Merkel for President

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Angela Merkel è la persona giusta per guidare la Germania e l’Europa, politicamente pochi possono competere con lei (The Economist).

A tre settimane dal voto, Angela Merkel non è ancora in grado di formare il nuovo esecutivo. Nelle ultime ore ha cercato di sondare l’orientamento del Grunen (i Verdi) mentre è previsto un incontro fra la rieletta Cancelliera e il presidente della SPD, Sigmar Gabriel. Gabriel ha dichiarato che la Grosse Koalition CDU-SPD si farà solo se il nuovo governo metterà al primo posto la stabilizzazione dell’Europa senza appesantire sempre i contribuenti, la riorganizzazione del mercato del lavoro con buoni salari e la garanzia di una pensione decente dopo decenni di lavoro; il rilancio degli investimenti per infrastrutture e istruzione. Non vogliamo andare al governo solo per ottenere qualche ministero, ha detto.

La Cancelliera, durante la campagna elettorale, ha parlato poco dell’Unione europea. In verità ha mostrato due facce: una, interna, verso i tedeschi, accomodante e più attenta alle politiche sociali; una esterna, verso i Paesi dell’Eurozona, molto liberista, in cui ha preferito puntare a politiche di austerità e rigore senza dare spazio ad un piano di sviluppo europeo per rilanciare la sviluppo e l’occupazione. Merkel ha parlato poco di Europa, mentre i partner europei erano attentissimi al dibattito in Germania ed in ansia per i risultati elettorali tedeschi, pensando ad un risvolto anche nei loro confronti. Molti cittadini europei avrebbero voluto votare in Germania, come hanno evidenziato alcune iniziative come “Egality Now” and “I vote in Germany” volte a far sentire la voce dei cittadini europei sulle elezioni tedesche.

Ma Merkel ha dato molta importanza soprattutto al fattore “fiducia”: il suo messaggio è stato che la Germania è un paese rigoglioso dove la disoccupazione è diminuita e la crisi dell’euro è stata controllata.

Molti parlano della Merkel come di una donna politica tenace, superiore a Obama, a Cameron e allo stesso Hollande. Potrebbe ora sollecitare riforme che portino l’economia europea alla competitività ma, nonostante ciò, esiste un rovescio della medaglia: la Germania, sebbene la sua economia sia forte, ha diverse fragilità interne, fra cui la limitata crescita della popolazione, l’eccessivo affidamento sulle esportazioni, la bassa crescita della produttività, i troppi lavori sottopagati.

L’occupazione , dopo una serie di regolamenti iniziati nel 2002 e favoriti da alcune piccole riforme (Agenda 2010), ha raggiunto un buon livello con un apparente aumento dei posti di lavoro. In realtà i veri contratti di lavoro non arrivano al 50%.

I “mini jobbers”, cioè coloro che devono accontentarsi dei contratti da 450 euro al mese, sono in forte aumento. Prevale il lavoro a tempo determinato con salari minimi, tanto che viene favorito il lavoro in nero. Anche internamente alla Germania i servizi devono essere più competitivi, la formazione ha bisogno di più risposte, le infrastrutture e la ricerca hanno bisogno di più investimenti. Anche i prezzi dell’energia devono essere tagliati e il settore pubblico diventare più produttivo.

Per quel che riguarda il capitolo Europa, la Merkel deve comunque impegnarsi a rendere più forte l’intera Unione europea, a partire dall’unione fiscale.

La cancelliera è la sola leader in Europa ad essere rimasta al potere dopo la crisi economico –finanziaria iniziata nel 2008 e che ha portato alla stagnazione di tante economie europee: Spagna, Francia, Portogallo, Italia e Grecia. Ma il rigore nei confronti di questi paesi Paesi non ha portato ad un risanamento del bilancio e tanto meno allo sviluppo economico.

Per citare il caso della Grecia, proprio in questi giorni i giornali riportano i verbali della drammatica riunione del 9 maggio 2010 in cui il Fondo Monetario internazionale (FMI) ha dato via libera al primo piano di aiuti per il Paese.

Quei verbali, pubblicati dal Wall Street journal, contenuti in documenti classificati come riservatissimi e segreti, parlano chiaro: più di 40 paesi, tutti non europei e pari al 40% del board, erano contrari al progetto messo sul tavolo dai vertici del FMI. Il motivo? Era “ad altissimo rischio”, come ha messo a verbale il rappresentante brasiliano, perché “concepito solo per salvare i creditori, nella gran parte banche del Vecchio continente e non la Grecia” (Investire oggi).

In realtà, basta guardare i numeri della recessione, ancora in corso in taluni paesi del sud Europa, per capire che la vittoria della Merkel non è affatto un buon segnale sia per l’ Eurozona, che tanto spera in nuove riforme che rilancino la competitività, sia per il sistema Italia che dovrà, secondo la Merkel, promuovere misure strutturali per la crescita, ridurre le tasse e la disoccupazione.

La Merkel dà priorità alle politiche di austerità in primis nei confronti dei paesi UE, giustificando l’ insofferenza alle riforme imposte a questi paesi: queste politiche, invece di portare ad una reale diminuzione del debito pubblico, stanno portando ad una vera stagnazione economica.

La Germania dimentica di essere stata il “debitore” più inadempiente del XX secolo. La Germania di Weimar aveva grossi debiti con gli USA e, dopo la fine della 2° guerra mondiale , non ha pagato quasi nulla per restituire ai Paesi Europei (1940-1944) le risorse economiche che la Germania nazista aveva prelevato. La Grecia intende presentare un conto da 220 miliardi di euro (Il Sole 24 Ore).

Neppure bisogna tacere il fatto che il salvataggio di importanti banche interne ha fatto aumentare considerevolmente il debito pubblico tedesco, che risulta essere oggi il terzo debito lordo più alto al mondo.

Anche l’asimmetria nel campo occupazionale tra i vari Paesi dell’Unione, specie quelli del sud Europa, Grecia, Portogallo, Spagna e Cipro, è una delle cause dell’attuale impasse politico europeo: i poteri finanziari tedeschi, falchi dell’austerità, hanno esteso la depressione dell’occupazione e dei redditi soprattutto nei Paesi dell’Europa meridionale, creando enormi squilibri tra Paesi della zona euro.

Un “falco” tedesco è certamente il ministro all’economia,  Wolfgang Schäuble. La politica economica europea che ha sposato impone solo rigore e, sul lato degli investimenti, il nulla. Così la struttura economica europea ne ha risentito. Ora si spera che, col semestre di presidenza italiano nel 2014, si ponga l’accento più sugli investimenti che non sul rigore. La vittoria della Merkel potrebbe significare la vittoria della linea di rigore duro ma ciò sarà più difficile con la presidenza italiana.

Gli italiani, anche i moderati come Letta, sanno cogliere gli aspetti profondi della politica europea e non possono non comprendere che la costruzione europea è in uno stallo proprio per il fatto che alcuni paesi sono sull’orlo del disastro. Bisogna rilanciare l’Europa. Il nuovo governo tedesco, basato sul compromesso tra CDU-SPD saprà porvi rimedio?

I Turchi, gruppo etnico molto consistente i Germania, terranno sotto pressione la Merkel, avendo votato in maggioranza SPD, e potranno influire sull’atteggiamento tedesco nei confronti della Turchia, quale sempiterno candidato membro dell’Unione Europea. La riforma del sistema finanziario e quella della politica monetaria e fiscale sono indispensabili per dare il via ad un piano di investimenti pubblici e privati. La “dottrina” dell’austerità espansiva ha accentuato la crisi, provocando un tracollo dei redditi , anziché favorire la fiducia dei mercati e l’espansione della crescita, anziché portare ad un – per ora solo accennato – nascente dinamismo dei paesi della UE, ha accentuato la crisi e reso più opaca la situazione attuale. La riduzione dei redditi ha innescato ulteriori difficoltà nel rimborso dei debiti, sia pubblici che privati e di ciò è consapevole lo stesso Fondo monetario internazionale. Ma quali strumenti potranno essere utilizzati?

