DL Stabilità, colpita anche la spesa per intercettazioni

Mentre la politica sta implodendo – sì, penso che sia questo il termine più corretto per descrivere lo psicodramma nazionale – il governo procede imperterrito, come un rotativa di stampa, a produrre nuove norme correttive di quelle adottate sinora tanto che risulta quasi impossibile star dietro ai cambiamenti e forse ci vorranno mesi, per non dire anni, a capire e comprendere in profondo gli effetti di questo stravolgimento.

Il DL Stabilità ha occupato le prime pagine dei giornali per quella odiosa norma che riduce le detrazioni fiscali anche per l’anno corrente, il che significa per molti, parlo in special modo per i sostituti d’imposta, dover stornare a Gennaio, in sede di conguaglio, la parte di imposta non versata poiché coperta dalla detrazione. Ma il disegno di legge è una costellazione di norme, spesso da leggere in combinato con quelle oggetto di emendamenti e aggiunte o modifiche di singole parole. Per cui colpisce quel che emerge dalla lettura del comma 11 dell’articolo 3 intitolato “Riduzione delle spese rimodulabili ed ulteriori interventi correttivi dei Ministeri”.

Il decreto 259/2003 è noto con il nome di Codice delle comunicazioni elettroniche. Il comma 2 dell’art. 96 fa riferimento a una sorta di listino prezzi stabilito dal Ministero delle Comunicazioni, contenuto nel D.M. 26 aprile 2001, che è relativo alle intercettazioni effettuate da soggetti specializzati per conto delle autorità giudiziarie. La norma, come ridisegnata dal governo Monti, cancella di fatto il listino prezzi del 2001 e demanda ad un decreto del Ministro della giustizia e del Ministro dello sviluppo economico, da adottare con il concerto del Ministro dell’economia e delle finanze, il compito di determinare le prestazioni obbligatorie a carico degli operatori e il ristoro dei costi, nelle forme di un canone annuo forfettario. E’ di fatto la tanto temuta riduzione di spesa per le intercettazioni. Il comma 12 specifica che l’abrogazione del listino prezzi del 2001 avrà effetto solo nel momento in cui il Ministero della Giustizia approverà il decreto suddetto, questo al fine di evitare un blocco delle attività investigative da parte dei fornitori delle procure. In ogni caso, il taglio che si prefigura non è affatto chiaro ed è soggetto al vaglio del MEF. Ma è implicito che tale modifica abbia lo scopo di raggiungere evidenti obiettivi di spesa, anche se non specificati.

Non credo sia il caso di dare la stura ai profeti dell’indignazione, ma credo che la propensione del governo a tagliare tutto quanto sia tagliabile sia un fatto preoccupante tanto quanto quello di aumentare le tasse ad ogni decreto di carattere economico. Ma quel che più impressiona e che ciò stia avvenendo in un clima di generale caos nella classe politica, distratta dal mercimonio del denaro pubblico a tal punto da non accorgersi che l’erosione della spesa stia oramai procedendo verso il nocciolo delle funzioni vitali della Macchina-Stato. E Monti e soci sono al punto di recidere la giugulare del paese, che è poi l’attività investigativa delle procure chiamate a far giustizia anche di questa marmaglia che passa sotto al nome di Casta. Senza una magistratura inquirente e una giustizia funzionanti, non riusciremo mai a bonificare il terreno pubblico della competizione politica. E resteremo in una sorta di stato comatoso, estremamente bisognosi di un governo tecnico. Bis, magari.

Trattativa / Berlusconi: io dalla parte di Napolitano.

Excusatio non petita, accusatio manifesta, si direbbe. Perché Berlusconi si è sentito in dovere di spiegare ai lettori de Il Foglio, in edicola domani, che lui è dalla parte del Quirinale, che sono stati messi in atto brutali tentativi di condizionare il presidente Napolitano dai quali è assolutamente estraneo.

In questi mesi tormentati il Quirinale è stato oggetto di attenzioni speciali e tentativi di condizionamento impropri ai quali sono completamente estraneo, dei quali sono un avversario deciso» «La frittata non è rovesciabile» – Berlusconi al Foglio di Ferrara secondo il Corsera.

E’ estraneo quindi ai tentativi di condizionamento effettuati da chi? A chi si riferisce? A Ingroia? Berlusconi vuol cavalcare il falso scoop di Panorama. Il quale, più che un tentativo di condizionamento, è sembrato un tentativo di vendere qualche copia in più in quanto delle intercettazioni, nelle paginette patinate del settimanale di casa Mondadori, non vi era nessuna traccia nonostante le anticipazioni del giorno prima dicessero l’esatto contrario, fatto che aveva indotto a pensare a un nuovo colpo del Caimano, come quella volta del caso Unipol e dell’esclamazione di Fassino – abbiamo una banca! – finita registrata su un nastro e consegnatagli nottetempo, come una testa mozzata in un cesto.

