Non basta rievocare tutto il passato per deglutire il rospaccio della sconfitta di domenica scorsa. Tutti i pennivendoli della Casa Madre stanno alzando le mani dinanzi alla strategia suicida del duo Sallusti-Santanché che guida l’armata milanese dei Moratti e dei Lassini.
I segni della crisi cominciano a percolare anche sulla superficie uniforme de Il Giornale. Oggi Giuliano Ferrara si è lasciato andare ad uno sconsolante editoriale in cui dice apertamente che la strada intrapresa è sbagliata e che non ci sono parole a sufficienza perdescrivere il disagio:
se la strada è quella dell’invadenza arrogante a reti unificate, del monologo che umilia gli interlocutori e gli elettori, del semplicismo e del baby talk arrangiato, sciatto, poveramente regressivo, mi manca il fiato […] Perché farsi del male con parole d’ordine primitive, giocando irresponsabilmente la carta dei cosiddetti «valori conservatori» in una offensiva lanciata da gente di governo contro «gay e drogati», una caricatura del motto Dio-patria-e-famiglia, quando quella carta è sempre stata pudicamente scartata quando si doveva giocarla con sensibilità e intelligenza nelle occasioni giuste e per motivi giusti? […] Vedo in questa deriva la vittoria dell’avversario di tutti questi anni, e di quello più incarognito e miserabile. Farsi simili alla caricatura che il nemico fa di te è il peggiore errore possibile per un leader politico. È l’errore che può cagionare «l’ultima ruina sua», che lo isola con le tifoserie, che ne avvilisce l’indipendenza intellettuale e di tono, la credibilità personale (Giuliano Ferrara per Il Giornale).
Insomma, si sente puzza di sconfitta. Una sconfitta inaspettata che sta gettando nel panico e inducendo agli errori più stupidi, come cedere alla violenza e alla caricatura della violenza. Gli argomenti per spiegare ai lettori del centrodestra la disfatta sono esauriti. Lo confessa candidamente Vittorio Feltri, in risposta al fondo di Giampaolo Pansa, su Libero. “Mi piacerebbe avere degli argomenti per ribattere punto su punto a Giampaolo Pansa”, scrive l’inventore del metodo Boffo, “ma ho solo una lunga lista di attenuanti” (L’editoriale – Libero, Vittorio Feltri – Libero-News.it). La sconfitta parte proprio da qui: dalla mancanza di parole. Anche la difficoltà nel descrivere quel che accade è testimonianza di una povertà che è prima di tutto lessicale e ideale. Pansa torna ad evocare il 25 Luglio 1943, data in cui il Gran Consiglio del Fascismo dimissionò il Duce. Pansa sbaglia. Il voto di Milano non produrrà un altro Piazzale Loreto. Tanto più che i milanesi si accingono ad esercitare il loro diritto di autodeterminare il governo cittadino. Nulla di più pacifico. Metaforicamente, è vero, la sconfitta milanese, se mai avverrà, equivale come portata storica a una Caporetto. Una Waterloo. Il nostro Napoleone cadrà alla campagna di Russia. Ma non c’è da sorprendersi, basterebbe saper perdere. E riconoscere che è giunto il tempo per farsi da parte: