’éjection de grappe peut se comparer au blocage de l’accélérateur. A fond.
Le paragraphe 15.2.4.e du « Rapport préliminaire de sûreté » décrit « l’EDG FA3 ».
« Cet accident conduit à une perte de réfrigérant primaire via la rupture de l’enveloppe du
mécanisme de commande de la grappe éjectée » et « entraîne un transitoire très rapide avec
un temps d’éjection […] de 0,1 secondes ».
L’éjection de la grappe provoque un « apport de réactivité positif rapide suivi d’une
excursion de puissance ». Heureusement, « la contre réaction Doppler » et « l’arrêt
automatique (…) initié au pic de puissance » arrêtent le phénomène. Normalement.
Cependant, il est écrit que le réacteur peut, en cas d’éjection de grappe à faible puissance,
dépasser « la prompte criticité ».
Que désigne ce terme barbare ? Pour en avoir une idée, tapez « prompte criticité » sur votre
moteur de recherche et allez sur le site de la très pro-nucléaire Société française d’énergie
nucléaire. Vous y trouverez un compte rendu technique de l’accident de Tchernobyl. Sans
qu’il y ait eu d’accident d’éjection de grappe, le réacteur s’est retrouvé « en situation de
prompte criticité et la puissance a pu atteindre en quelques secondes cent fois la valeur
nominale » [7].
« Cependant il ne faut pas perdre de vue que l’accident survenu à Tchernobyl est un accident
de criticité prompte sur un réacteur de puissance.
Comme le souligne l’IPSN [Institut de protection et de sûreté nucléaire], les accident de
criticité présente un danger particulier du fait que lorsque le milieu est sous-critique, la
puissance neutronique est très faible et que si le milieu devient sur-critique pour une raison
quelconque, il peut devenir le siège d’une excursion de puissance neutronique assimilable à
une explosion »[8].
Lu sur l’encyclopédie en ligne « wikipedia » : la « criticité prompte, c’est celle ou opèrent les
armes nucléaires ».
L’EPR risque t’il exploser à son tour ?
On est en droit de se poser la question à la lecture des documents d’EDF.
Le réacteur s’emballe
Dans une étude [9], les ingénieurs d’EDF ont identifié « l’accident d’éjection de grappe »
comme « potentiellement problématique pour EPR ». Il est question de « dépassements très
significatifs » du « critère de nombre de crayons [combustible] en crise d’ébullition ». De
« 20 à 30% » du combustible pourrait alors se rompre en cas d’accident.
En résumé, le réacteur s’emballe localement (excursion de puissance), le combustible chauffe,
l’eau qui le refroidissait se met à bouillir (crise d’ébullition).
Un physicien pourrait faire le bilan entre l’effet Doppler et l’effet de température stabilisant la
réaction sur-critique avec les effets du changement d’état du modérateur (eau/vapeur), de la
moindre quantité de bore dans la vapeur et de la présence d’un « réflecteur lourd » qui limite
le taux de fuite des neutrons rapides.
Le tableau 3 du document [9] présente les résultats de l’étude d’Areva qui montrent que le
combustible pourrait atteindre la température de 2779°C pour une température de fusion de
2800°C. On est admiratif face à une telle précision. Curieusement, la température de la gaine
n’atteindrait que 1458°C bien que contenant l’oxyde d’uranium à près de 2800°C.
Par ailleurs, on sait que la température de fusion du combustible diminue en fonction de
l’irradiation. De l’ordre de 40°C pour le combustible EPR à haut « burn-up ».
Le paragraphe 6.1.6 nous apprend que « l’origine des difficultés rencontrées en éjection de
grappe étant essentiellement liée au mode de pilotage envisagé pour EPR et plus précisément
dans l’exigence de maintien de la capacité de Retour instantané en puissance (…), la voie
ultime d’amélioration de l’étude d’accident réside dans la modification de celui-ci ».