In realtà Berlusconi non ha alcun timore di metter becco in questa vicenda, anzi, il progetto era proprio questo. L’articolo bluff di Fasanella è un cavallo di Troia tramite il quale Berlusconi incanala il dibattito sulla “brutalità” delle intercettazioni avendo egli il fine unico di smantellare la legislazione in materia. Era tutto pianificato: il falso scoop e Silvio che si dissocia dalle colonne di un altro giornale apparendo come “amico” del Napolitano intercettato e contro i giudici bruti e violentatori. Un vecchio refrain.

Cosa non è funzionato di questa strategia? Diciamolo chiaramente: Berlusconi è un vecchio arnese. E’ lontano dalla scena politica da almeno settanta giorni e il suo partito è in uno stato comatoso. In secondo luogo, la minaccia della rivelazione del colloquio Mancino-Napolitano è come un grosso nuvolone nero, come una piaga, una maledizione, una miseria. Sapere quel che si son detti è di chiaro interesse storico-politico (fors’anche giudiziario). Ma ai fini della salvezza dello Stato e dei conti pubblici, è certamente deleterio. Mettere Napolitano sull’orlo delle dimissioni in un momento in cui già si deve decidere quando andare a nuove elezioni, se a fine legislatura o in anticipo di qualche mese, senza un leader politico degno di questo nome, senza una coalizione di governo presentabile anche all’estero, senza una legge elettorale che garantisca governabilità e rappresentanza e libertà di scelta, è un colpo mortale per questo paese.

In generale l’operazione ‘ricatto’ è stata un fiasco. Il paese non è pronto a sapere la verità sulla trattativa, sul rischio della secessione dello Stato Bordello, della guerra tutta interna al Sisde e quindi al Viminale, e in un certo qual senso sta rigettando questa politica che si guarda alle spalle, su quel passato torbido ancor tutto da decifrare. Vedere che Berlusconi si è riportato con un guizzo sulla scena solo e soltanto per questioni legate alla giustizia e all’uso delle intercettazioni da parte della stampa, mentre è rimasto ben nascosto quando si è trattato di parlare ai minatori del Sulcis o ai lavoratori dell’Alcoa, o ai terremotati dell’Emilia, è un ennesimo indizio della sua proverbiale inaffidabilità (unfit to lead) nel governo del paese.

Ci avviamo verso l’autunno con un tasso di disoccupazione giovanile di circa il 36% con un trend di crescita che in sette mesi potrebbe portarlo sopra i 40 punti percentuali. Una ipotesi drammatica. Non siamo più nel 1992.

Trattativa, l’articolo di Panorama su Mancino-Napolitano è un bluff

panorama – articolo su mancino-napolitano download

“Baggianate!”, scriverebbe Louis Ferdinand Céline. L’articolo di Panorama a firma di Fasanella è un autentico bluff. Le sbandierate “incredibili rivelazioni” sul caso delle intercettazioni delle telefonate intercorse fra Mancino e Napolitano finite nel fascicolo dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia della procura di Palermo sono un temino banalotto che potrebbe esser scritto da “un bambino di quinta elementare” (cfr. Michele Fusco, direttore de Linkiesta, Rassegna Stampa Radiotre). Non sprecate tempo a cercare il presunto scoop: semplicemente non esiste. Non c’è traccia del contenuto delle intercettazioni, si tratta soltanto di interpretazioni del giornalista che trovano conferma – dice lui – negli editoriali dei vari Ezio Mauro e co.

E in un certo senso ciò è un bene: perché se davvero queste trascrizioni possono – nonostante il segreto – esser lette e trascritte da qualsivoglia giornalista, allora si sarebbe aperto un caso politico-giudiziario – l’ennesimo – senza fine. Una manovra simile avrebbe certamente creato il presupposto per una legge bavaglio, proprio ciò che vogliono dalle parti di Arcore.

Imperdibile però il fondo di Vittorio Feltri su il Giornale. Da collezione…

Trattativa, Panorama pubblica intercettazioni e Berlusconi si vendica di Napolitano

Il settimanale Panorama domani pubblicherà una “ricostruzione” delle telefonate tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino intercettate nell’inchiesta della Procura di Palermo sulla trattativa Stato-mafia. Sì, esatto, Panorama, giornale di casa Mondadori, quindi di proprietà di Berlusconi.

