Libertà di condivisione in rete, sentenza storica della Corte di Giustizia Europea

Nel pieno delle proteste (non italiane) dell’accordo ACTA, giunge una storica sentenza della Corte di Giustizia Europea che determina così un precedente importante in favore della libertà di condivisione di contenuti audio e video sulle piattaforme di hosting in Internet.

La causa SABAM (una società di gestione che rappresenta gli autori, i compositori e gli editori di opere musicali del Belgio) vs. Netlog (piattaforma di “rete sociale”) è stata definita dall’Alta Corte di Bruxelles a favore di quest’ultima. La SABAM aveva citato in giudizio Netlog nel 2009 perché i suoi utenti divulgavano sul proprio sito contenuti multimediali la cui proprietà intellettuale era – fra l’altro – della SABAM medesima. Gli utenti del sito non facevano altro che postare filmati e canzoni in mancanza di qualsiasi autorizzazione da parte della SABAM e senza che la Netlog versasse alcun compenso a tale titolo. SABAM aveva dapprima richiesto a Netlog di firmare una convenzione relativa al versamento, da parte di Netlog, di un compenso per l’utilizzo del repertorio della SABAM, dopodiché, in seguito al diniego di Netlog, ha intimato alla medesima di cessare qualsiasi attività che violasse il diritto d’autore, ai sensi della legge nazionale belga.

Netlog, dinanzi a tale insistenza, ha opposto alla SABAM alcune obiezioni di carattere giuridico, ovvero:

– l’accoglimento dell’azione della SABAM equivarrebbe ad imporre alla Netlog un obbligo generale di sorveglianza, vietato dal[…]l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31;

– la Netlog ha affermato, senza essere contraddetta dalla SABAM, che l’accoglimento di un’azione siffatta potrebbe avere l’effetto di costringerla a predisporre, nei confronti della sua intera clientela, in abstracto e a titolo preventivo, a sue spese e senza limiti nel tempo, un sistema di filtraggio della maggior parte delle informazioni memorizzate sui suoi server, al fine di individuare file elettronici contenenti opere musicali, cinematografiche o audiovisive sulle quali la SABAM affermi di vantare diritti e, successivamente, di bloccarne lo scambio;

– la predisposizione di un simile sistema di filtraggio farebbe, probabilmente, sorgere l’obbligo di sottoporre i dati personali ad un trattamento che deve essere conforme alle disposizioni del diritto dell’Unione sulla protezione dei dati personali e sul segreto delle comunicazioni.

La questione sollevata dinanzi al Giudice delle leggi comunitarie è relativa alle direttive 2000/31, 2001/29, 2004/48, 95/46 e 2002/58. Questo complesso normativo è possibile o no che sia interpretato come condizione ostativa ad un prestatore di servizi di hosting di predisporre un sistema di filtraggio delle informazioni memorizzate sui server? Un sistema che sia applicabile indistintamente nei confronti di tutti gli utenti, a titolo preventivo e a spese esclusive del servizio di hosting, senza limiti nel tempo, “idoneo ad identificare i file elettronici contenenti opere musicali, cinematografiche o audiovisive, onde bloccarne la messa a disposizione del pubblico” altrimenti lesiva del diritto d’autore?

La Corte ha ricordato che ai sensi dell’” articoli 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 e 11, terza frase, della direttiva 2004/48, i titolari di diritti di proprietà intellettuale possono chiedere un provvedimento inibitorio nei confronti dei gestori di piattaforme di reti sociali in linea, come la Netlog, che agiscono in qualità di intermediari ai sensi delle suddette disposizioni, dato che i loro servizi possono essere utilizzati dagli utenti di simili piattaforme per violare i diritti di proprietà intellettuale”. Ma la competenza di tale ingiunzione inibitoria risiede in capo al giudice nazionale: esso deve avere la possibilità di “ingiungere a detti intermediari di

adottare provvedimenti diretti non solo a porre fine alle violazioni già inferte ai diritti di proprietà intellettuale […], ma anche a prevenire nuove violazioni (v. sentenza del 24 novembre 2011, Scarlet Extended, C-70/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 31).

