La dietrologia e il ticket Grillo-Di Pietro

Secondo alcuni, almeno i più distratti, Report avrebbe fatto a pezzi l’IDV. Anzi, è lo stesso Di Pietro a dire che l’IDV è finita a Report. Ma i pasticci del partito personale dell’ex pm di Mani Pulite sono noti da tempo. Almeno dal 2010. Anche la stampa berlusconiana si era servita di queste “incongruenze” fra i valori dell’Italia dei Valori e quanto effettivamente fatto in termini di candidature e di trasparenza nella gestione del partito (tag #Di Pietro). In una parola: scheletri nell’armadio, e persino impolverati. Perché questa operazione? Perché Report ha parlato proprio ora – e soltanto ora – dei mali dell’IDV? Il partito è uscito a pezzi dalle elezioni siciliane di domenica scorsa. Non è stato in grado di ripetere l’exploit delle amministrative di Palermo, ma quel successo era legato strettamente alla discussa figura di Leoluca Orlando e al noto caos delle primarie che il PD palermitano non era riuscito a domare.

Era fin troppo chiaro che, dopo la caduta di Berlusconi, IDV necessitasse una revisione profonda poiché, al di là del deficit democratico che un partito personale porta in dote, l’opposizione al berlusconismo era il suo solo asse portante. Troppa confusione sulla collocazione del partito, troppa confusione soprattutto a livello locale. Spesso i consiglieri comunali o provinciali o regionali dell’IDV sono dei fuoriusciti dal centrodestra; spesso questa ambiguità è stata portata sino in Parlamento. Anche Di Pietro è stato spesso ondivago (nel 2011 addirittura annunciò la svolta verso il centro). Di Pietro aveva già sofferto l’arrembaggio di Sel; aveva scartato a sinistra quando nessuno si filava la FIOM, aveva scarto a destra quando Bersani scelse Vendola. Poi Sel ha perso lo slancio, a causa dei guasti giudiziari del governatore pugliese. La foto di Vasto aveva permesso a Di Pietro stesso di autorappresentarsi come parte di un complemento del Partito Democratico. Poi la vicenda del Quirinale ha spezzato il felice quadretto. Di Pietro ha scelto di stare dalla parte dei pm di Palermo, dalla parte di Ingroia e delle intercettazioni; il PD ha difeso il capo dello Stato. Dopo la rottura, IDV è rimasta nel limbo. Una costruzione sul nulla. Bisognava darle “uno spintone”, anche a costo di sacrificare il fondatore storico.

Adesso capisco meglio. Fin dove potesse arrivare l’antipatia di Antonio Padellaro per Napolitano. Perché la furia ideologica di Travaglio si scatenasse contro il capo dello stato. Come sia stato possibile, per colpire il Quirinale, fidarsi ciecamente delle “rivelazioni” di Ciancimino. Quale sfondo avesse il network tra qualche pm di procura e l’ex pm in politica (Stefano Menichini, Il Post).

Menichini sostiene che la strategia dei tipi de il Fatto Q era quella di attaccare il capo dello Stato per dividere IDV dal PD e preparare la fusione con il Movimento 5 Stelle. Pur rispettando Menichini, che è una penna sempre molto lucida, credo che questo ragionamento puzzi troppo di dietrologia. Non credo che ciò sia vero. Ma gli indizi dell’esistenza di un progetto di partito nuovo ci sono, e non giungono solo dalla intuizione di Menichini. L’idea diabolica di Paolo Flores D’Arcais di votare Renzi per distruggere il PD (e quindi creare, con la costola sinistra, il partito di Giustizia e Libertà) potrebbe essere rivalutata in quest’ottica. Qualcuno lavora per condensare in una sola entità, i giustizialisti di IDV, l’eventuale sinistra esule del PD e il Movimento 5 Stelle. Insomma, un patchwork.

La denuncia di Donadi credo sia giunta fuori tempo massimo. Il partito de Il Fatto Q sposerà la causa di Di Pietro capolista del M5S alle politiche 2013. Con buona pace di Grillo, che così vedrà risolto il problema (se dovesse restare il Porcellum) dell’indicazione del candidato premier. Certo, Grillo pretenderà lacci e lacciuoli per tenere il pm a bada. In questo senso, la chiusura delle liste del M5S ai soli iscritti che fossero già stati inseriti in qualche lista elettorale, è il viatico naturale per portare a termine l’esperimento. Un vero trapianto d’organi. Fondere un movimento senza testa e uno tutta testa.

Ma chissà, forse è tutta fantapolitica.

Regionali Sicilia: Fava choc, rinuncio alla candidatura

via @AdnKronos

La ‘tegola’ è arrivata ieri pomeriggio con la notizia dell’iscrizione tardiva nel Comune di residenza del candidato a Isnello (Palermo). La legge prevede infatti che il candidato e l’elettore debba essere regolarmente residente in un comune siciliano almeno 45 giorni prima dal giorno delle elezioni. Invece Fava ha chiesto il cambio di residenza soltanto il 18 settembre scorso, cioé cinque giorni dopo la scadenza.

via @ansa.it

Secondo fonti di partito, Claudio Fava avrebbe deciso ritirare la propria candidatura a governatore per evitare di creare problemi alle liste che lo appoggiano e che, in caso di conferma dell’incandidabilita’, per la ritardata residenza in Sicilia, anche dopo il voto, sarebbero dichiarate decadute. Al momento le opzioni sarebbero due: un nuovo candidato e preferibilmente una donna (potrebbe essere Rita Borsellino) oppure la candidatura del senatore Idv Fabio Giambrone in ticket con Fava.

Fava perde la candidatura per un errore burocratico, è stato detto. Un incredibile svarione. E pensare che Fava era finalmente riuscito a condensare la costellazione partitica della sinistra siciliana.  Ora verrà sostituito da Marano, leader della Fiom. Ma c’è da festeggiare? Si tratta di puro autolesionismo per un candidato che nei sondaggi veniva dato al 10%.

https://twitter.com/nicola_usai/status/251315836877426689

De Gregorio, Li Gotti e quell’intervista a Buscetta

De Gregorio è stato oggi salvato dai colleghi senatori dall’arresto per le accuse rivoltegli dai pm napoletani nell’ambito dell’affaire Lavitola-L’Avanti. Questo è accaduto nonostante il voto favorevole, all’unanimità, della Giunta per le Autorizzazioni. In Aula il senatore Saro ha chiesto lo scrutinio segreto, scelta difesa da Quagliarello (Pdl) e da tutto il suo gruppo. Nel segreto dell’urna, De Gregorio è stato riconosciuto vittima di fumus persecutionis, smentendo completamente la Giunta e l’evidenza delle carte.

De Gregorio ha preso – in maniera un po’ irrituale – la parola durante il dibattito e, per lunghi tratti, si è rivolto direttamente al senatore Li Gotti, suo ex collega di partito.

Che cosa avrei dovuto fare, senatore Li Gotti? Per ben due volte sono andato spontaneamente, senza sapere di che cosa fossi accusato, alla procura di Napoli; ho varcato personalmente la soglia della Guardia di finanza decine di volte e ho rinunciato alle prerogative parlamentari quando sono venuti a Roma i militari; li ho fatti entrare in casa mia, mettendo per iscritto la mia rinuncia; ho mandato il mio legale, l’avvocato Carlo Fabbozzo, in procura, la stessa mattina in cui venivano sequestrati quei container, con le chiavi di quei container, e mi viene detto che le garanzie costituzionali in quel caso non sono rinunciabili, e nell’istruttoria si parla di questi container come contenenti chissà cosa. Invece io voglio aprirli, perché dentro ci sono scrivanie, computer, giornali: tutto quello che è servito per fare un’attività che mi si contesta essere falsa, e non lo è, perché io non posso svendere la mia storia professionale. “L’Avanti” l’ho riportato in edicola; l’ho fatto, e nel 2006 l’ho abbandonato, come il GIP riconosce in quella ordinanza, dicendomi che la mia responsabilità non va oltre il 2006. In quegli anni, ho costituito una scuola di giornalismo che, per grazia di Dio, chi vi ha partecipato e l’ordine dei giornalisti mi riconoscono come una grande esperienza editoriale. Ebbene, rispetto a quella esperienza di giornalismo e di fatica fisica, dovrei riconoscere che si tratta di una storia criminale? (Senato, resoconto stenografico in corso di seduta, seduta n. 738 del 06/06/201).

Perché prendersela con il senatore Li Gotti? Perché questo duello fra i dure? Semplice, c’è un precedente. Bisogna risalire agli anni ’90. Li Gotti all’epoca era l’avvocato di Tommaso Buscetta, il super pentito di mafia. L’uomo dei segreti della Cupola che permise al giudice Falcone di ricostruire la mappa del potere mafioso.

De Gregorio nasce come giornalista e si evolve come editore televisivo di una tv strana, chiamata Italiani nel Mondo, poi diventa politico e crea un assurdo partitino che si chiama come la televisione che ha fondato. E arriva in Parlamento senza che nessuno – dico: nessuno! – sappia spiegare come.