Merkel è contraria agli Eurobond, per i quali la Germania dovrebbe offrire le maggiori garanzie, avendo il miglior bilancio nell’Eurozona; viceversa, sostiene la necessità di “riforme strutturali” in tutti i Paesi della UE. Tali riforme dovrebbero ridurre costi e prezzi e aumentare la competitività e quindi le esportazioni, ma una caduta dei prezzi e dei salari con conseguente crollo dei redditi porta con sé il rischio concreto di nuove crisi bancarie e la “desertificazione” produttiva di intere regioni europee. Merkel dovrà cedere su qualche punto per far sì che la situazione dell’UE non giunga al collasso. La sua politica è in grado di lavorare molto bene sui compromessi e parte da una posizione di forza rispetto ai partner europei . Hollande, Letta – per non parlare di spagnoli e greci – non hanno il suo consenso. Ma hanno un disperato bisogno che la Merkel lanci a loro un ancora di salvezza. Lei darà questo aiuto ma soprattutto per i suoi fini strategici. Per molti anni gli stati dell’Eurozona hanno goduto di benefici del welfare state senza affrontare il tema della sostenibilità dei costi nel tempo. Spetta a tutti i Paesi lavorare con tenacia e rigore affinché l’Europa mantenga, anzi rafforzi il suo ruolo politico ed economico nell’attuale sempre più vasto e complesso panorama mondiale: l’Unione Europea ha ancora molta strada da fare e ha bisogno dell’impegno e della collaborazione di tutti gli Stati perché si rafforzi in termini di ‘democrazia delle decisioni’ e di rispetto delle diversità e della storia di ciascuno. Non deve prevalere un paese sugli altri, né deve essere ascoltata solo la voce della “finanza”. Diritti e doveri degli Stati e dei singoli cittadini sono l’obiettivo da difendere e su cui misurare i successi dell’Unione.

Elezioni in Germania: il punto sui sondaggi a tre giorni dal voto

Mancano tre giorni alle elezioni politiche tedesche. Fino a qualche mese fa, si faceva dipendere da questo evento la persistenza delle politiche di austerità monetarie della empasse nella evoluzione di una dinamica politica europea. Ma i sondaggi, e una candidatura socialdemocratica poco efficace, hanno spento qualunque entusiasmo: Angela Merkel resterà al proprio posto, guiderà la Germania per altri quattro anni. Lo scorso fine settimana, le elezioni regionali nel Land della Baviera hanno confermato il trend di crescita per la CSU (i cristiano-sociali), alleati della CDU al governo. Viceversa, mentre la SPD non sfonda, il partito liberale è crollato e non ha rappresentanza alcuna nel parlamento regionale. Pertanto sono sorti dubbi molto forti circa il mantenimento dell’attuale coalizione di governo e taluni analisti si sono spinti sino a ipotizzare il ritorno di una Große Koalition.

Un recente sondaggio, eseguito dalla ARD-DeutschlandTREND nei giorni 10-12 Settembre, disegna un paese che al 71% è contento della situazione economica (+5% rispetto alla precedente rilevazione), una convinzione che è tornata ai livelli massimi dalla fase di ripresa che il paese ha vissuto nel 2011:

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Nonostante ciò, la misura della soddisfazione del governo è relativamente bassa: i soddisfatti e i molto soddisfatti sono diminuiti del 5% (complessivamente: soddisfatti 47%; non soddisfatti 53%). Fra gli elettori della CDU, la soddisfazione rispetto all’operato del governo sale all’86%, mentre è minima fra gli elettori della Linke, dei Verdi e della SPD (16%; 26%; 27%). Il grafico che segue mostra il miracolo di Angela Merkel: aver riportato la fiducia nel governo a livelli più che accettabili, in poco più di un anno.

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Sia l’elettorato della SPD che quello della CDU ha già deciso come voterà (entrambi solo il 16% di indecisi), mentre fra gli elettori dei Liberali (FDP), dei Verdi (Grüne) e della Linke gli indecisi sono circa un terzo del proprio elettorato storico.

Merkel mantiene diciassette punti di vantaggio sullo sfidante della SPD, Steinbruck (che vi ricordo fu scelto dal partito senza la benché minima partecipazione dell’elettorato – niente primarie, niente apertura a giovani candidati; la sua fu una selezione dettata dall’organigramma partitico, null’altro).

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La convinzione degli elettori della CDU verso Angela Merkel è quasi totale: il 96% preferisce lei a qualsiasi altro candidato; viceversa, gli elettori della SPD sono meno convinti del proprio candidato (solo l’80% intende votarlo). In ogni caso, l’ultimo mese di campagna elettorale ha visto un inversione di tendenza per quanto concerne l’intenzione di voto del candidato cancelliere: Merkel ha perso più di dieci punti (Ago: 60%; Set: 49%); Steinbruck ha guadagnato qualche punto, ma molti voti sono sfociati nell’indecisione (Steinbruck: +7%; Indecisi +3%).

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Leggi l’analisi completa (via @electionista): deutschlandtrend1874

Corte federale tedesca e l’esame del Trattato MES: verso un sì con condizioni

E’ improbabile che il Trattato MES e il Patto Fiscale Europeo vengano cassati in toto dalla Corte federale tedesca di Karlsruhe. Improbabile perché queste sono le indiscrezioni che circolano in queste ore sui giornali tedeschi e soprattutto perché i giudici non vogliono prendersi la responsabilità di smantellare due accordi europei capisaldi della strategia di comunitarizzazione del debito adottata in seguito al default greco e alla tempesta sui mercati dei titoli di Stato.

I giudici dell’alta Corte dovrebbero porre alcune condizioni che il legislatore tedesco sarà tenuto a seguire per poter introdurre nel quadro normativo nazionale i due trattati. In particolar modo pare che la Corte sia intenzionata a limitare la responsabilità per la Germania ad una certa soglia, e non per tutta la propria quota, e rendere permanente un fondo temporaneo di salvataggio rafforzando di nuovo il diritto del Bundestag di partecipare alle decisioni.

In ogni caso, nella malaugurata ipotesi di una sentenza di bocciatura del MES, il ministro Schauble prevede una “sostanziale crisi economica con conseguenze imprevedibili” (FAZ.net). Le stesse paure sono state espresse dal capo economista europeo di Citigroup, Jürgen Michels, nel “Börsen-Zeitung”: “Se fallisce l’ESM, ci sarebbero gravi conseguenze. Alcuni paesi dell’Europa meridionale rischiano di crollare senza un aiuto esterno, il risultato sarebbero altri tagli drastici con conseguenze estremamente negative per il sistema finanziario dell’area dell’euro” e alla fine “potrebbe anche avvenire una rottura della zona euro”. Insomma, le solite Cassandre che prevedono lo sfacelo dell’Europa. Ma davvero accadrà questo? Davvero la Germania si può prendere questa responsabilità?

Dal momento che la Banca centrale europea ha annunciato la scorsa settimana il piano OMTs per acquistare illimitatamente i titoli di Stato, a prima vista ESM è indispensabile. Infatti, i piani degli “Euro-salvatori” di fornire aiuti ai paesi vulnerabili sono condizionati alla richiesta da parte di questi ultimi all’ESM in cambio di un impegno in fatto di riforme. La BCE ha adottato un programma applicabile sia con ESM che con il suo predecessore, ma l’EFSF (European Financial Stability Facility) rimarrà in vigore solo fino alla fine di giugno del prossimo anno.

