Nella sostanza si tratta di contratti “regolari”: si firma, si fattura, ed è tutto in regola. Ma figuratevi, si parla di denaro pubblico impiegato per ottenere visibilità presso trasmissioni tv locali di emittenti quali 7Gold e ‘ètv’. Giovanni Favia, è scritto su alcuni siti web (link sulla foto), avrebbe “candidamente” rivelato di aver firmato uno di questi contratti. Presso 7Gold si devono pagare 200 euro per andare in trasmissione. Si capisce: 7Gold è una tv privata, dice il conduttore Dario Pataccini, e non riceve finanziamento pubblico (sarà vero?).
Così, parafrasando Favia, dal momento che l’informazione non è libera, la paghiamo affinché sia ancor meno libera. E’ proprio questo il punto focale del problema: la tv dovrebbe esser libera di non intervistare i 5 Stelle, invece li intervista e si fa pagare. Pertanto qualsiasi intento critico di tale presunta informazione viene meno. Non ci sarà mai nessun Pataccini che, intervistando un 5 Stelle, o un PdL o un UDC, o un SeL – perché così fan tutti, meno che quelli del PD, a quanto pare- gli farà mai una domanda. Dal momento in cui il politico paga lo spazio televisivo, quest’ultimo si trasforma da informazione a pubblicità del prodotto politico. E la pubblicità è notoriamente acritica, veicola messaggi preconfezionati, tende a procedere per slogan e ad ignorare la realtà.
E’ secondario che a tal scopo siano impiegati i denari dei gruppi consiliari. I 5 Stelle si difendono dicendo che è tutto trasparente, basta controllare sul loro sito. Infatti, nel bilancio 2011, compaiono ben due voci del tipo “Pubblicazioni” denominate “Acquisti spazi su Punto Radio e Rete 7” per una somma complessiva di euro 2223.50. Pochi denari e messi in chiaro. Quel che non è chiaro è la linea politica: da un lato si afferma che la tv è il diavolo, che i 5 Stelle non devono andare in televisione, pena la scomunica del duo Grillo-Casaleggio. Poi si firmano contratti per ottenere spazi pubblicitari veri e propri nelle tv locali. “Il problema sono i talk show nazionali, dove non riesci ad esprimere un concetto, condotti ad arte per disinformare”. Favia preferisce al contraddittorio la possibilità di un mini comizio in tv, senza le fastidiose interruzioni dei giornalisti. In questo aspetto è pienamente allineato con Grillo.
Ma la domanda delle domande è la seguente: che fine ha fatto la presunta superiorità del Web? Il 5 Stelle era un movimento che si sviscerava dalla interazione online più che dalla pubblicistica a pagamento. A questo punto, per i 5 Stelle dell’Emilia-Romagna, il web è un media come un altro, esattamente come per i partiti della vecchia Casta. In quest’ottica, esiste un solo modello informativo unidirezionale, che dai 5 Stelle procede verso gli utenti-elettori, e non viceversa. Già da questi aspetti si deduce che l’orizzontalità è smarrita e il “bisogno” di gerarchia e burocratizzazione si affaccia anche su questa nuova- nuovissima – organizzazione politica.