Ebbene, il signore, prima di mettersi in affari con il Lavitola, prima di far cadere il governo Prodi, a quanto pare pagato profumatamente per questo, faceva il giornalista e fu protagonista di un mezzo scandalo: l’intervista a Tommaso Buscetta, scovato in crociera nel 1995. De Gregorio salì sulla medesima nave. Conosceva gli spostamenti di Buscetta. Sapeva che era in crociera e forse si prestò per una manovra finalizzata a far perdere la protezione sia a Buscetta che alla famiglia. “Un favore alla mafia”, disse Tommasino. Pensate le coincidenze: il difensore di Buscetta era appunto Luigi Li Gotti, oggi collega senatore di De Gregorio. De Gregorio è stato direttore de L’Avanti, nominato da Craxi, poi in Forza Italia, poi indipendente nel suo Movimento Italiani nel Mondo; quindi diventa a sorpresa (o forse no) direttore editoriale nell’Italia dei Valori. Un mistero che ancor oggi Di Pietro fa fatica a spiegare.

In ogni caso, nel lontano 1995, Li Gotti e De Gregorio stavano su sponde opposte. De Gregorio scriveva per Oggi e lavorava per TG2 Dossier. De Gregorio raggiunse sulla nave il Buscetta ma non si qualificò subito come un giornalista. Lo imbeccava con frasi del tipo: “Certo che dietro una grande fortuna c’è un grande crimine”. Voleva metter in bocca a Buscetta frasi che lui non aveva pronunciato. Ovvero che il giudice Caselli stava interrogando alcuni pentiti “sul conto di Berlusconi”. A causa di quel tiro, la vita di Buscetta e della famiglia fu messa in pericolo. Una nave della Marina militare lo prelevò e lo portò in una località segreta. All’epoca, Buscetta era “l’accusatore di Andreotti”.

Lo scopo di quella manovra era quindi suggerire ai lettori di Oggi che Caselli stava indagando Berlusconi. Uno schizzo di fango diretto a Caselli, un modo per far naufragare le indagini fin dalla partenza. Le indagini sullo stalliere di Arcore. Oppure no. De Gregorio non ha mai spiegato come fece a rintracciare Buscetta. Non ha mai rivelato la sua fonte. Anni dopo, voterà la sfiducia al governo Prodi II, determinando le condizioni per nuove elezioni nel 2008 e la vittoria di Berlusconi. Indiscrezioni giornalistiche narrano di un voto di sfiducia pagato molto caro da Berlusconi. Ma anche in questo caso la verità farà molta fatica ad emergere.

Legge elettorale fra referendum e inciucio. Intervista al senatore Belisario.

Felice Belisario presidente senatori idv

Qualche settimana fa, il senatore Belisario (IDV), sul suo blog, aveva ventilato l’ipotesi di un accordo sulla legge elettorale fra Pd, Terzo Polo e PdL. Un inciucio che farebbe saltare la consultazione referendaria e vanificare il milione di firme raccolte. Certo, stando ad alcuni commentatori, il verdetto di ammissibilità sui due quesiti, atteso a settimane da parte della Corte Costituzionale, non è affatto scontato. In ogni caso, il post di Belisario è diventato una occasione per porre al senatore alcune domande sulla legge elettorale e sul futuro di Italia dei Valori. Questa l’intervista che ne è scaturita.

1) Senatore Belisario, siamo arrivati al collo di bottiglia di questa legislatura. A Gennaio la Consulta deciderà sull’ammissibilità dei referendum sulla legge elettorale. La decisione, per taluni costituzionalisti, potrebbe non essere scontata e quindi propendere per la non ammissibilità. Secondo lei, l’effetto ‘pistola alla tempia’ paventato da Bersani, funzionerà e spingerà il parlamento ad adottare un provvedimento – nella direzione suggerita dai quesiti e suffragata dal milione di firme – oppure no?

Sono praticamente certo che il Parlamento non tornerà al Mattarellum senza referendum. Sono ben altre le soluzioni che si stanno prospettando. Se la Corte, come io credo, dichiarerà l’ammissibilità del referendum ci troveremo davanti alla possibilità di una svolta storica e non credo che ci sarà la possibilità di una riforma per evitare la consultazione popolare. Ma non è detto. Nel Palazzo gli inciuci sono sempre più frequenti.

 2) Sul suo blog ha parlato di trame sotterranee – mi passi il termine – fra propaggini del PD e altre propaggini del PdL. Un inciucino mascherato da accordo-per-il-bene-del-paese ma che produrrebbe una legge elettorale fortemente diversa da quella che si produrrebbe altrimenti con il referendum. E’ così? E’ questo che sta per accadere?

Esattamente. Invito a leggere questo articolo (http://www.unita.it/italia/legge-elettorale-e-dialogo-tra-i-pd-pdl-e-terzo-polo-1.364293), ma sul web ne troverà tanti altri che raccontano le stesse cose. Il Pdl propone un sistema elettorale sul modello spagnolo, un proporzionale con collegi relativamente piccoli, che tenderebbe a sovrastimare i partiti grandi (Pd e Pdl) e quelli con una connotazione territoriale molto radicata (la Lega), tende a mantenere la proporzionalità di partiti intorno al 12-15 per cento (Terzo Polo) e tende a sottostimare i partiti medio piccoli (Idv, Sel, 5stelle). Il Pd sta riflettendo perché un’ipotesi del genere rischierebbe di regalare di nuovo all’alleanza Pdl-Lega il Paese e solo con un’alleanza con il Terzo Polo potrebbe competere, senza peraltro avere alcuna certezza della vittoria che tutti i sondaggi gli assegnano ormai da qualche mese. Insomma, se si verificasse questo scenario passeremmo dal Porcellum a una nuova porcata nei confronti degli italiani che non sarebbero rappresentati neanche con questo sistema.

Di questo si parla con sempre maggiore insistenza e soltanto il referendum può disinnescare questa minaccia. Di fronte a un successo referendario resterebbero pochissimi margini per una ulteriore modifica della legge elettorale perché questo significherebbe andare contro la volontà della maggioranza degli elettori. Per questo è fondamentale che la consultazione referendaria abbia buon esito.

 3) Se invece il progetto di legge elettorale a mezzo inciucio fosse accettabile (che dire, qualunque legge elettorale a confronto con il Porcellum è accettabile), Italia dei Valori lo potrebbe votare o scegliete senza esitazioni per il referendum? La riesumazione del Mattarellum non è forse la migliore delle soluzioni. Lei cosa ne pensa?

Noi abbiamo raccolto le firme proprio perché i tentennamenti del Parlamento rispetto alla cancellazione del Porcellum erano diventati insopportabili. Tecnicamente il Mattarellum era l’unica proposta possibile con un referendum perché se si abroga una norma rientra in vigore quella precedente. Ritengo, comunque, il Mattarellum un sistema che funziona, mantiene il bipolarismo che per noi è una condizione imprescindibile, consente di avere alleanze solide e restituisce ai cittadini il diritto sancito dalla Costituzione di scegliersi i propri rappresentanti. Se arrivassero altre proposte di legge in materia (quelle che sono state presentate sono pessime) non ci sottrarremmo comunque alla discussione. Ma è chiaro che abbiamo intrapreso una strada precisa: vogliamo che i cittadini si esprimano su una scelta netta: Porcellum o Mattarellum.

 4) In caso di riesumazione del Mattarellum, per Italia dei Valori ritornerà ad essere indispensabile alla propria sopravvivenza una coalizione di centro-sinistra. La sussitenza del governo Monti – con il PD terza gamba della maggioranza – ha invece messo in forte crisi gli stilemi classici delle alleanze: come ricomporre l’abusato ritratto di Vasto quando emergono ancor oggi pesanti differenze fra IDV, Sel e PD, anche a voler prescindere dalle manovre del governo?

L’ho scritto anche sul mio blog, la foto di Vasto non è sbiadita e l’attuale alleanza parlamentare anomala è figlia della situazione di emergenza attuale. Credo che il Pd resti più vicino alle nostre posizioni, nonostante la divergenza attuale, piuttosto che al Pdl o al Terzo polo con cui vota insieme i provvedimenti di Monti. In una situazione di normalità democratica, fuori dall’emergenza, l’alleanza naturale non possa che partire da un centrosinistra formato da Pd, Idv e Sel, a cui, ovviamente, sulla base di un programma condiviso, possono aggiungersi altri soggetti della società civile, ma tenderei ad escludere un’alleanza allargata al Terzo Polo che mi sembra oggettivamente molto diverso dall’idea di centrosinistra che ha in mente anche la maggioranza del Partito Democratico.

5) Si è scritto e detto che il Porcellum è l’emblema del deficit di democrazia – il default politico – che ci accompagna oramai da troppo tempo. Non crede che la sola riproposizione delle preferenze di lista sia insufficiente a colmare questo profondo debito (che è ben più grave di quello finanziario)?