In ogni caso, la normativa nazionale in materia di diritto d’autore non può “pregiudicare le disposizioni della direttiva 2000/31 e, più precisamente, i suoi articoli 12-15” (v. sentenza Scarlet Extended, cit., punto 34). In particolar modo, l’art. 15 paragrafo 1, della direttiva 2000/31, “vieta alle autorità nazionali di adottare misure che impongano ad un prestatore di servizi di hosting di procedere ad una sorveglianza generalizzata sulle informazioni che esso memorizza”. Tanto più che un tale “obbligo di sorveglianza generale sarebbe incompatibile con l’articolo 3 della direttiva 2004/48, il quale enuncia che le misure contemplate da detta direttiva devono essere eque, proporzionate e non eccessivamente costose”.

La Corte ha ricordato come la difesa del diritto fondamentale di proprietà deve “essere bilanciata con quella di altri diritti fondamentali” – punti 62-68 della sentenza del 29 gennaio 2008, Promusicae (C-275/06, Racc. pag. I-271); le autorità e i giudici nazionali devono “garantire un giusto equilibrio tra la tutela del diritto di proprietà intellettuale, di cui godono i titolari di diritti d’autore, e quella della libertà d’impresa, di cui beneficiano operatori quali i prestatori di servizi di hosting”. Pertanto un simile sistema di filtraggio sui contenuti ospitati sui server della Netlog:

– si prefigurerebbe come una “grave violazione della libertà di impresa del prestatore di servizi di hosting, poiché l’obbligherebbe a predisporre un sistema informatico complesso, costoso, permanente e unicamente a sue spese”;

– sarebbe altresì lesivo dei diritti fondamentali degli utenti dei servizi di hosting, ossia lesivo del loro “diritto alla tutela dei dati personali e la loro libertà di ricevere o di comunicare informazioni, diritti, questi ultimi, tutelati dagli articoli 8 e 11 della Carta” dei diritti fondamentali dell’Unione europea;

– potrebbe anche ledere la libertà di informazione, poiché tale sistema potrebbe “non essere in grado di distinguere adeguatamente tra un contenuto illecito ed un contenuto lecito, sicché il suo impiego potrebbe produrre il risultato di bloccare comunicazioni aventi un contenuto lecito”.

La decisione della Corte è stata quindi quella di interpretare il corpus normativo delle direttive 2000/31, 2001/29 e 2004/48 lette in combinato disposto e interpretate alla luce delle esigenze di tutela dei diritti fondamentali applicabili, nel senso che ostano all’ingiunzione, rivolta ad un prestatore di servizi di hosting, di predisporre il suddetto sistema di filtraggio.

#Notterete diretta streaming contro lo Sceriffo AGCOM

L’AGCOM si appresta a divenire, senza un’ora di discussione e deliberazione paralmentare, lo Sceriffo di Internet per la difesa del Diritto d’Autore. Un potere eccezionale al fine  – dicono loro – di bloccare la pirateria. Di fatto un potere censorio contro tutte le libere forme di espressione in rete, persino quelle che impiegano il mezzo audiovisivo facendo valere il diritto di cronaca che risiede in ognuno di noi. blog e piattaforme di condivisione si vedrebbero così costrette a rimuovere il contenuto contestato dall’AGCOM nelle quaratotto ore successive alla segnalazione. Un blog o un sito possono essere addirittura preventivamente oscurati al pubblico italiano finché non verrà data esecutività alla decisione AGCOM. Gli ISP si troverebbero costretti a bloccare i domini di WordPress, Blogger, Youtube, ecc. Alla maniera della HADOPI francese ma nella sua prima versione, quando HADOPI – una sorta di commissione governativa di controllo – poteva operare senza ricorrere al giudice. La durissima opposizione che si creò in Francia e la decisione della Corte Suprema, costrinsero il governo francese a rettificare la normativa. Oggi HADOPI è in opera e funziona così:

 La legge prevede tre passaggi: un utente scoperto a scaricare file protetti da copyright sarà prima avvisato via e-mail, in caso di persistenza della violazione riceverà allora una raccomandata, e poi, come ultimo avviso, sarà invitato a comparire davanti ad un giudice, che deciderà un’eventuale multa o la disconnessione forzata. Chi riceverà questi avvisi non sarà comunque l’autore della violazione, bensì il titolare del contratto di abbonamento ad internet (Wikipedia alla voce HADOPI).

