Mali, i francesi stanno per prendere Timbuctu

Lo scrive The Guardian dopo che ieri sera tardi i militari francesi hanno annunciato di aver raggiunto e liberato la città di Gao, sede di un importante aeroporto internazionale. Sarebbero appena 600 i militari francesi alla testa di una truppa composta da maliani, ciadiani e nigeriani. Timbuctu, insieme a Gao e Kidal, è una delle città più importanti del Sahel cadute sotto il controllo degli jihadisti. Questi ultimi non sembrano poter opporre una grande resistenza e sembrano sul punto di trattare la liberazione di un ostaggio francese, Gilberto Rodriguez Leal, rapito lo scorso Novembre nell’ovest del Mali.

Soldati francesi in Mali (www.saharamedias.net)

Soldati francesi in Mali (www.saharamedias.net)

Ripercorri la storia della guerra nel Mali del Nord, dalla insurrezione di MNLA al caos di Bamako, alla distruzione dei monumenti di Timbuctu, alle bombe francesi.

Mali: infine arrivarono le bombe francesi

Immagine

Le aspettano da quasi un anno, a Timbuctu, le bombe francesi. L’immobilismo di Ecowas e dell’Onu (che scelse Romano Prodi come mediatore dell’area del Sahel) anche di fronte all’escalation della guerriglia jihadista era troppo anche per uno come Francois Hollande. Da ieri le truppe francesi, per aria e per terra, guidano l’offensiva contro Ansar El Dine e il suo capo, Iyad Ag Ghali (nella foto). I quali avevano soltanto qualche giorno fa conquistato la città di Konna (o Kuna), di fatto violando quel confine immaginario che il traballante governo di Bamako considerava come soglia di allarme per l’intervento francese.ImmagineImmagine

La Francia si sarebbe messa alla testa di una disorganizzata truppa di soldati tunisini, algerini, di forze militari fornite dall’Ecowas, nonché dell’esercito maliano. Laurent Fabius, il ministro degli esteri francese, ha affermato che l’iniziativa francese ha avuto inizio ieri con l’intervento dei caccia-bombardieri. Hollande ha detto che “i terroristi dovrebbero sapere che la Francia sarà sempre presente quando sono in discussione i diritti delle persone, di quelli che in Mali vogliono vivere liberamente e in democrazia” (AGI News).

Sahara Medias ha raccolto una indiscrezione da parte di un funzionario del ministero della difesa maliano secondo la quale le forze armate maliane avrebbero ripreso il controllo di Konna, appena dopo il contrattacco degli aerei francesi. Come detto, Ansar el Dine aveva conquistato la città giovedì scorso, quando, dopo durissimi scontri, l’esercito maliano si era ritirato nella città di Sévaré, ultimo baluardo prima della città di Mopti, sul fiume Niger, e sede di un aeroporto internazionale.Immagine

Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI) ha condannato l’intervento francese. AQMI ha in ostaggio otto cittadini francesi e comanda il Sahel insieme a Ansar el Dine. Fabius ha detto che verrà fatto tutto il possibile per salvare gli ostaggi. Ma non è chiaro se AQMI si lascerà semplicemente accerchiare dai francesi o si invece provvederà a usare la vita degli otto ostaggi come minaccia per fermare l’interventismo di Hollande. Al momento attuale non è chiaro se AQMI sia coinvolta pienamente nell’escalation verso sud dei jihadisti. AQMI ha condannato duramente l’attacco alla città di Konna. Ha detto che il bombardamento è avvenuto anche per opera di un elicottero delle milizie di Amadou Toumani Touré, l’ex presidente deposto con il golpe militare di Marzo 2012. Si tratterebbero di milizie ucraine, una sorta di contractors, di combattenti mercenari. Il loro attacco avrebbe causato “la morte di una donna e terrorizzato la popolazione locale” (AQMI come riportato da Sahara Medias).

Gli USA armano i droni italiani in Afghanistan

Perché armare i droni italiani? Obama, ex premio Nobel per la Pace (molto ex), a Marzo, aveva proposto al Congresso di vendere all’Italia il kit di armamento degli aerei senza pilota “made in USA”. Lo scopo? Schierarli in Afghanistan per uccidere senza farsi uccidere. Un modo come un altro per tener dentro alla palude afghana il nostro paese, che da quell’avventura ha avuto solo guai e morti.