“Ricatto al presidente”, questo il titolo sparato in copertina. Si tratterà comunque di una trascrizione, non delle intercettazioni vere e proprie. Molto probabilmente si tratterà soltanto di alcune brevi frasi, condite di molta dietrologia, relative a quanto interessa al direttore di Panorama, quindi a Mondadori, quindi a Berlusconi, rivelare del dialogo fra l’ex ministro degli Interni e il presidente della Repubblica. Secondo Giuliano Ferrara, si tratterebbe di una ricostruzione “molto ben fatta”. Sui giornali, in queste ore, si vocifera di giudizi imbarazzanti su Berlusconi, su Di Pietro, sui giudici di Palermo. Ma il titolo “Ricatto al presidente” indica che c’è dell’altro. I tipi di Panorama pensano che quelle intercettazioni, non rilevanti ai fini dell’inchiesta, siano state usate per ricattare Napolitano. E naturalmente la procura è colei che esercita la pressione indebita sul capo dello Stato.

L’obiettivo di Panorama, quindi di Mondadori, quindi di Berlusconi, è molteplice:

  1. pubblicare il contenuto delle intercettazioni per stimolare nel capo dello Stato e di conseguenza nel Partito Democratico l’intenzione di limitare l’uso di questo strumento di indagine se non di escogitare sistemi di censura della stampa, stile legge bavaglio;
  2. assestare un colpo secco contro la procura di Palermo che pure indaga sulle transazioni avvenute fra Dell’Utri e Berlusconi per il passaggio di proprietà di una villa il cui valore non collima con le somme scambiate, passaggi di denaro ritenuti invece frutto di una estorsione; di fatto si tratta della medesima procura che indaga sulla trattativa e sui fatti del 1993, anno di nascita del partito Forza Italia, ritenuto da una certa vulgata giornalistica, uno degli esiti del patto di scambio fra la corrente mafiosa non stragista di Provenzano, i carabinieri del Ros e le istituzioni della Repubblica allora guidate da Scalfaro/Mancino/Conso;
  3. e infine, vendicarsi di Giorgio Napolitano, l’uomo che, di nascosto, tramando con i capi di governo di Francia e di Germania, ha deposto Berlusconi.

Il soliloquio di Berlusconi sulle pagine de Il Foglio

Chi rimane a difendere B.? Il fuoco incrociato delle Procure e delle intercettazioni – oggi è uscito l’audio di un dialogo fra B. e Lavitola agli atti di un’inchiesta della Procura di Pescara, sì Pescara, su casi di evasione fiscale multimilionaria – è difficilmente districabile ed ha conosciuto in queste ore un parossismo finora inedito e forse letale. E così, nel pomeriggio, più forte che mai, sono soffiati venti di nuove elezioni. Venti freddi, che spingono le forze politiche a ridurre le distanze, ad unirsi, a collaborare. La nascita del nuovo Ulivo fa il pari con la riemersione dal nulla di Gianfranco Fini. E poi le voci di manovre nel dietro le quinte in preparazione di un partito di Confindustria (hanno già radio e giornale, manca nell’ordine una tv e la politica).

I dubbi di Ferrara circa la condotta privata di B. hanno indotto quest’ultimo a prendere carta e penna (ma si fa ancora così?) e scrivere una lettera all’elefantino. Che anziché sembrare un dialogo in risposta, assomiglia più al soliloquio di un povero vecchio, abbarbicato a quella antica antiquata idea di sé, quella del perseguitato dalla magistratura, dello spiato, del sorvegliato speciale.

Non ho affatto intenzione di respingere una richiesta di testimonianza [scrive B.], che è mio interesse rendere, tanto che ho già inviato una dichiarazione scritta ma che ha, così come congegnata, l’aria di un trappolone politico-mediatico-giudiziario. Pretendo però come ogni cittadino che i magistrati rispettino anche loro la legge. Da tre anni sono sottoposto a un regime di piena e incontrollata sorveglianza il cui evidente scopo è quello di costruirmi addosso l’immagine di ciò che non sono, con deformazioni grottesche delle mie amicizie e del mio modo di vivere il mio privato, che può piacere o non piacere, ma che è personale, riservato e incensurabile. Il problema però è che da tre anni è in atto un mascalzonesco tentativo di trasformare la mia vita privata in un reato (Il Foglio.it).