Le « RIP » pose donc problème. La solution serait alors d’abandonner ce mode de pilotage
plutôt contraignant. EDF sacrifierait la rentabilité sur l’autel de la sûreté ? Cela « ne pourrait
toutefois être envisagée que de manière temporaire dans le meilleur des cas, le temps de faire
accepter une voie de résolution pérenne ».
Accepter à qui ? Le chapitre 7 évoque la possibilité de « remplacer les critères actuels » par
une autre méthode « analytique ». Cette solution « devrait s’accompagner d’un dossier
défensif montrant le respect des critères actuels moyennant la prise en compte de contraintes
d’exploitation éventuellement applicables le temps de faire aboutir le dossier auprès de
l’ASN ». L’Autorité de sûreté nucléaire, le « gendarme » de l’atome qui mange son chapeau
plus souvent qu’à son tour. Il est même question dans le « Plan d’action » de préparer « la
stratégie d’approche de l’ASN »…
A noter que « Areva ne semble pas rencontrer de telles difficultés dans le cadre des études
réalisées pour OL3 (…). L’absence de prise en compte de pénalités, le recours à une
méthodologie d’étude moins pénalisante, et l’absence d’étude haut burnup semble en être les
explications principales » (chapitre 5). Là il est question de l’EPR en construction en
Finlande « OL3 » où Areva rencontre d’autres difficultés : 4 années de retard…
Sûreté problématique
Revenons au document au titre évoquant les « voies de sortie de la problématique éjection de
grappe » [2]. Cette note technique fait le tour des solutions envisageables pour sortir « de la
problématique » et confirme « la mise en évidence de dépassements très importants et
généralisés des critères de sûreté » malgré une modification du mode de pilotage. Cela a le
mérite d’être clair…
On apprend également (§ 5. 3), que pour le palier N4, la gestion du combustible « Alcade »
[10] conduit « à respecter sans marges les critères actuels de sûreté en éjection de grappe ».
Ces réacteurs évolue donc déjà sur la corde raide car « sans marge » on n’est pas à l’abri
d’une erreur de calcul.
Modification majeure
En fin d’année 2007, Areva revoit la conception du réacteur en projetant de remplacer un
certain nombre de grappes de pilotage très absorbantes de neutrons (dites « grappes noires »)
par des grappes moins absorbantes (« grappes grises »). Sans renoncer au mode de pilotage
« RIP » à l’origine du problème. Le document [11] explique qu’il restera dans certains cas
« des marges d’arrêt faibles voire insuffisantes », que « des difficultés persistent » et
« resteront présentes à fort niveau de puissance lors de la réalisation de l’étude d’éjection de
grappe », malgré le remplacement des grappes « noires » par des « grises ». Dans l’annexe 1
(page 24), le « NCE » (Nombre de crayons en Crise d’Ebullition) à puissance nominale se
situe aux alentours de 10%.
On peut penser qu’un tel changement dans l’efficacité des grappes de pilotage d’un réacteur
s’apparente à un modification majeure de conception qui pourrait mettre à mal la
démonstration de sûreté accepté par l’ASN. C’est ce que suggère ce dernier document de
l’année 2007 (§ 7): « la reprise du schéma de grappes est une modification importante de
conception par rapport au PSAR [Preliminary safety analysis report] qui a conduit au DAC
[Décret d’autorisation de création] et que l’ASN pourrait y voir une raison de constat de perte
d’actualité du dossier ».
Il faut savoir que les maigres bénéfices obtenues en EDG avec des grappes grises moins
absorbantes de neutrons deviennent défavorables en cas d’accident de Rupture de tuyauterie
vapeur (RTV). C’est la quadrature du cercle.
Un problème insoluble
Nous avons donc vu que le « NCE » reste élevé malgré les diverses modifications apportées.
