Sentenza Dell’Utri: i passi salienti sul pentito Spatuzza. Nessun diritto alla protezione

La sentenza di appello Dell’Utri ha messo in forte pregiudizio la credibilità del pentito Gaspare Spatuzza, il manovale delle stragi, l’uomo che rubò la cinquecento di Via D’Amelio e la caricò di tritolo, l’uomo che afferma di aver visto in quei frangenti, ovvero mentre imbottiva la vettura che ha ucciso Borsellino di esplosivo, un agente dei servizi segreti, individuato con estrema difficoltà nell’agente Sisde Narracci. Ebbene, i giudici della Corte di Appello di Palermo hanno tracciato uno schema argomentativo che critica l’uso delle dichiarazioni di Spatuzza e ne pone in evidenza due aspetti fondamentali che ne inficiano la veridicità:

  • la limitata se non insussistente consistenza nonché la manifesta genericità;
  • la colpevole tardività.

La genericità delle accuse di Spatuzza:

  1. [Incontro al Bar Doney di Roma con Graviano] fino a quel momento non aveva mai sentito neppure nominare Dell’Utri che pertanto era – e rimase – un perfetto sconosciuto non avendo chiesto alcunchè al suo interlocutore (pag.55: “PM: … All’epoca aveva mai sentito nominare l’odierno imputato Dell’Utri ? Spatuzza: No, no, mai. PM: E non chiese nulla a Graviano Giuseppe, <<ma chi è questo Dell’Utri>> ? Spatuzza: No, questo non lo chiesi”)
  2. anni dopo i fatti riferiti, nel 1999, mentre si trovava detenuto al carcere di Tolmezzo con i fratelli Graviano, aveva avuto modo di commentare con Filippo Graviano i discorsi che in quel periodo circolavano tra i carcerati riguardo ad una possibile dissociazione da cosa nostra […] Nell’occasione Flippo Graviano gli aveva fatto capire che la cosa non
    poteva interessare perché i magistrati non potevano dare nulla mentre “tutto deve arrivare dalla politica”
  3. richiesto di chiarire se egli avesse capito il senso di questa frase e da dove sarebbe dovuto arrivare qualcosa, Gaspare Spatuzza ha riferito che, sulla base delle parole pronunciate da Flippo Graviano, egli aveva subito capito che si riferiva a quanto egli aveva sentito dire nel colloquio del bar Doney ormai quasi 11 anni prima;
  4. frutto solo di una mera deduzione non avendo egli, dopo le poche criptiche parole di Filippo Graviano, rivolto alcuna domanda al suo interlocutore con il quale peraltro ha espressamente escluso di avere parlato, in questa o in altre occasioni, di Berlusconi o Dell’Utri, né soprattutto dell’incontro del bar Doney con il di lui fratello Giuseppe
  5. Spatuzza ha infatti dichiarato che non rivolse alcuna ulteriore domanda al Graviano, né al bar Doney, nè in auto durante il successivo viaggio da Roma a Torvaianica e ritorno, per cercare di comprendere a cosa il capomafia di Brancaccio facesse riferimento e quali fossero soprattutto i fatti che legittimavano una tale “euforica” convinzione.
  6. la pretesa euforia che animava il capomafia di Brancaccio per avere ormai “il paese nelle mani” grazie alla serietà delle persone che ciò avevano voluto e consentito, era destinata a svanire subito se proprio quello stesso Giuseppe Graviano, appena qualche giorno dopo quelle tanto entusiastiche quanto infondate previsioni, è stato arrestato a Milano assieme al fratello Filippo

La tardività delle dichiarazioni ai pm

  • oggettivo ed ingiustificato ritardo con cui i pochi fatti riferiti alla Corte erano stati dallo Spatuzza portati a conoscenza dell’A.G. nel corso delle indagini, ben oltre il termine dei 180 giorni che la legge sui collaboratori impone per riferire le notizie relative ai “fatti di maggiore gravità ed allarme sociale”
  • da quando ha formalmente manifestato l’intenzione di collaborare il 26 giugno 2008 […] Gaspare Spatuzza ha dolosamente taciuto quanto egli ha poi affermato di sapere riguardo all’incontro del bar Doney e soprattuto alla grave confidenza ricevuta da Giuseppe Graviano sul conto dell’odierno imputato e di Silvio Berlusconi
  • ha cercato in vario modo di spiegare l’evidente omissione affermando di non averne parlato volutamente in quanto si era espressamente “riservato” di farlo solo nel momento in cui gli fosse stato accordato il programma di protezione, dunque in palese violazione comunque della legge
  • lo Spatuzza vuol accreditare l’insostenibile tesi secondo cui, parlando di tabelloni pubblicitari e dei Graviano, egli aveva già effettuato un riferimento, non esplicito ma sottinteso, a Marcello Dell’Utri che sarebbe stato agevole rinvenire analizzando i pretesi “indizi” da lui “seminati”

La menzogna

  • già a novembre del 2008 lo Spatuzza aveva fatto il nome di Silvio Berlusconi, rivelandosi dunque falsa l’affermazione fatta alla Corte secondo cui egli prima del giugno 2009 non aveva voluto parlare dei politici […] Il verbale è quello del 9 luglio 2008, siamo ancora a ben … un anno quasi, prima del 16 giugno 2009, quando … pag.14 del verbale riassuntivo, a domanda risponde, parlando dell’episodio dell’incontro di Campofelice di Roccella [con i Graviano], a domada risponde: <<Né nel corso del colloquio a Campofelice di Roccella, né in altre circostanze, Graviano Giuseppe mi ha mai precisato chi o quali fossero i suoi eventuali contatti>>

Conclusioni:

  • Nel caso in esame deve ritenersi provato oltre ogni possibile dubbio che Gaspare Spatuzza ha volontariamente taciuto “notizie e informazioni processualmente utilizzabili su … fatti o situazioni … di particolare gravità” che erano a sua conoscenza attestando invece formalmente il contrario in seno al “verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione” da lui sottoscritto, condotta da cui deriva, secondo l’inequivoco contenuto della legge sopra richiamato, il divieto di concessione delle misure di protezione ovvero, se già accordate, la loro revoca

Ma la tardività delle dichiarazioni di Spatuzza può essere presa come fattore di pregiudizio della veridicità delle stesse? Forse Spatuzza ha difettato di precisione. Si è rivelato essere poco informato, anche in virtù del fatto che era più che altro un manovale della mafia, un assassino specializzato in stragi. Tant’è che lui non conosce nemmeno Dell’Utri e deve chiedere a Graviano se quel Berlusconi fosse veramente quello di Canale 5. La vaghezza delle sue rivelazioni è legata alla sua posizione gerarchica in Cosa Nostra: egli sa, ma non conosce. L’episodio del cartello pubblicitario da abbattere, che lui verifica su indicazione di Graviano esser stato realmente abbattuto, lui lo riconduce a Dell’Utri soltanto in quanto il Dell’Utri era ai vertici di Publitalia, ergo interessato di pubblicità. Eppure analisi e retroanalisi giornalistiche avevano costruito ipotesi su quel cartellone pubblicitario che interessava Dell’Utri: si era detto che fosse il cartellone pubblicitario del primo esperimento politico di Dell’Utri medesimo, quel Forza Italia! Sicilia Libera che forse nei progetti doveva essere il referral politico di Provenzano, di chiara impronta regionalista e secessionista, l’alter ego della Lega Nord, e che invece divenne un partito nazionale destinato a governare (con alcune brevi parentesi) il paese per i susseguenti quindici anni.

E qui ritorna l’intervista, ripresa da questo blog, a Calogero Mannino: Mannino, forse per primo, negò che le stragi fossero soltanto opera della mafia – Riina non ne è capace, disse; ipotizzò l’esistenza di un piano militare e di uno politico-finanziario; legò la fase di destabilizzazione del 1992-93 all’esistenza di un vuoto politico “da riempire”. E guarda caso, già nel 1992, come spiegava Ezio Carlo Cartotto – ex manager Fininvest – ai pm Tescaroli, Gozzo e Palma in due deposizioni datate Giugno 1997:

Nel maggio-giugno 1992 sono stato contattato da Marcello Dell’Utri perché lo stesso voleva coinvolgermi in un progetto da lui caldeggiato. In particolare Dell’Utri sosteneva la necessità che, di fronte al crollo degli ordinari referenti politici del gruppo Fininvest, il gruppo stesso “entrasse in politica” per evitare che una affermazione delle sinistre potesse portare prima ad un ostracismo e poi a gravi difficoltà per il gruppo Berlusconi (L’Odore dei Soldi, di Elio Veltri e Marco Travaglio, Origini e misteri delle fortune di Silvio Berlusconi, Editori Riuniti).

Dell’Utri inaugura il progetto nel maggio-giugno 1992. Il “crollo degli ordinari referenti politici del gruppo” per opera dell’inchiesta Mani Pulite era appena avviato. Nessuno allora poteva ipotizzare che la DC e il PSI sarebbero scomparsi. Fino all’aprile 1992, Mario Chiesa era un semplice “mariuolo” (definizione che fu di Craxi); Falcone sarebbe saltato in aria a Maggio, durante il voto per il Presidente della Repubblica (una congiura della mafia/massoneria contro Andreotti?); Borsellino venne ucciso a Luglio. Mentre accadeva questo, Dell’Utri operava per creare un contenitore politico a beneficio degli interessi di Fininvest, contro l’ascesa delle Sinistre, ritenute un pericolo per l’azienda. A settembre 1992 si tenne la convention dei manager Fininvest a Montecarlo, nel corso della quale Berlusconi fece il suo primo discorso politico: “I nostri amici che ci aiutavano, contano sempre di meno; i nostri nemici contano sempre di più; dobbiamo prepararci a qualsiasi evenienza per combatterli” (rivelando una indiscussa propensione per le categorie amico-nemico, ritenute dalla politologia contemporanea come il fondamento della guerra, del conflitto e della divisione, più che della politica). Poi le stragi del ’93, la guerra del Sisde che voleva decapitare lo Stato, la preparazione di nuove elezioni e il vox populi sul nuovo partito-azienda di Berlusconi. Tutto in una precisa scansione temporale che per ora è possibile solo definire come “coincidenza”.

In ultima istanza, resta estremamente critica l’interpretazione data dalla Corte d’Appello di Palermo circa la delusione dei mafiosi per le aspettative riversate nel partito Forza Italia, in virtù delle posizioni garantiste manifestate in campagna elettorale, andate invece deluse:

Deve tuttavia registrarsi, all’esito dell’esame delle dichiarazioni di Maurizio Di Gati, che comunque anche da tale collaboratore proviene la conferma del fatto che in cosa nostra, pur dopo l’impegno sostenuto a favore di Forza Italia nel 1994 (senza che il collaborante sia a conoscenza di pretese garanzie ed impegni dati in cambio del sostegno elettorale: pag.21 esame), erano diffusi alla fine degli anni ’90 i malumori degli uomini d’onore che, a fronte di sperati ed attesi interventi legislativi di favore da parte del governo di “centro-destra”, si ritrovavano invece a subire una legislazione sempre più sfavorevole come nel caso della trasformazione in legge del regime detentivo del 41 bis (pag.13 esame: “La lamentela nostra è stata, come abbiamo votato tutti per fare salire il Centro-Destra, e adesso ci stanno mettendo il 41 bis? Ce lo stanno confermando come legge ? La promessa era che il 41 bis veniva, anche se veniva confermato come legge, veniva più agevolato nel senso del regime carcerario”).
Emerge dunque con evidenza che si cominciò a diffondere tra gli appartenenti all’associazione mafiosa una crescente delusione perché le aspettative di una legislazione che si riteneva sarebbe stata più favorevole da parte di un governo di “centro-destra”, fondate o meno che fossero su pretesi ma in realtà non provati impegni specifici assunti da esponenti politici e soprattutto, per quel che qui interessa, dall’imputato Marcello Dell’Utri, risultavano del tutto smentite dalla constatazione oggettiva di un progressivo inasprimento dell’azione di contrasto alla mafia che lo Stato e le sue articolazioni istituzionali, al di là delle contingenti e mutevoli maggioranze di governo, hanno voluto e saputo complessivamente e costantemente realizzare (Sentenza d’Appello Processo Del’Utri, p. 516).