PIL: la Germania a un passo dalla Recessione

I dati sul PIL tedesco relativi al secondo trimestre non lasciano scampo a dubbi: prima della fine dell’anno la Germania conoscerà un trimestre di recessione. Nonostante i titoli dei siti italiani tendano ad enfatizzare il fatto che la Germania abbia un PIL (nelle immagini GDP) positivo, la tendenza di medio periodo non lascia scampo ad altre ulteriori conclusioni, soprattutto in assenza di risposte da parte del governo Merkel.

Questo il grafico del tasso di crescita del GDP della Germania su base annua:

Il risultato del secondo trimestre 2012 è un modesto 0.5%, un uno per cento secco in meno rispetto a tre mesi or sono. Il risultato conferma la validità della nostra previsione, pubblicata su questo blog qualche settimana fa. Volendo approfondire il tentativo di analisi della volta precedente, possiamo prendere in esame il segmento di curva che va dal fantasmagorico +4.7% del primo trimestre 2011 fino ad oggi. Naturale osservare che si tratta di una tendenza negativa. Ed è possibile anche descrivere questo andamento con una funzione y=f(x)+a. Ovvero con una retta. Applicando la funzione della regressione lineare su un qualsiasi foglio di calcolo. Ebbene, il ramo di curva degli ultimi diciotto mesi del tasso di crescita della Germania equivale a questa funzione: y=-0.7*x+7.162. Pertanto, la previsione per il GDP Annual Growth Rate della Germania per il prossimo periodo (il settimo della serie che abbiano selezionato) è di un -0.27% – il che equivale a dire recessione.

Se poi non ci sarà alcuna reazione da parte del governo tedesco, né ci sarà una inversione di tendenza sul mercato comune – sì, è l’interdipendenza fra i paesi europei, ovvero i legami economici e commerciali e finanziari fra la Germania e l’Italia, la Spagna, la Grecia, il Portogallo, la Francia e così via, a spingere verso il basso il PIL tedesco – allora si verificherà un -1%, fatto che sancirà l’apertura della crisi economica anche in casa Merkel, proprio nel tremendo 2013, anno horribilis delle elezioni italiane e tedesche (si comincia già a gennaio in Bassa Sassonia, 8 milioni di abitanti, con capitale Hannover).

L’unico modo per invertire questa pericolosa tendenza è smetterla con le politiche mortifere della Trojka e della BCE e pompare denaro per finanziare la crescita. Null’altro.

 

Come si sta fuori dall’Euro? Male – il PIL del Regno Unito punta verso il basso

Anche il secondo trimestre 2012 per la Gran Bretagna significa recessione. Dicono i giornali inglesi: questa è una recessione double-dip, o per meglio intenderci a M – si è caduti in basso, si è risaliti con fatica ai livelli pre-crisi per poi cadere. Si dice che dopo le salite ci siano sempre le discese…

 

Eccola, la Double-dip recession

Cosa significa questo? Che la crisi dell’Euro trascina tutti nel gorgo, talmente è forte la correlazione e l’interdipendenza fra i paesi. Fra poco toccherà alla Germania. Osservate la tendenza degli ultimi cinque trimestri del tasso annuale di crescita del PIL – per l’Area Euro e per la Germania:

tasso di crescita del PIL – Area Euro

Cinque trimestri fa, l’Area Euro conosceva una crescita del PIL del 2.4, la Germania del 4.7; l’ultimo trimestre l’Area Euro decresce di 0.1%, la Germania cresce ma meno e si ferma all’1.7%. Se dovessimo tracciare una linea di tendenza fra i due periodi citati, questa avrebbe una pendenza negativa. Una analisi molto semplice, che ci spiega quale è la tendenza in atto. Nessuno è escluso. Dagli USA alla Cina.

E questi invece siamo noi. Si commenta da solo, no? Se c’è una morale, è che si sta male dentro e fuori dall’Euro. Magra consolazione.

 

Trattato MES all’esame dell’Alta Corte tedesca

Enrico Berlinguer

Enrico Berlinguer (Photo credit: Wikipedia)

Sono ben due i ricorsi contro i recenti Trattati Europei, il Fiscal Compact e il Trattato MES. Ad opera di Linke e di un ex CDU, tale Peter Gauweiler. Così l’Alta Corte della Repubblica Federale Tedesca si appresta a far vivere all’Europa il suo giorno più lungo. Se dai Custodi della Legge Fondamentale tedesca arrivasse una bocciatura ai trattati europei, allora sarebbe il caos. Anche Angela Merkel potrebbe veder pregiudicata la propria leadership nel paese: è lei ad aver firmato per la Germania i due trattati. Se non li difendesse in sede di giudizio di legittimità, allora mancherebbe al suo ruolo di Cancelliere. E’ una partita molto rischiosa, nessuno può permettersi di perderla.

Sebbene il MES o ESM abbia una struttura quasi di diritto privato – è al pari della BCE, un istituto bancario o per meglio dire finanziario – e sia di fatto molto antidemocratico avendolo fornito di forme di deliberazione diverse dal board della BCE (voto ponderato come il Consiglio vs. una testa un voto), la sua approvazione è divenuto un passo irrinunciabile. Mi spiego: se domani l’Alta Corte dovesse dichiarare ESM o il Fiscal Compact contrari alla legge tedesca e in definitiva una violazione della sovranità statuale in materia finanziaria, allora questi trattati cesseranno immediatamente di esistere. Nessuno potrà mai ratificare un trattato che non sia adottato dalla Germania. Sia chiaro: sarebbe la fine dell’Europa. Linke e il deputato della CDU hanno messo il proprio paese in una brutta posizione e hanno scaricato sui giudici costituzionali una responsabilità prima di tutto politica, che non compete a dei giudici. Questo perché è un fatto politico l’aver riconosciuto a livello europeo che la “sempre maggior integrazione” di cui si parla nel Trattato Istitutivo della Unione Europea è giunta ad interessare la parte di sovranità statuale relativa ai bilanci pubblici. Questo è un fatto inoppugnabile. Jean Monnet, uno dei padri dell’Europa, intuì nella integrazione funzionale la via per poter creare un modo per far interagire gli Stati Europei senza per forza farsi la guerra.  L’Unione Europea è nata come un atto di pace. Il paradigma funzionalista l’ha fatta evolvere in un carrozzone che produce burocrazia. Per la vulgata comunista, l’Europa è sempre stata una riserva plutocratica che usa la potestà regolamentare per plasmare il mercato a proprio piacimento. Fu Enrico Berlinguer, durante il Comitato Centrale del PCI del 9 febbraio 1973 ad affermare che “nella prospettiva del superamento dei blocchi, e del ricostituirsi in forma di una presenza unitaria dell’intera Europa, noi ci battiamo intanto per un’Europa Occidentale che sia democratica, indipendente e pacifica: non sia né antisovietica né antiamericana”. Soltanto dopo il 1973 si può parlare di europeismo di sinistra.

Se Linke oggi è contro il MES e il Fiscal Compact (“tolgono denaro al welfare tedesco”) allora significa che Linke vuol cancellare quell’originario atto di pace che fu il Trattato di Roma del 1957. Abbiamo all’epoca riconosciuto i nostri destini comuni di cittadini europei. Non dovrebbe più esistere un welfare tedesco, ma il welfare tedesco dovrebbe esser parte di un più generale welfare europeo. Invece gli egoismi nazionali ci stanno di nuovo mettendo uno contro l’altro e l’austerità pretesa da Merkel sta spogliando i paesi meno virtuosi del sud europeo del proprio welfare nazionale.