L’Italia è stata il primo paese a disporre di aerei drone. I primi acquisti di questi robot della guerra sono datati 2001, mentre un secondo acquisto fu completato nel 2008. Si trattava di droni Reaper e Predator-A, non armati. La loro utilità in guerra è straordinaria. Sono stati impiegati dagli USA in Yemen, in questi giorni, ed hanno seminato il panico fra la popolazione (per saperne di più leggete di #NoDrones qui).
Il solo altro paese alleato degli USA che può “beneficiare” di questa tecnologia di morte e distruzione è la Gran Bretagna. La discussione in Congresso si è aperta all’insegna della estrema polarizzazione: alcuni deputati sono contro, altri a favore.
I deputati che avevano messo in discussione l’accordo previsto per la "militarizzazione" dei droni italiani affermavano che ciò potrebbe rendere più difficile per gli Stati Uniti di negare funzionalità simili ad altri alleati della NATO, e obbliga gli USA a dover re-impostare nuovamente gli sforzi per limitare la vendita da parte di altre nazioni, come Israele, che producono droni piuttosto sofisticati. I sostenitori dicono che tali vendite consentirebbero ad alleati di fiducia di condurre missioni militari in proprio; inoltre, per i produttori di droni USA potrebbero aprirsi le porte di mercati finora inaccessibili.

Il periodo di valutazione da parte del Congresso è terminato il 27 Maggio scorso senza che il Congresso medesimo facesse alcuna mossa per bloccare l’accordo. Il Congresso è ancora in grado di bloccare la vendita se approva una risoluzione congiunta di disapprovazione sia alla Camera che al Senato entro 15 giorni, anche se alcuni membri del Congresso di entrambe le parti dicono che tale mossa è improbabile.

Post tratto e parzialmente riadattato da http://tolonews.com/en/afghanistan/6393-us-plans-to-arm-italys-reaper-drones-deploy-to-afghanistan

Miotto ucciso da insorti afghani, non fu un cecchino: perché mentire?

Ministro della Difesa La Russa, oggi, 05/01/2011, ai giornalisti italiani: [Matteo Miotto] “E’ stato ucciso da un gruppo di insorti durante un vero e proprio scontro a fuoco e non da un cecchino isolato” spiega il ministro parlando con i giornalisti. L’uccisione di Miotto, aggiunge La Russa, è opera “di un gruppo di terroristi, di ‘insurgent’, non so quanti, che avevano attaccato l’avamposto” (Repubblica.it).

L’operazione Glasnost di La Russa, pur degna di nota, manca di spiegare perché, nei minuti e nei giorni immediatamente successivi alla morte dell’Alpino, sia stata divulgata una versione radicalmente diversa da quanto detto oggi. Forse si sta nascondendo qualcosa? I militari italiani vengono descritti come nell’atto di difendersi da un attacco. Dislocati “in villaggi come Bala Murghab o nel Gulistan”, ogni giorno devono difendersi dagli attacchi. Spiega La Russa che ora siamo lì, prima “ci passavamo e basta”, “ora siamo negli avamposti con turni che durano anche 14 giorni di fila”. Capito? Avamposti. Non retrovie. I nostri militari non svolgono attività di addestramento, ma difendono avamposti del fronte americano. Non soccorrono bambini. Non si tratta di alcuna operazione umanitaria. E pertanto, qualcuno, almeno inizialmente ha rilasciato una prima ricostruzione dei fatti nella quale si fa specifica menzione di un cecchino isolato che colpisce Miotto. La figura del cecchino ritorna anche nella versione del Ministro,che però è di fatto incompatibile con la presenza di cecchini. Un cecchino è un tiratore scelto nascosto in una buona posizione dalla quale può far mira con facilità senza essere tuttavia immediatamente rintracciato. Posizioni tipiche sono palazzi abbandonati (l’esempio tipico è quello di Sarajevo, laddove i tiratori sui tetti miravano ai passanti per la strada). Nel caso di Miotto non è così:

Il caporal maggiore, in base a una prima ricostruzione, faceva parte di una “forza di reazione rapida” ed era salito sulla torretta di guardia, dove poi è stato colpito, a dare man forte. Erano in due sulla torretta e sparavano a turno: uno sparava e l’altro si abbassava. Proprio mentre Matteo si stava abbassando è stato colpito da un cecchino che ha puntato un fucile di precisione, ex sovietico, degli anni ’50, un Dragunov, reperibile anche al mercato nero di Farah” (Republica.it, cit.).

Miotto è sulla torretta. Se l’attacco, come si presume, è avvenuto frontalmente alla base degli italiani – tanto che i nostri militari si difendono tirando dalla torretta, quindi dall’alto verso il basso – la presenza di un cecchino piazzato pare alquanto improbabile, tanto più che Miotto è stato colpito alla base del collo, mentre si abbassava all’interno della torretta. Insomma, la dinamica come descritta, non convince. E’ presumibile che gli italiani siano stati colpiti da un attacco ben più massivo, durato – secondo il medesimo La Russa – alcune decine di minuti. Il Ministro della Difesa si è poi affrettato a precisare che “la versione sulla morte di Matteo Miotto non e’ cambiata ma solo integrata”. Certamente, quanto rivelato oggi dal Ministro dovrebbe porci dinanzi alla domanda del perché sia stata divulgata la versione del cecchino solitario. Che cosa è stato nascosto per sei lunghissimi giorni?