La domanda è la seguente: può un Tribunale, una Corte d’Appello dare una valutazione della politica in fatto di antimafia di un governo? la constatazione oggettiva è tale poiché proviene dall’interno di Cosa Nostra? Ma non è una mera deduzione, questa?

Deriva psichiatrica e omertà mafiosa: Mr b pronto a un nuovo “predellino”.

Si teme un nuovo strappo, un nuovo scarto in avanti, o a latere, del (finto) premier. Domani sarà a Milano per la campagna di tesseramento del PdL e terrà un discorso: gli ambienti più vicini allo psico-premier parlano di un imminente nuovo attacco al Quirinale e alla Consulta che metterà a dura prova i residui legami con Fini. L’attacco verrà condotto con la copertura televisiva del Tg1 del Minzo che ieri si è inerpicato in una vergognosa difesa di Mr b, paragonandolo – suo malgrado – a Andreotti a alla presunta persecuzione giudiziaria che il matusalemme del Senato avrebbe subito ai tempi delle accuse di mafia e del bacio con Totò Riina. Certamente il Minzo, avvocato dei perseguitati, non ha fatto menzione alcuna riguardo alla condanna prescritta a Andreotti, quella per mafia prima del 1980, che nessuno ricorda naturalmente.
E mentre tutti sostengono che Filippo Graviano ha smentito Spatuzza, nessuno dice che il boss ha semplicemente negato quel che Spatuzza ha riferito al Giudice nella scorsa seduta, mentre non ha fornito alcun elemento oggettivo riguardo a ciò – né la sua deposizione ha inciso in alcun modo sull’impianto accusatorio che ha portato alla condanna di Dell’Utri in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa. Ovvero, questa fase dibattimentale non aggiunge niente al quadro probatorio che già era servito a condannare il collaboratore di Mr b (di cui potete ampiamente leggere qui: Dossier Dell’Utri). Minzolini non vi ha fornito nemmeno la metà di questo quadro informativo, anzi, ha fatto un vero e proprio panegirico televisivo, spacciando per approfondimento ciò che in realtà è pura semplificatoria attività di maquillage:

La deposizione dei Graviano:

Di seguito l’articolo pubblicato da Il Fatto e ripreso da Micromega in cui la politologa Barbara Spinelli parla di “deriva psichiatrica” dei dittatori e della pericolosità della situazione italiana, appena salvaguardata dai pericoli di una “Weimar” dalla nostra stessa Costituzione, la quale – nonostante quel che dica il (finto) premier –  esce rafforzata da questo tritacarne, poiché diffusa sarebbe la convinzione che non serva cambiarla. La Spinelli sottolinea come la platea di Bonn che udiva Mr b demolire l’impianto costituzionale e democratico della nostra Repubblica, non abbia levato alcuna critica al despota, e evidenzia come questo prefiguri una politica dell’appeasement, una morbida accondiscendenza verso Berlusconi, come spesso gli europei hanno verso i dittatori.

    • Barbara Spinelli, tra le più riconosciute osservatrici dei fatti politici italiani, fa un’analisi secca e lucida della situazione politica e dello scontro istituzionale
    • “Siamo di fronte a una crisi acuta ma ormai è anche finito il tempo di chiedersi ‘cosa accadrà’
    • La Spinelli sottolinea l’importanza della reazione di Napolitano, un presidente “che finora non è che abbia detto molto sul tipo di regime messo in piedi da Berlusconi”
    • individua in Fini “la chiave di volta della situazione” perché “il regime autoritario può essere scalzato soltanto dalla maggioranza”
    • la reazione “abbastanza scandalosa” del Partito popolare europeo, dove “non si è alzata una voce contro ciò che ha detto Berlusconi: in parte si tratta di una forma di appeasement, la tendenza a accomodarsi con i regimi autoritari
    • se l’Europa fa un esame di democrazia ai paesi che entrano, non richiede altrettanto a quelli che sono già dentro
    • Sel’Italia non fosse già nell’Unione europea, non potrebbe avervi accesso
    • non trova scandaloso “che Berlusconi parli di Italia piuttosto che di Europa. Quel che è grave è che Berlusconi utilizzi una sede internazionale per fare un attacco molto pesante alla Costituzione e alle istituzioni del proprio paese”
    • l’Europa, che potrebbe intervenire “di fronte a queste frasi golpiste resti in silenzio: per quel che riguarda l’euro siamo tutti affratellati, e questo ha reso meno importante la politica. La Merkel dovrebbe vergognarsi dei baci con Berlusconi, che si trovavano in tutte le foto. È come il bacio tra Breznev e Honecker”
    • “Berlusconi dice in maniera chiara cosa vuol fare, cambiare la Costituzione a maggioranza semplice, la sua”
    • “Ciò che mi sembra positivo è che in realtà la Costituzione ne esce enormemente rafforzata: la consapevolezza è ormai diffusa che non si sia nessun bisogno di cambiarla, come si è invece sostenuto negli ultimi 10-15 anni”
    • possiamo parlare di “stato d’eccezione”, come scriveva Ezio Mauro ieri su Repubblica, “la differenza è che la nostra Costituzione ci tutela più di quanto quella della Repubblica di Weimar tutelasse la democrazia tedesca”
    • rispetto alla minaccia più o meno ventilata, di un nuovo predellino che porti il Cavaliere direttamente alle elezioni anticipate, la Spinelli fa notare che “non è che Berlusconi può sciogliere da solo le Camere. È più difficile, in un’aula parlamentare, saltare su predellini”
    • “Se Berlusconi dal punto di vista delle uscite televisive e della piazza è imbattibile, non so se lo sia altrettanto dal punto di vista del gioco parlamentare. Minaccia continuamente le elezioni anticipate, ma poi ritira tale minaccia. Perché non è così che funziona: il Parlamento non è un predellino, non è lo scenario perfetto per un tg di Minzolini, né una fiction. E tanto per cominciare, Napolitano potrebbe certo dare l’incarico a qualcun altro della stessa maggioranza di Berlusconi”
    • l’editorialista nota che “tutti i dittatori hanno una deriva psichiatrica, ma l’aspetto politico è molto più importante. La psichiatria non è di nessun aiuto per le vittime delle dittature”
    • una notazione sui processi di mafia: “Non credo che verranno fuori grandi cose. Penso che i capi della mafia in carcere si guarderanno bene dal dire cose compromettenti. Ma è interessante vedere come le posizioni rispetto ai pentiti cambino: vengono considerati farabutti e uomini che sciolgono i bambini nell’acido quando tirano in ballo i politici, e se ne fanno elogi sperticati quando tacciono (come Mangano chiamato un eroe, o Filippo Graviano descritto da Dell’Utri come uomo di grande dignità)”

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Fra bombe atomiche inesplose e arresti a orologeria. Tranquilli, è fiction.

Lo sceneggiatore si è dato da fare: ha creato il pathos su una deposizione di un pentito in realtà solo co-protagonista di uno scenario in cui l’attore principale entrerà in scena, come si usa nei copioni di mafia, solo l’undici di dicembre – dichiarazioni dei fratelli Graviano al processo d’appello di Dell’Utri – di cui nessuno finora conosce la portata delle dichiarazioni, né le ragioni profonde che lo spingono a farle – mettere sotto scacco Mr b? avere indietro i soldi da Mr b?
Ha poi messo in mano al ministro dell’Interno due carte, il sapiente sceneggiatore, tenute nel cassetto per mesi, due boss, uno emergente, pericoloso e criminale, l’altro un boss sulla via del tramonto, ma dal nome altisonante. Sono Giovanni Nicchi, capomandamento di Pagliarelli, e Gaetano Fidanzati, uomo d’onore dai tempi di Buscetta, superlatitante, magari non più dentro alle trame e ai traffici di droga ma pur sempre un bel nome da sbattere in prima pagina. Eccolo confezionato, il colpo di scena. Il governo che "più ha fatto contro la mafia" vede il proprio (finto) premier accusato da un pentito che non è un infame, un delatore, e proprio nelle stesse ore il colpo della Polizia ne ingabbia altri due. E’ chiaro, il governo è minacciato dalla mafia, è un attacco che i malavitosi stanno conducendo da mesi, dai tempi dello scandalo D’Addario, ma certo, e ora ci provano con la complicità dei pm rossi e della Sinistra e dei poteri forti. Vedete che è necessaria la legge sul processo breve. Lui, Mr b, è sotto minaccia perché sta riducendo la mafia a un manipolo di sgherri. Lo ha detto il Tg1, stasera, che c’è la crisi delle cosche. Picciotti in declino, a quanto dicono.
Il copione è finito. Protagonisti Raoul Bova, Ricki Memphis, Michele Placido nei panni del boss. A Gennaio su questi teleschermi.

    • Quando la rappresentazione ha inizio, comincia anche l’attesa per il colpo di scena annunciato come «una bomba». Una bomba da disinnescare in ogni modo, tanto che il sen. Dell’Utri promette addirittura un proprio intervento diretto, dichiarazioni spontanee, nell’intento di rintuzzare Spatuzza e togliergli anche un pezzo di visibilità. Ma non risulterà necessaria, la contromossa di Dell’Utri. Non che Spatuzza si sia tirato indietro, questo no.

    • È accaduto, però, che quel nome – pronunciato anche con l’enfasi sottolineata del «signor Berlusconi» – si è quasi diluito nella genericità della trama raccontata dal pentito. Per questo, forse, uno dei legali della difesa ha avuto gioco facile nel declassare a «petardo» la deposizione di Spatuzza.

    • Dei suoi ricordi, però, oggi resta un solo punto fermo: il colloquio intrattenuto al Bar Doney, a Roma, con Giuseppe Graviano che sollecita l’ennesima strage, quella (fallita, per fortuna) dello stadio Olimpico «da fare a qualunque costo, così chi si deve muovere possa darsi una smossa»

    • «la smossa» doveva essere in direzione delle «necessità» di Cosa nostra. A muoversi dovevano essere «Berlusconi, quello del Canale 5 e il nostro paesano Dell’Utri»

    • Spatuzza non è stato molto aiutato, nello sforzo di offrire un racconto organico: troppe interruzioni, anche da un pubblico ministero esageratamente sensibile alla cura del particolare non sempre decisivo.

    • Uno come Spatuzza può raccontare nei particolari ogni fase della preparazione di un attentato, di un omicidio, ma può incontrare difficoltà nel riferire argomenti più complicati o spiegare credibilmente – come faceva Tommaso Buscetta – gli ingranaggi del pensare mafioso.

    • «Asparino», sembra aver voluto concedersi anche il ruolo di «portatore di altro», come quando si attarda a descrivere il suo «rapporto particolare» coi Graviano

    • anche i Graviano, per la verità, non sembrano nutrire sentimenti ostili contro Spatuzza. Certo non fino a far da riscontro alle sue rivelazioni, ma senza mai additarlo come bugiardo e infame

    • Proprio questo incomprensibile legame, più forte delle stesse leggi della mafia, continua ad offrire spunti di dubbi sulla natura del pentimento di Spatuzza. Se il pentito non è rinnegato dalla proprio «famiglia», vuol dire che può parlare tranquillamente, anche in nome del capofamiglia?