In Italia questo non è avvenuto. AGCOM procede autonomamente, in un quadro di regolamentazione di tipo amministrativo, eccedendo quello che è la sua competenza e il suo potere. La nuova delibera non mira tanto a punire il filesharing, piuttosto a condannare i siti e i blog che dovessero ospitare al proprio interno materiale coperto da copyright. AGCOM è forse un passo più avanti di HADOPI. AGCOM mira a punire la libera circolazione dell’informazione su Internet.

(Le ragioni di queste mie affermazioni le potete trovare sul sito di Agorà Digitale).

Domani l’AGCOM dovrebbe pubblicare la delibera della censura. Oggi è l’ultimo giorno per far sentire la nostra voce di dissenso. Seguite la manifestazione in diretta streaming su Yes, political!

Vodpod videos no longer available.

Filtraggio Internet, in Francia non sono messi meglio. LOPPSI, l’altra faccia della dottrina Sarkozy.

In Francia non stanno meglio di noi in quanto a Libertà Digitali. Il patto fra Sarkozy e le major delle industrie dei media ha permesso di approvare un altro provvedimento – ufficialmente con lo scopo di combattere la pedofilia online – denominato LOOPSI, che introduce un sistema di filtraggio della rete e apre la strada per la legittimazione della censura “collaterale”. Adirittura, all’articolo 2 del medesimo provvedimento, si inventa un reato di “usurpazione d’identità” a mezzo Internet, con una formulazione alquanto vaga che può permettere di sanzionare le “caricature” e la satira della clonazione dei siti – ricordate quel che accadde a Mastella con il suo sito personale? L’indomani del debutto, decine di caricatura del blog fiorirono su tutto il web italico, traformando il re di Ceppaloni in Clemente Pastella.

French Parliament approves Net censorship

Parigi, 11 febbraio 2010 – Nel corso del dibattito sul disegno di legge francese sulla sicurezza (LOPPSI), il governo si oppone a tutte le modifiche che cercano di ridurre al minimo i rischi connessi al filtraggio dei siti Internet. Il rifiuto di rendere questa misura sperimentale e temporanea dimostra che all’esecutivo non potrebbe importare di meno della sua effettività nell’affrontare la pornografia infantile online o le sue disastrose conseguenze. Questa misura consentirà al governo francese di prendere il controllo di Internet, poiché la porta è aperta per l’estensione della rete di filtraggio.

Il rifiuto netto di adottare il filtraggio come misura sperimentale è una prova delle cattive intenzioni del governo. Rendere la rete di filtraggio una misura temporanea avrebbe dimostrato che è inefficace per la lotta contro la pornografia infantile.

Come la recente mossa del governo tedesco mostra, solo le misure che affrontano il problema alla radice (cancellando il contenuto incriminato dal server; attaccando i flussi finanziari) e il rafforzamento dei mezzi di investigazione della polizia, può combattere la pornografia infantile.

Inoltre, considerando che l’effettività della dispositivo di filtraggio della Rete non può essere provata, il governo francese si rifiuta di prendere in considerazione il fatto che l’over-blocking – vale a dire la censura “collaterale” di siti perfettamente legittimi – è inevitabile. Il filtraggio di Internet può ora essere esteso ad altri settori, come il presidente Sarkozy ha promesso alle industrie pro-HADOPI  (la cosiddetta legge “Tre-Strikes”, dei tre avvisi prima della disconnessione, ndr.).

“La tutela dell’infanzia viene vergognosamente sfruttata da Nicolas Sarkozy per l’attuazione di una misura che porterà alla censura collaterale e verso derive molto pericolose. Dopo la HADOPI viene la LOPPSI: la macchina securitaria del governo viene utilizzata in un tentativo di controllare Internet a scapito della libertà “, conclude Jérémie Zimmermann, portavoce di La Quadrature du Net.

the Three Strikes plan and under it, alleged copyright infringers — file sharers — get two warnings and if they don’t do what they’re told — buy corporate ‘product,’ and only corporate ‘product’ — they get thrown off the net.