La Germania ha un piano per salvare le proprie banche dal default greco

Così oggi El Pais:

La Germania si è già messo al lavoro per evitare l’incidente: il governo del Cancelliere Angela Merkel ha praticamente un piano di emergenza pronto a difendere le banche tedesche in caso di default in Grecia. Con il passare dei giorni, il fallimento è sempre più vicino. Berlino vuole avere tutto pronto per le proprie banche e proprie le assicurazioni in modo che esse sopportino perdite fino al 50% dei loro investimenti in debito greco se Atene viola i termini del piano di salvataggio e non potrà più effettuare i pagamenti […].

La formula scelta può essere la ricapitalizzazione delle società attraverso il fondo di salvataggio per le banche istituito nel 2008 per ripulire il sistema finanziario, scrive la Reuters. Significherebbe iniettare più denaro pubblico nelle banche germaniche, tra quelle che hanno ricevuto più aiuti dall’inizio della crisi. Le grandi banche tedesche hanno scontato una pena pesante in Borsa: Commerzbank ha lasciato sul campo il 74% del proprio valore negli ultimi 12 mesi, Deutsche Bank ha perso oltre metà del suo valore in un anno.

La situazione è marcia e in Germania vogliono che tutto sia protetto e ben legato. Ma il semplice fatto che il piano di emergenza sia divenuto noto indica che l’incidente in Grecia si sta avvicinando. Berlino è in attesa dei risultati del rapporto sulla Grecia prima di decidere di attivare il piano. Per ora, il fitto calendario di incontri è un altro indizio della gravità del problema. Ieri Schäuble si è recato a Marsiglia per assistere al G-7. Merkel ci sarà Lunedi, quando vedrà presidente della Commissione europea Jose Manuel Barroso, in un incontro cruciale per trasformare quello che potrebbe essere la pallottola d’argento della UE per placare le turbolenze: il fondo di salvataggio (FSF Europe), riforma che permetterà di comprare il debito per combattere gli attacchi da parte degli speculatori, a condizione che il Parlamento europeo dia il via libera a questi cambiamenti. Gli analisti stimano che l’accordo per l’istituzione del fondo potrebbe subire una battuta d’arresto nei Paesi Bassi, Finlandia, Austria e nella Germania stessa, dove al Cancelliere Merkel non è nemmeno assicurato il sostegno del proprio governo di coalizione.

(fonte El Pais, 10/09/11)

BCE: Salatto (FLI), “la Germania destabilizza l’Europa”

“Le dimissioni del rappresentante tedesco della Bce Jurgen Stark sono di una gravita’ inaudita. Ancora una volta la Germania, che con l’obiettivo di essere egemone in Europa provocò due guerre mondiali, ripete lo scenario di destabilizzazione dell’Europa con l’arma della finanza”.

“Oggi, come allora l’Ue deve saper reagire per non infrangere il sogno collettivo di 450 milioni di abitanti ponendo un freno alle rinnovate mire tedesche. Il Parlamento europeo non puo’ non affrontare il tema con un dibattito al suo interno e prendere adeguate decisioni. Inoltre la delegazione italiana tutta (Ppe, Socialisti, Lega, Idv), deve saper far valere le proprie ragioni con fermezza e autorevolezza”.

Lo ha detto il finissimo analista italiano, l’eurodeputato Potito Salatto, membro dell’assemblea nazionale di Fli. Bene, giustifichiamo pure il nostro debito e la nostra ingovernabilità, persino il bunga-bunga e lo squallore delle olgettine, ricordando ai tedeschi Hitler e l’Olocausto. Un’altra occasione persa per stare zitti.

Crisi del debito: per Paul Krugman ora anche l’Italia è sotto pressione

Tasso Btp Italia a 10 anni

Oggi anche Paul Krugman, nobel per l’economia nel 2008, guru economico dei democrats USA, si è accorto del “caso” Italia. Dalle colonne del The New York Times, di cui è autorevole editorialista, ha scritto un post in cui tenta un approccio alla nostra condizione di debitori incalliti mostrandosi cautamente ottimista sul futuro dell’euro, che non può esistere senza i paesi del sud Europa, come Italia e Spagna. Un pensiero diametralmente opposto a quello di Loretta Napoleoni, economista italiana di fama mondiale, secondo la quale l’euro non sopravviverà a una crisi che coinvolga l’Italia e che la soluzione all’effetto domino del rischio default è proprio quello di una fuoriuscita dalla moneta unica dei paesi insolventi. Ma tant’è, oggi persino l’asta dei Bund tedeschi non ha registrato il tutto esaurito.

Questo il pensiero di Krugman:

The Italian job.

OK, gente, questo sta diventando davvero serio. La Spagna è già abbastanza grave, ma l’Italia …

L’Italia mi ha un po’ perplesso. Da un lato, ha un sacco di debiti (al netto 99 per cento del PIL), e se si guarda ai prezzi e ai salari sembra quasi sopravvalutata come la Spagna. D’altra parte, il deficit in Italia non è così cattivo (5,1 per cento nel 2010, secondo FMI), e l’economia non sembra soffrire tanto quanto ci si aspetterebbe.

Ma ora anche l’Italia è sotto pressione.

Non riesco ancora a vedere una rottura a livello dell’euro. Ma credo che valga la pena di pubblicare un post, ora, a memoria futura, un pensiero che ho adesso: e cioè, che una zona euro ‘dimagrita’, senza l’Europa del Sud, non mi sembra praticabile. Non si tratta di economia di per sé: è l’economia politica.

Una cosa che è davvero essenziale per l’euro per essere trattato come una questione politica è che la Germania non sia troppo dominante. Non si può davvero avere una Unione monetaria nordamericana, perché gli Stati Uniti sono troppo dominanti: o è solo egemonia monetaria americana, o l’America si accolla una inaccettabile perdita di sovranità a favore di soci minori. L’Europa, invece, ha quattro/cinque grandi economie; la Gran Bretagna ha scelto di non esserci, ma ci sono ancora la Francia, l’Italia e la Spagna che condividono la gestione della cosa. Ma la Francia, la Germania, e un paio di fiamminghi e valloni non fanno per niente un partenariato equo.

Solo per dirlo.

E poi, che dire dell’impreparazione dell’Europa? Che dire della pasticciona Angela Merkel e della spoccia del FMI? Un articolo che ho reperito in rete mostra il penoso teatrino dei politicanti europei nonché dei tecnocrati del FMI che stanno ballando ora sul cadavere dell’Irlanda:

– DI GONZALO LIRA – gonzalolira.blogspot.com

La scorsa primavera è stata la Grecia a dichiarare la crisi, poi la scorsa settimana è stata l’Irlanda, e il prossimo sarà il Portogallo.

Ma tutti questi impallidiscono in confronto alla Spagna.

Se dovessi scommettere su quale paese porterà alla fine dell’Euro e forse anche alla fine dell’Unione Europea, dovrei dire che è la Spagna.

Al momento, nessuno parla di Spagna, gli spread spagnoli sono tranquilli come un colpevole in un confronto all’americana in un posto di polizia, sono tutti troppo preoccupati per l’Irlanda, e per la prossima situazione portoghese.

Ma la Spagna è la chiave. La Spagna è ciò a cui si dovrebbe prestare attenzione se volete scoprire cosa accadrà alla Unione Monetaria Europea (EMU), e alla stessa Unione europea (UE).

