La novità odierna è di quelle che cambiano il corso degli eventi. Sebbene l’ipotesi fosse già stata formulata da più parti, in primis nei forum di Civati e di Prossima Italia, resisteva un certo scetticismo sulle reali intenzioni di Roberto Tricarico, giovane brillante assessore all’Ambiente del Comune di Torino dell’attuale giunta Chiamparino. Tricarico è l’assessore più popolare di Torino. Laureato in Giurisprudenza, è Assessore del capoluogo piemontese dal 2001, con delega alle politiche abitative e verde pubblico. Per un periodo si è occupato anche di “rigenerazione urbana, ricoprendo fino al 2007 l’incarico di Segretario Onorario dell’Associazione europea Quartiers en Crise e di rappresentante del Ministero delle Infrastrutture al Comitato di Sorveglianza di Urbact. Dal 2008 è Presidente nazionale della Consulta Casa dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani” (Pagina Fb sostenitori di Tricarico). E’ stato candidato alla segreteria regionale del PD per la mozione Marino ed ha il pieno sostengo dei “rottamatori” di Civati e Renzi. Tricarico ha animo ambientalista, si è impegnato in questi anni per i temi della mobilità sostenibile. Insomma, il suo profilo politico è di quelli che servono al PD per uscire dall’indeterminatezza e dall’inconcludenza della sua classe dirigente.
Torino è il banco di prova. Lo è già stato alle Regionali 2010, e il PD aveva perso già in partenza, inaugurando lo schema dell’allenza allargata all’UDC di Casini. Poi si sono succeduti i lunghi mesi dei ricorsi contro Cota, di Bresso e Chiamparino che si contendono l’eventuale candidatura per le elezioni ex-novo, ancora possibili visti i processi pendenti contro la lista truffaldina di Michele Giovine. Torino è specchio di tutti i mali del PD: le divisioni interne e l’incapacità di prevedere il cambiamento e prevenire le eventuali crisi che esso porta (caso Mirafiori). E la sordità della dirigenza si è palesata in tutta la sua gravità quando è stato deciso di candidare alle primarie di coalizione per l’elezione a sindaco, Piero Fassino, l’ultimo segretario dei DS, archetipo del politico di professione, matusalemme delle aule parlamentari, icona della deriva affaristica della sinistra – celebre quella intercettazione, “abbiamo una banca” – sì, quella sinistra in cashemere che sfila a Cortina oggetto degli strali di Berlusconi dagli schermi amici di Canale soltanto qualche giorno fa. Quella sinistra, dannatissima, quei comunisti che sono ancora là, che mirano al potere ma sono molto più morbidi che in passato, molto più malleabili (molto più ricattabili?).
Ecco, quella sinistra che non cambia si ritrova a Torino, centro del nuovo scontro. Là, dove la dirigenza Fiat ha deciso di scardinare l’intero corpus delle norme del diritto del lavoro, là dove vige la legge Marchionne – o il lavoro o delocalizzo – circondati da questo scenario di anacronistica lotta di classe, il PD non sa far altro che cedere alla tentazione di schierarsi – con la Fiom o con la Fiat? – procedendo come di consueto in ordine sparso. Mentre Bersani e Fassina elaborano una posizione intermedia che valorizza sia i diritti dei lavoratori che la necessità dell’investimento Fiat, Fassino parla ai giornalisti e dice che lui, se fosse operaio, voterebbe sì al referendum sull’accordo di Mirafiori. In men che non si dica, su di lui tracima il fiume di critiche dell’antipolitica, della mistificazione del PDmenoelle. Fassino operaio? Se non ha mai lavorato! Fassino, diciamolo, è un incandidabile. Qualora vincesse le primarie, la destra si prenderebbe anche la città di Torino. Fassino è il candidato ideale per perderle, le primarie. La teoria di Sartori e di Ceccanti è che alle primarie vince sempre il candidato più radicale. Le primarie mobilitano soltanto coloro che sono più coinvolti nella politica, quindi più radicalizzati: ecco spiegato perché – secondo loro – il PD non ne vince una. A nessuno dei due è venuto in mente che la reale causa è un deficit di percezione degli umori dell’opinione pubblica circa la politica del PD. Candidare Fassino in un momento in cui si chiede rinnovamento è suicidio politico. E’ un atto che dimostra l’autismo politico di cui il PD è affetto.
In questo senso, Tricarico può rappresentare la svolta. Egli stesso è parte del movimento di quelli che chiedono il cambiamento. Il suo ingresso nella disputa torinese viene appena dopo la polemica intervista di Ignazio Marino a La Stampa:
mi viene il dubbio che l’entusiasmo che accompagnò i grandi numeri delle primarie che incoronarono Romano Prodi fosse finto: c’era entusiasmo, forse, perchè l’idea era quella di primarie-plebiscito intorno a un candidato prescelto dal gruppo dirigente. Poi, appena si e’ capito che le primarie potevano anche comportare dei rischi, la musica e’ cambiata (blog Ignazio Marino).
con la nascita del Pd noi avevamo stretto un patto con i cittadini-elettori, promettendo una modernizzazione della politica e una selezione delle classi dirigenti effettuata in base a principi di competenza e con strumenti – le primarie, appunto – che favorissero il massimo della partecipazione. Quel che sta succedendo è sotto gli occhi di tutti: e si tratta, semplicemente, del tradimento di quell’impegno (Ignazio Marino intervistato da La Stampa, 07/01/2011, p. 7).