L’uomo politico Berlusconi torna a marcare quella differenza fra pubblico e privato che è annullata dalla sua stessa presenza in politica. Berlusconi è il privato che si fa pubblico, anzi che occupa il pubblico per perseguire il proprio interesse e piegare l’istituzione a proprio favore. Questa rivendicazione della intangibilità della sfera privata fa ridere. Berlusconi usa costantemente il potere privato per dispensare regalie e alimentare una pletora di cortigiani lustrascarpe. La cosa pubblica è stata impiegata come cosa privata: è stata disposta e manovrata a proprio piacimento, consegnata in mani immeritevoli, al fine di disporre delle medesime come fossero mani proprie.

Nessun uomo di Stato è stato fatto oggetto di una aggressione politica, mediatica, giudiziaria, fisica, patrimoniale e di immagine come quella a cui sono stato sottoposto io. È un trattamento inaccettabile, che si accompagna a una campagna di delegittimazione che punta a scardinare il funzionamento regolare delle istituzioni per interessi fin troppo chiari (ibidem).

E si direbbe altrettanto che nessun uomo politico ha tentato di piegare il reticolo di istituzioni pubbliche costituzionali per la difesa di sé stesso e dell’interesse di bottega. Nessun altro nella Storia ha trasformato un paese in una depandance domestica come ha fatto B. con l’Italia. L’Assurdistan (definizione di Julian Assange) è un paesotto dove comanda un drago a cui si sacrificano vergini (e non) per la sopravvivenza nel difficile mondo degli appalti pubblici.

Lei dice bene: Berlusconi è uno scandalo permanente, perché è scandalosa la pretesa di governare stabilmente un Paese con il mandato degli italiani, è scandaloso che un imprenditore rubi il mestiere a una classe politica fallimentare, è scandalosa la pretesa di fronteggiare la grande crisi mondiale con mezzi e con propositi diversi da quelli tradizionali.

Da quell’età in cui B. si poteva vantare di essere estraneo alla classe politica sono trascorsi diciassette anni. Berlusconi è classe politica. E’ la marcescente senescente classe politica italiana. Corrotta, viziata, che pensa ad arrivare indenne tutt’al più a domani. Berlusconi non è il nuovo: è un settantacinquenne depravato. Avrà avuto pure l’investitura democratica in seguito a libere elezioni, ma essa non è a vita. Le istituzioni restano, l’uomo politico tramonta. E’ la regola di ogni democrazia.

Berlusconi e il Paese di Merda primi in classifica su The Guardian


Ecco B. in vetta alla classifica dei più letti del The Guardian – World News. Non certo perché occupato dalla manovra finanziaria.

La rivolta in IDV: Di Pietro, non svoltare a destra. Disse De Magistris

Che farà Di Pietro? Tradirà le cause del movimentismo di sinistra per logiche elettorali opportunistiche?

Un paio di considerazioni. Punto primo: la scelta di svoltare a destra, o al centro, con il discorso alla Camera e l’attacco a Bersani, è la scelta di un uomo solo. La scelta di un capo partito presa per nome e per conto di tutti gli iscritti e gli elettori. Questo detto da uno che da mane a sera chiede le primarie del centrosinistra, non so se mi spiego. Ha speso anni per far passare il suo partito personale – un partito in forma monarchica – come baluardo della democrazia. Ora compie una svolta politica senza passare per assemblee nazionali o congressi.

E’ l’aspetto più eloquente: IDV già soffriva di discrasia fra la politica romana e la politica nelle amministrazioni locali, spesso in contrasto. Viene alla mente il caso dell’acqua pubblica: Di Pietro inizialmente aveva una posizione che era tutt’altro che purista in fatto di acqua come bene comune. IDV aveva un suo quesito alternativo a quello del movimento e per un periodo – seppur breve – ha fatto concorrenza ad esso nella raccolta firme. Spesso gli amministratori locali hanno facce impresentabili; talvolta stringono alleanze con facce altrettanto impresentabili.

Secondo: l’elettorato che ha fatto la fortuna di IDV ha una provenienza di sinistra ed ha scelto di votare quel partito per le istanze legalitarie (la questione morale) di cui si è fatto carico sin dalla sua fondazione. Annunciare la trasmigrazione al centro è già un mezzo tradimento di quei voti.

Naturale aspettarsi le prime defezioni e critiche:

De Magistris all’attacco: “Tonino stai sbagliando non andare al centro”

Sonia Alfano: Io voglio stare al mio posto, a sinistra

Così la parlamentare europea sul suo blog: “Io credo che certe “decisioni”, che coinvolgono un intero partito e che ne modificano sostanzialmente l’essenza e gli obiettivi, non possano essere prese in solitudine. Credevo che questo partito avesse una linea politica ben precisa, ma scopro che ci si deve spostare dove si trova spazio. Se lo spazio lo si trova a sinistra stiamo lì, mentre se si trova al centro comunichiamo ai nostri elettori che si cambiano idee e programmi e ci si lancia in un limbo per cercare un posto al sole? Non fa per me, e non può funzionare.” (blog Sonia Alfano).