In primo luogo, un riassunto dell’emozionante episodio della scorsa settimana di Sono una Nazione insolvente –Buttatemi fuori da qui!:

L’Irlanda è stata messa nei guai dagli Euro-bond dopo che il cancelliere tedesco Angela Merkel ha fatto alcune osservazioni non molto intelligenti sulla necessità per i detentori delle obbligazioni irlandesi di dover subire un taglio con la ristrutturazione del debito. I mercati obbligazionari sono andati nel panico e i rendimenti sul debito irlandese hanno cominciato ad allargarsi e poi, ancora una volta, è PanicTime ™ (brevetto in corso) da debito sovrano.

L’Unione europea in collaborazione con la Banca centrale europea (BCE) e il Fondo monetario internazionale (FMI) ha messo insieme un pacchetto di salvataggio, ma gli irlandesi si sono rifiutati di accettarlo, rendendosi conto che avrebbero dovuto rinunciare a parte della loro sovranità conquistata a fatica in cambio di questo salvagente. Per aderire a questo pacchetto, dovrebbero probabilmente tagliare la spesa pubblica, intraprendere “misure di austerità” e probabilmente aumentare la loro preziosa aliquota  del 12,5% di imposta sul reddito, che è stata la carota che hanno utilizzato gli irlandesi per ottenere tanti investimenti esteri negli ultimi dieci anni.

Ma il deterioramento irlandese nei mercati obbligazionari ha cominciato a prendere velocità, infine, nella notte di domenica, dopo una settimana di tentennamento, il primo ministro irlandese Brian Cowen ha chiesto ufficialmente all’Unione europea di essere tirato fuori dai guai.

(Una breve spiegazione per il profano, il motivo per cui i mercati obbligazionari sono così importanti è perché l’Irlanda ha un disavanzo in corso e ha bisogno di vendere titoli, cioè prendere in prestito denaro per finanziare il suo deficit fiscale. Se i mercati obbligazionari non hanno molta fiducia che l’Irlanda rimborsi le obbligazioni che emette, allora il prezzo delle obbligazioni irlandese si abbassa, il che significa che il loro rendimento si alza. In altre parole, l’Irlanda sarà costretta a pagare di più per i soldi che sta prendendo a prestito. Più deve pagare per prendere in prestito denaro, maggiore è il deficit, finché alla fine, si arriva al punto in cui non si può prendere in prestito denaro sufficiente a coprire il deficit: In altre parole, si va in rovina. Questo era quello che stava succedendo all’Irlanda, in parole povere.)

Proprio come con la Grecia, i funzionari europei hanno fatto una colossale cazzata con il pacchetto di salvataggio per l’Irlanda. Si scopre che, lungi dall’aver messo insieme un pacchetto dettagliato che possa essere rapidamente attuato e quindi ristabilire la fiducia, la troika UE/BCE/FMI ha soltanto una struttura fragile per il salvataggio irlandese. La decantata Infrastruttura di Stabilità Finanziaria Europea (European Financial Stability Facility)? Non è ancora nemmeno completamente finanziata!

Così lunedi i mercati erano giubilanti: “L’Irlanda è salva!La crisi è scongiurata! “. Tuttavia oggi, martedì, sono giù di corda, in quanto è sempre più chiaro come siano impreparati i funzionari europei. Il loro “pacchetto di salvataggio” è vago sui dettagli, per usare un eufemismo.

Abbinato a questo, l’annuncio di una richiesta di salvataggio ha scatenato una tempesta di fuoco politica nei partner della coalizione di Cowen in Irlanda, il Partito dei Verdi è uscito dal governo, e le elezioni sono ora in programma per gennaio. Ci sono anche appelli dal partito di Cowen per le sue immediate dimissioni.

Come se questo non fosse già abbastanza grave il FMI che cosa si prepara a fare? Perché mai, con squisita cecità politica invia il chiaro messaggio che l’Irlanda è costretta a strisciare se vuole il salvataggio? John Lipsky, un tipo arrogante al FMI, dichiara alla Reuters che “Il nostro lavoro lì [in Irlanda] è tecnico, non politico. Le decisioni devono essere fatte dal governo [irlandese]“. In altre parole, il FMI non ha intenzione di negoziare con l’Irlanda, sta andando a dettare legge.

O in altre parole, il FMI sta dicendo: Chiedete la carità, puttane irlandesi!

Quindi, qualsiasi pulizia efficace della situazione irlandese  sta prendendo  un po’di tempo, assumendo effettivamente che essa abbia luogo. E proprio come il salvataggio greco della primavera scorsa, sarà disordinato disordinato disordinato: mezze misure, tentennamenti, dati “aggiustati”, fino a che i funzionari europei liquideranno  il problema gettandoci dentro due volte i soldi originariamente previsti. Potremmo anche chiamare il film ora interpretato a Dublino: Farlo alla Greca, Parte II: Irlanda!

Per aggiungere beffa al danno, tutto questo teatro politico-economico non ha arrestato l’onda che più preoccupa l’UE e la BCE: il Contagio.

Tutti le più piccole e più deboli economie europee nel UEM sono nella stessa barca, come l’Irlanda: sono tutti insolventi. Non solo il PIIGS-Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, ma anche in Belgio, e forse anche la Francia, se ci facciamo animo e guardiamo i numeri.

Proprio ora, però, il contagio ha raggiunto Portogallo, il prossimo anello più debole nella catena europea:

I rendimenti del debito portoghese si stanno ampliando di circa 50 punti base questa mattina, al 4,328% rispetto a bund tedeschi (a 10 anni), anche dopo che il governo portoghese ha attuato un secondo pacchetto di austerità lo scorso ottobre, a seguito dei tagli di spesa che a maggio non ha convinto i mercati obbligazionari.

Questo perché i portoghesi hanno un enorme deficit di bilancio: il 9,4% del PIL. Stanno tagliando la spesa, e stanno anche aumentando le tasse, ma ancora troppo, i loro rendimenti obbligazionari sono in aumento: Il mercato non crede che il Portogallo ce la farà ad attraversare questa crisi intatta. Proprio come la Grecia, così come l’Irlanda, il Portogallo avrà bisogno di essere salvato.

E così ciò prepara la strada per le ansie del mercato obbligazionario che può concentrarsi sul reale elefante in salotto:

La Spagna.

Secondo i numeri del FMI per il 2009, il prodotto interno lordo della Grecia è stato di 331 miliardi dollari, dell’Irlanda era 221 miliardi dollari, e per il Portogallo è stato 233 miliardi dollari.

Ma il PIL della Spagna nel 2009 è stato di 1468  miliardi di dollari. Circa due volte la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo combinato. In altre parole, quasi la metà del PIL della Germania.

E quanto vale il deficit di bilancio della Spagna? L’anno scorso, è stata ufficialmente pari al 7,9% del PIL, il doppio del limite UE. Numeri non irlandesi o portoghesi o molto meno di quelli greci, ma ancora lassù, ufficialmente.

Perché dico “ufficialmente”? E ora put “ufficialmente” in virgolette? A causa di un anonimo documento molto preoccupante, pubblicato lo scorso 30 settembre.

Scritto da un economista locale, ha detto in sostanza che i numeri del PIL spagnolo per il 2009 sono stati manipolati, poi è andato avanti e ha mostrato i perché e i come di questa analisi. FT Alphaville [un servizio di notizie e commenti creato dal Financial Times. N.d.T.] ha originariamente lanciato il pezzo che fu poi raccolto da tutti, facendoli andare fuori di testa. Ma poi quelli di Alphaville hanno ritrattato il documento sotto pressione politica, Scusandosi della loro viltà, dicendo “la vita è troppo breve”.