Attaccare la Rete. Le mire di Mediaset sul Web sono più di una fantasia.

from criticart.it

Criminalizzare per poi punire. Chi scarica un documento coperto da copyright è un ladro, chi scambia immagini è un ladro di immagini. C’è addirittura chi vuole procedere contro Youtube per violazione – udite udite – del diritto di immagine. Chi ha formulato la teoria è tale Vittorio Sgarbi, eminenza grigia del club Mediaset, il quale avendo il solo scopo di mantenersi in vita per un altro po’ spillando denaro a mezzo querela, ha teorizzato che la propria immagine sia di sua esclusiva proprietà e quindi egli abbia il diritti della sua utilizzazione e del suo sfruttamento economico: ebbene il suo avvocato deve aver preso fischi per fiaschi. Sgarbi va in tv, si rende protagonista di (poco) memorabili risse, pertanto presta la sua immagine (nonché la parola e l’azione) al mezzo televisivo che la rilancia in ogni casa. Sgarbi, andando in televisione, acconsente alla diffusione della propria immagine, che ora prescinde da egli medesimo ed è oggetto a sé stante, un prodotto che viene veicolato come contenuto di trasmissioni televisive e che può essere registrato su supporto magnetico e quindi conservato o distribuito altrimenti. Youtube altro non è che una piattaforma che permette di usufruire della visione di questi contenuti registrati, scambiati dai propri utenti.
E allora? Perché questo nuovo accanimento di un fedelissimo della scuderia Mediaset alla rete?

    • A dare il via alle danze è stata un’intervista di Paolo Gentiloni a Il Riformista […] ha dato un imprevisto via libera alla possibile alleanza tra Telecom Italia e Mediaset
    • Pier Silvio Berlusconi“, spiega Gentiloni, “ha parlato di far crescere Mediaset fino a farla diventare un content provider, una sorta di major italiana che fornisce contenuti televisivi. Per fare questo per Mediaset sarebbe strategico il rapporto con Telecom: è il cuore del business della telecomunicazioni”.

Le mire di Mediaset sul web sono note già da tempo. E con la presenza di Marina Berlusconi in Mediobanca, già esercita un certo grado di influenza su Telecom. Mediaset vede il web come una gallina dalle uova d’oro. Poco gli importa di diritto d’espressione. Meglio troncare subito ogni concorrenza e ogni fonte alternativa di informazione. La strategia? Qualcuno in parlamento potrebbe prendere spunto da ciò che accade in Francia, dove entro Aprile sarà operativa l’HADOPI, l’Alta Autorità per la Diffusione e la Protezione dei Diritti su Internet, una sorta di supervisore della Rete che ha lo scopo di prevenire la violazione del diritto d’autore su Internet.
Che cosa farà Mediaset? Il suo obiettivo è diventare monopolista italiano nei contenuti internet. Ma potrebbe lasciarsi scappare la fetta grossa dell’adversiting, ora dominato da Google? In Francia si pensa di tassare i proventi dell’adversiting. In Germania si bacchetta Google, “è monopolista”. Notizie apparse oggi, come per magia.

    • Tra qualche mese gli utenti francesi sorpresi a scaricare illegalmente dalla Rete contenuti protetti da copyright potrebbero avere brutte sorprese aprendo la casella della posta: i primi avvisi spediti dalla Haute Autorité pour la diffusion des oeuvres et la protection des droits sur Internet (HADOPI) saranno recapitati entro aprile, dando il via libera definitivo a una delle normative più discusse del 2009.
    • Identificando spesso in Google il capro espiatorio cui appioppare la responsabilità della crisi di editori e produttori, le autorità di Francia si muovono su diverse linee facenti parte però dello stesso fronte: da una parte il Rapporto Zelnik, ovvero la proposta di tassare i giganti dell’advertising per sostenere i vecchi media
    • dall’altra la guerra intrapresa contro gli scaricatori illegali della quale l’ufficializzazione della HADOPI non è altro che l’ultimo capitolo

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