    • troverebbe conferma la suggestione che vuole i Graviano impegnati in una sorta di braccio di ferro col governo «inadempiente» rispetto alle aspettative di Cosa nostra

    • La Polizia ha arrestato a Palermo il superlatitante Giovanni Nicchi. Il capomafia è stato catturato in un appartamento in via dalla sezione Catturandi della Squadra Mobile. Il latitante, 28 anni, si trovava in una palazzina di tre piani in via Filippo Juvara 25

    • Il covo di Gianni Nicchi era a poche centinaia di metri dal palazzo di Giustizia di Palermo

    • Il giovane mafioso è considerato il pupillo del capomafia Nino Rotolo. Nato il 16 febbraio 1981 a Torino, Nicchi, era ricercato dal 2006 per associazione di tipo mafioso, estorsione ed altro

    • L’uomo é nell’elenco dei 30 latitanti di massima pericolosità

    • Nicchi é considerato uno degli elementi di spicco di cosa Nostra. È stato messo a capo del mandamento di Pagliarelli, su indicazione di Antonino Rotolo. Avrebbe avuto un background come killer di mafia e gestore del traffico di cocaina dall’America. Fuori da Palermo, si hanno notizie di suoi avvistamenti a Milano, città dove avrebbe interessi e appoggi, ma é praticamente scomparso dal maggio 2006

    • Nicchi farebbe parte dell’ala corleonese di Cosa Nostra incline ai metodi più efferati, e avrebbe subito l’ostilità di Salvatore Lo Piccolo che, dopo l’arresto di Bernardo Provenzano, era considerato tra i più influenti elementi di cosa nostra assieme a Matteo Messina Denaro e Domenico Mimmo Raccuglia

    • Un altro duro colpo a Cosa Nostra è stato messo a segno a Milano. Si tratta dell’arresto di Gaetano Fidanzati, uno dei boss mafiosi appartenenti alla lista dei 30 ricercati per mafia più pericolosi

    • Gaetano Fidanzati è uno dei capimafia storici palermitani. Per avere un’idea della sua posizione all’interno dell’organizzazione basta ricordare che nel ’70 un’auto venne fermata casualmente ad un posto di blocco. Dentro, con documenti falsi, c’erano, oltre a lui, Tommaso Buscetta, Salvatore Greco, Giuseppe Calderone, Gaetano Badalamenti e Gerlando Alberti, padrini che avevano e avrebbero fatto parlare a lungo di loro. Fidanzati è entrato a pieno titolo nel gotha dei trafficanti di droga mafiosi.

    • Fidanzati è ritenuto dagli investigatori uno dei più importanti boss del narcotraffico

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Spatuzza Day, le reazioni della stampa estera.

Ancora poca eco sui giornali e siti esteri: il Times titola su Amanda Knox, ma non su Spatuzza, così il NYT, mentre il The Washington Post non pare interessato alle vicende nostrane, a parte qualche cenno sull’Afghanistan e l’invio di 1000 soldati italiani.

Invece il The Guardian titola a grandi lettere, “Berlusconi colluso alla mafia in una corte di giustizia”, e parla vagamente delle dichiarazioni di oggi del pentito Spatuzza, senza un grande approfondimento, a onor del vero. Invece El Pais esce con un articolato commento sulla vicenda e titola: “Spatuzza coinvolge Berlusconi e Dell’Utri negli attentati mafiosi del 1993” e cita il passaggio chiave delle dichiarazioni del pentito, l’incontro con il boss Giuseppe Graviano al bar Doney a Roma:

Spatuzza ricorda un incontro nel 1994 con il suo capo diretto a Roma: “Ho incontrato Giuseppe al bar Doney di Via Veneto, era felice come se avesse vinto la lotteria. Ci siamo seduti e disse che dovevamo uccidere un po’ di poliziotti per dare il colpo di grazia. Quello che abbiamo ottenuto era tutto quello che volevamo. E questo grazie alla serietà di quelle persone (Berlusconi e Dell’Utri, citati poco dopo) che avevano portato avanti questa storia, e non come quei quattro socialisti cornuti che avevano preso i nostri voti nel 1988 e 1989 e poi ci hanno fatto la guerra “, ha detto.[…]

I giudici vogliono confrontare ora la credibilità della testimonianza. Il processo d’appello di Dell’Utri continua a Palermo il giorno 11 di dicembre con le dichiarazioni del teste Giuseppe e Filippo Graviano tramite video conferenza.

La Rai, invece, nonostante il clamore per la vicenda, non ha apprestato né edizioni straordinarie, né dirette dall’aula bunker. Il vero servizio pubblico oggi lo ha fatto SkyNews24. L’UsigRai, in una nota del segretario Carlo Verna, si domanda perché il CdA si ostini a tenere RaiNews24 senza risorse. Perché oggi non hanno nemmeno dedicato un pezzo di trasmissione di approfondimento. addirittura il Tg1 delle 20 mette la vicenda Spatuzza come secondo titolo, dopo l’Afghanistan e l’invio di nuove truppe (notizia di ieri).

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    • «Un evento di cronaca giudiziaria cruciale anche per la politica. La deposizione di Spatuzza, l’intervista a Dell’Utri, che lo smentisce, i commenti sulla vicenda abbiamo potuti seguirli in diretta e/o in tempo reale sui siti dei più importanti quotidiani e sulla tv a pagamento. Dove era il servizio pubblico? Ad aspettare l’ora dei tg?»
    • segretario Usigrai Carlo Verna. «Essendo l’interrogatorio dibattimentale del pentito di mafia atteso da giorni, come mai non si è pensato ad allestire uno studio con ospiti in contraddittorio e diretta sulle tre reti generaliste – chiede ancora Verna -? Perchè a Rainews24, non vengono forniti mezzi e budget adeguati per poter svolgere la propria funzione di canale all news ed essere volano per le altre testate? Può essere la rete dedicata alle notizie 24 ore su 24 solo una foglia di fico per dire che la Rai è presente su eventi come il No B day previsto domani a Roma e snobbato dalle principali reti? Da una seria risposta a queste domande dipende, con la legittimazione o meno del servizio pubblico, anche il suo stesso futuro»

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Spatuzza implica a Berlusconi y a Dell’Utri en los atentados mafiosos de 1993

Instant blogging: Spatuzza fa i nomi!

"Graviano mi disse che le persone con cui avevamo preso contatti erano persone serie e non erano come i "crasti" socialisti del 1988, che poi ci hanno fatto la guerra". Lo ha spiegato il pentito Gaspare Spatuzza riferendo dell’incontro avvenuto a Roma con il boss Graviano nel 1993. Spatuzza ha spiegato che i socialisti di cui si parlava erano 4 candidati alle politiche dell’epoca.
"Graviano mi disse che l’attentato ai carabinieri all’Olimpico doveva essere il colpo di grazia". Lo ha riferito il pentito Gaspare Spatuzza nella deposizione al processo che vede imputato Marcello Dell’Utri. "Capii che c’era un’anomalia – spiega Spatuzza – quando mi disse che la questione Contorno doveva essere messa da parte in quel momento perche’ c’erano altre priorita’"
Graviano mi fece il nome di Berlusconi, quello di canale 5, e di Dell’Utri e mi disse che grazie alla serieta’ di queste persone avevamo chiuso tutto e che avevamo il Paese nelle nostre mani". Lo ha detto Gaspare Spatuzza nella deposizione a Torino nel processo a Marcello Dell’Utri
"Giuseppe Graviano ci spiego’ che c’era in piedi qualcosa che se andava a buon fine avremmo avuto benefici tutti quanti". Lo ha detto il pentito Gaspare Spatuzza parlando al processo a Marcello dell’Utri dell’incontro con il boss Graviano che gli diede oridine a fine ’93 di uccidere un po’ di carabinieri per dare "una mossa a chi si deve muovere".
Quando avvennero la strage di Capaci e quella di via d’Amelio abbiamo gioito, ma Firenze e tutto il resto non ci appartiene". Lo ha detto il pentito Gaspare Spatuzza che ha spiegato che gli attentati del 1993 erano "un’anomalia" per Cosa Nostra.

Fuorionda di Fini: Berlusconi attento! Fai la fine di Luigi XVI.

Il Re Luigi XVI e la sua fine sono stati evocati in un fuori onda da Gianfranco Fini, Presidente della Camera e alleato politico di Berlusconi. Fini avrebbe avvertito il finto premier ricordandogli che fine fecero fare i giacobini al monarca assoluto. Chissà se Berlusconi, una volta evocata l’immagine della propria testa che ruzzola nel cesto sotto alla ghigliottina, abbia pensato più alla Maria Antonietta da portare con sé al patibolo oppure a come evitare di spargere per terra i pochi capelli rimasti, con quello che sono costate le ricostruzioni…
Eccolo, dunque, il famoso fuorionda. Qui Fini dice quello che tutti pensano. Senza filtri. Ma commette un piccolo errore quando parla di Mancino: il vicepresidente del CSM non è mai stato chiamato in causa dal pentito Spatuzza, bensì il suo nome compare invece nei verbali di Massimo Ciancimino nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia. Tuttavia, ciò non cambia il senso delle parole del Presidente della Camera, ovvero non sposta di una virgola il fatto che le tre inchieste combinate (Palermo-Caltanissetta-Firenze) potrebbero disegnare – se opportunatamente suffragate da dati oggettivi – uno scenario alquanto inquietante.

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    • Un video che risale al 6 novembre, ma che potrebbe essere stato registrato anche più recentemente tanto sono ancora attuali i temi che vengono affrontati
    • i rapporti con il premier e le rivelazioni del pentito Spatuzza considerate una «bomba atomica». Protagonista del ’fuoriondà, che è stato pubblicato oggi sul sito di Repubblica.it, è il presidente della Camera, Gianfranco Fini
    • attraverso una nota del suo portavoce sottolinea la «coerenza» delle sue parole «allorquando, al di là dei toni colloquiali ed informali, dice in privato esattamente quanto afferma poi pubblicamente»
    • Tutto accade a Pescara dove Fini si trovava per partecipare alla giornata conclusiva del ’Premio Borsellinò
    • scampoli di conversazione che il presidente della Camera ha con il procuratore della Repubblica, Nicola Trifuoggi
    • Una chiacchierata confidenziale che si svolge nella convinzione di entrambi che i microfoni siano spenti. Ma non è così.
    • parla del pentito Gaspare Spatuzza e presagisce il rischio che deflagri una «bomba atomica»
    • «Il riscontro delle dichiarazioni di Spatuzza… speriamo che lo facciano con uno scrupolo tale da… perché è una bomba atomica»
    • Trifuoggi osserva che «non ci si può permettere un errore neanche minimo» e Fini sottolinea: «Sì, perché non sarebbe solo un errore giudiziario, è una tale bomba che… lei lo saprà .. Spatuzza parla apertamente di Mancino, che è stato ministro degli Interni… uno è vice presidente del Csm e l’altro è il Presidente del Consiglio…». E al procuratore che osserva che comunque queste indagini si devono fare, la terza carica dello Stato risponde: «E ci mancherebbe altro»
    • Il procuratore ribatte che «è nato con qualche millennio di ritardo, voleva fare l’imperatore romano», e la replica di Fini è eloquente: «Ma io gliel’ho detto… confonde la leadership con la monarchia assoluta…. poi in privato gli ho detto… ricordati che gli hanno tagliato la testa a… quindi statte quieto»
    • La conversazione prosegue tra aneddoti, citazioni “giolittiane”, poi un’altra frecciatina ancora riservata al presidente del Consiglio. Un ragazzo dal palco osserva che «nessuno è eterno» e lui ironizza: «… se ti sente il presidente del Consiglio si incazza»

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Dell’Utri si difende in tv. “Spatuzza non sa nulla!”. E cosa dovrebbe sapere?

Secondo Dell’Utri, intervenuto oggi alla trasmissione di Lucia Annunziata “In 1/2 h”, il pentito Gaspare Spatuzza, da quel che si evince leggendo i verbali, “non dice nulla e non sa nulla”. La frase di per sé è comprensibile, ma a sua volta può generare una domanda: e cosa dovrebbe sapere Spatuzza che invece a giudizio di Dell’Utri non sa?
Spatuzza è pur sempre colui che rubò la cinquecento che esplose in Via D’amelio. Forse Dell’Utri non sa, non ricorda. Spatuzza lo sa, lo ha raccontato ai giudici e ne ha dato riscontro, tanto che con molta probabilità verranno rifatti i processi per le stragi di Via D’Amelio e forse di Capaci.
Spatuzza parla solo ora, ha aspettato quindici anni, è segno di una macchinazione dei giudici che lo governano a piacimento. Spatuzza avrà parlato solo di recente, ma esistono altri pentiti più o meno tali che chiamano in causa il duo Berlusconi-Dell’Utri (ad esempio Antonio Giuffré) e pure Giovanni Brusca ha fatto i loro nomi.
Spatuzza, secondo Dell’Utri, fa parte di un più ampio progetto architettato dai giudici per conto della Sinistra e dei poteri occulti. Bé, un massone epurato dai massoni? E poi quale Sinistra? Quella del centro-snistra con il trattino, quella radicale, quella movimentista, quella giustizialista, quella socialista, quella verde o quella antiproibizionista? Se Dell’Utri accusa la sinistra almeno specifichi di quale settore si tratta. Risulterebbe più credibile.