(A proposito, qualcosa di simile è accaduto a me con Insider Business di Henry Blodget, Quando ho fatto notare che Paul Krugman stava essenzialmente sostenendo la guerra come soluzione di stimolo fiscale, hanno messo il mio pezzo, salvo poi ritirarlo come farebbe un marito tenuto per le palle dalla propria moglie. Un sacco di siti di blog rivendicano se stessi  come “senza paura nel dire la verità”, ma quando arriva il momento critico, un sacco di gente che opera in questi blog non mostra di avere le palle.)

Il documento anonimo spagnolo ha fornito un’analisi credibile, a cui io per primo credo. E considerando la merda della situazione greca per quanto riguarda i dati falsi sul PIL, e conoscendo quella spagnola non sarei molto sorpreso che i dati relativi al PIL spagnolo siano stati falsificati a Madrid, al fine di far apparire tutto in ordine.

Ma anche se così non fosse, non è che i numeri ufficiali dipingono un quadro roseo: la Spagna ha quasi il 20% di disoccupazione, quasi il 10% del disavanzo annuale di bilancio al PIL, e non è chiaro in che modo uscire fuori da un tale buco. Gran parte della crescita spagnola negli ultimi dieci anni è stata alimentata dallo bolla immobiliare, che non può continuare ad essere una buona strada per gli spagnoli.

Ora, la Spagna ha una crisi  in stile greco/irlandese, in altre parole se vi è una fuga dal debito spagnolo, Quanto denaro devono sborsare UE / BCE e FMI per salvare la Spagna?

Diamo un’occhiata a Grecia e Irlanda:

Originariamente si pensava che 45 miliardi di euro sarebbero stati sufficienti per salvare la Grecia, ma il conteggio finale per la sagra paesana sembra essere qualcosa di simile a 90 miliardi (circa 122 miliardi di dollari). In questo momento, il salvataggio di Irlanda sta diventando qualcosa di simile nei prossimi 3 anni a  90 miliardi di euro, supponendo, naturalmente, che non ci siano incubi nascosti nel settore bancario irlandese, che è la ragione per cui l’Irlanda sta andando sotto.

In entrambi i casi, in sostanza, tre volte il deficit annuale è stata la cifra approssimativa per i salvataggi europei.

Pertanto, per salvare la Spagna e colmare il suo buco fiscale di bilancio nei prossimi tre anni costerebbe 450 miliardi di euro minimo. Che sono circa 600 miliardi di dollari.

Guardate la cifra di nuovo, guardatela da vicino, senza fretta:

€ 450.000.000.000.

Questo è il doppio del PIL irlandese totale per il 2009.

Al fine di capire quanto avrebbe dovuto addossarsi ciascuna delle parti di questi 450 miliardi, Bruce Krasting, in alcuni scambi di e-mail private, pensava che le percentuali che l’Unione europea, la BCE e il FMI si stavano caricando sulle spalle per i salvataggi greco e irlandese avrebbero potuto servire da modello.

Abbastanza corretto: se andiamo alle percentuali greche e irlandesi, allora circa un terzo di quel costo di 45 miliardi per salvare la Spagna sarebbe sulle spalle del FMI e come tutti sanno, gli Stati Uniti contribuiscono per il 20% ai soldi del FMI.

Così gli Stati Uniti sarebbero in lista per 30 miliardi di € (40 miliardi dollari), per salvare la Spagna.

Allora Then Bruce ha espresso il suo verdetto: “Gli Stati Uniti stanno per dire ‘Sì’ a quello e ‘No’ alla California? In nessun modo. Non succederà con questo nuovo Congresso”.

BK è un tipo sveglio. Sono completamente d’accordo con la sua analisi: in nessun caso gli USA tireranno fuori 40 miliardi dollari per salvare la Spagna.

Pertanto, la partecipazione del FMI ad un salvataggio spagnolo sarà fortemente ridotta, se non marginale. Quindi, il salvataggio della Spagna sarà un affare strettamente europeo.

L’Europa ha 450 miliardi per salvare la Spagna? Cioè, la Germania ha 450 miliardi di € per salvare la Spagna?

No non è così. Non ha i soldi per un salvataggio, e anche se lo facesse, non ha la volontà politica di far passare un tale piano di salvataggio.

Punto.

Ma anche se, per qualche monumentale miracolo finanziario accoppiato ad un altrettanto monumentale miracolo politico, l’Europa in qualche modo riuscisse a trovare i soldi per salvare la Spagna senza deprezzamento dell’euro?

Che cosa allora?

L’economia spagnola non potrà migliorare in tempi brevi, e neppure le economie degli altri paesi più piccoli come Grecia, Irlanda, Portogallo e Belgio. Non fino a quando sono bloccati nell’Euro, e sono quindi impossibilitati a svalutare, al fine di stimolare la crescita e gli investimenti.

Pertanto, credo che se e quando vi sarà una fuga dal debito sovrano spagnolo, e la Spagna si troverà nella condizione di dover essere salvata come Grecia e Irlanda, quello sarà il momento cruciale  per l’Europa: che porterà ad un inevitabile riallineamento dell’economia europea, e del continente europeo.

Nel migliore dei casi?

Anche se rimangono all’interno dell’Unione europea, le economie più deboli escono dall’UEM per tornare alla moneta locale, che ben presto svalutano, mentre i loro debiti sovrani in euro sono ristrutturati e ripagati nel tempo. L’euro diventa la valuta di Francia, Germania, Olanda, Finlandia e Austria. Caso peggiore?

Posso immaginare un certo numero di casi più gravi, tutti diversi, tranne che per una cosa in comune: saranno tutti malvagi.

Gonzalo Lira
Fonte: http://gonzalolira.blogspot.com
Link: http://gonzalolira.blogspot.com/2010/11/for-europes-future-spain-is-all-that.html
Traduzione per http://www.comedonchisciotte.org a cura di ETTORE MARIO BERNI

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=7713

Siamo tutti sulla stessa barca, la barca chiamata ‘debito’

Qualcuno può pensare che è il momento di fare le valigie. Lo pensa Beppe Grillo, per l’intera classe politica. Il dramma che ci colpirà, secondo il blogger economista, è costituito dal fatto che:

dal 29 aprile 2010 al 31 dicembre 2012″ dovremo “rimborsare 611,9 miliardi di euro di titoli in scadenza (fonte Der Spiegel). 251,5 miliardi entro l’anno, 192,2 nel 2011, 168,2 nel 2012. Una cifra colossale. Una tempesta perfetta costruita nel tempo dai governi Craxi e Berlusconi (Italia in scadenza – Blog di Beppe Grillo).

Il grafico pubblicato da Der Spiegel sul debito italiano

Perciò, secondo Grillo, il paese sarà venduto ai suoi creditori, i quali pretenderanno un cambio di governo. Sarà un governo tecnico: “chi comprerà i titoli in scadenza diventerà il nostro padrone e chiederà contropartite e rassicurazioni. La cessione di una parte della nostra sovranità nazionale e un uomo di garanzia e con una forte reputazione internazionale a capo del prossimo governo tecnico”.

Occorre dire che le cifre colossali sbandierate da Der Spiegel, riprese da Wall Street Italia e quindi adottate da Grillo senza far di conto, sono note da anni. Non a caso abbiamo uno dei debiti più alti del mondo – ma inferiore per esempio a quello del Giappone. In secondo luogo, le cifre da rimborsare non verranno effettivamente sborsate dallo Stato, ma il governo effettuerà una operazione che si chiama ‘rifinanziamento’ del credito, ovvero emetterà bonds o cct per onorare i prestiti pregressi. Niente di diverso da ciò che si è fatto in passato, passato recente che però non viene rappresentato nel grafico di Der Spiegel.