Tricarico ha un grande scoglio da superare: le regole. Che per Torino sono diverse da quelle delle altre città e regioni in cui si è votato. Mentre a Milano, Bologna e Napoli i candidati raccolgono adesioni fra la gente, a Torino le 700 firme necessarie per candidarsi devono essere raccolte fra i 3500 iscritti. Un tecnicismo che rende difficilmente scalabile la leadership della coalizione. Tricarico vuol far convergere su di sé tutto il gruppo antitetico alla dirigenza PD: Vendola e le Fabbriche, i Rottamatori, l’area Marino, le Officine Corsare, gli studenti.
E allora mi tocca concludere con questo auspicio: che tutti coloro i quali desiderano, anzi invocano, il cambiamento del PD, tutti quelli che vedono nell’etichetta del pdmenoelle l’esatta rappresentazione del partito, tutti quelli ceh spendono parole e parole nei forum nei blog volendo – sempre a parole – cancellare tutta la dirigenza del PD, agiscano. Ora. Facendo un atto concreto per sostenere Tricarico alle primarie di Torino. Sarebbe, questo, un vero atto rivoluzionario, e agevolerebbe il tramonto di quella classe politica che negli ultimi quindici anni, immutata, ha lisciato il bavero della giacca di Berlusconi.
Segue la lettera di Roberto Tricarico :
LE PRIMARIE A TORINO
Ci sono appuntamenti che non si possono mancare e quello per la scelta del futuro Sindaco della nostra città è uno di quelli che io non intendo perdere. Lo devo prima di tutto alla mia generazione, quella nata nel 1968, quando i nostri padri volevano portare l’immaginazione al potere e oggi insieme ai nostri nonni siedono ancora lì, a spiegarci che siamo ancora troppo giovani. Eppure negli altri Paesi alla mia età si è già in pensione dalla politica ed ha già spazio quella nuova generazione che il Presidente Napolitano ha voluto richiamare come meritevole di attenzione nel suo messaggio di fine anno. Per i nostri ragazzi, il Presidente chiede “nuove possibilità di occupazione, di vita dignitosa, nuove opportunità di affermazione sociale” e dice che in caso contrario “la partita del futuro è persa non solo per loro, ma per tutti, per l’Italia: ed è in scacco la democrazia”. Le persone della mia età possono cedere il passo ed essere al fianco di una candidatura a sindaco che sia espressione della nuova generazione, di un nuovo patto, altrimenti tocca a noi. Lo devo, questo appuntamento, anche a chi, come me, è figlio di immigrati, nato in questa città, quando sui cartelli fuori dalla case stava scritto: “no si fitta ai meridionali”, perché questa ferita si ricucia definitivamente.
Alle primarie intendo presentarmi con la spinta dei cittadini-elettori, iscritti e non iscritti al Pd, con i banchetti, nei mercati e nelle piazze. Molti torinesi già mi conoscono, quelli delle case di via Artom che ho incontrato con il Progetto speciale periferie, come quelli della Falchera, delle Vallette, di San Salvario, di Corso Tazzoli, di via Dina, di Barriera di Milano. Mi conoscono gli inquilini delle case popolari e le associazioni di volontariato che non ci hanno mai lasciato soli. Mi conoscono anche gli altri torinesi, quelli attenti alle tematiche ambientali, alla mobilità sostenibile, all’efficienza energetica, alle nuove tecnologie e alle nuove forme di occupazione. Mi conoscono quelli che mi scrivono in Assessorato e puntualmente ricevono risposta, dalla richiesta di sostituzione dei giochi bimbi nei parchi al disagio dei cantieri.
Comincerò dopo il referendum in Fiat, per religioso rispetto della difficile scelta che gli operai e le loro famiglie stanno per compiere. Ho già avuto modo di dire che comprendo le ragioni del no, perché solo chi è in fabbrica può capire il peso delle nuove richieste dell’Azienda e gli stravolgimenti che possono provocare alla propria vita di relazione. L’investimento promesso dalla Fiat ha certamente una ricaduta positiva in città, ma allora noi tutti dobbiamo essere vicini alla scelta degli operai e non pretendere di riceverne i benefici a totale scapito dei loro diritti.
Io sogno una politica, anche amministrativa, all’altezza delle nuove sfide della tutela dei lavoratori e della produttività delle imprese. Cerchiamo soluzioni per attrarre altri investimenti e consolidare il nostro distretto dell’auto e pensiamo a Torino per un futuro più grande, con più abitanti, con una maggiore quota di popolazione giovanile, con un incremento della conoscenza e dell’uso dell’intelligenza, anche tecnologica, in tutti i settori, dalla mobilità al welfare.
Roberto Tricarico
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