La note EDF cité en [6] dresse le bilan sur le problème « EDG ». En 2009, les problèmes
persistent et, au niveau de la radioprotection, d’autres semblent poindre (§8.2.1):
« La principale évolution attendue sur EPR étant le passage à 4500MWth, si l’étude EDG du
RdS [Rapport de sûreté] 4300 est réalisée avec peu ou pas de provisions, le bilan des marges
(physiques) se dégradera forcément à 4500.
Dans ces conditions, le choix de provisions faibles pour maximiser les marges physiques, au
prix de contraintes sur l’exploitation, de calculs volumineux en recharge et de dégradation du
bilan des marges lors d’évolutions ultérieures, ne présente que peu d’avantages.
Seule la crainte de difficultés à accommoder les calculs de rejets radioactifs vis à vis de la
qualification du matériel (conception différente du parc) peut conduire à moduler cette
position. En effet sur EPR le matériel n’est classé que jusqu’à 1% de crayons cassés.
Or si dans les études de rejets EPR on considère, comme c’est couramment le cas, que les
crayons entrant en NCE en EDG sont cassés pour l’étude de rejet, on voit bien qu’il convient
de minimiser ce NCE. On notera toutefois qu’il est absolument impossible qu’une étude
d’EDG conduise à un NCE inférieur à 1%, le NCE EPR prévisionnel étant plutôt entre 6 et
9% ».
Rupture des deux premières barrières
En « éjection de grappe », le « nombre de crayons en crise d’ébullition » considérés comme
« cassés » sera largement supérieur à 1%, valeur maximale à laquelle « le matériel EPR est
classé » d’un point de vue radiologique. En clair, au delà de 1% de NCE, le matériel exposé
aux fortes radiations risque de tomber en panne…
Dans ce type d’accident, l’éjection de la grappe a créé une brèche par laquelle le circuit
primaire en train de bouillir (crise d’ébullition) se dépressurise dans l’enceinte. La deuxième
barrière de confinement est donc rompue. Et même si « l’excursion de puissance » est stoppé
en quelques secondes par « l’Arrêt automatique du réacteur », l’eau à 155 bar du circuit
primaire continuera a être pulvérisée dans l’enceinte de confinement (1 bar) sous forme de
vapeur (300°C). Vapeur extrêmement radioactive du fait des « crayons cassés ». Crayons
cassés signifiant rupture de la première barrière de confinement : la gaine du combustible
d’une épaisseur de 0,57 mm seulement.
Le dégagement d’énergie mécanique lors de l’interaction combustible-eau n’est même pas
évoqué alors qu’il risque de provoquer quelques désordres dans ce coin surchauffé du
réacteur. Désordre tel que la déformation des assemblages combustible empêchant ainsi les
grappes de sécurité de chuter pour stopper l’excursion de puissance. Si l’ordre d’arrêt
automatique est donné…
Une illusoire troisième barrière
La santé des populations ne serait donc plus assurée que par la troisième barrière, l’enceinte
de confinement, dont on sait qu’elle n’est pas complètement étanche. Sans oublier que le
matériel, comme les vannes d’isolement enceinte par exemple, n’est pas classé en accident
grave. Sans compter que l’« accessibilité BR en fonctionnement » est prévue : « l’accessibilité
au bâtiment réacteur tranche en marche (7 jour avant et 3 jours après l’arrêt de tranche) est
une condition essentielle au respect de la durée d’arrêt de tranche de 16 jours » [12]. Dans ce
cas, la troisième et dernière barrière de confinement est béante !
Le réacteur ne s’arrête pas en cas d’accident
Mais au fait, l’« Arrêt automatique du réacteur » (AAR) va t’il fonctionner en EDG ? La
note [6] y répond au chapitre 9, « Transitoire d’EDG sans AAR »:
« Nous rappelons au projet une problématique connexe à l’étude d’EDG, il s’agit des cas
d’EDG qui sont trop faibles pour conduire au déclenchement de l’AAR (…). Ces cas ne
