Il caso Barclays e la manipolazione del Libor, un’altra storia di banksters

Bob “Red” Diamond, direttore generale di Barclays Bank

Giusto ieri il Serious Fraud Office, un dipartimento indipendente del governo inglese che investiga su casi di frode e corruzione, ha aperto una inchiesta sulla truffa del Libor. Il Libor è nientemeno che il London Interbank Offered Rate (tasso interbancario ‘lettera’ su Londra), un tasso di riferimento per i mercati finanziari. E’ il tasso di riferimento europeo al quale le banche si prestano denaro tra loro, spesso durante la notte (in batch notturno), dopo la chiusura dei mercati. Esso è minore del tasso di sconto che gli istituti di credito pagano per un prestito alla banca centrale (Wikipedia). Secondo la Financial service authority (Fsa), tra il 2005 e il 2009, funzionari e traders della Barclays hanno operato per favorire il proprio istituto bancario manipolando il regime delle transazioni. In poche parole, hanno dichiarato di applicare un tasso molto inferiore al reale. Proprio nel biennio del 2008-2009, quando le banche di mezzo mondo andavano in sofferenza per lo scandalo Lehman-Brothers. La cosiddetta “crisi dei titoli tossici”.

Ebbene Barclays era in procinto di essere nazionalizzata. Il Primo ministro inglese era Gordon Brown, laburista, antipatico, succeduto al collega (e guerrafondaio – ricordate le armi di distruzione di massa di Saddm Hussein?) Tony Blair. Paul Tucker era il vice-presidente della Banca d’Inghilterra (Bank Of England, BOE). Un promemoria interno rilasciata da Barclays Bank indicava che nel 2008 gli alti funzionari di Whitehall (via principale di Westminster, che conduce ai palazzi del governo inglese) avevano manifestato preoccupazione per il livello dei prezzi del Libor presentato dalla Banca. Il memorandum, datato 29 ottobre 2008, si riferiva ad una chiamata fatta da Paul Tucker a qualcuno chiamato RED, che potrebbe essere Bob (Robert Edward) Diamond. Bob Diamond è l’attuale direttore della banca, dimissionario per lo scandalo.

Diamond rispose che erano le altre banche ad operare prezzi al di fuori della realtà e Tucker gli rispose “questo sarebbe anche peggio…”. Diamond disse, “devi pagare quello che hai da pagare” e Tucker se la bevve d’un sorso. Diamond spiegò a Tucker che la politica del tasso di Barclays è una politica “orientata al mercato”, e questo aveva fatto sì che nel 2008-2009 il prezzo Libor della banca apparisse nel quartile superiore, occasionalmente anche nel decile superiore (si trattava quindi di prezzi visibilmente bassi rispetto al “rating” della banca). Diamond mentì per evitare di far passare al mercato l’idea che Barclays fosse in crisi. In realtà lo era, come tutte le altre banche del resto, ma in Barclays erano ostinati ad evitare il peggio, ovvero la nazionalizzazione della banca.

Non c’erano problemi di finanziamento, ha sostenuto Bob Diamond, ma ci sarebbero stati se l’idea, per quanto teorica, di un intervento della mano pubblica si fosse diffusa sui mercati compromettendo un deal che stava maturando […] Poche ore più tardi, infatti, investitori del Golfo iniettarono denaro nella banca, salvandola. Il precipitare del tasso con cui Barclays si finanziava secondo Diamond non dipende dalla diffusione di Libor manomessi, ma dai mercati che consideravano Barclays ormai salvata da Qatar e Abu Dhabi (Barclays, l’ex ceo si difende: «Non sapevo» – Il Sole 24 ORE).

Il salvataggio arrivò per mano dei petrodollari di Abu Dhabi, ma perché Whitehall non approfondì l’indagine? Perché Gordon Brown non intervenì? Si poteva fidare davvero della relazione di Bob “RED” Diamond? Il premier David Cameron ha il sospetto di trovarsi dinanzi ad uno scandalo “made in labour” ed infatti ha subito premuto per aprire una commissione d’inchiesta parlamentare, mentre Ed Milliband ha giocato in difesa vagheggiando di una inchiesta indipendente da parte di un organismo terzo (ammesso che ce ne siano).

Ma di cosa si occupa Barclays? Lo so, non vi aspettate altro: Barclays fa parte di quella schiera di Banksters, della banda dei Derivati. Quello che fa Barclays è creare valore dalla carta. In sostanza, prestidigitazione. Secondo Il Sole 24 Ore, “l’immensa finanza di carta per Barclays valeva da sola a fine 2010 la bellezza di 56mila miliardi di euro”. In pratica due manovrine italiane fatte di nulla. Sono speculazioni sul prezzo del grano, dell’oro, del petrolio e via discorrendo. Tutto ciò che ha un prezzo ed è una merce e si vende può essere trasformato da Barclays in un pezzo di carta dal valore dieci o venti volte la merce cui fa riferimento. Non è magia ma somiglia molto alla truffa. “Un terzo del valore dell’intero bilancio” di Barclays proviene dai Derivati (Il Sole 24 Ore, cit.). Significa che i Derivati sono il suo core businness. Perché truccare il Libor? O l’Euribor? Perché dichiarare un millesimo di tasso in più o in meno sposta, per Barclays e banksters come Barclays, qualche miliardata di euro in un sol giorno. Sapete, per un CEO o un General Manager, legati alla catena della prestazione dai bonus milionari in palio, un millesimo di punto non dichiarato è una bazzecola. Il fine, nel terribile mondo della Finanza dove hobbesianamente “l’uomo è lupo all’uomo”, giustifica il mezzo.