    • Si dovrebbe modificare la legge sui pentiti (…) I pentiti vanno regolamentati: sono utili, sono una cosa giusta, ma vanno regolamentati (…). Com’è ammissibile che dopo 15 anni uno si alza e dice: ‘Dell’Utri, Berlusconi…’, perché quelle cose non le ha dette prima”? ha detto oggi il senatore Pdl intervistato nella trasmissione “In mezzo’ora” su RaiTre, parlando anche di “collegamenti precisi” tra pm di diverse procure che indagano su di lui.

       

    • ”Dai verbali si capisce che non dice nulla, non sa nulla” e ”può inventarsi qualsiasi cosa”.

       

    • Il senatore del Pdl si dice ”angosciato per queste accuse assurde” ma quest’ultime, insiste, sono ”assolute falsità”

       

    • la ”coscienza è tranquilla” perché ”non mi aspetto nulla da nessuna procura. Mi aspetto solo che si acclari la verità su queste falsità”.

       

    • ”Si cercano pentiti che grazie a delle provvidenze possano parlare e poi si fa la convergenza del molteplice: una cosa assurda, fuori dal mondo”. Qui ”non si cerca il reato, si cerca di fare dei delinquenti’

       

    • ”Le sciocchezze vengono ben confezionate, ben montate e finché durano fanno danno. Per fortuna c’è la gran parte del paese che non ci crede…”

       

    • Ma come mai Silvio Berlusconi non decide di farsi processare come ha fatto Giulio Andreotti e come sta facendo lo stesso Dell’Utri? ”La giustizia – risponde il senatore a Lucia Annunziata – è un bene supremo, l’ingiustizia no”

       

    • ”Il premier è un carattere diverso, lui prova sgomento, lo indigna… Non ha mai avuto niente a che fare con queste cose. Ritiene le accuse un’ingiustizia, Berlusconi è una persona diversa da me’

       

    • ‘Non deve dimettersi per niente, la presunzione di innocenza vale fino al termine dei gradi di processo”. ”Giustifico il comportamento di Berlusconi perché lo conosco troppo bene”, insiste Dell’Utri che nel corso dell’intervista ha pure modo di ribadire: “Mangano è stato un eroe e lo ripeto”

       

    • c’è un’azione organizzata contro Silvio Berlusconi. ”I giudici sono l’elemento catalizzatore di tutto, ma c’è una parte politica, la sinistra, i poteri occulti che non vedono Berlusconi di buon occhio, hanno tentato in tutti i modi di far desistere Berlusconi dal fare politica, e l’arma più forte è quella giudiziaria”

       

    • ”cercano di puntare al patrimonio del premier”, ma ”non ci riusciranno perché anche i più grandi teoremi cadono di fronte alle cose che non esistono”. E’ ”offensivo” poi leggere le cose di questi giorni su un’azienda come Mediaset

       

    • Nemmeno a parlarne di ‘complotto’ dalla maggioranza. C’è una ”dialettica dall’interno” del Pdl, dice il senatore. ”Ho sentito le posizioni del presidente Fini di recente, ma la sua è una normale dialettica

       

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Proc. n°11531/09-2, procura antimafia di Firenze. La fibrillazione continua.

La giornata si è aperta con un articolo di Libero, che titola "Silvio indagato per mafia a Firenze". Poi un articolo di Giuseppe d’Avanzo su La Repubblica che si conclude con domande inquietanti: che cosa c’è di più inconfessabile che esser stato colluso con il potere mafioso? Perché Berlusconi non si rassegna a prendere in esame il caso di dimettersi e difendersi da queste accuse in Tribunale? Perché invece si ardimenta a escogitare soluzioni legislative ai limiti della sovversione costituzionale per garantirsi l’immunità? In questo modo rischia di trascinare il paese definitivamente nel fango. Rischia di sospendere la democrazia e lo stato di diritto per sottrarsi al giogo mafioso e alla verità.
La Procura di Firenze ha poi smentito di aver iscritto nel registro degli indagati il (finto) premier e Marcello Dell’Utri. Libero già prevedeva la risposta: secondo l’autore dell’articolo, si tratterebbe di una iscrizione virtuale, ovvero fatta impiegando nomi fittizi in sostituzione di quelli reali. Lo scopo è quello di non far divulgare la notizia anzitempo. Il fasciolo n° 11531/09-2 fu aperto nel 1998, contenente indagati senza nome ma con pseudonimo, che allora erano Autoreuno e Autoredue. Il fascicolo fu poi archiviato. L’ipotesi di reato a carico degli indagati era "concorso in strage", un reato gravissimo.
D’Avanzo sostiene sia molto difficile giungere a una effettiva formulazione di capi d’accusa con relativo carico probatorio. Non bastano le dichiarazioni, seppur coerenti e congiunte dei pentiti. Ad esse devono essere affiancati riscontri concreti, validi, dimostrabili della collateralità di Berlusconi e Dell’Utri ai fratelli Graviano.  Senza di questo, prepariamoci all’affondo finale del potere politico contro la magistratura.

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    • Il numero è quello del procedimento penale 11531/09-2 della procura antimafia di Firenze. La data è il 4 dicembre 2009

    • Nell’aula bunker di Torino la Corte d’Appello di Palermo in trasferta ascolterà il boss pentito Gaspare Spatuzza, prima linea operativa di Cosa Nostra fino all’arresto nel 1997, reggente del mandamento di Brancaccio tra il 1995 e il 1997, killer di don Puglisi, autore delle stragi che Cosa Nostra ha voluto firmare in continente nel 1993, da Roma a Milano passando per Firenze

    • Per evidenti motivi di sicurezza è stato deciso che Spatuzza è preferibile muoverlo su Torino anzichè su Palermo. Il pg Antonino Gatto, pubblica accusa nel processo d’Appello in cui Dell’Utri è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa (9 anni la condanna in I°), il 23 novembre ha chiesto e ottenuto di riaprire il dibattimento – già arrivato alle arringhe – per poter interrogare Spatuzza.

    • E ascoltare dalla sua voce quello che il boss da quattordici mesi sta raccontando al procuratore Antimafia Piero Grasso, al procuratore di Firenze Pino Quattrocchi e ai sostituti Nicolosi e Crini. Centinaia di pagine di verbale che stanno riscrivendo la storia delle stragi (deve essere in parte rifatto il processo per via D’Amelio) e degli intrecci tra Cosa Nostra e politica

    • Tra luglio e ottobre Giuseppe e Filippo Graviano, messi a confronto con Spatuzza, non lo hanno confermato. Ma hanno accettato il confronto. Nel codice di Cosa Nostra vale moltissimo. Le conferme alle dichiarazioni di Spatuzza sono arrivate da altri pentiti doc come Romeo e Grigoli. Ora l’attesa è massima per quello che U tignusù dirà nell’aula bunker di Torino

    • quello che toglie il sonno è quel fascicolo n°11531/09-2 della procura fiorentina che prevede un registro degli indagati. Fu aperto anche nel 1998. Erano iscritti “ Autore Uno” e “Autore Due”. L’ipotesi era concorso in strage.

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    • Il premier Berlusconi e Marcello Dell’Utri non sono indagati nell’inchiesta riaperta a Firenze sulle stragi di mafia del ’93. Lo ha detto il procuratore capo di Firenze Giuseppe Quattrocchi rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano un commento al titolo del quotidiano ‘Libero’. ”Non ci sono iscrizioni di questo tipo” ha risposto Quattrocchi.

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    • Nell’inchiesta per mafia, il senatore Marcello Dell’Utri e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sono indagati dalla procura di Firenze. L’accelerazione è avvenuta a metà ottobre. Esattamente tra il 13 e il 22 quando i magistrati modificano il fascicolo che contiene gli atti dell’inchiesta.

    • Il procedimento passa da un’indagine contro ignoti a un procedimento con degli indagati. Un salto testimoniato dall’incalzare dei fatti.

    • Il 13 ottobre arriva in procura una corposa relazione della Dia di Roma che indica  riscontri fotografici a dei dettagli ricordati dal pentito Gaspare Spatuzza che per gli inquirenti dovrebbero suggellare l’incontro con Giuseppe Graviano al bar Doney a Roma nel gennaio 1994

    • Le risultanze investigative spingono i magistrati a iscrivere nel registro degli indagati i due nomi. Sicuramente oggi i pubblici ministeri smentiranno la notizia. Potranno farlo in qualche modo perché per proteggere la scelta investigativa si è seguito un accorgimento tecnico previsto dal Codice in casi di particolari rilevanza e delicatezza: l’iscrizione virtuale. Una sorta di iscrizione top secret, che non compare nel registro ufficiale. Un espediente già utilizzato in indagini di mafia dai colleghi siciliani. L’effetto però è evidente. Giovedì 22 il pentito Giovanni Ciaramitaro si affianca a Spatuzza e punta l’indice contro il premier: «Berlusconi e altri politici», accusa, «stavano dietro le stragi». E nel verbale compare il nuovo numero del fascicolo n 11531/09 mod. 21; prima erano due diversi faldoni contro ignoti.

    • Anche Palermo (n.9145/08) e Caltanisetta (n.1595/08) hanno aperto i classici procedimenti a modello 21 contro noti. E chi sono i nomi dei nuovi indagati in questi procedimenti se si considera che tutti i pentiti stanno indicando agli inquirenti unicamente i nomi di Berlusconi e Dell’Utri?

    • anche in questo caso i pubblici ministeri sono ricorsi a iscrizioni criptate o virtuali per impedire la divulgazione della notizia. Il ricorso a lettere dell’alfabeto greco era già stato l’escamotage utilizzato qualche anno fa quando già si era indagato sui due politici per poi giungere a un’archiviazione del procedimento

    • Un atto dovuto imposto dal Codice se si considera che sono ormai sedici mesi che i nomi di Dell’Utri e Berlusconi piovono dalle labbra di collaboratori di giustizia come Gaspare Spatuzza

    • Ma di fronte alla tempesta agitata dai collaboratori le procure non potevano più procedere in un mare di omissis, sempre e comunque contro ignoti.

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    • Berlusconi non deve temere il suo coinvolgimento – come mandante – nelle stragi non esclusivamente mafiose del 1993. Può mettere fin da ora nel conto che sarà indagato, se già non lo è a Firenze. Molti saranno gli strepiti quando la notizia diventerà ufficiale, ma va ricordato che l’iscrizione al registro degli indagati mette in chiaro la situazione, tutela i diritti della difesa, garantisce all’indagato tempi certi dell’istruttoria (limitati nel tempo).

    • Quando l’incolpazione diventerà pubblica, l’immagine internazionale del premier ne subirà un danno, è vero, ma il Cavaliere ha dimostrato di saper reggere anche alle pressioni più moleste.

    • quel che deve intimorire e intimorisce oggi il premier non è la personale credibilità presso le cancellerie dell’Occidente, ma fin dove si può spingere e si spingerà l’aggressione della famiglia mafiosa di Brancaccio, determinata a regolare i conti con l’uomo – l’imprenditore, il politico – da cui si è sentita "venduta" e tradita, dopo "le trattative" del 1993 (nascita di Forza Italia), gli impegni del 1994 (primo governo Berlusconi), le attese del 2001 (il Cavaliere torna a Palazzo Chigi dopo la sconfitta del ’96), le più recenti parole del premier: "Voglio passare alla storia come il presidente del consiglio che ha distrutto la mafia" (agosto 2009)

    • le "seconde file" della cosca – manovali del delitto e della strage al tritolo – hanno finora tirato dentro il Cavaliere e Marcello Dell’Utri come ispiratori della campagna di bombe

    • Non bastano i ricordi di mafiosi che "disertano". Non sono sufficienti le parole che si sono detti tra loro

    • Non possono essere definitive le prudenti parole di dissociazione di Filippo Graviano o il trasversale messaggio di Giuseppe che promette ai magistrati "una mano d’aiuto per trovare la verità"

    • Occorrono, come li definisce la Cassazione, "riscontri intrinseci ed estrinseci", corrispondenze delle parole con fatti accertabili.