Il Porcellum è il figlio prediletto del deficit di democrazia. E’ stato creato dal centrodestra (compresi Fini e Casini) proprio per svuotare la Costituzione e la democrazia, un tentativo che a Berlusconi è riuscito molto bene grazie al controllo di quello che finora è stato il principale mezzo di comunicazione, la televisione. Riproporre soltanto le preferenze ovviamente non basta. L’Italia dei Valori si batte da tempo per l’estinzione dei privilegi di tutte le caste. Purtroppo nei 20 anni di berlusconismo è stata attuata una controrivoluzione culturale che ha portato a un disinteresse generico per tutti i problemi legati alla democrazia. Nei 20 anni precedenti abbiamo assistito all’individualismo sfrenato e all’egoismo di casta e di razza portati rispettivamente avanti da Berlusconi e da Bossi. Mi sembra che finalmente stiamo cominciando a invertire la rotta, ma il cammino sarà lungo.

6) Non pensa che una maggiore democratizzazione della vita dei partiti potrebbe rappresentare una svolta? IDV ancora fa fatica a prendere in esame la propria forma di partito personale. Il carisma di Di Pietro non è servito ad evitare di imbarcare nel partito personaggi come Scilipoti e Razzi. Una discussione pubblica più partecipata potrebbe servire a selezionare meglio l’élite del partito e a scongiurare compravendite in aula al momento del bisogno. A che punto è il vostro utilizzo del web e dei social network? Lei avrà inteso che sul web è vitale il confronto e il dibattito. Esserci ma estraniarsi da esso è controproducente. Berlusconi ha risolto inviando messaggi preregistrati, come un tempo faceva con le cassette. Invece altri politici si affidano a strampalate campagne pubblicitarie su Youtube (vedi Formigoni). Come collocare IDV in mezzo a questi eccessi?

Potrei dire che questo è il prezzo da pagare per la trasformazione di un piccolo movimento a un partito che aspira a diventare di massa ma sarebbe una risposta troppo semplicistica. L’Idv due anni fa ha tenuto il suo primo congresso nazionale, a cui sono seguiti congressi regionali, provinciali e comunali. Soltanto il questo modo, dandoci cioè una struttura democratica a tutti i livelli, il mio partito potrà crescere. Errori ce ne sono sicuramente stati, ma fanno parte tutti della vita precongressuale dell’Idv. E’ anche vero che soltanto con il ritorno delle preferenze, chiedendo cioè ai cittadini da chi vorranno essere rappresentati, questi errori potranno essere evitati. Ricordo, inoltre, che la compravendita si fa in due. Se Scilipoti e Razzi si sono fatti comprare è perché c’è qualcuno che li ha corrotti. Su questo, grazie a un esposto di Antonio Di Pietro, sta indagando la magistratura.

Per quanto riguarda il web sono assolutamente d’accordo. Ovviamente, per me che sono nato quando ancora non c’era la televisione, nel 1949, è stato complicato adattarmi alle nuove tecnologie, ma sapevo e sono sempre più convinto che in esse c’è il futuro della comunicazione e della politica. Sono attivo su facebook, su twitter, su google+, ho un blog e, da qualche settimana, proprio per utilizzare pienamente le potenzialità del web, e lontano dalla campagna elettorale per evitare strumentalizzazioni, ho aperto un sito, www.politicaevalori.it, in cui chiedo a chiunque un contributo di idee e queste idee possono essere votate. E’ un tentativo, appunto, di non utilizzare il web passivamente e fatto per ridurre la distanza tra politica e società civile. Spero solo, perché non è questa l’intenzione, che non sia scambiato per uno strumento di propaganda. Se così fosse stato lo avrei fatto in piena campagna elettorale. E’ un laboratorio, spero abbastanza innovativo, di programma partecipato. Un work in progress e decideremo insieme cosa fare in futuro. Anche il mio partito ha puntato sul web per la comunicazione. Ha rinunciato ad avere un giornale di partito con i soldi pubblici e ha come canali di comunicazione soltanto il sito dell’Idv, i blog degli esponenti politici a partire da Di Pietro, una web tv e i social network.

7) Per concludere, parliamo di digitale e di internet: abbiamo visto nascere il progetto del Movimento 5 Stelle, pur con qualche difficoltà interna. Alcuni sondaggi lo attestano al 7%. Si tratta di un movimento politico nato dal web. Tutto ciò è clamoroso ed è ancor più clamoroso se si pensa che accade in un paese in cui hanno accesso a internet circa il 58% delle famiglie. Molto meno della Svezia, per esempio. L’Agenda Digitale era lettera morta con Berlusconi. Digitale all’epoca significava solo digitale terreste – e televisioni sue, naturalmente. Abbiamo per anni ignorato che investimenti nella banda larga produrrebbero benefici per 1, 1.5 punti del PIL. Si può dire che abbiamo già completamente superato la Videocrazia? E’ bastata la defenstrazione del suo padrone? Oppure dobbiamo evolvere una cultura del digitale e di internet che invece ancora non abbiamo?

L’intuizione di Grillo è stata geniale perché forse è stato il primo a capire le potenzialità del web. Se quel 7 per cento dei sondaggi dovesse essere confermato credo che la loro presenza in Parlamento possa essere uno stimolo e un pungolo ulteriore. Quello che non mi piace è fare politica vestendo i panni dell’antipolitica, scimmiottando il Berlusconi dei primi tempi. Io diffido dell’antipolitica che è la negazione della politica e che, storicamente, sfocia sempre nell’avvento dell’uomo forte, autoritario, che arriva promettendo di risolvere tutti i problemi. Considero invece la politica, in astratto, alta e nobile. Ma è con la politica, non con l’antipolitica, che si risolvono i problemi del paese. Il mio sforzo è che si ritorni all’onestà e alla considerazione di una volta. Mi sento molto più vicino all’idea di politica di Aristotele, Montesquie o Croce che a quella di Beppe Grillo.

La cultura del digitale, per passare alla seconda parte della sua domanda, è ancora molto di là da venire. Ma non c’è dubbio che sia questa la strada da seguire sia per superare le anomalie della videocrazia sia perché, ne sono convinto, attraverso investimenti in questo senso si può creare maggiore occupazione. Non c’è dubbio che il web sia la forma più democratica degli attuali strumenti di comunicazione perché consente un’interazione che negli altri media è limitatissima.

Mi lasci concludere con una battuta. Tutta la campagna elettorale di Berlusconi, nel 2001, fu caratterizzata dallo sviluppo delle tre ‘i’, impresa, inglese e internet. Anche su questo il fallimento è stato totale. Berlusconi ha mantenuto solo un terzo della promesse, quella relativa alle imprese, ma solo le sue.

Evasione Slot Machine, un ordine del giorno ora impegna il governo

Ci ha pensato Barbato (IDV), oggi:

FRANCESCO BARBATO. Vorrei intervenire su questo argomento per farlo mettere in votazione, perché la posta in gioco è molto importante: ci sono 98 miliardi di euro che sono appesi dal 2004. Un certosino accertamento della Guardia di Finanza – importante ed instancabile – ha determinato questo risultato: accertarono che i concessionari di giochi non collegarono con la rete telematica le slot machine, le macchinette. Poiché il tema è molto sentito, soprattutto dai cittadini, dal momento che 98 miliardi di euro corrispondono a cinque manovre economiche che stiamo approvando oggi. In Italia, in Liguria, per esempio c’è il MIL – Movimento indipendentista ligure – che lunedì scorso ha manifestato sotto la prefettura di Genova per sollevare la questione di questi 98 miliardi, sui quali la politica da tanti anni non mette naso, anzi, ha aiutato troppo spesso i concessionari dei giochi, perché da troppi anni i concessionari dei giochi hanno alimentato, dato soldi, finanziamenti ad una certa politica. Allora, noi vogliamo vedere, visto che il Governo ci ha dato parere favorevole, se anche il Parlamento è dalla parte dei cittadini o dei concessionari dei giochi. È per questa ragione che chiediamo la votazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull’ordine del giorno Barbato n. 9/4829-A/121, accettato dal Governo. Pag. 210
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 523
Votanti 444
Astenuti 79
Maggioranza 223
Hanno votato
247
Hanno votato
no 197).

Questa la composizione dei votanti ribelli alle indicazioni dei relativi Gruppi parlamentari:

Il PdL ha votato in massa contro l’Odg di Barbato; il PD – questo è clamoroso – si è diviso in due. Fatto non nuovo, ma nella fattispecie, inaccettabile. Fra i parlamentari PD che hanno votato contro, tutti i radicali, Michele Meta e Paolo Gentiloni.