figurent pas au RdS et leur étude n’est pas prévue à ce jour dans le cadre des études EPR
avec AREVA (contrat C). Par ailleurs il n’existe pas de méthodologie pour traiter cette
problématique spécifique ».
« A l’heure actuelle il semblerait qu’aucune démarche n’ait été entreprise et le
dimensionnement de protections EPR semble succinct (…) ».
Sans oublier « des temps de chute des grappes trop élevés sur l’EPR en particulier en cas de
séisme » [1] (4.1.2) avec une « vitesse des grappes environ deux fois moins élevée sur EPR
que sur le parc en particulier » [9] (6.1.6).
« Concernant plus spécifiquement l’EDG et ses cas sans AAR, un dossier défensif paraît
nécessaire pour éviter toute lacune dans la démonstration de sûreté ».
Mais attention, il s’agit de rester discret sur cette recommandation « de préparer correctement
un dossier présentant la démarche de dimensionnement des protections dans un document
interne non transmis à l’ASN » [6].
Le « dossier défensif » a intérêt à être en béton car au chapitre 3.6 du « Rapport préliminaire
de sûreté (RPS) de l’EPR Flamanville 3 », à propos des « exigences de sûreté » des
« mécanismes de commande des grappes », il est écrit : « la chute de chaque grappe de
commande doit être garantie dans toutes les situations accidentelles ». En « cas d’EDG », il
est possible qu’aucune grappe ne chute ! Ou qu’elles se bloquent en cours de descente.
Accélérateur bloqué à fond et frein inopérant : Tchernanville 3…
Pour information, sur l’étude EDG du palier N4, l’éjection de la grappe à lieu en 0,1 s et le pic
de l’excursion de puissance est prévu 0,2 s plus tard. Le début de la chute des grappes n’a lieu
que 0,6 s après la détection « haut flux nucléaire seuil haut ».
Conclusion
L’EPR d’Areva est un réacteur inexploitable sans de notables impasses sur la sûreté. Il n’est
pas conforme au Rapport de sûreté concernant la chute des grappes (AAR) en cas d’accident
grave (EDG) ; le matériel n’est pas classé pour les accidents induisant plus de 1% de crayons
combustible cassés. Pourtant, un récupérateur de corium est censé collecter la fusion de 100%
du cœur…
Malgré des modifications majeures du pilotage réalisées sans aucune transparence, EDF va
prendre des risques inconsidérés pour tenter de rentabiliser à tout prix son investissement.
Sans « RIP », l’EPR pourrait être exploité à perte. Avec « RIP », l’EPR pourrait conduire à
notre perte.
RIP : « Repose en paix »…
Références
[1] Présentation synthétique de l’EPR – EDF, avril 2004
[2] EPR FA3 – Synthèse des voies de sortie de la problématique éjection de grappe – EDF, mai 2007
[3] http://www.asn.fr/index.php/S-informer/Publications/La-revue-Controle/Dossiers-de-
Controle-2005/Le-reacteur-EPR
[4] Actu énergie – 09/11/2009, information interne EDF
[5] RTE – Statistiques de l’énergie électrique en France – 2008
[6] Bilan de la phase préliminaire de l’étude d’EDG FA3 et perspectives – EDF, avril 2009
[7] http://www.sfen.org/fr/societe/accidents/tchernobyl/1.htm
[8] Marges disponibles pour les activités d’exploitation du REP par rapport aux risques de criticité – EDF,
décembre 1999
[9] EPR FA3 – Synthèse de l’étude de faisabilité de l’accident d’éjection de grappe – EDF, février 2007
[10] Pour des précisions sur la gestion « Alcade » voir la Décision n° 2007-DC-0066 de l’Autorité de sûreté
nucléaire du 19 juillet 2007 relative à la mise en oeuvre de la gestion du combustible dite « ALCADE » dans les
réacteurs des centrales nucléaires de Chooz B et Civaux.
[11] EPR – Gestion combustible – Lot 1 – Revue de conception du schéma de grappes FA3 du 25/10/2007 –
EDF, novembre 2007
[12] Note de présentation de la deuxième revue de projet radioprotection EPR – EDF, mars 2004