    • Il denaro, i piccioli, in queste storie di mafia, sono sempre curiosamente trascurati anche se i mafiosi, al di là della retorica dell’onore e della famiglia, altro non hanno in testa

    • Cosa Nostra minaccia in un regolamento di conti il presidente del consiglio. Ne conosce qualche segreto. Ha con lui delle cointeressenze antiche e inconfessabili. Le agita per condizionarne le scelte, ottenerne utili legislativi, regole carcerarie più favorevoli, minore pressione poliziesca e soprattutto la disponibilità di ricchezze che (lascia intuire) le sono state trafugate

    • L’uomo che parla ossessivamente di se stesso, compulsivamente delle sue imprese, tace e dimentica di dirci l’essenziale. Quando i giudici lo interrogano a Palazzo Chigi (è il 26 novembre 2002, guida il governo), "si avvale della facoltà di non rispondere". Glielo consente la legge (è stato indagato in quell’inchiesta), ma quale legge non scritta lo obbliga a tollerare sulle spalle quell’ombra così sgradevole e anche dolorosa, un’ombra che ipoteca irrimediabilmente la sua rispettabilità nel mondo – nel mondo perché noi, in Italia, siamo più distratti? Qual è il rospo che deve sputare? Che c’è di peggio di essere accusato di aver tenuto il filo – o, peggio, di essere stato finanziariamente sostenuto – da un potere criminale che in Sicilia ha fatto più morti che la guerra civile nell’Irlanda del Nord? Che c’è di peggio dell’accusa di essere un paramafioso, il riciclatore di denaro che puzza di paura e di morte? Un’evasione fiscale? Un trucco di bilancio?

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Il No-B-Day verrà dopo lo Spatuzza Day. Giorni di crisi a Palazzo Chigi.

Si è tenuta oggi la Conferenza Stampa di presentazione della manifestazione No Berlusconi Day, Contro le Leggi ad personam, organizzata da blogger e internauti via Facebook:

L’APPELLO del Gruppo No-B-DAY

A noi non interessa cosa accade se si dimette Berlusconi e riteniamo che il finto “Fair Play” di alcuni settori dell’opposizione, costituisca un atto di omissione di soccorso alla nostra democrazia del quale risponderanno, eventualmente, davanti agli elettori. Quello che sappiamo è che Berlusconi costituisce una gravissima anomalia nel quadro delle democrazie occidentali – come ribadito in questi giorni dalla stampa estera che definisce la nostra “una dittatura”- e che lì non dovrebbe starci, anzi lì non sarebbe nemmeno dovuto arrivarci: cosa che peraltro sa benissimo anche lui e infatti forza leggi e Costituzione come nel caso dell’ex Lodo Alfano e si appresta a compiere una ulteriore stretta autoritaria come dimostrano i suoi ultimi proclami di Benevento. Non possiamo più rimanere inerti di fronte alle iniziative di un uomo che tiene il Paese in ostaggio da oltre 15 anni e la cui concezione proprietaria dello Stato lo rende ostile verso ogni forma di libera espressione come testimoniano gli attacchi selvaggi alla stampa libera, alla satira, alla Rete degli ultimi mesi. Non possiamo più rimanere inerti di fronte alla spregiudicatezza di un uomo su cui gravano le pesanti ombre di un recente passato legato alla ferocia mafiosa, dei suoi rapporti con mafiosi del calibro di Vittorio Mangano o di condannati per concorso esterno in associazione mafiosa come Marcello Dell’Utri. Deve dimettersi e difendersi, come ogni cittadino, davanti ai Tribunali della Repubblica per le accuse che gli vengono rivolte.

Per aderire alla manifestazione, comunicare o proporre iniziative locali e nazionali di sostegno o contattare il comitato potete scrivere all’indirizzo e-mail: noberlusconiday@hotmail.it

(Il 5 dicembre in piazza forse ci sarà un clima speciale, diverso. Un clima di rinnovata tensione. Qualcosa che non si respira più da tempo, all’incirca da trent’anni. Qualcosa che potrebbe ricordare Piazza della Loggia, a Brescia nel 1974. Forse il 5 Dicembre- che viene dopo il 4 – sarà un giorno di forte crisi delle istituzioni di questo paese. Cosa succederà se verrà svelata la trama criminosa che si cela dietro le stragi del 1993? Cosa succederà se verranno scoperti e smascherati i mandanti occulti delle stragi? E se lo Stato ne verrà brutalmente scosso, potranno valere le parole di oggi del Presidente Napolitano, secondo il quale “niente può abbattere un governo quando sostenuto da una maggioranza”? Con un’accusa di collusione con la mafia, si può continuare a essere Presidente del Consiglio?).

I cosiddetti perdenti sono per la resa dei conti. La mafia pronta a rompere il patto?

La strana frase, "I cosiddetti perdenti sono per la resa dei conti", è contenuta nella lettera di minacce di morte fatta pervenire ieri al Presidente dei Senato, Renato Schifani. Negli articoli pubblicati sui giornali, si attribuisce la provenienza della missiva minatoria a ambienti mafiosi.
Intanto stasera continua lo stillicidio di notizie di dichiarazioni di politici del PdL sulla questione giustizia, fatte sempre senza intervenire direttamente sulla questione che preoccupa più di tutto, ovvero la deposizione del pentito Gaspare Spatuzza al processo d’appello a Dell’Utri, durante il quale rinnoverà le dichiarazioni rese più volte nel corso delle indagini sui cosiddetti "mandanti occulti" delle stragi del 1992-93. Infatti La Russa ha annunciato che il gruppo parlamentare del PdL ha deciso di ripresentare il lodo Alfano – incostituzionale – per via costituzionale, tenendo in debito conto i rilievi della Consulta, mentre l’ufficio di presidenza del PdL ha emesso un comunicato nel quale si sostiene che la magistratura ha influenzato anche il corso di questa legislatura e che in gioco vi è la democrazia.
Poi quella frase, i cosiddetti perdenti sono per la resa dei conti.
Un messaggio, forse. Un messaggio in codice. Cosa può significare? La mafia dei perdenti era quella capeggiata da Stefano Bontade, ucciso dai corleonesi nel 1981. I Corleonesi, loro sono la mafia vincente. almeno storicamente parlando. Poi, lo stragismo e la caduta di Riina ad opera di un machiavellico Provenzano. Ma i Corleonesi sono ancora là, comandano in Sicilia e altrove. Se i perdenti sono per la resa dei conti, vuol dire che si affaccia una nuova guerra di mafia come quella che avvenne fra il 1977 e il 1986? Forse che il prossimo 4 dicembre sia il giorno in cui si aprirà un nuovo strappo fra mafia e la parte di stato colluso?
Si vocifera che a parlare al processo Dell’Utri verrà chiamato anche il pentito Pietro Romeo. Romeo, come Spatuzza, è un mafioso di secondo piano, però è informato tanto quanto Spatuzza e, nel corso degli anni, ha collaborato facendo arrestare latitanti e facendo ritrovare il tritolo usato per le stragi del 1993. Tritolo che fece 10 morti – cinque a Firenze, fra cui due bambine, cinque a Milano – e una quarantina di feriti. E’ bene ricordarlo quando si parla di queste inchieste. E soprattutto quando se ne parla in certi termini, quasi negazionisti. Teoremi a lungo ripetuti dal finto-premier, il quale anche oggi ha usato parole gravissime, dicendo che si rischia la guerra civile a causa di questa magistratura. Chi scrive di stragi deve rispettare i morti, e la magistratura che nel corso degli anni ha condotto queste indagini impossibili. Marina Bartoccelli, su Il Riformista, prosegue la sua carrellata su quegli anni di sangue, La Bartoccelli si chiede:

In 14 anni le affermazioni di Romeo sono state verificate? Se sì, bisogna allora sapere in che direzione si è proceduto: o Romeo diceva la verità e bisognava tirarne le conseguenze e bloccare Berlusconi. Se invece dalle varie verifiche risultava che le sue erano bugie, bisognava come minimo bloccare lui. Invece dopo 14 anni ridice le stesse cose e si riapre il circuito anti-Berlusconi. Ma la colpa di chi è?

La Bartoccelli forse non sa, ma non esistono solo le dichiarazioni di Romeo, o di Spatuzza. A parlare dei presunti legami fra trattativa stato-mafia e formazione di Forza Italia sono stati nel corso di quindici anni i seguenti mafiosi o pentiti-mafiosi: Antonino Giuffrè, Salvatore Cancemi, Angelo Siino, Giovanni Brusca, Calogero Pulci, Tullio Cannella, Giovanni Ciaramitaro. Non un pentito, ma otto, più il non-pentito Brusca. Pare poco?

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    • Il nome del presidente del Consiglio è citato 15 volte, Forza Italia 14 volte, 12 quello del senatore Marcello Dell’ Utri, 6 la Fininvest. A farli il capomafia pentito Antonino Giuffrè nelle 86 pagine di verbali in cui, rispondendo alle domande del procuratore della Repubblica Pietro Grasso e dei suoi sostituti, parla dei presunti rapporti tra Cosa nostra e i capi di Forza Italia

    • Rapporti, quelli tra Cosa nostra e Forza Italia, che secondo Giuffrè iniziano a fine ’93, quando si cominciò a parlare della nascita di un nuovo partito, quello poi effettivamente fondato da Berlusconi. Rapporti che si sarebbero materializzati nel settembre-ottobre del 1993 e di cui in Cosa nostra si era già parlato ancora prima, «fin dal giugno 1993 o, addirittura ancora prima»

    • Giuffrè è l’ ottavo pentito di Cosa nostra che parla dell’ interesse della mafia e dei rapporti con i vertici prima della Fininvest e poi di Forza Italia

    • Prima di Giuffrè, altri pentiti (Salvatore Cancemi, Angelo Siino, Giovanni Brusca, Pietro Romeo, Calogero Pulci, Tullio Cannella, Giovanni Ciaramitaro) avevano parlato di "relazioni pericolose" tra Cosa nostra e Forza Italia

    • Dichiarazioni che portarono all’ iscrizione nel registro degli indagati delle Procure di Firenze, Caltanissetta e Palermo di Berlusconi e Dell’ Utri. La posizione di Berlusconi è stata archiviata. Dell’ Utri è invece diventato imputato a Palermo.

    • prima ancora della nascita di Forza Italia, racconta Giuffrè, Riina e Provenzano attraverso minacce ed attentati ai supermercati Standa ed Upim tentavano di fare venire a patti i loro proprietari. Insomma Cosa nostra puntava in alto, a personaggi di grande spessore

    • «Quello che interessava – ha dichiarato Giuffrè – non era soltanto il pagamento di tangenti o l’ imposizione di forniture, bensì l’ instaurarsi di un rapporto diretto con Berlusconi ed Agnelli, che se non sbaglio erano proprietari di queste strutture»

    • sarebbe stato con Berlusconi e con il suo partito che Cosa nostra riuscì a raggiungere l’ obiettivo di avere un "referente politico" che potesse portare avanti le strategie "politiche" di Cosa nostra: revisione dei processi, abolizione della legge sui pentiti e del 41 bis e altro ancora. Ma per far questo bisognava smetterla con le stragi. Per questo non fu "approvato" l’ attentato che Bagarella aveva messo in atto per fare una strage di carabinieri allo stadio Olimpico di Roma nell’ ottobre del ’93.