Il problema semmai è un altro. Nei recenti accordi del Consiglio Europeo di Bruxelles si è pensato di fornire l’aiuto del Fondo Salva-Stati ESFS e quindi del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES o ESM) per ricapitalizzare gli istituti bancari in difficoltà. Sappiate però che alle banche non è richiesto nessun intervento in senso positivo: non devono fare alcuna ristrutturazione del proprio capitale, né rivedere in alcun senso la loro esposizione ai cosiddetti titoli tossici. Nemmeno è stato formalizzato in alcun modo la separazione fra banca finanziarie e banche commerciali. La City di Londra, la piazza affari di Francoforte possono continuare a speculare su tutto, con qualsiasi margine di rischio. Nessuno le controlla. Se pensate a quel che è stato chiesto alla Grecia, o quel che viene chiesto al nostro paese per potersi rifinanziare sul mercato o ottenere aiuti dai partner europei, potete capire chi comanda nel mondo. Ed è curioso che scavando in direzione del marcio ritrovi il Labour Party, con buona pace di Ed Milliband, faccia d’angelo in un partito compromesso dai brokers londinesi. Fu proprio Tony Blair, insieme a Bill Clinton, a firmare l’accordo per eliminare la separazione fra banche finanziarie e banche commerciali. Quell’atto spalancò le porte del mondo alla world economy. La sporca globalizzazione.

Il governo di David Cameron ha in progetto una legge che ripristini la condizione d’un tempo, quella della separazione fra investimenti e prestiti al consumo. Will Hutton, giornalista dell’Observer, si chiede se “chi critica questa riforma abbia pensato che qualunque ministro del commercio e dell’industria nei governi laburisti di Tony Blair o Gordon Brown avrebbe potuto ottenere lo stesso risultato del conservatore Vince Cable”, cosa che invece non ha fatto. Poi, trionfale: “Questo è un grande momento, e dovremmo riconoscerlo tutti” (internazionale.it). Peccato che la legge avrà i suoi effetti soltanto dal 2015.

Election Day UK: exit poll in diretta

Exit Poll ore 11:

Conservatori: 307 seggi;

Laburisti: 255;

Liberali: 55;

Altri: 29.

Ciò significa una maggioranza debole, con soli 19 seggi di scarto dall’opposizione.

La diretta streaming della BBC:

Vodpod videos no longer available.

Per chi volesse seguire la notte delle elezioni in Gran Bretagna, ecco i link dove trovare le informazioni sugli exit poll:

http://ukpollingreport.co.uk/blog/

http://www.itv.com/news/election2010/?intcmp=781101_123_1

Andrew Sparrow Election Live: http://www.guardian.co.uk/politics/series/general-election-2010-live-with-andrew-sparrow

Elezioni UK: il Labour rischia il terzo (e ultimo) posto

Secondo un sondaggio di The Guardian/ICM, l’effetto Nick Clegg vale il dieci per cento in più: tanto guadagnerebbe il Lib party dopo i primi due match televisivi. Nick, l’eretico, così è stato appellato da Barbara Spinelli, ieri, in un articolo su La Stampa, per la sua propensione a gettare sulle crisi inglesi la nuova luce di un nuovo sguardo che lascia da parte le ipocrisie per tornare alla schiettezza della parola. Sì, “io la penso come Nick”: il motto funziona e molti pensano che per il Labour sarà una sconfitta storica. L’ultimo sondaggio, che ha registrato il picco di Clegg dopo le esibizioni televisive, mostra il partito di Gordon Brown in coda. Clegg ha eroso voti a entrambi i contendenti e ciò lascia presagire un’ascesa trionfale: vittoria senza necessità di alleanze. In più di un mese i Tories, capeggiati da un ingessato David Cameron, perdono sette punti percentuali, mentre il Labour è inchiodato sotto quota 30%, una soglia psicologica che non riesce a superare.