Fukushima, è allerta nucleare per tutto il Giappone. Fra otto giorni sarà come Chernobyl

Questione di tempo. Questione di ore. Poi sarà raggiunta l’esposizione radioattiva registrata a Chernobyl, quella degli ultimi 20 anni, in soli – soli – otto giorni. Lo scrive Pietro Cambi su Crisis, una bibbia in questo momento:

A Nord Ovest dell’impianto, circa quindici ore fa, quindi PRIMA delle due nuove esplosioni, si misuravano 680 microSievert/h, ovvero 0.68 MilliSievert/h, in rapido aumento rispetto a sei ore prima. Tanto, poco? Partiamo, dal fondo naturale da quelle parti. Quale è? Beh, senza pretese di grande precisione, nel documento che vi ho linkato esistono altre misure prese presso l’altra centrale elettrica di Fukushima, quella di  Dai-Ni. Possiamo leggere che i valori misurati si attestano intorno a 0.036 microsievert/h. Intanto: questo è un valore circa 19.000 VOLTE più basso di quello misurato nei dintorni del reattore 1 scoppiato. Come dire che per ogni ora passata da quelle parti ti prendi la dose di radiazioni di due o tre anni (Pietro Cambi su Crisis, What Crisis?).

A Chernobyl, negli ultimi 20 anni, appunto, “il livello CUMULATIVO su VENTI anni nella zona interessata dall’incidente di Chernobyl non supera, se non in una zona ristrettissima, i 150 millisevert” (ibidem). Lo potete verificare sulla mappa ad inizio post.

Inoltre, il comunicato ufficiale delle autorità giapponesi alla Nisa (Nuclear and Industrial Safetu Agency) si conclude con la citazione dell’articolo 15 dell’Act for Special Measures Concerning Nuclear Emergency Preparedness, naturalmente omesso. Un articolo che non lascia spazio ad equivoci: è allarme su tutto il territorio del Giappone, allarme rosso in cui il Capo del Governo sussume in sé poteri speciali, di emergenza. Di fatto è sospeso lo stato di diritto in fatto di materia di sicurezza nucleare e tutti i poteri si concentrano nelle mani di uno. Vuol dire che non c’è più scampo e che vale tutto pur di fermare la catastrofe nucleare.

Fukushima verso l’inesorabile fusione del nocciolo nucleare

Per Il Giornale l’incidente nucleare di Fukushima sarebbe poca cosa rispetto alla catastrofe generale. Si sbagliano. Poiché ci sono tutti i segni di una imminente fusione:

  1. la presenza di Cesio nell’atmosfera circostante: il cesio è “un prodotto della reazione nucleare e non è solitamente presente nel vapore o nel circuito di raffreddamento, dove sono invece presenti altri isotopi a breve vita. La sua presenza indica che, con tutta probabilità LE BARRE DI COMBUSTIBILE NUCLEARE SONO STATE O SONO ESPOSTE ALL’ARIA“;
  2. l’esplosione è dovuta allo sviluppo di idrogeno, ma “l’idrogeno si forma quando il vapore surriscaldato a temperature vicine o oltre i mille gradi si dissocia. Se le cose stanno cosi il nocciolo del reattore ha già raggiunto queste elevatissime temperature e quindi, con ogni ragionevolezza, l’esplosione ha danneggiato anche la struttura di contenimento vera e propria, se non l’ha direttamente coinvolta. A temperature cosi elevate anche l’acciao ed il cemento armato piu robusti diventano assai poco resistenti”;
  3. l’impiego di acqua marina è l’estrema ratio: “e’ una misura assolutamente disperata che si fa quando è chiaro che la reazione non è più frenata dalle barre di controllo, cosa dle resto provata dall’esplosione stessa” (per l’analisi tecnica rimando al dettagliato post di Pietro Cambi su Crisis? What Crisis?).