    • Quella strage, afferma Giuffrè, avrebbe potuto compromettere i nuovi rapporti con Forza Italia e se quell’ attentato non fosse fallito Bagarella avrebbe rischiato di essere ammazzato. Quell’ attentato doveva essere la "vendetta" di Bagarella contro i carabinieri che avevano arrestato suo cognato Totò Riina.

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    • Cento chili di esplosivo nascosti in una buca, a ridosso di un uliveto, in aperta campagna. Tritolo sepolto sotto un metro di terra da più di un anno. Messo da parte per qualsiasi evenienza. Lo stesso tipo è stato utilizzato per le stragi del ‘ 93

    • E’ stato Pietro Romeo, pentito, 29 anni, Gruppo di Fuoco di Leoluca Bagarella, a raccontare tutto agli investigatori

    • La buca, larga due metri, è circondata dalle canne, seminascosta dalla vegetazione, rovi e alberi secolari. I funzionari dello "Sco", il Servizio Centrale Operativo della polizia diretto da Rino Monaco, quelli della Squadra Mobile di Palermo, setacciano il terreno per tutta la notte di martedì. Scoprono le due scatole di plastica, ben sotterrate, alle 7 di ieri. Gli artificieri della questura di Roma portano i pacchi in laboratorio per esami e perizie. La sostanza è quella delle stragi. Sono gli avanzi di via Fauro, via dei Georgofili, via Palestro.

    • via Fauro, Parioli, 14 maggio ‘ 93: decine di persone ferite, crollo e lesione degli edifici. Poi via dei Georgofili, Firenze, cinque morti tra cui due bambine, danneggiate le sale degli Uffizi, distrutte celebri opere d’ arte. Due mesi dopo, il 27 luglio, è la volta di piazza San Giovanni a Roma, di San Giorgio al Velabro, 22 ricoverati, danni enormi al patrimonio artistico

    • Di notte, via Palestro a Milano, muoiono cinque persone, dieci feriti

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    • "Anche il corso dell’attuale legislatura e’ stato turbato dall’azione di una parte tanto esigua quanto dannosa della magistratura, dimentica del proprio ruolo di imparzialita’", si apre cosi’ il documento finale dell’ufficio di presidenza del Pdl. E’ "una questione che e’ giunta ormai a intaccare la natura stessa della democrazia, che si fonda su un corretto e giusto equilibrio fra i diversi poteri e ordini dello Stato", si legge nel documento. "Questo equilibrio", prosegue il testo, "e’ completamente saltato".

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    • "Abbiamo deciso di riproporre, per via di legge costituzionale, il lodo Alfano, pur tenerdo in debito conto i rilievi giunti dalla Corte costituzionale". Lo annuncia ai giornalisti, al termine dell’ufficio di presidente del Pdl, il ministro della Difesa e coordinatore del partito Ignazio La Russa. Il lodo Alfano bis rientra in un piu’ ampio progetto di riforma costituzionale della giustizia, cui il vertice del partito ha dato oggi il via libera.

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    • Una lettera anonima, contenente minacce di morte nei confronti del Presidente del Senato Renato Schifani e dei suoi familiari – minacce apparentemente riconducibili, in base al testo, ad ambienti mafiosi – è stata recapitata per posta due giorni fa alla Presidenza di Palazzo Madama.

    • Schifani ha subito presentato denuncia alle forze dell’ordine. La lettera ha la data «Reggio Emilia, 21 novembre 2009» ed il timbro postale «Bologna cmp» con la stessa data.

    • Nella lettera, ricca di particolari sulle abitudini e sui movimenti del Presidente del Senato, si sostiene che Schifani sarebbe «nell’occhio dei picciotti»; si afferma che durante «un incontro a Reggio Emilia» ci sarebbe stata una non meglio precisata «telefonata», e si lancia un avvertimento al Presidente del Senato: «Stia attento perchè è in pericolo la sua vita e quella dei suoi familiari»

    • «I cosiddetti perdenti sono per la resa dei conti»

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    • «Il partito decide su tutto a maggioranza, chi non si adegua è fuori»

    • "È in atto un tentativo di far cadere il governo"

    • Una parte della magistratura ha preso una deriva eversiva

    • Il premier ha parlato, riferiscono alcuni presenti, di una guerra civile in atto da parte di frange della magistratura

    • "C’è una persecuzione giudiziaria nei miei confronti, che porta il paese sull’orlo della. guerra civile"

    • Le decisioni sulle riforme, sulla giustizia, sulla immigrazione, si prendono a maggioranza nell’ufficio di presidenza del Pdl e chi non le rispetta si pone fuori, ha ribadito Berlusconi

    • "Ogni giorni vanno in onda sulla Rai, la televisione pubblica, processi contro il governo e la maggioranza, che devono finire"

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4 Dicembre: Spatuzza Day.

Uno spettro si aggira per Palazzo Chigi: l’ombra di una accusa infamante, che ridurrebbe quel che resta di Mr b a una controfigura dello statista che desiderava d’essere.
Gaspare Saptuzza sarà ascoltato al processo d’Appello a Dell’Ultri in corso a Palermo. Spatuzza riconfermerà presumibilmente le accuse a Autoreuno e a Autoredue, i mandanti occulti delle stragi del 1992-93. Le dichiarazioni di Spatuzza già contribuirono a scrivere pagine e pagine della richiesta di archiviazione dell’inchiesta sulla strage di Via dei Georgofili a Firenze. L’inchiesta fu archiviata per l’impossibilità di procedere oltre nelle indagini e chiarire effettivamente il ruolo e la responsabilità penale di Autoreuno e Autoredue. Il 4 Dicembre forse verrà rivelato al pubblico la verà identità dei due cospiratori. Verrà portata alla luce la vera genesi della Seconda Repubblica, fondata non già sul lavoro, ma sul patto fra Stato e Mafia. Qualcosa che sa di criminoso.
Intanto i giornali, soprattutto quelli di proprietà del Padrone, mettono le mani avanti e, ancor prima di sentire le dichiarazioni del pentito, parlano di complotto e di toghe rosse. Si fa a gara per soccorere il Capo. Il ddl del processo breve avrà una corsia preferenziale in Commissione Giustizia al Senato e, in men che non si dica, sarà legge. Eppure non sarà sufficiente. L’accusa di collusione con la mafia è un’accusa grave. Dell’Utri si è già beccato nove anni in primo grado. E il processo d’Appello si è rimpolpato con i documenti di Ciancimino e le dichiarazioni di Spatuzza. Oggi pure Il Riformista, il giornale in quota PD ma edito dagli Angelucci, prossimi al finto-premier ma anche a D’alema, si è cimentato in una ipotetica ricostruzione dei fatti successivi alla strage di Via D’amelio, e alle indagini di Ilda Bocassini quando era pm a Caltanissetta. Secondo l’autrice dell’articolo, sarà Ilda Bocassini a salvare Mr b. L’illuminante intuizione deriva dal fatto che – sempre secondo l’autrice – la Bocassini avrebbe messo in discussione l’attendibilità dei pentiti Spatuzza e Scarantino. Tutto ciò non corrisponde al vero, ed è la stessa autrice dell’articolo a dircelo: è Spatuzza a smentire Scarantino sulla ricostruzione della strage che uccise Borsellino. E la Bocassini non credeva proprio a Scarantino, l’impostore, il falso pentito mentitore che depistò le indagini o fu proprio imbeccato dagli stessi magistrati della procura di Caltanissetta, colleghi della Bocassini, che secondo quest’ultima "avevano fretta di trovare un colpevole".
E’ forse un caso di soccorso rosso? Proprio oggi Bersani ha dichiarato che il ddl sul processo breve deve essere ritirato. Ed ha riproposto il vecchio straccio di riforma della giustizia proposto qualche anno fa da Luciano Violante, che aveva fra i suoi punti cardine la separazione delle carriere fra magistratura giudicante e magistratura inquirente, e l’attribuzione dell’iniziativa d’indagine in via esclusiva alla polizia giudiziaria togliendola al pm, il quale potrebbe poi aprire fascicoli solo sui casi riportati dalla polizia, organo del Ministero dell’Interno, quindi sotto controllo governativo. Fortunatamente la proposta del segretario PD è caduta nel vuoto.

  • Spatuzza e Scarantino, quando era la Boccassini ad avere dubbi sui pentiti – di Marianna Bartoccelli

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    • Chi potrebbe salvare – o almeno fare chiarezza – il presidente Berlusconi e il fondatore del suo partito, che allora si chiamava Forza Italia, Marcello Dell’Utri dalle accuse del pentito o quasi Gaspare Spatuzza è, incredibilmente, Ilda Boccassini

    • La Boccassini arriva a Caltanissetta subito dopo la strage Borsellino, visto che aveva chiesto di essere applicata proprio lì per indagare sulla strage di Giovanni Falcone

    • E, quando venne ammazzato il pm Paolo Borsellino, la struttura investigativa capeggiata da Arnaldo La Barbera si chiamava gruppo Falcone-Borsellino

    • È stata proprio la Boccassini a dire che Scarantino non era per niente credibile. Al punto che scrisse una lunga lettera con la quale diceva di voler tornare alla procura di Torino perchè a lei la conduzione delle stragi non piaceva affatto.

    • Nell’ottobre 1994 la Boccassini, insieme all’altro pm di Caltanissetta, Roberto Saieva, lasciarono scritto ai colleghi che il pentito Scarantino era sostanzialmente inattendibile, e che bisognava svolgere ulteriori e urgenti accertamenti per metterlo alle strette e smascherare le sue eventuali manovre intorno alla strage di via D’Amelio

    • lo stesso Scarantino oggi contraddetto da Spatuzza

    • È la vicenda del furto della Fiat 126, successivamente imbottita di esplosivo, di cui oggi si autoaccusa proprio Spatuzza. Boccassini e Saieva consigliavano nuove verifiche su quel pentito traballante, e scrivevano: «Rinviare il compimento dei necessari atti d’investigazione potrebbe avere come effetto di lasciare allo Scarantino una via aperta verso nuove piroettanti rivisitazioni dei fatti»

    • Siamo ormai nella fase Spatuzza che mette anzi rimette in circuito i fratelli Graviano, giovani ma potenti di Brancaccio, che sono riusciti, mentre erano al 41bis, a mettere incinte le loro due donne; pare, cosi si scrisse, con l’inseminazione artificiale. Sono importanti i due Graviano perché sono accusati delle stragi del ’93, di cui si cercano i mandanti occulti.E soprattutto pare che dagli anni ’90 avessero rapporti con imprenditori del Nord. E ovviamente tocca a Caltanissetta metterci mano

    • l’ultima strage, quella a Milano del luglio ’93, avvenne quando era quasi certo che il Cavaliere scendeva in piazza con Forza Italia e Dell’Utri si sarebbe occupato di trovare l’ossatura dei candidati per il partito che apriva le sue nuove liste

    • Fu prima dell’annunzio delle liste che Graviano disse a Brusca che il nuovo potere era in mano loro e che quel potere avrebbe fatto quello che volevano

    • Graviano dava per certa la vittoria di Forza Italia, che Brusca voleva soprattutto che il nuovo partito diminuisse il 41bis, e che da pentito (anche dopo la riforma sui pentiti, conclusa dal ministro Fassino, il suo avvocato fu Luigi Li Gotti, un tempo sottosegretario alla Giustizia del governo Prodi; oggi senatore dell’Idv di Antonio Di Pietro) lancia accuse a Violante e alla sinistra ed è assistito da un legale vicino a Ligotti.