AGOSTINI Luciano (PD) Contrario
BACHELET Giovanni Battista (PD) Astenuto
BARBI Mario (PD) Astenuto
BELLANOVA Teresa (PD) Contrario
BENAMATI Gianluca (PD) Contrario
BOCCI Gianpiero (PD) Astenuto
BOCCUZZI Antonio (PD) Astenuto
BONAVITACOLA Fulvio (PD) Contrario
BUCCHINO Gino (PD) Contrario
CALVISI Giulio (PD) Contrario
CAVALLARO Mario (PD) Contrario
CORSINI Paolo (PD) Contrario
CUPERLO Giovanni (PD) Contrario
D’ANTONI Sergio Antonio (PD) Astenuto
DE BIASI Emilia Grazia (PD) Astenuto
DUILIO Lino (PD) Contrario
ESPOSITO Stefano (PD) Contrario
FARINA COSCIONI Maria Antonietta (PD) Contrario
FARINONE Enrico (PD) Contrario
FEDI Marco (PD) Contrario
GAROFANI Francesco Saverio (PD) Astenuto
GASBARRA Enrico (PD) Contrario
GATTI Maria Grazia (PD) Contrario
GENOVESE Francantonio (PD) Contrario
GENTILONI SILVERI Paolo (PD) Contrario
GINOBLE Tommaso (PD) Astenuto
GIOVANELLI Oriano (PD) Astenuto
GNECCHI Maria Luisa (PD) Astenuto
GRASSI Gero (PD) Astenuto
LOLLI Giovanni (PD) Astenuto
MARROCU Siro (PD) Contrario
MARTINO Pierdomenico (PD) Contrario
MASTROMAURO Margherita Angela (PD) Contrario
MATTESINI Donella (PD) Astenuto
MELIS Guido (PD) Astenuto
MERLO Giorgio (PD) Contrario
META Michele Pompeo (PD) Contrario
MOTTA Carmen (PD) Astenuto
MURER Delia (PD) Contrario
NACCARATO Alessandro (PD) Astenuto
PEPE Mario (PD) Contrario
PISTELLI Lapo (PD) Contrario
PIZZETTI Luciano (PD) Contrario
POLLASTRINI Barbara (PD) Contrario
PORTAS Giacomo Antonio (PD) Contrario
RIGONI Andrea (PD) Contrario
ROSSOMANDO Anna (PD) Contrario
SANI Luca (PD) Astenuto
SANTAGATA Giulio (PD) Astenuto
SPOSETTI Ugo (PD) Contrario
TEMPESTINI Francesco (PD) Contrario
TRAPPOLINO Carlo Emanuele (PD) Contrario
ZAMPA Sandra (PD) Astenuto

Le puntate precedenti:

1 – Chi ha raccomandato Corallo? – il ruolo della Farnesina nel caso del Re delle slot

2 – Il Bubbone delle Slot Machine: 98 miliardi

3 – Caraibi, Corallo e Walfenzao: i nomi chiave del caso Fini-Tulliani

Il Testo dell’Odg

Atto CameraOrdine del Giorno 9/4829-A/121

presentato da

FRANCESCO BARBATO

testo di

venerdì 16 dicembre 2011, seduta n.562

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame si compone di 49 articoli raggruppati in quattro titoli, le cui disposizioni, nella loro eterogeneità, sono finalisticamente legate dal perseguimento di un triplice obiettivo: la crescita, l’equità ed il consolidamento dei conti pubblici;
inoltre, si tratta di un provvedimento collegato alla manovra di finanza pubblica rivolto ad attuare gli obiettivi concordati in sede europea per i nostri conti pubblici e per stimolare la crescita;
disposizioni alternative potevano comunque essere definite nel rispetto dei saldi finali, in particolare per quanto concerne il reperimento di nuove entrate attenuando le misure che gravano sui contribuenti, sulle prime case, o che aumentano le accise sui carburanti e le aliquote per il calcolo dell’IVA, oppure che taglieggiano le pensioni;
la legge attribuisce all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato – AAMS – un’ampia potestà nell’emanazione di disposizioni in materia di giochi pubblici dirette ad assicurare maggiori entrate;
il comma 3 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011 (ora legge n. 148 del 2011) prevede che l’AAMS possa, con propri decreti dirigenziali, emanare tutte le disposizioni in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare maggiori entrate;
a titolo esemplificativo, e non esaustivo, la norma elenca una serie di ambiti in cui con i decreti emanati dall’AAMS sarà possibile dettare disposizioni, tra i quali anche la variazione della misura del prelievo erariale unico (PREU);
tale ultima previsione suscita dubbi di costituzionalità, in quanto rimette ad una fonte secondaria emanata da un’autorità amministrativa (decreto dirigenziale) la determinazione dell’entità di una prestazione di natura patrimoniale. Sarebbe opportuno che, nel pieno rispetto della riserva di legge prevista all’articolo 23 della Costituzione, la fonte di rango primario – in questo caso, lo stesso decreto-legge – quanto meno circoscriva puntualmente l’ambito dell’attività normativa rimessa all’autorità amministrativa;
le liti in cui sono parti i concessionari dei giochi e l’Amministrazione finanziaria dello Stato, aventi ad oggetto violazioni degli obblighi inerenti alle concessioni e pendenti alla data odierna davanti alla Corte dei conti hanno ad oggetto importi rilevantissimi pari complessivamente a circa 98 miliardi di euro;
un’indagine condotta nel 2007 sul settore dei giochi pubblici da una commissione ministeriale guidata dall’allora Sottosegretario per l’economia e le finanze Altiero Grandi e dal generale della Guardia di finanza Castore Palmerini aveva evidenziato un’enorme truffa ai danni dello Stato, per una cifra ammontante a 88 miliardi di euro;
nel luglio 2006, la Corte dei conti aveva delegato le attività investigative in merito al nucleo speciale frodi telematiche della Guardia di finanza di Roma;
oltre al danno erariale, durante l’indagine è emersa la possibile infiltrazione di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata in seno ad una delle società concessionarie, mentre risultano pendenti in proposito alcuni procedimenti di carattere penale affidati a diversi pubblici ministeri;
inoltre, la procura della Corte dei conti ha citato in giudizio dieci concessionari ed i controllori inadempienti dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), contestando violazioni degli obblighi del concessionario, che non aveva provveduto a collegare gli apparecchi per il gioco d’azzardo per permetterne il controllo in tempo reale, come previsto dalla legge e che non aveva versato all’Erario ingenti somme relative al prelievo erariale dovuto sui proventi dei citati apparecchi di gioco;
la mancata connessione delle slot machine ha determinato, infatti, oltre al venir meno delle garanzie del dichiarato «gioco legale», a causa del consistente volume di «giocate» sfuggite al computo delle imposte, un ingente danno erariale;
in particolare l’erario non incamerava il prelievo erariale unico (PREU), il cui pagamento sarebbe stato evaso, o eluso con modalità di pagamento forfettarie, da parte delle società concessionarie; l’articolo 39, comma 13, del decreto-legge n. 209 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, prevede, infatti, che agli apparecchi di gioco, collegati in rete, si applichi un prelievo erariale unico;
nel caso in cui gli apparecchi non trasmettano i dati del contatore di gioco viene applicato un PREU forfettario: tale PREU forfettario non è peraltro previsto da alcuna norma, e la determinazione della base imponibile presenta alcuni elementi di criticità, in ragione del fatto che essa viene calcolata sulla media delle giocate degli apparecchi in rete;
il settore dei giochi e delle scommesse ha realizzato un fatturato di circa 61 miliardi di euro nel 2010 è stato, fatturato che potrebbe raggiungere, nel 2011, i 70 miliardi di euro;
tale andamento del gettito riflette evidentemente la disperazione e la paura dei cittadini del nostro Paese, mentre è preoccupante l’aggravamento del fenomeno delle ludopatie;
diventa urgente un intervento organico in materia di giochi che consentirebbe di acquisire risorse da chi può e deve metterle a disposizione,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative, anche legislative, fatte salve le prerogative del Parlamento, volte a:
consentire una definizione dei contenziosi esistenti in materia di concessioni attualmente in corso, definizione che potrebbe consentire il reperimento di nuove risorse anche cospicue non gravando sui cittadini;
inserire il mancato collegamento degli apparecchi di gioco alla rete telematica tra i casi di evasione tributaria per i quali l’articolo 5 del decreto legislativo n. 74 del 2000 prevede la pena della reclusione da uno a tre anni;
inibire la possibilità di concorrere all’assegnazione o al rinnovo delle concessioni in materia di giochi e scommesse alle società che abbiano in corso un contenzioso per inadempienze contrattuali nei confronti di amministrazioni pubbliche, ovvero nei cui confronti sussistano iscrizioni a ruolo, relative a tributi o contributi, definitive scadute e non versate.
9/4829-A/121.Barbato, Messina, Borghesi.

Molise, l’ovvia colpa di Grillo e le circonlocuzioni di Bersani

Bersani sul Molise fa un passo di danza e una capriola, smarcandosi da Franceschini che stamane figurava come il principale – e frettoloso e superficiale – commentatore del risultato delle elezioni regionali. Se Franceschini sostiene che la sconfitta in Molise è tutta “colpa di Grillo” che avrebbe sottratto – rubato? – i voti al centrosinistra nella configurazione a tre inaugurata a Vasto (che novità!). Per il segretario, invece, “si può sempre intercettare meglio ma basta guardare i dati, abbiamo rimontato di venti punti, un risultato che avrei preferito fosse migliore, certo, ma francamente non se me l’aspettavo, insomma ci siamo andati vicino”.

Eh, quel ci siamo andati vicino sa proprio di beffa, non è vero? Il vicino che intende Bersani è vero solo in termini percentuali, poiché in termini assoluti il centrosinistra, rispetto alle precedenti elezioni regionali svoltesi nel 2006, è passato dai 95.010 voti agli 87.637, che significa -8% (stesso discorso vale per il PdL – non festeggiare troppo, Alfano – che passa dai 112.152 voti del 2006 agli 89.142 di quest’anno, -20%).