Certo, il debito in scadenza ammonta a circa il 3% del pil. Eppure questa coincidenza della scadenza del debito non è la vera ragione della manovra. Ne parla giustamente Der Spiegel: il rapporto deficit/pil italiano è uno dei migliori dell’area euro, non dissimile da quello tedesco (IT: 5.3%; GER: 5%); la disoccupazione – il dato ufficiale, che non tiene conto della cassa integrazione – è circa del 9%, contro il 20% della Spagna, dove il lavoro lo hanno perso soprattutto i precari, i lavoratori senza tutela, in special modo del settore edilizio; lo spread fra bond italiani e tedeschi rimane stabile – intorno all’1% – nonostante la ‘scossa’ della crisi greca. No, la manovra si è imposta come necessaria il giorno successivo alla revisione da parte del governo del rapporto debito/pil per l’anno 2010, che secondo le stime del governo passerebbe dal 116.9 al 118.4 – una previsione che ha fatto per l’appunto crollare la borsa di Milano il 6 Maggio scorso, evento che i media italiani hanno correlato soltanto all’andamento dei mercati internazionali, mentendo alla pubblica opinione.

La manovra si deve confrontare anche con una previsione di crescita assolutamente incerta: lo 0.8% preventivato dal governo potrebbe essere un dato ‘sovrastimato’. La crisi vera, non quella finanziaria, bensì quella che colpisce le aziende e i lavoratori, sta arrivando al suo apice proprio in questi mesi.

Berlusconi, dinanzi alla platea di Confindustria, disse non senza un certo tetro divertimento, “siamo tutti sulla stessa barca”: spiace dirlo, ma stavolta ha ragione. Tutti, intendendo proprio tutti, a cominciare dai partner europei dell’euro, siamo sulla stessa barca, la barca del debito pubblico. Sempre su Der Spiegel potete trovare questo interessante grafico che spiega l’andamento del debito tedesco comprensivo della previsione per il 2011. Ebbene, il rapporto deb/pil della Germania galoppa verso il 79%, con tassi di crescita molto più alti di quello italiano. Per i tedeschi questa è una emergenza nazionale.


Il governo, per bocca di Tremonti, afferma che la stretta alle finanze pubbliche è ‘necessaria per salvare l’euro’. La crisi dell’euro è stata descritta sinora con toni grotteschi. Solo un paio di anni prima si auspicava un riallineamento del cambio euro-dollaro. Le esportazioni franco-tedesche erano in difficoltà, il made in Italy anche. Il cambio attuale, di 1.227 sul dollaro, non è il livello più basso sinora raggiunto. Ad Ottobre 2000, qualche mese dopo il suo debutto sui mercati monetari, scese otto lo 0.85; a Dicembre 2005,scese sotto quota 1.20 dopo un anno di discesa continua; e che dire della crisi dell’euro del 2008? Fra Luglio e Ottobre passò da 1.60 e 1.25, un crollo ben più veloce di quello attuale:

Conclusione: basta drammi. Da anni “viviamo” a debito, abbiamo costruito il boom degli anni ’80 a debito. Lo abbiamo in parte pagato con le lacrime e il sangue del governo Prodi, con quindici anni di stagnazione e di precariato. Risolvere il problema del debito dovrebbe essere la principale occupazione del Parlamento e del governo, i quali invece discettano di privacy e intercettazioni. La criminalità è quel gorgo muto in cui sono precipitati tutti o parte di quei soldi. Là, e soltanto là, dovrebbe esser cercata la chiave di volta. Perché preoccuparsi di eventuali limitazioni della sovranità? Sono contemplate dalla Costituzione nel sempiterno articolo 11, secondo comma, purché siano alla luce del sole, frutto di accordi internazionali. L’Europa lo è. Più che di sovranità nazionale, ci si dovrebbe preoccupare di dotare l’Europa di istituzioni democratiche, rappresentative dei popoli europei. Grillo non lo fa, e in questo rivela tutta la sua miopia politica.

Influenza A, morti per vaccino in Germania. Probabili reazioni allergiche?

Morti per vaccino A-H1N1. Le notizie si accavallano in rete. Due casi in Germania, precedentemente a fine Ottobre qualche riferimento in articoli in lingua inglese venne fatto per i casi di morte sospetta avvenuti in Svezia in persone che avevano appena fatto il vaccino anti influenza A.
Il Codacons, dopo la diffida all’Aifa e al Ministero della Salute, rende noto il caso di un medico radiologo che si e’ sottoposto a vaccinazione come da prassi, subendo imprevisti effetti collaterali: dopo circa 15 minuti dall’iniezione del vaccino si sarebbe verificata una reazione avversa, sfociata in crisi lipotimica (svenimento senza perdita di coscienza) e febbre alta fino a 39 gradi, durata 2 giorni, reazioni documentate dal Pronto soccorso dell’ospedale, dal medico di famiglia e dall’infermiera che ha iniettato il vaccino. Il viceministro Fazio sostiene che l’antidoto è sicuro e che farà vaccinare i suoi figli, appena se ne presenterà l’occasione. Strano visto che hanno 19 e 21 anni e possono decidere per loro conto se vaccinarsi o meno. Dire che li farà vaccinare ha la sua utilita propagandistica, diciamo. Il viceministro dovrebbe invece preoccuparsi per il mancanto coordinamento fra Stato-Regioni e fra Regioni, viste le discrepanze e le difformità nella distribuzione del vaccino che si sono verificate. Il virus A-H1N1 swl non è maggiormente mortale come l’influenza suina, ma se lo fosse stato, il sistema che è stato messo in piedi sarebbe stato del tutto insufficiente a fronteggiare l’emergenza: il vaccino è scarso, ci sono dubbi sulla sua efficacia e la mancata nocività, il viceministro non ha argomenti per rassicurare o interviene tardivamente – come nel caso della domanda del sen. Marino sulla presunta inefficacia del Tamiflu, ancora senza risposta, oppure la necessià di dare ai bambini una doppia dose quando la raccomandazione dell’OMS è di vaccinarne il più possibile – le Regioni impiegano modalità di distribuzione diverse (strutture ospedaliere, asl, ambulatori medici di famiglia) e regna la confusione su quali siano le categorie a rischio.

    • in Germania le prime due probabili vittime del vaccino contro l’influenza A. Si tratta di un uomo di 46 anni ritrovato morto a Wuppertal, nei pressi di Colonia, dai colleghi nella sede della sua azienda il giorno dopo essersi fatto vaccinare. Si tratta ora di stabilire se il decesso sia in qualche modo collegabile all’immunizzazione.

    • Verrà anche verificato se vi sia stata un’eventuale reazione allergica. Anche se "una reazione allergica acuta è da escludere perché in quel caso l’uomo sarebbe morto prima", ha anticipato la portavoce dell’amministrazione municipale di Wuppertal, Martina Eckermann, citata dal Rheinische Post

    • L’altra vittima è una donna di 65 anni deceduta nel land orientale della Turingia.o riporta il quotidiano tedesco Bild

    • subito dopo l’inoculazione del vaccino la moglie non aveva avvertito alcun disturbo, mentre dopo cena ha subito un infarto ed è deceduta dopo il ricovero in ospedale

    • A Duesseldorf un uomo di 30 anni ha invece subito uno choc anafilattico dopo essere stato vaccinato. A salvarlo è stato il fatto che si trovava ancora nello studio del suo medico curante

    • Una donna di 27 anni, senza malattie croniche o pregresse, è deceduta martedì scorso a Viry-Chatillon, nella regione parigina, dopo aver contratto il virus dell’influenza A/H1N1. La vittima era stata curata a casa dal suo medico di base con il farmaco Oseltamivir.