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    • Il ddl sul processo breve è ai blocchi di partenza al Senato, la maggioranza vuole approvarlo prima di Natale, l’opposizione protesta, Alfano litiga coi magistrati sul numero dei processi che salterebbero

    • è ben altra la preoccupazione che occupa le menti dei componenti la maggioranza, ai livelli bassi come a quelli alti. «Il processo breve che interessa tanto voi giornalisti rischia di essere superato dai fatti: a noi sta molto più a cuore la tegola che potrebbe arrivare sul premier», sintetizzano ai piani alti del Pdl

    • La “tegola” sarebbe la possibile concretizzazione delle vociferate novità in arrivo dalle procure di Firenze e Caltanissetta, quelle che indagano sulle stragi di mafia del ’93-’94

    • il “fattore Spatuzza”, con riferimento al pentito che punta il dito sul premier e che sarà sentito il 4 dicembre

    • Irridente il “Giornale”: «Scoppierà un nuovo presunto scandalo. Ve lo anticipiamo. Berlusconi è mafioso e responsabile delle stragi degli inizi degli anni Novanta»

    • Dietrologista “Libero”, che pur «senza prove» «scommette» sulla «già avvenuta» iscrizione tra gli indagati del premier e di Dell’Utri e si chiede: «Quando e perché verrà fatta trapelare l’indiscrezione?»

    • Definitivo per calembour il Foglio: «Come difendersi da uno Spatuzza che darà di mafioso a Berlusconi?»

    • «È chiaro», spiega una gola profonda, «che tutto lo sforzo di bloccare il processo Mills allo scopo di garantire a Berlusconi la presentabilità internazionale non servirebbe più a nulla». Perché «se è “impresentabile” un premier condannato in primo grado per corruzione, cosa potrebbe essere di un leader indagato per legami più o meno stretti con la mafia?»

    • questa evenienza sarebbe inaggirabile per via legislativa. Di qui l’idea di «parlare agli italiani». Allo scopo di fare per via politica ciò che non gli riesce per legge: ritrovare l’unanimità per andare avanti

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Crisi fra Fini e Berlusconi. Ma di mezzo c’è Spatuzza Gaspare, pentito.

Il DDL del processo breve è una boiata. Fini lo sa e freme. Oggi ha affermato che il ricorso alle urne non solo segnerebbe il fallimento della legislatura e di questa ampissima maggioranza, ma anche del PdL, ovvero del progetto politico che ne costituisce l’asse portante. Berlusconi lo attacca attraverso i giornali, con mezze dichiarazioni fatte a microfoni spenti ma a taccuini aperti. La realtà è che Mr b – ma d’ora in avanti lo chiameremo AutoreDue, e leggendo il seguito di questo post capirete perché – ha paura della sua ombra. Non crede più nelle capacità di Ghedini di trarlo fuori dai pasticci giudiziari, che fra breve potranno anche aggravarsi. Questo teme. L’accusa infamante. L’accusa che non può nascondere con la solita propaganda delle toghe rosse. Per la quale non ci sono scusanti pronte da fornire ai propri alleati, Fini in primis, ma anche a Bossi. Verrà il giorno in cui dalle inchieste di Palermo, Caltanissetta e Firenze emergerà una verità. Forse questa verità avrà le parole del pentito Gaspare Spatuzza. Spatuzza ha già raccontato molto ai magistrati di Firenze. Presto verrà sentito a Palermo, nell’ambito del processo Dell’Utri. I verbali dell’inchiesta di Firenza, archiviata nel 2008 e ora riaperta, sono stati inviati a palermo solo lo scorso 11 novembre. Verbali pieni di omissis. In cui si profilano due mandanti occulti alla stagione stragista della mafia, celati dietro i nomi di AutoreUno e AutoreDue, distinti dal livello di penetrazione nella organizzazione criminale, o forse dall’importanza politica che essi rivestivano all’epoca dei fatti. In sostanza, seconda la procura di Firenze, questi due autori occulti, non partecipi direttamente all’azione terroristica, erano in realtà il terminale politico di Cosa Nostra, il braccio che si sarebbe adoperato per sostenere le istanze dei mafiosi in fatto di regime carcerario e legislazione annessa.

    • Le parole di Fini vengono dopo un crescendo di voci che vogliono il presidente della camera e Berlusconi in totale rotta di collisione. Anche oggi i quotidiani riportano il malumore del premier nei confronti di Fini, accusato di tramare contro il processo breve cui Berlusconi tiene molto per eludere i processi che lo riguardano
    • Nei giorni scorsi c’era stato un incontro, in realtà burrascoso, conclusosi con una treguia armata. Rotta però da Berlusconi che ha imposto alla maggioranza un ddl che non sembra in linea con i desiderata di Fini e che allarma non solo i giudici e l’opposizione ma anche il Quirinale.
    • Il premier, dicono alcuni dei suoi, sembra orientato a dare ragione persino a Feltri, che gli consiglia di mandare tutto all’aria, per andare alle elezioni anticipate. La realtà è che il premier è all’angolo e sta scendendo nei sondaggi.
    • C’è una data a cui palazzo Chigi guarda con apprensione: quando la Corte d’Appello di Palermo sentirà il superpentito Gaspare Spatuzza nel processo al senatore Marcello Dell’Utri già condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa
    • E c’è anche una procura a cui sempre palazzo Chigi guarda con attenzione: quella di Firenze che ha riaperto l’inchiesta sui mandanti occulti e sul livello politico delle stragi di Cosa Nostra nel continente
    • Un’inchiesta «riaperta» esattamente dal punto dove era stata archiviata il 16 novembre 1998 quando il gip Giuseppe Soresina scrisse che «è altamente plausibile che i soggetti protetti nel registro mod.21 con le denominazioni Autore 1 e Autore 2 abbiano concorso moralmente all’azione stragista del soggetto Cosa Nostra» ma che «non erano stati reperiti elementi validi per il dibattimento».
    • adesso sembra aver completato quel quadro probatorio grazie, e non solo, alle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza
    • Il problema riguarda un ipotetico coinvolgimento del Presidente del Consiglio, insieme con Marcello Dell’Utri nelle inchieste su Cosa Nostra e sulle sue connessioni politiche. Un problema, per cui si capisce meglio anche certa fretta nel Pdl per ripristinare l’immunità parlamentare.
    • La storia dell’inchiesta sui mandanti a volto coperto andrebbe raccontata dall’inizio, a cominciare dal pm, Gabriele Chelazzi (morto nel 2003) che con Vigna, allora procuratore, e Nicolosi cercò di dare ordine a una serie di «input investigativi» diventati ben presto «plausibile ipotesi investigativa»
    • Spatuzza sedeva alla destra del padre, inteso come i fratelli Graviano a cui Riina e Provenzano avevano ordinato la strategia del terrore tra il ‘92 e il ‘93.
    • Un ruolo che lo pone per forza di cose a conoscenza di tutti i segreti di Cosa Nostra
    • un suo verbale raccolto dai pm fiorentini (titolari del collaboratore di giustizia) che dice chiaramente chi sono i referenti politici con cui la mafia avrebbe trattato e come
    • si leggono i nomi di «Silvio Berlusconi, quello di Canale 5 e Marcello Dell’Utri». A Spatuzza ne parla Giuseppe Graviano, all’indomani della strage di Firenze (maggio 1993)
    • di nuovo a metà gennaio 1994, seduti al bar Doney di via Veneto: «Abbiamo il paese in mano» disse Graviano a Spatuzza, grazie all’interessamento «di persone di fiducia, Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri»
    • Questo e molto altro («è un’indagine piena di riscontri») ha detto Spatuzza che si è pentito meno di un anno fa
    • si legge nella richiesta di archiviazione del 1998, «Pietro Romeo che aveva quasi indicato il livello del concorso morale»
    • E poi Ciaramitano, Pennino, Cancemi, per un totale di 23 collaboratori. Le cui dichiarazioni, tutte insieme, già nel 1998 dicevano: 1)«Cosa Nostra nell’intraprendere la campagna di strage ha agito di concerto con soggetti esterni»; 2)«Tra il soggetto politico-imprenditoriale di cui AutoreUno e AutoreDue, indicati come concorrenti del reato, e Cosa Nostra il rapporto è effettivamente sussistente e non episodicamente limitato»; 3)«La natura del rapporto era compatibile con l’accordo criminale». Quello che allora non fu del tutto possibile dimostrare è che «il soggetto politico imprenditoriale aveva sostenuto le aspettative di ordine politico (meno pressione giudiziaria sulla mafia, ndr) per il perseguimento delle quali la campagna di strage è stata deliberata e realizzata»

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Join the dots. Unisci i puntini. Scacco matto a Mr b: rivelare la verità sulle stragi.

C’è un’alleanza che giunge fino a oltreoceano. Stavolta sono proprio tutti contro Mr b. Lo rivela il grande teorico di puttanopoli, Paolo Guzzanti, il fedele seguace di Forza Italia, poi messo in disparte e ribellatosi.
Lo scenario che viene descritto è quello di un Mr b scomodo agli USA per la vicenda South Stream e per l’alleanza stretta con Gheddafi. Pertanto l’Ambasciata USA in Italia sarebbe al centro di una regia che vede insieme Repubblica, i giornali stranieri in quota Murdoch, El Pais per la componente mediatica; Fini, Casini, Montezemolo per la costituzione della "cosa bianca" (in cui Rutelli porterebbe i suoi, all’indomani del Congresso PD); le concomitanze della pronuncia della Consulta sul Lodo Alfano e il progredire delle indagini congiunte sui mandanti occulti dello stragismo mafioso del 1992-1993.
Tutto questo si sovrappone al Congresso PD, che designerà il nuovo segretario del partito. Comunque vadano le primarie, si annuncia la scissione dei rutelliani e dei teodem, per i quali si starebbe confezionando il nuovo contenitore. Il quadro politico muterebbe in maniera vertiginosa e in aperto contrasto con l’esito delle urne delle politiche 2008. Berlusconi resterebbe isolato a destra insieme alla Lega, la quale proprio oggi torna a teorizzare la "Padania libera". Non ci sarebbe più una maggioranza e il suo ex leader sarebbe contemporaneamente sotto accusa per il processo Mills, per le indagini su Mediatrade e i diritti tv, per la presunta collusione con lo stragismo mafioso. Uno scacco matto.
Gaspare Spatuzza, il pentito di mafia, l’assassino di Don Puglisi, ha fatto rivelazioni importantissime confermando i teoremi accusatori di altri pentiti – vedi Giuffré. Uno scenario – quello dei contatti Mafia-Forza Italia – già indagato nel passato da Piero Grasso, ma rimasto nei cassetti per anni nonostante le coincidenze presenti in molte dichiarazioni di pentiti. Ora forse i tempi sono maturi.