“Un risultato”, continua Bersani, “che è stato compromesso dalla dispersione, di questo bisogna prendere atto e farcene carico”. La dispersione è, nel favoloso mondo di Bersani, il voto andato al Movimento 5 Stelle: 10.650 elettori che, anziché scegliere l’astensione, hanno deciso di far valere il proprio voto al di fuori della dicotomia candidato PdL e candidato ex PdL. E la profonda analisi del segretario continua con questo formidabile pensiero:

“I grillini hanno pescato da tutti i lati, ribadisco che quel movimento ha elementi di cui vogliamo tenere conto. Sono importanti sia le ragioni che di chi vota, sia di chi non vota e anche chi per disaffezione disperde il proprio voto. Io voglio confrontarmi con tutti ma dico anche, a chi ha voce in capitolo, che c’è Cota in Piemonte e Iorio in Molise non mi sembra un gran risultato per questo movimento”.

Segretario, Cota in Piemonte e Iorio in Molise sono il risultato della stessa medesima coazione a ripetere: quando il PD rimane chiuso in sé stesso, non fa le primarie, non s’apre alla discussione pubblica, non incontra la domanda di partecipazione dei cittadini, allora il PD perde. Guarda caso il M5S ha successo in Emilia-Romagna, dove il PD è egemone nelle istituzioni politiche ed economiche da quarant’anni; in Piemonte, dove la presidente uscente Bresso esprimeva una politica vecchia e incapace di farsi carico della domanda di partecipazione alla deliberazione che proviene dalla Val Susa e dai cancelli di Mirafiori; e in Molise, dove il centrosinistra ha organizzato delle elezioni Primarie per scegliere un ex PdL.

Proprio così: Paolo Di Laura Frattura, imprenditore, attuale presidente di Unioncamere, è stato candidato nelle liste di Forza Italia, al fianco di Iorio, prima nel 2000 e poi nel 2005. Se poi pensiamo che in Molise l’Idv di Di Pietro ha candidato il figliol prodigo dell’ex magistrato di Mani Pulite, Cristiano, allora vien da chiedersi se il problema non sia più generale e non investi tutto l’asse della coalizione molisana di centrosinistra, troppo simile nella pratica politica a quella del centrodestra per potersi distinguere e farsi riconoscere.

 

 

 

 

 

Cristiano Di Pietro, il bamboccione: storia del circolo ribelle Idv di Termoli

Molise, elezioni regionali del 17-18 ottobre. Non potete immaginare il conciliabolo che ha agitato la cittadina di Termoli nelle scorse ore. Chi candidare? Immaginate il circolo Idv di Termoli, la sera, chiuso in stanze dimesse, a snocciolare la rosa dei nomi dei candidati da mettere in lista. Lo stesso circolo che mesi fa litigava con la segreteria romana, debitamente rappresentata in loco dal figlio del Presidente dell’Idv, Antonio di Pietro, al secolo Cristiano, passato agli onori della cronaca per delle intercettazioni in cui il medesimo cercava di raccomandare alcune persone all’ormai ex provveditore alle opere pubbliche della Campania e del Molise Mario Mautone, condannato con rito abbreviato a due anni per illeciti in materia di appalti.

Così a Termoli è scoppiato di nuovo il finimondo quando Roma ha imposto la candidatura di Cristiano alle prossime elezioni regionali:

Cristiano Di Pietro, il figlio del leader Antonio Di Pietro, dopo esserne riuscito a venirne fuori dall’inchiesta che lo ha visto indagato per corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio è pronto per il grande salto. Dal consiglio provinciale al consiglio regionale, con stipendio dieci volte maggiore e soprattutto una bella pensione garantita dopo 60 mesi di duro lavoro nell’aula consiliare di Campobasso. (I segreti della Casta).
Alla notizia, tutto il circolo cittadino dell’Idv di Termoli è uscito dal partito. Una dimissione di massa contro l’ennesimo caso di nepotismo interno all’Idv. Termoli aveva già mostrato segni di dissidenza rispetto alle direttive romane anche in occasione delle scorse elezioni. Era Febbraio e l’onorevole Anita Di Giuseppe doveva emettere un comunicato con cui stigmatizzava il comportamento degli affiliati di Termoli:
In merito alla nota stampa diffusa dal Circolo Cittadino IdV di Termoli, riteniamo di dover intervenire con alcune precisazioni.
Ribadiamo che la linea politica adottata dalla Segreteria Regionale rispetto ai temi delle alleanze all’interno del centrosinistra, coincida con la linea politica dettata dal presidente Antonio Di Pietro e stabilita anche in sede dell’ultimo direttivo nazionale dell’Italia dei Valori tenutosi a Tivoli in data 14 e 15 gennaio.
Quanto sostenuto dal Circolo di Termoli voglia spingere il Partito ad accettare e ad adottare l’unica e sola proposta che è venuta fuori dal dibattito dell’assemblea degli autoconvocati (vale a dire l’applicazione dell’istituto delle Primarie), è una posizione fortemente in contrasto con le direttive nazionali ribadite non più di 48 ore fa dal leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro. L’Italia dei Valori, tramite il suo Segretario Regionale, già da tempo sta perseguendo l’ obiettivo indispensabile per un cambio di rotta di questa regione: l’unità della coalizione intorno ad un programma elettorale valido e credibile.
Unità sancita da una serie di documenti firmati da tutti i partiti della coalizione, che renda trasparente e incontestabile la volontà dell’Italia dei Valori ad affrontare i prossimi appuntamenti elettorali in modo competitivo e possibilmente vincente.
Avendo già chiarito in diverse occasioni che lo strumento delle primarie non appartiene allo statuto del nostro partito, nel pieno rispetto delle opinioni altrui, crediamo sia auspicabile che tutti gli iscritti, osservino le direttive nazionali e regionali senza creare ulteriori situazioni di imbarazzo.
Alla luce di ciò, ritenendo la posizione del Circolo IDV di Termoli strumentale e inopportunamente ostativa al raggiungimento dell’unità, si ritiene necessario prendere provvedimenti utilizzando tutti gli strumenti a disposizione per garantire la univocità dei metodi, nei confronti di coloro che, con azioni antitetiche, non rispettano il Partito e la sua linea politica nazionale.
On. Anita di Giuseppe
Cristiano Di Pietro – responsabile enti locali ed eletti idv molise

(altramolise.it)

In sostanza il circolo di Termoli poneva in essere degli ostacoli all’unità dogmatica del centro-sinistra che in realtà, in quell’area, è quantomeno rissoso, neanche in grado di definire le candidature alle elezioni comunali. Allora si aprì un conflitto sui nomi di un certo Monaco e di tal D’Ambrosio con il PD molisano:
Il Tavolo Politico del centrosinistra, che in un crescendo di paradossi e giochi di prestigio ha perso pezzi e autorevolezza, non ha prodotto alcun candidato unitario, dopo le debacle di nomination degli ultimi giorni. […] l’Italia dei Valori ha risolto la questione. Il Circolo Cittadino di Termoli ha confermato, con estrema chiarezza, la propria posizione. Lo ha fatto con una nota stampa […] sostiene che «Il Circolo Cittadino dell’Italia dei Valori di Termoli, in riferimento alla scelta del candidato Sindaco al Comune per il centrosinistra, nello spirito unitario che ha sempre caratterizzato l’azione politica ed amministrativa del proprio gruppo nel Comune di Termoli, dichiara di sostenere la candidatura a Sindaco della città di Termoli nella persona di Filippo Monaco, quale espressione di una evidente volontà popolare, e di garante della continuità con la precedente amministrazione Greco» (primonumero.it).
Pare che il circolo di Termoli faccia politica ‘dal basso’: petizioni, class action, primarie. Tutto questo armamentario di iniziative è inviso alla segreteria regionale poiché destabilizza le alleanze locali con PD e quel che resta di Rifondazione. In particolar modo, l’attivismo del circolo contrasta con le esigenze di unitarietà del centro-sinistra finalizzate meramente a vincere le competizioni elettorali con il centro-destra, costi quel che costi. In altre parole: nessuno disturbi i capibastone PD dell’area.
In questo contesto, Cristiano Di Pietro appare come una sorta di commissario che viene messo dalla segreteria nazionale per evitare imbarazzanti litigi con gli alleati del futuro Nuovo Ulivo. Il figlio di Di Pietro è da anni un dirigente del partito in Molise. Chi conosce la realtà dell’Idv a livello locale e sublocale, non si è stupito più di tanto. Idv è un partito personalistico, familistico: di fatto impiegato come un’azienda di famiglia.

La rivolta in IDV: Di Pietro, non svoltare a destra. Disse De Magistris

Che farà Di Pietro? Tradirà le cause del movimentismo di sinistra per logiche elettorali opportunistiche?

Un paio di considerazioni. Punto primo: la scelta di svoltare a destra, o al centro, con il discorso alla Camera e l’attacco a Bersani, è la scelta di un uomo solo. La scelta di un capo partito presa per nome e per conto di tutti gli iscritti e gli elettori. Questo detto da uno che da mane a sera chiede le primarie del centrosinistra, non so se mi spiego. Ha speso anni per far passare il suo partito personale – un partito in forma monarchica – come baluardo della democrazia. Ora compie una svolta politica senza passare per assemblee nazionali o congressi.