Nick Clegg, l’Obama inglese? Non proprio: eppure come Obama ha una funzione storica disvelatrice: nella crisi dell’Inghilterra, un paese che non ha più industrie, che non ha più lavoratori ma persone senza diritti, Clegg, diversamente da Obama, non ha velleità riformatrici in senso socialisteggiante, ma ha il coraggio di dire, di non nascondersi dietro la retorica. Clegg rimette al centro la persona, non l’individualismo. E l’opera del governo, secondo l’ottica liberale, è quella di aiutare la persona ad esprimere il proprio potenziale: la via per realizzare ciò è ‘tenere lontano il potere’. Ecco tutta la carica anti-sistemica di Clegg: Clegg è l’antipolitica inglese, è il ritorno dell’antica ricetta liberale in chiave moralistica. No al privilegio, il privilegio di quei parlamentari che possono sperperare denari e poi chiederne il rimborso. E chi è più privilegiato di coloro i quali siedono al governo dal lontano 1997? Il New Labour è finito, è archivio storico. To change, la parola magica, nessuno si azzarda a pronunciarla. Ma per Clegg bisogna aiutare il paese a superare questo ‘collo di bottiglia’ che blocca le opportunità e il progresso. ‘Give a chance to everyone’: dare una chance a ciascuno affinché ognuno possa vivere la vita che vuole. Certo, un collo di bottiglia fatto di macerie: quelle di trent’anni di governi monetaristi e poi filo-finanziaristi, che hanno creato i presupposti per il mondo governato dai ‘banksters’:

Il modello economico della Thatcher è fallito. Quello del Nuovo Labour pure, a meno che Brown non lo resusciti, magari non stavolta ma la prossima. Blair ha creato questo marasma (la pace in Irlanda è probabilmente l’unico suo successo politico). Ha distrutto la socialdemocrazia e i suoi principi, per consegnare l’una e gli altri ai liberali e al loro terzo uomo (Barbara Spinelli – La Stampa).

Elezioni in Inghilterra, una poltrona per tre. Fine del bipolarismo

Gordon Brown, David Cameron, Nick Clegg: tre nomi per Downing Street. La campagna elettorale inglese giunge al momento critico, mancano tre settimane all’election day e i sondaggi danno il Labour in rimonta: solo tre i punti di distacco dai cosiddetti ‘New Tories’, dai conservatori, che si vedrebbero messi in minoranza dal sistema elettorale maggioritario (ah, gli inglesi! nonostante la minoranza possa andare lo stesso al governo, mai si sognerebbero di contestare la propria legge elettorale…), i quali potrebbero governare solo con l’appoggio dei ‘canarini’, dei liberal di Nick Clegg, il lussurioso Nick, il vecchio bevitore Nick, Nick il bello, biondo, amante delle donne e della bella vita, rampollo di una famiglia della upper class londinese.
Che dire, a sentire gli inglesi c’è da farsi un bel esame di coscienza. Perché il Labour fa politica, e rimonta nei sondaggi, nonostante Gordon sia antipatico e simbolo della politica di palazzo. Già, il palazzo. Qualcosa a che fare con il radicamento territoriale?

Gli inglesi sono sdegnati dal ‘magna magna’ che si fa a Londra: lo scandalo rimborsi dei parlamentari ha messo in testa a molti di farla finita con i privilegi della casta e di punire severamente la classe politica. Rischio astensione? No, c’è aria di cambiamento a destra. Perché David Cameron ha approfittato del clima di astio per presentarsi come ‘il nuovo’, e riecco la parolina magica: change. Cambiamento. Che a sentirla pronunciare da Bersani sa già di vecchio, ma David è diverso e mette al primo posto la “gente”. Lasciate decidere la gente. Sembra che parli Beppe Grillo. Invece è il candidato dei Tories. New Tories. Potere al popolo. No, non è un Che Guevara inglese. Cameron batte il tasto sull’ideale inglese dello Stato Minimo. Giù le mani dalla gente. Noi abbiamo fiducia in essa, e perciò il programma dei Tories mette al primo posto uno strumento di democrazia diretta: il referendum. Referendum per tutto, anche per decidere ogni singolo passaggio di poteri da Londra all’Unione europea. E poi, taglio delle debito pubblico, più servizi, meno tasse sulla successione e soprattutto riforme. Una su tutte: metter gli odiati parlamentari sulla graticola della rimozione in caso di ruberie varie.

Ma Gordon non ci sta. Il principale esponente del partito di sinistra cerca di fare politica di sinistra. Sanità, scuola e salario minimo, Brown cerca di cambiare registro e di parlare al popolo. Lo fa mettendo sul tavolo proposte molto precise. Scuole, ospedali e polizie locali: “bisogna garantire il responso dei test oncologici svolti in una struttura pubblica entro una settimana”, tuona dal palco. E ruba a Cameron il tema delle riforme istituzionali, prevedendo una riforma della legge elettorale della Camera dei Lord introducendo la “possibilità per gli elettori di “richiamare” i deputati che si macchiano di malversazioni finanziarie, il voto a 16 anni e il divieto assoluto per i parlamentari di lavorare al contempo per le società che fanno lobby”.

E che dire del bipolarismo inglese? Che forse dal prossimo 6 Maggio si dovrà parlare di tripolarismo, poiché i Liberal si candidano ad essere l’ago della bilancia, il ruolo che in Italia ricercava per sé l’UDC di Casini alle regionali e che ha miseramente fallito, e qualora ciò dovesse accadere, potrebbe essere la prima volta di un governo di alleanza a Downing Street. Che si aggiornino i libri di Storia.