Quel che qui preme di sottolineare è la risposta dei media italiani alla catastrofe nucleare imminente:

L’intervista al fisico Tullio Regge – scusate il fin troppo facile gioco di parole – non regge: il fisico afferma che le radiazioni se l’è portate via il vento, e ciò dovrebbe rassicurarci? Significa che sono sulla testa di qualcun altro. E poi conclude: “Ricordiamoci sempre che uccide di più il fumo di sigaretta che un incidente del genere. Temo una nuova esplosione di rabbia antinucleare, ma quello che serve, ora, sono analisi adeguate di quante radiazioni siano state assorbite e dove siano andate a finire”. E prosegue ricordando che Chernobyl fu una bomba, che le nuove centrali sono state costruite secondo criteri di sicurezza che l’impianto ucraino nemmeno lontanamente immaginava. Peccato che l’impianto di Fukushima sia non di nuova generazione e che la presenza di cesio nell’aria sia il segnale inequivocabile che il combustibile nucelare sia fuoriuscito dalla gabbia e che la gabbia non sia intatta così come dice il governo giapponese.

In un altro articolo sempre de Il Giornale la stoccata politica:

Specula la sinistra ma l’ordine perentorio da destra è: no allarmismi. Fate vedere che il nucleare è un simbolo di sicurezza. E tutto il resto no.

Esplode centrale nucleare in Giappone, una notizia che non andava letta


Un’esplosione si è verificata nella centrale nucleare Fukushima, a 250 km da Tokyo, dopo il sisma di ieri gravemente in crisi in termini di temperatura e pressione. Così oggi è esplosa in una fumata biancastra. Scrive il Corsera: “L’esplosione è stata molto più potente delle stime iniziali, al punto che si sarebbe polverizzata la gabbia di esterna di contenimento di uno dei reattori. Il tetto e parte delle mura dell’edificio sono crollate e alcuni operai sarebbero rimasti feriti”. I valori di Cesio sono mille volte e forse più superiori alla norma. Un giornalista di SkyTg24 ha rivelato che un gironalista giapponese è stato redarguito in diretta da un collega per aver rivelato di un fuggi fuggi generale da parte degli addetti della centrale. “Questo è una notizia che non andava letta”, gli è stato detto in diretta televisiva.

Questa la sequenza fotografica: osservate il fotogramma 2, pare elevarsi in cielo un’onda grigia:

Questo slideshow richiede JavaScript.

Parafrasando il noto ingannevole spot pubblicitario del Forum Nazionale sul Nucleare, presieduto dal nuclearista Chicco Testa, “Voi da che parte state?”. Chicco Testa era ieri sera a Otto e Mezzo, intervistato da Lilli Gruber. Testa ha fatto notare ai telespettatori l’incredibile sicurezza degli impianti nucleari. “Non è il livello delle radiazioni che sta salendo”, dice Testa – è soltanto mille volte più alto – “c’è un surriscaldamento, dovuto al black out elettrico”. Guardate che in fiamme è l’impianto petrolchimico e non la centrale nucleare, avverte Testa, quelle fiamme stanno diffondendo migliagia di tnnellate di gas serra nell’atmosfera! Ci stiamo preoccupando per qualcosa che non è successo ma che forse potrebbe succedere, dice saggiamente Testa. Che stupidi che siamo!

Ascoltate con le vostre orecchie: http://www.la7.tv/richplayer/index.html?assetid=50205548

E dopo aver sentito rimbombare le sue parole nella vostra testa, parole vecchie di sole quattordici ore, rivedete l’esplosione di oggi a Fukushima. Sì, le centrali si sono arrestate automaticamente, è vero, ma non è mai sufficiente.