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    • L’ordine è arrivato dagli Stati Uniti: Berlusconi va eliminato. Motivo: i contratti energetici che legano non solo l’Italia alla Russia, ma tutta quella parte di Europa che Berlusconi è deciso a portarsi con sé.
    • ambasciatore Spogli
    • “Non siamo certo noi americani che vogliamo vendere energia all’Italia, ma vogliamo un’Italia che non dipenda dalla Russia come una colonia e non vogliamo che la Russia incassi una somma di denaro di dimensioni mostruose, che poi Mosca converte direttamente in armamenti militari”
    • un fatto nuovo di enorme gravità si è aggiunto: l’Italia ha silurato il gasdotto Nabucco (che eliminava la fornitura russa passando per Georgia e Turchia) facendo trionfare South Stream
    • Contemporaneamente Berlusconi organizzava la triangolazione Roma-Tripoli-Mosca associando Gheddafi nell’affare. E’ opinione diffusa Oltreoceano (per esempio all’Istituto Aspen, Colorado) e anche di fonti georgiane che Berlusconi abbia interessi non soltanto di Stato.
    • L’operazione è stata preparata con cura attraverso una campagna mediatica di lavoro al corpo di Berlusconi basato sulle vicende sessuali, sulle inchieste di mafia e sulla formazione, nell’area moderata, di una alternativa politica a tre punte: Luca Cordero di Montezemolo, Perferdinando Casini e Gianfranco Fini, ciascuno a suo modo e con le sue vie, ma in una sintonia trasparente.
    • Il partito di Montezemolo, non ancora ufficiale, aprirà la sua convention sotto forma di manifestazione culturale il 7 Ottobre, lo stesso giorno in cui la Consulta dovrebbe decidere sul lodo Alfano.
    • Che cosa farà la Consulta è il nodo da sciogliere perché il risultato è incerto
    • Berlusconi tutto questo lo sa perfettamente, sostiene che dietro Fini ci sarebbe Paolo Mieli e altri intellettuali laici, e fa sapere che lui a dimettersi non ci pensa per niente e che, se mai lo costringessero, negherebbe con il PDL qualsiasi maggioranza a qualsiasi altro governo – Fini, si suppone – costringendo Napolitano a constatare la mancanza di una maggioranza e a convocare elezioni anticipate da accorpare a quelle regionali stabilite con enorme anticipo a marzo.
    • ci troveremmo di fronte a una crisi virtuale e poi formale subito dopo la prima metà d’ottobre, già affollata per il congresso del PD. Lo scioglimento anticipato delle Camere dovrebbe precedere di 60 giorni la data delle elezioni e quindi il decreto dovrebbe arrivare subito dopo Natale.
    • Questa sarebbe, secondo lo scenario peggiore, l’ultima chance di Berlusconi pronto a sfidare i nemici sul piano elettorale, forte del massimo momento di popolarità nei sondaggi, malgrado gli scandali.
    • davvero Berlusconi avrebbe il potere di controllare tutti i deputati e senatori del PDL affinché neghino la fiducia ad un suo successore? E come si regolerebbe il Pd?
    • E’ infatti molto probabile che, in caso di vittoria ormai scontata di Bersani, i cattolici del Pd se ne andranno. Scissione a sinistra, dunque, e scissione anche a destra. Grande rivoluzione parlamentare e politica.
    • Con Berlusconi deciso a resistere, sfidare, e se proprio deve morire, portarsi dietro tutti quanti.
      Ma i suoi deputati sanno che se lui li mandasse a casa, poi sarebbero tutti sostituiti dalla nuova leva di giovanissimi già selezionati. Sarebbero allora i tacchini di Natale: davvero i tacchini di Natale accompagnerebbero il disegno natalizio? Appare improbabile.
    • chi tiene le fila del gioco che punta al ricambio tutto questo lo sa e si è fatto i conti. Anche Berlusconi si fa i conti. Lo scontro è ravvicinato e mortale. Se Berlusconi riuscisse ad evitare la bocciatura del Lodo Alfano, alla fine uscirebbe rafforzato.
    • La grande manovra è cominciata, le artiglierie già battono il campo. La guerra arriverà, se arriverà, entro un mese.
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    • Il nome del presidente del Consiglio è citato 15 volte, Forza Italia 14 volte, 12 quello del senatore Marcello Dell’ Utri, 6 la Fininvest. A farli il capomafia pentito Antonino Giuffrè nelle 86 pagine di verbali in cui, rispondendo alle domande del procuratore della Repubblica Pietro Grasso e dei suoi sostituti, parla dei presunti rapporti tra Cosa nostra e i capi di Forza Italia
    • Rapporti, quelli tra Cosa nostra e Forza Italia, che secondo Giuffrè iniziano a fine ’93, quando si cominciò a parlare della nascita di un nuovo partito, quello poi effettivamente fondato da Berlusconi. Rapporti che si sarebbero materializzati nel settembre-ottobre del 1993 e di cui in Cosa nostra si era già parlato ancora prima, «fin dal giugno 1993 o, addirittura ancora prima»
    • Giuffrè è l’ ottavo pentito di Cosa nostra che parla dell’ interesse della mafia e dei rapporti con i vertici prima della Fininvest e poi di Forza Italia
    • Prima di Giuffrè, altri pentiti (Salvatore Cancemi, Angelo Siino, Giovanni Brusca, Pietro Romeo, Calogero Pulci, Tullio Cannella, Giovanni Ciaramitaro) avevano parlato di "relazioni pericolose" tra Cosa nostra e Forza Italia
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    • Gaspare Spatuzza, boss del quartiere palermitano di Brancaccio soprannominato "U’ tignusu" per le sue calvizie, ha cominciato dalla fine. Ha cominciato dal fallito attentato all’Olimpico, da quel massacro che nei piani di Cosa Nostra corleonese sarebbe dovuto avvenire una domenica pomeriggio allo stadio "per ammazzare almeno 100 carabinieri" del servizio d’ordine
    • quella volta qualcosa non funzionò nei circuiti elettrici del telecomando che avrebbe dovuto far saltare in aria un’auto – una Lancia Thema – con dentro 120 chili di esplosivo. Non ci fu strage. Ma rivela oggi il pentito Gaspare Spatuzza ai magistrati di Firenze: "Giuseppe Graviano mi disse che per quell’attentato avevamo la copertura politica del nostro compaesano"
    • Le indagini riaperte sui massacri di diciassette anni fa sono disseminate di indizi che stanno portando gli investigatori a riesaminare uno scenario già esplorato in passato, ipotesi che girano intorno agli ambienti imprenditoriali milanesi frequentati dai fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, boss di Palermo più volte citati – in inchieste e anche in sentenze – come vicini al senatore Marcello Dell’Utri.
    • Rapinatore e poi sicario – è uno dei killer di don Pino Puglisi, il parroco ucciso a Palermo nel settembre 1993 – capo del mandamento di Brancaccio, legatissimo ai Graviano, Gaspare Spatuzza dopo avere fornito una diversa ricostruzione della strage di via D’Amelio (autoaccusandosi e smentendo il pentito Vincenzo Scarantino che a sua volta si era autoaccusato dello stesso massacro), è stato ascoltato sulle bombe di Firenze e Roma e Milano, dieci morti e centosei feriti
    • fallito attentato all’Olimpico, quello che – se fosse avvenuto – sarebbe stato uno degli ultimi atti della strategia mafiosa nell’attacco contro lo Stato
    • La "comprensione" del fallito attentato dell’Olimpico potrebbe, a questo punto, diventare la chiave per entrare in tutti i misteri delle stragi
    • fatto risalire il progetto dell’attentato nel periodo ottobre-novembre 1993, poi il pentito Salvatore Grigoli aveva indicato una data precisa (domenica 31 ottobre, la partita era Lazio-Udinese), poi ancora un altro pentito – Antonio Scarano – aveva spostato di qualche mese il giorno della strage: 6 febbraio 1994, ventiduesima giornata di campionato, all’Olimpico l’incontro Roma-Milan
    • Gaspare Spatuzza racconta adesso alcuni restroscena cominciando con quella frase sulla "copertura politica"
    • "L’attentato dell’Olimpico doveva essere un messaggio mandato in alto loco… Sarà stato uno dei soliti colpi di testa di Leoluca Bagarella contro i carabinieri, magari perché gli avevano arrestato il cognato Totò Riina, o perché mirava ad altri discorsi, ad eventuali contatti che poi ci sono stati fra i carabinieri e parti di Cosa Nostra"
    • Antonino Giuffrè, più che della seconda ipotesi era convinto della prima. E spiegava ancora che – in quel periodo – dentro Cosa Nostra era già stato impartito l’ordine "di appoggiare la nuova formazione politica che era Forza Italia", che Cosa Nostra non avrebbe mai più continuato con le stragi, che "se ci fosse stato l’attentato dello stadio Olimpico a Bagarella gli avrebbero senza dubbio staccato la testa: sarebbe morto"
    • Le indagini di Firenze si incrociano con quelle della procura di Caltanissetta su Capaci e su via D’Amelio, con quelle di Palermo sulla famosa "trattativa" fra i Corleonesi e apparati dello Stato e infine quelle di Milano sugli investimenti in Lombardia dei fratelli Graviano
    • fra qualche mese affiorerà probabilmente qualcosa di più concreto

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Join the dots. Unisci i puntini. Poliziotti indagati, cani sciolti?

"Io non contesto la possibilità che uomini o schegge dei servizi possano aver fatto questo", anche se è "un errore storico attribuire ai servizi la paternità di tutti i mali, la regia di ogni strage"
19/02/1992
Questo diceva Nicola Mancino relativamente ai cosiddetti poteri occulti che lo stavano minacciando. Parlava di errore storico. Il quadro che emerge oggi potrebbe far dire che l’errore storico lo aveva commesso lui. Da Ministro dell’Interno avrebbe dovuto sapere della manipolazione dei pentiti sul caso Borsellino. Se non sapeva, vuol dire che non aveva la Polizia sotto controllo, quindi vi erano settori della forza pubblica, non già del servizio segreto, del Sidse, ma funzionari di polizia alle dipendenze del Viminale, che agivano per conto proprio. Viceversa, se invece fosse stato informato dei fatti e non avesse agito di conseguenza, avrebbe mantenuto un comportamento omissivo fortemente colpevole. Nella terza ipotesi, quella che fa tremare il Palazzo, la direttiva era partita proprio dal Ministro, come complemento di una strategia occulta che oggi passa al nome di "trattativa stato-mafia": le dichiarazioni dei pentiti suggerite dai poliziotti, e le conseguenti indagini pilotate, avrebbero costituito una copertura per l’altra operazione, quella condotta del Generale Mori.

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    • C’è l’inchie­sta sulla strage e c’è l’inchiesta sul­le indagini svolte 17 anni fa, per la stessa strage. A questo sdoppia­mento è giunto il lavoro dei magi­strati di Caltanissetta intorno all’ec­cidio del 19 luglio 1992
    • strage con alcuni col­pevoli condannati da sentenze defi­nitive, ma forse non tutti davvero colpevoli
    • le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza – boss del quar­tiere palermitano di Brancaccio, che riempie verbali su verbali da un anno, dopo averne trascorsi 11 a regime di «carcere duro» – hanno portato ad almeno un nuovo inda­gato; su di lui sono in corso accerta­menti e riscontri alle accuse del nuovo collaboratore di giustizia
    • ipotiz­zate collusioni e del ruolo di possi­bili «apparati deviati dello Stato», compresi esponenti dei servizi se­greti
    • si continua a scavare su coinci­denze, parentele, contatti telefoni­ci sospetti emersi nei processi già celebrati, per tentare di arrivare a conclusioni più concrete.
    • Ora una parte di quella verità giudi­ziaria potrebbe essere riscritta, pro­prio a partire dalle dichiarazioni di Spatuzza, dai riscontri effettuati e dalle conseguenti ritrattazioni di al­meno un altro pentito
    • Il neo-collaboratore — autore tra gli altri delitti dell’omicidio di padre Pino Puglisi, il parroco anti­mafia di Brancaccio ucciso nel 1993 — ha svelato di essere l’auto­re del furto della Fiat 126 utilizzata per fabbricare l’auto-bomba esplo­sa in via D’Amelio
    • Del furto s’era accusato, nel 1992, tale Salvatore Candura, mez­zo balordo e mezzo mafioso che og­gi, di fronte alle rivelazioni di Spa­tuzza, confessa di essersi inventato tutto
    • O meglio, di aver ripetuto ciò che alcuni investigatori lo ave­vano costretto a riferire ai magi­strati
    • Di qui la nuova indagine aperta dalla Procura di Caltanisset­ta a carico di quegli investigatori: i nomi di due o tre poliziotti che fa­cevano parte del Gruppo investiga­tivo Falcone-Borsellino, creato al­l’indomani delle stragi, sono già fi­niti sul registro degli indagati. Ipo­tesi di reato, calunnia.
    • si ipotizza un possibile depistaggio messo in atto con le fal­se dichiarazioni di Candura, che hanno portato alle confessioni del­l’altro «pentito» Vincenzo Scaranti­no, su cui sono fondate parte delle condanne confermate in Cassazio­ne; confessioni false, se sono vere quelle di Spatuzza e ora di Candu­ra
    • Indotte dagli investigatori, se­condo la nuova ricostruzione di quest’ultimo
    • uno dei riscontri alle dichiarazioni del neo-pentito consiste proprio nella ritrattazione di Candura
    • ha formulato pesanti accuse nei confronti di al­cuni esponenti della Polizia di Sta­to, a suo dire responsabili di averlo indotto a dichiarare il falso
    • il depistaggio, qualora fosse re­almente stato organizzato come fa credere Candura, dovrebbe avere un movente
    • il frutto di una decisione presa a tavolino nel­le settimane immediatamente suc­cessive all’eliminazione di Paolo Borsellino
    • Per coprire quale realtà alternativa? E con l’avallo, o su mandato, di chi? A quale livello po­litico o investigativo?

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