    • È stata disposta l’autopsia per stabilire le cause esatte del decesso. La donna si era ammalata pochi giorni prima, ma il suo stato di salute si era improvvisamente aggravato.

    • Il ministro francese della Sanità, Roselyne Bachelot, ha riferito che non c’è nessun legame certo tra il caso sospetto della sindrome di Guillain-Barré, segnalato giovedì in Francia, e la somministrazione del vaccino per il virus A/H1N1

    • Il ministro ha però ammesso che resta un legame «probabile». Ogni anno si registrano in Francia 1.700-1.800 casi della sindrome, una malattia rara del sistema nervoso periferico, il cui apparire è legato a un episodio infettivo, batterico o virale, fra cui l’influenza

    • Un cittadino tedesco è morto il giorno successivo la vaccinazione contro l’influenza A/h1n1. La procura di Wuppertal, città del Reno-Westfalia, nella parte ovest della Germania, hanno già ordinato l’autopsia per determinare se il decesso del 46enne sia stato provocato dalla stessa dose dell’antifluenzale

    • Al Codacons giungono le prime segnalazioni da parte di soggetti che – dopo la somministrazione del prodotto – denunciano reazioni fisiche negative

    • l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) assume una posizione chiara: il vaccino contro l’influenza A puo’ essere somministrato anche ai pazienti oncologici in trattamento con chemioterapia, perché vanno considerati tra le categorie a rischio di complicanze delle vie respiratorie concomitanti alla sindrome influenzale

    • Giuseppe Mele, presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp), consiglia di vaccinare i bambini contro lo pneumococco, per evitare la sovrapposizione di polmoniti alla nuova influenza A. "Il l vaccino eptavalente disponibile, l’unico con una specifica indicazione rivolta alla prevenzione della polmonite, è sicuro ed efficace, anche contro altre gravi malattie, come meningiti e otiti"

    • Dallo scoppio della pandemia di influenza A/h1n1 le vittime hanno superato quota 6.250. Lo ha reso noto l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), sottolineando però che la diffusione del virus sembra rallentare. Dall’8 novembre i decessi sono stati 179 contro i 224 dei sette giorni precedenti. Un netto crollo rispetto ai 700 morti dell’ultima settimana di ottobre.

    • Nonostante ci sia stata una nuova vittima positiva al virus, la malattia in Campania, la regione finora più colpita dall’A/h1n1, rallenta. Non aumentano infatti i ricoveri di adulti e bambini.

    • Una donna di 27 anni, che è sempre stata in buona salute, è morta nella regione parigina, dopo aver contratto il virus dell’influenza A/h1n1. La vittima era stata curata a casa dal suo medico di base con il Tamiflu. La locale prefettura ha parlato di una forma di influenza "folgorante"

    • mentre 147.000 persone sono già state vaccinate, il sottosegretario Fazio ricorda che "la percentuale delle vittime per influenza A è lo 0,0048%" dei malati contro lo 0,2% dei decessi per la normale influenza. Va considerato – inoltre – che essendo la percentuale delle vittime calcolata, considerando i casi clinici segnalati al sistema di sorveglianza, poiché questi sono molto probabilmente sottostimati, il valore potrebbe essere addirittura inferiore alla stima sopra riportata".

    • eppure altri 10.000.000 di dosi di vaccino sono in arrivo per fine Dicembre mentre nei primi mesi del 2010 il totale di dosi che il governo distribuirà alle regioni salirà a 24.000.000, il 40% della popolazione italiana

    • Qualcosa non torna? Le informazioni che ci giungono dai media sono contraddittorie tra loro?

    • Pare ormai chiaro che l’influenza AH1N1 è un’influenza forse un po’ più aggressiva della normale stagionale ma, ormai anche i dati forniti dal ministero non possono negarlo, dalla mortalità decisamente bassa

    • Ogni anno in Italia muoiono più di 8000 persone per patologie collegate alla "banale" influenza stagionale, la maggior parte sono persone oltre i 65 anni, ma ben 2000 decedono pur non essendo in età a rischio

    • E’ di qualche giorno fa, infatti, la notizia secondo la quale in Svezia quattro infermiere sarebbero morte dopo aver assunto il vaccino

    • Dice il tabloid svedese Expressen: "In ottemperamento alle disposizioni vigenti i decessi sono stati segnalati all’autorità sanitaria incaricata della farmacovigilanza, poiché la campagna di vaccinazione contro l’influenza suina in Svezia è già iniziata da due settimane. Non sono stati evidenziati collegamenti tra questi decessi ed il vaccino"

    • si moltiplicano i ricoveri avvenuti a causa delle forti reazioni allergiche seguite alla vaccinazione

    • I primi sintomi che si denunciano sono febbre, dolori muscolari, mal di stomaco, mal di testa, vertigini, stanchezza seguiti da forti dolori in sede di iniezione e da un senso di costrizione toracica che causa dispnea, per non parlare di una immuno-depressione generale

    • Il Belfast Telegraph del 27 Ottobre riporta la notizia di un ragazzo diversamente abile che è finito in ospedale poche ore dopo aver assunto il vaccino, mentre negli stati Uniti è una cheerleader a sviluppare la distonia – un disordine del movimento muscolare – appena 10 giorni dopo aver fatto il vaccino – [Affermazione non corretta: la cheerleader, si vaccinò ad agosto e fece il vaccino per l’influenza stagionale]

    • sono molte, infine, le testimonianze di donne incinte che una volta assunto il vaccino hanno avuto complicanze se non addirittura aborti spontanei.

La storia della Cheerleader che è diventata disabile, affetta da dystonia una rara malattia neurologica, dopo essersi vaccinata per l’influenza stagionale – e non per quella suina, come erroneamente riportato in alcuni articolo.

    • Vaccino H1N1, Report morti dalla Svezia: quattro morti per il vaccino H1N1 – che è il vaccino contro l’influenza suina morti, per chi non è in sintonia con i cambiamenti nella nomenclatura – si dice che abbiano colpito i pazienti in Svezia. Le relazioni locali che due pazienti anziani di recente morti pochi giorni dopo aver ricevuto il vaccino contro l’influenza suina. Decessi segnalati in precedenza avevano cause già sufficienti per avviare una campagna al fine di sollecitare un’indagine approfondita;
    • Le ultime morti riportate per vaccino H1N1 hanno colpito un anziano di 74 anni da lungo cardiopatico e affetto da malattie polmonari, nonché un paziente novantenne in uno stato di salute non conosciuto. In precedenza si erano collegate all’influenza suina le morti che hanno colpito un paziente di sesso femminile, la cui età è rimasta riservata, con una storia di malattie muscolari e un uomo di 50 anni, con una cardiopatia. Non è né provato né smentito che le morti sono dovute al vaccino contro l’influenza suina.
  • Influenza A, la 18a vittima in Italia|L’Occidentale – 04/11/2009
    • a Napoli, si segnala il caso di un’infermiera vaccinata che ha avuto una reazione allergica. La donna è ricoverata in osservazione al Cardarelli. Il primario della Rianimazione, Luigi Occhiochiuso conferma che ha fatto il vaccino giovedì e sabato è praticamente collassata con sudorazione fredda, forte abbassamento della temperatura. Allo stato non vi è certezza del rapporto diretto tra vaccino e sintomi, ma è chiaro che il dubbio è forte. Ci sarebbe anche un altro caso analogo al Santobono (l’ospedale pediatrico dove è morta la bimba di Pompei) ma non si hanno notizie più precise

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