E’ l’aspetto più eloquente: IDV già soffriva di discrasia fra la politica romana e la politica nelle amministrazioni locali, spesso in contrasto. Viene alla mente il caso dell’acqua pubblica: Di Pietro inizialmente aveva una posizione che era tutt’altro che purista in fatto di acqua come bene comune. IDV aveva un suo quesito alternativo a quello del movimento e per un periodo – seppur breve – ha fatto concorrenza ad esso nella raccolta firme. Spesso gli amministratori locali hanno facce impresentabili; talvolta stringono alleanze con facce altrettanto impresentabili.

Secondo: l’elettorato che ha fatto la fortuna di IDV ha una provenienza di sinistra ed ha scelto di votare quel partito per le istanze legalitarie (la questione morale) di cui si è fatto carico sin dalla sua fondazione. Annunciare la trasmigrazione al centro è già un mezzo tradimento di quei voti.

Naturale aspettarsi le prime defezioni e critiche:

De Magistris all’attacco: “Tonino stai sbagliando non andare al centro”

Sonia Alfano: Io voglio stare al mio posto, a sinistra

Così la parlamentare europea sul suo blog: “Io credo che certe “decisioni”, che coinvolgono un intero partito e che ne modificano sostanzialmente l’essenza e gli obiettivi, non possano essere prese in solitudine. Credevo che questo partito avesse una linea politica ben precisa, ma scopro che ci si deve spostare dove si trova spazio. Se lo spazio lo si trova a sinistra stiamo lì, mentre se si trova al centro comunichiamo ai nostri elettori che si cambiano idee e programmi e ci si lancia in un limbo per cercare un posto al sole? Non fa per me, e non può funzionare.” (blog Sonia Alfano).

Sulle intercettazioni Di Pietro si riallinea alla posizione storica dell’IDV, ovvero a favore e a tutela di uno strumento indispensabile per le indagini della magistratura. Non sono necessaria altri interventi legislativi: la normativa attuale è già comprensiva degli strumenti necessari a “verificare e valutare quando un’intercettazione può essere fatta, quando depositata, quando può essere utilizzata e quando pubblicata”. Fare una legge – scrive Di Pietro –  per cercare di fermare le indagini oppure l’informazione, il diritto a essere informati e a informarsi dei cittadini, è un modo per favorire la criminalità e per nascondere la verità agli italiani. Certo c’è differenza dai toni impiegati un anno fa, quando si profilava l’approvazione della legge bavaglio:

Di Pietro: “Intercettazioni vietate? E noi le leggiamo in Aula … 21 Aprile 2010
Antonio Di PietroIntercettazioni: continueremo a resistere 10 Luglio 2010
Intercettazioni
Di Pietro: “Berlusconi è la malattia” 21 Febbraio 2010

Oggi niente strilli: un tono pacato, un tono da leader. Ma è veramente proponibile una sua candidatura alle primarie del centrosinistra?

La clamorosa svolta di Di Pietro, ammaliato dalle sirene del Centrismo

Con una clamorosa intervista al CorSera, Di Pietro abbandona la sponda sinistra per intraprendere la grande traversata del deserto. Di Pietro, l’antiberlusconiano per eccellenza, l’uomo che definì Berlusconi come Hitler. Il grande schiaffo che Di Pietro fa ai 27 milioni di voti ai referendum da lui sostenuti – sebbene inizialmente con delle sostanziali differenziazioni rispetto ai movimenti – è partito dagli scranni di Montecitorio con il beneplacito di B.

Sì, tutta la stampa filogovernativa plaude al cambio di rotta di Tonino. Ferrara scrive trionfante: “Habemus Statistam!”.

Stufo di sentir parlare di opposizione di “sinistra”, Di Pietro ha osservato per mesi il suo tornaconto elettorale crollare impietosamente dal 7% del 2008 al magro 5% delle scorse amministrative. Di Pietro si è fatto i conti in tasca: ha scoperto che a reggere il tappeto rosso alla FIOM sono già in tanti. Che Vendola forse è più portato. Che a Napoli ha vinto, ma De Magistris è troppo pendente verso SeL.

Con il crollo del Cavaliere c’è tutto un elettorato che va riportato sulla retta via. Ce lo hanno già detto i referendum: sono andati a votare 27 milioni di italiani, molti di più dei 17 che votarono centrosinistra alle Politiche (La Stampa.it).

Ma quel che sorprende sono le parole di riguardo che Di Pietro riserva per quello che fino a qualche tempo fa chiamava stupratore della democrazia: Berlusconi, dice, è una persona sola, che cerca di comprare una felicità che non ha. “I miei sentimenti”, afferma, “sono di una humana pietas per lui”. E di rabbia – rab-bia – per quei cortigiani che di lui approfittano. Sì, il Berlusconi descritto dal Di Pietro odierno è un signore che va difeso dalla marmaglia che cerca di sottrargli qualche penny. Un signore che se portasse delle vere riforme in Parlamento, lui è persino PRONTO A VOTARLE.

Oggi, dice Di Pietro, attaccare Berlusconi non basta più. Ecco il perché di quella dura reprimenda in aula contro Bersani e il PD. Di Pietro – non l’IDV, che non è assolutamente interpellato in questo cambio di rotta politica, fatto che ci consegna la misura di un partito personalistico, usato a proprio piacimento dal leader (puro stile PdL) – dice di voler andar OLTRE (altro termine rubacchiato a certi rottamatori del PD) la sinistra classica, oltre la contrapposizione al premier. “Salviamo il welfare”, dice, “ma potenziamo il libero mercato”! Lui, strenuo difensore dell’acqua pubblica, ha calato la maschera. L’opportunista Di Pietro vuole capitalizzare al centro poiché a sinistra non c’è più spazio. Ha usato il referendum come trampolino di lancio per proporsi ad una platea più vasta del solito movimentismo girotondista. E’ finito il tempo dell’antiberlusconismo, dello “stare seduti e vedere cosa succede” – dice a Telese al Fatto Q.

Ecco, se ne è accorto. Sono anni che attendavamo la fine della politichetta della sinistra contro la destra berlusconiana e viceversa. Sono anni che scriviamo di riprenderci la politica. Forse che la campagna elettorale di Pisapia ha suggerito qualche cosa? Stupisce però il cambiamento repentino. Il suo è uno scarto a destra, uno smarcamento alla Renzi.

Non è un inciucio. E’ strategia politica (a fini elettorali). Nuda e cruda.

Referendum, IDV incassa un milione di euro di rimborsi?

Questa la notizia come l’ho letta. A voi il commento:

L’Italia dei valori incasserà un milione di euro di rimborsi elettorali per i referendum appena conclusi. Un altro milione di euro andrà invece ai comitati promotori dei due quesiti su l’acqua pubblica. E’ la legge a stabilire che una volta raggiunto il quorum, ai promotori vadano un euro per ogni firma depositata fino ad un massimo di 500 mila firme. Doppia la soddisfazione quindi per Di Pietro, che non solo ha rifilato l’ennesima sberla al governo, ma ha trovato anche l’occasione per rimpinguare le casse del partito (fonte).

Amministrative Napoli, De Magistris si candida a sindaco

Tratto da Il Fatto Quotidiano

L’eurodeputato dell’Idv, Luigi De Magistris, si candida a sindaco di Napoli alle prossime amministrative, ufficializzando così le voci che da giorni si rincorrevano su un suo possibile impegno in prima persona nel capoluogo campano.

. L’esponente dell’Italia dei Valori guiderà una una lista civica. La presentazione pubblica della candidatura sabato 5 marzo.

leggi tutto

Crisi IDV: Pino Arlacchi condanna De Magistris e Di Pietro

Pino Arlacchi, sociologo, ex deputato europeo di IDV poi transitato nel gruppo del PD, non ha mezze misure nel condannare la querelle fra De Magistris e Di Pietro. Lui, che ha recentemente sbattuto polemicamente la porta, ha risposto alle domande del cronista di Europa, quotidiano del PD, cannoneggiando sia il Presidente di IDV sia il contestatore.

De Magistris? È di una superficialità sconcertante. Fa politica come ha fatto il magistrato, un sacco di chiasso senza alcun risultato». E Di Pietro? «Vuole un piccolo partito personale da controllare facilmente, ma le sue sono decisioni arbitrarie, spesso sbagliate, che inevitabilmente creano malcontento («Io li conosco bene», Arlacchi spiega l’Idv – Europa).

Secondo Arlacchi, De Magistris non avrebbe alcun seguito all’interno del partito, per cui se se ne va, non si produrrà alcuna scissione. Di Pietro ne sarebbe a conoscenza, e se non fosse stato per Flores D’Arcais e quegli articoli su Micromega e Il Fatto Quotidiano, un tempo trombettieri dell’ex pm di Mani Pulite, ora in prima linea fra i tiratori di polpette avvelenate, “non gli avrebbe nemmeno risposto”. De Magistris si muoverebbe per fini personali: sentendo l’odore di elezioni anticipate cerca un riposizionamento in IDV come deputato nazionale. Così pure la Alfano, mentre Cavalli è un idealista di passaggio che si è lasciato irretire dagli altri due.

o scarso appeal dell’ex pm calabrese all’interno del suo stesso partito era apparso evidente anche in occasione del congresso di febbraio. Allora De Magistris rinunciò a una candidatura alternativa a quella del leader e fallì miseramente anche la conta attorno alla linea da lui proposta in vista delle elezioni regionali in Campania (non sostenere il nome di De Luca, proposto dal Pd) […] lo stesso De Magistris ancora attende quella nomina ai vertici di Idv, che Tonino gli promise davanti alla platea congressuale […] a verità – spiega Arlacchi – è che Di Pietro mise praticamente al suo servizio tutto il partito in vista delle europee, con l’effetto non voluto di vedersi scavalcare nella conta delle preferenze. Prima si preoccupò, poi conobbe il vero De Magistris e allora si tranquillizzò (Europa, cit.).

Questione morale all’interno di IDV? Per Arlacchi non esiste, “i deputati di IDV sono nella media italiana”. Ma De Magistris “non è abbastanza intelligente politicamente” per capire che il limite di IDV è quello di essere ancorato ad una sorta di vetero-antiberlusconismo al punto tale da minarne l’esistenza politica stessa: “Quel partito potrà esistere finché esisteranno Berlusconi, Di Pietro e una certa idea della legalità, così come si è affermata in questi anni. Quando la situazione cambierà, Idv non avrà più alcuna forza”. IDV cioè è condannata a rimanere il partito personale di Di Pietro, il quale teme la concorrenza di Vendola e non sembra in grado di poter cambiare le cose. Di Pietro è forse fra coloro che voglione mantenere IDV ai minimi termini. Un micro partito della galassia del centro-sinistra, in cui coltivare la propria clientela. E qualora IDV scendesse sotto la soglia della rappresentanta, Tonino avrebbe, secondo Arlacchi, pronto il piano di emergenza: migrare nel Partito Democratico. Una bella triste parabola.

A margine di tutto ciò, giudico altrettanto strano il silenzio del Blog di Grillo sulla vicenda, invece tanto attento a fare la posta a Vendola su quella vecchia promessa della ripubblicizzazione della società che gestisce l’acqua in Puglia, tanto solerte nell’elencare tutte le volte in cui il PD ha visto mancare i suoi deputati in voti chiave per questo governo. Disinteressamento verso queste polemiche da teatrino della politica, o strategia nel colpire i concorrenti di IDV?

La crisi di Italia dei Valori: il ‘j’accuse’ di De Magistris contro Di Pietro

Quando B. ordì la spallata contro Prodi, dove vennero reclutati i sabotatori? Lo scorso 14 Dicembre, quando B. si è salvato dalla sfiducia, fra le fila di quale partito furono trovati i manovali del trasformismo? La risposta non è univoca, poiché i volontari del mutuo soccorso a Berlusconi si annidano negli ambienti più impensabili. E’ però vero che IDV è stato l’humus ideale in cui personaggi come Scilipoti e Razzi sono cresciuti e si sono moltiplicati. Qualcuno ricorda De Gregorio? Grazie al suo voltafaccia, Prodi cadde. Dopo quel fatto, Di Pietro riuscì a riciclare il suo partito, sempre organizzato nella forma personalistica e patrimonialistica che lo ha contraddistinto sin dalle origini sulla falsa riga del fondamento di tutti i partiti ad personam che è stato Forza Italia, avvicinandolo alle iniziative politiche e alle cause condotte da Beppe Grillo e contemporaneamente sopravvivendo al naufragio dell’Unione Prodiana alleandosi con il PD di Veltroni. Nel corso degli ultimi due anni, IDV è diventato l’emblema dell’antiberlusconismo, l’unica vera forza di opposizione, secondo buona parte dell’elettorato di sinistra o centro-sinistra. Ha accolto dentro sé personaggi come Luigi De Magistris e Sonia Alfano, da Grillo stesso prima additati come esempio da seguire poi messi all’Indice come profittatori desiderosi di carriera e scaldapoltrone. Nonostante l’apparente rottura con Grillo, nonostante le dettagliate e pesantissime critiche provenienti dai girotondini di Paolo Flores D’Arcais (critiche forse interessate a riformare il campo dell’antagonismo di sinistra passando per la sottrazione dell’elettorato di IDV che in precedenza votava Diliberto e Bertinotti), Di Pietro riesce a capitalizzare il bonus di consenso proveniente dal primo No Berlusconi Day per raggiungere nei sondaggi percentuali anche superiori al 7-8%. Le elezioni regionali sono per IDV un successo. Di Pietro mette in difficoltà il Partito Democratico di Franceschini e poi quello di Bersani, spesso non pronto nelle battaglie parlamentari. Poi, le retrovie del partito, imbottite di ex trombati della Democrazia Cristiana e di capibastone locali, tornano a fornire manodopera berlusconiana. E’ chiaro che qualcosa non va. Di Pietro avrebbe dovuto pensarci mesi or sono, durante il (primo) congresso di IDV, svoltosi lo scorso Febbraio. Eppure, anche in quella occasione, l’ex pm di Mani Pulite eccitò la paltea con il plebiscito su De Luca, il candidato del centro-sinistra alla presidenza della Campania con qualche grosso guaio giudiziario sulle spalle. Di Pietro chiese ai delegati di turarsi il naso. E questi lo fecero volentieri. Unica voce dissonante quella di Luigi De Magistris. Che ora, nel pieno del caos Scilipoti, con il partito dato al 5%, in discesa e sofferente rispetto al dinamismo di Vendola (altro personalismo), torna a farsi sentire con questo comunicato congiunto con Sonia alfano e Giulio Cavalli in cui chiede, senza mezzi termini, di fare pulizia in IDV. Saprà Di Pietro resistere alla crisi di Scilipoti?

L’IDV e la questione morale.

In molti, da più parti, ci chiedono di prendere posizione, di esprimerci su quanto accaduto negli ultimi mesi all’interno dell’Italia dei Valori. Ce lo chiede la base di questo partito, straordinariamente attiva e senza timori reverenziali. Ce lo chiedono i nostri elettori, anche quelli che di questo partito non sono. E ce lo chiede, prima di tutto, la nostra coscienza. E’ a loro e ad essa che oggi parliamo.

Non abbiamo voluto sfruttare l’onda delle ultime polemiche per dire la nostra, per non offrire il fianco a strumentalizzazioni che avrebbero danneggiato l’Italia dei Valori. Abbiamo fatto passare la piena facendo quadrato attorno all’Idv. Ora però alcune considerazioni per noi sono d’obbligo. E si rende necessario partire da una premessa: nell’Idv oggi c’è una spinosa e scottante “questione morale”, che va affrontata con urgenza, prima che la stessa travolga questo partito e tutti i suoi rappresentanti e rappresentati. Senza rese dei conti e senza pubbliche faide, crediamo che mai come adesso il presidente Antonio Di Pietro debba reagire duramente e con fermezza alla deriva verso cui questo partito sta andando per colpa di alcuni.

Le ultime vergogne, come altrimenti chiamare il caso Razzi/Scilipoti, due individui che si sono venduti, quantomeno moralmente, in virtù di altri interessi rispetto alla politica e al bene pubblico, sono solo la punta di un iceberg che pian piano emerge nella realtà di questo partito. Come dimenticare lo scandaloso caso Porfidia, inquisito per fatti di camorra e ancora difeso da qualche deputato dell’Idv che parla di sacrificio a causa di “fatti privati”. E poi il fumoso Pino Arlacchi, che dopo essere stato eletto con l’Idv e solo grazie all’Idv, ha salutato tutti con un misero pretesto ed è tornato con le orecchie basse al Pd. Ma chi ha portato questi personaggi in questo partito?

Per questo oggi, con questo documento condiviso, rilanciamo la necessità di una brusca virata, e chiediamo al presidente Di Pietro di rimanere indifferente al mal di mare che questa provocherà in chi, un cambiamento, non lo vuole. In chi spera che l’Idv torni un partito del 4% per poterlo amministrare come meglio crede. Seggi garantiti, candidature al sicuro, contestazioni zero. Gente, questa, che non ha più alcun contatto con la base e rimane chiusa nelle stanze del potere, cosciente che senza questa legge elettorale mai sarebbe arrivata in Parlamento e che se questa cambiasse mai più ci tornerebbe.

Abbiamo un patrimonio da cui ripartire, ed è quella “base” pensante e operativa, che non ha timore di difendere a spada tratta il suo leader Di Pietro ma nemmeno di rivolgersi direttamente a lui per chiedere giustizia e legalità all’interno del partito “locale”. Chiedono un deciso “no” alla deriva dei signori delle tessere, ai transfughi, agli impresentabili che oggi si fregiano di appartenere a questo partito e si rifanno, con precisione chirurgica, una verginità politica. Dopo i congressi regionali moltissime realtà si sono addirittura rivolte alle Procure per avere giustizia, presentando video e documentazione che proverebbero macroscopiche irregolarità nelle consultazioni tra gli iscritti.

Oggi una questione morale c’è ed è inutile e dannoso negarlo. Noi non possiamo tacere. La maggior parte della “dirigenza” dirà che con queste nostre parole danneggiamo il partito, altri che danneggiamo il presidente Di Pietro, altri ancora che siamo parte di un progetto eversivo che vuole appropriarsi dell’Idv. Noi crediamo che questo invece sia un estremo atto di amore per tutti gli iscritti, i militanti e i simpatizzanti dell’Italia dei Valori. Al presidente chiediamo solo una cosa: si faccia aiutare a fare pulizia. Ci lasci lavorare per rendere questo partito quello che lui ha pensato e realizzato e che ora qualcuno gli vuole togliere dalle mani.

Terminiamo questo documento con le parole di un grande politico italiano, che oggi purtroppo non è più con noi. Enrico Berlinguer.

La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati”.

Luigi de Magistris, Sonia Alfano, Giulio Cavalli

IDV apre le danze: la dittatura del Bunga Bunga, diretta streaming dal Paladozza di Bologna

Anche se Italia dei Valori è alle prese con dolorosissime defezioni, ultima quella di Antonio Razzi, passato alla neo micro formazione partitica Noi Sud, fatto che ha causato il violento litigio avvenuto ieri alla Camera fra Stefano Pedica di IDV e Iannacone di Noi Sud, stasera con diretta streaming su questo blog, si svolgerà la manifestazione degli ultra antiberlusconiani riuniti al Paladozza di Bologna sotto l’egida di Di Pietro e Travaglio, presente anche Antonino Ingroia, il pm antimafia di Palermo protagonista nell’inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia.

Motivi di polemica ci sono e ci saranno. In primis Ingroia, già contestato da Fabrizio Cicchitto (“quali garanzie può dare da pm?” si domanda il capogruppo PdL alla Camera; forse venticinque anni di lotta alla mafia, potrebbe essere la risposta). In secondo luogo, la scomodità di presentarsi al proprio elettorato non essendo stati in grado di preservare due dei propri deputati dalle sirene di Berlusconi. Certo, il problema di IDV è a monte ed è relativo al fatto di dipendere ancora oggi dai bacini elettorali portati in dono da ex democristiani di piccolo calibro, a cui Di Pietro ha fatto abbondatemente ricorso nei primi anni di esistenza del suo partito. Di Pietro non è liberissimo di scegliersi i candidati deputato e senatore, pena la perdita di intere circoscrizioni. Terzo motivo di discussione, i rapporti con il PD, il quale manifesterà sabato in Piazza S. Giovanni; aprendo la partecipazione a tutto l’asse antiberlusconiano, Bersani ha di fatto messo Di Pietro dinanzi alla scelta se accodarsi al PD o fare da solo.

La manifestazione del Paladozza avrà ampia audience nei canali SKY, sul web e vari blog. La diretta streaming è visible qui: CubicaTV.

Primarie Milano: Boeri, Pisapia, Onida, Sacerdoti. Così risorge il centrosinistra

Quattro nomi per Milano. Sono nomi forti, che renderanno la scelta dell’elettore del centrosinistra difficile. Da un lato Giuliano Pisapia, avvocato penalista, espresso dal partito di Nichi Vendola, storico protagonista dei processi Previti-Squillante-Metta (era parte civile) e difensore della famiglia di Carlo Giuliani, il ragazzo ucciso la G8 di Genova del 2001; dall’altro Stefano Boeri, l’Archistar, architetto di fama mondiale, espresso dal PD, al centro di polemiche subito sedate per la sua partecipazione come progettista ai lavori dell’Expo (sono suoi i due grattacieli del Bosco Verticale che sostiuiranno i giardini di Via Confalonieri; quindi in una certa misura in conflitto di interessi con la carica che andrebbe a ricoprire, sebbene lui abbia già detto che, una volta sindaco, smetterà di fare l’architetto); Valerio Onida, giurista, ex presidente della Corte costituzionale, oggi docente di Diritto Costituzionale all’Università di Milano, vero candidato “civico” come si definisce lui, mai iscritto ad alcun partito; infine, Michele Sacerdoti, candidato verde, non già perché espressione del micropartitismo ambientalista, bensì perché intimo portatore dell’istanza civica di una Milano vivibile sotto l’aspetto ambientale, critico acerrimo del Boeri e del suo progetto dei grattacieli del Bosco Verticale, a causa del quale seglie di candidarsi per promuovere una “città a misura di bambino”.

Si voterà la prossima settimana, domenica 14 Novembre. I sondaggi parlano chiaro: la sfida è fra Boeri e Pisapia. Ovvero fra PD e Sinistra e Libertà (Vendola). Questi i dati (IPSO) pubblicati da Affaritaliani.it lo scorso 2 Novembre:

Boeri e Pisapia assorbono l’83% dei consensi dell’elettorato di centro-sinistra. Un altro sondaggio SWG sempre per Affaritaliani.it, pubblicato il 29 Ottobre scorso dava Pisapia avanti di qualche punto su Boeri: Giuliano Pisapia 43,5%, Stefano Boeri 40%, Valerio Onida 14,5%, Michele Sacerdoti 2%. Gli altri due faranno da comparse. Fatto che ha indotto Onida a sbottare contro lo strumento delle primarie, falsato, a suo dire, dai sondaggisti.

«A una settimana dal voto – dice il costituzionalista – la pubblicazione di sondaggi rischia di avere solo l’effetto di orientare il voto dei cittadini, per questo è vietato dalla legge nelle elezioni vere. In una competizione elettorale come le primarie, dove le persone decidono negli ultimi giorni e, per definizione, fino all’ultimo non si conosce quanti cittadini andranno a votare, la diffusione di sondaggi ha chiaramente questo effetto: alimentare l’idea che la competizione sia solo tra i partiti e che i candidati in gara siano solo quelli da loro sostenuti. Così si mortifica la natura delle primarie. Ai cittadini dico: non fidatevi della politica virtuale, usate la vostra testa, non ratificate le scelte di altri e andate a votare il 14 novembre» (il giornale.it).

Come dargli torto. Certamente il fatto di non avere alle spalle un partito non lo aiuta. Così come Michele Sacerdoti può contare solo sulle sue forze e sul contatto diretto con le persone – lui che è da sempre un attivista ed è dalla parte dei comitati dei cittadini contro la speculazione edilizia.

Ecco, questo aspetto farebbe di Michele Sacerdoti il candidato ideale: ideale poiché idealista. Il suo sito è spartano, non è realizzato da esperti di marketing; la sua lotta è forse senza speranza, quindi merita di ricevere spazio su questo blog.

Per Michele Sacerdoti, candidato Sindaco di Milano:

Il 26 ottobre nel dibattito tra i candidati a Telenova e nel mio incontro coll’Associazione 11 metri all’Arci Bitte come pure in vari altri incontri ho espresso la mia perplessità sul ruolo avuto dall’arch. Boeri nei progetti dell’Isola in quanto progettista del Gruppo Hines-Catella. Ho ritenuto opportuno raccogliere in un documento la mia posizione sulla questione della demolizione della Stecca degli Artigiani e l’eliminazione dei giardini di via Confalonieri e di alcuni alberi monumentali presenti per far posto ai due grattacieli del Bosco Verticale progettati da Boeri e ad altri edifici ad uso residenziale ed uffici e al Community Center, struttura per i servizi di quartiere successivamente sostituita dalla Casa della Memoria, sempre progettata dall’arch. Boeri. I rapporti tra i candidati sindaci e gli immobiliaristi, i veri padroni di Milano, sono importanti in primarie che devono individuare chi potrebbe essere il prossimo sindaco di Milano.
E’ bene che gli elettori possano comprendere le differenze tra i candidati, indipendentemente dai partiti che li  sostengono e dalle polemiche sul loro sostegno. La differenza tra me e Boeri è radicale: ho spesso sostenuto le azioni e i ricorsi legali dei comitati cittadini contro i progetti speculativi degli immobiliaristi e in particolare all’Isola, alle Varesine e a Citylife  mentre Boeri lavorava per alcuni immobiliaristi. Ritengo essenziale che il sindaco di Milano, che ha vasti poteri in ambito urbanistico, sia indipendente dagli interessi immobiliari che da anni determinano lo sviluppo della città. Si deve ricordare a questo proposito la vicenda della aree d’oro di Ligresti negli anni ottanta e degli strascichi giudiziari, che ancora determina il futuro di ampie aree della città, alcune delle quali nel Parco Sud.
Gli interessi degli immobiliaristi sono trasversali e sostengono le giunte di tutti i colori politici: Ligresti, che lavorò inizialmente con le giunte di sinistra, si appoggiò successivamente alla destra tramite il suo legame di affari con la famiglia Larussa. Il gruppo Ligresti è ancora ben presente in città grazie alla quota del 49% nel progetto di Porta Nuova di Hines e del 30% nel progetto Citylife. Ho dichiarato a Telenova che nel 2016 spero che Milano sia libera dagli interessi degli immobiliaristi, che devono fare la loro parte per costruire gli edifici di cui la città ha bisogno nei loro terreni ma sotto il controllo degli interessi pubblici (Sacerdoti a Milano).

[Alle primarie di Milano possono votare anche i cittadini stranieri residenti, sia comunitari che extracomunitari. Tutte le info su http://www.primariemilano.it]