Sulle intercettazioni Di Pietro si riallinea alla posizione storica dell’IDV, ovvero a favore e a tutela di uno strumento indispensabile per le indagini della magistratura. Non sono necessaria altri interventi legislativi: la normativa attuale è già comprensiva degli strumenti necessari a “verificare e valutare quando un’intercettazione può essere fatta, quando depositata, quando può essere utilizzata e quando pubblicata”. Fare una legge – scrive Di Pietro –  per cercare di fermare le indagini oppure l’informazione, il diritto a essere informati e a informarsi dei cittadini, è un modo per favorire la criminalità e per nascondere la verità agli italiani. Certo c’è differenza dai toni impiegati un anno fa, quando si profilava l’approvazione della legge bavaglio:

Di Pietro: “Intercettazioni vietate? E noi le leggiamo in Aula … 21 Aprile 2010
Antonio Di PietroIntercettazioni: continueremo a resistere 10 Luglio 2010
Intercettazioni
Di Pietro: “Berlusconi è la malattia” 21 Febbraio 2010

Oggi niente strilli: un tono pacato, un tono da leader. Ma è veramente proponibile una sua candidatura alle primarie del centrosinistra?

Soro (PD): intercettazioni, ci vuole un codice deontologico per la stampa

Lo scorso 20 Aprile, Antonello Soro, deputato del PD, ha annunciato un ddl che introduca, nell’ambito legislativo che regolamenta il trattamento dei dati personali relativi a indagini di polizia e a procedimenti giurisdizionali, un codice deontologico per la stampa.

Nella relazione di Antonello Soro si sottolinea che le intercettazioni sono utili per l’attività investigativa, ma non si possono ‘disconoscere gli effetti perversi della diffusione su stampa e tv’. ‘Occorre porre un limite e tuttavia, la risposta non puo’ venire da soluzioni meramente repressive’ (ANSA.it).

No alla repressione, sì alla censura? In attesa di commentare il testo di questa nuova proposta legislativa farlocca del PD – ma Bersani cosa ne pensa? qualcuno glielo domanda? – ricordate che Soro era capogruppo PD alla Camera in quella disgraziatissima votazione sullo Scudo Fiscale nel 2009, quando il testo del governo passò grazie alle assenze del PD.

E B. disse: diremo che abbiamo aiutato Ruby perché avevamo pena di lei

Pena di lei. Questa la giustificazione. E che una si dà la patente di puttana da sola? No, dice B. al telefono con l’igienista (mentale?) dentale, diremo che l’abbiamo aiutata perché avevamo pena di lei:

Ruby racconta di registrazioni mai effettuate per giustificare la confessione. Ruby non ha potuto negare l’evidenza dinanzi al magistrato. Un fatto che ha mandato all’aria la gestione del caso da parte della segreteria di Berlusconi, già in opera per costruire false testimonianze:

Questo fa presupporre anche il reato di corruzione di testimone. Un recidivo, B.: ricordate Mills? Nella sua storia è arrivato sino a corrompere giudici – vedi caso Squillante. Quanto pubblicato in questi giorni sui giornali potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Potrebbe esserci tanto di quel fango e di quella melma nei brogliacci delle intercettazioni, da far impallidire tutti gli scandali sessuali del mondo. Non conosciamo per nulla le torbide profondità di Arcore. Possiamo solo impressionarci per quel poco che ne emerge.

Intanto sembra che Ruby voglia davvero costituirsi ‘parte civile’. Sarebbe la svolta per un processo che ancora deve cominciare.

(Immagini tratte dal Corriere della Sera, 05/04/2011).

Ruby Gate, le nuove carte che inchiodano Berlusconi

Sì, B. è sepolto sotto una montagna di carte e non lo sa. E’ una montagna di fango, la stessa che ha coltivato a lungo, come sua corte, e che ora gli tracima addosso come quando capitano le alluvioni.

Le oltre 250 pagine inviate oggi dalla Procura di Milano alla Giunta per le Autorizzazioni sono aggiornate a non più di dieci giorni fa, quando lo scandalo era già in divenire. Impressionante il livore della Minetti, la preferita, l’igenista dentale promossa a consigliere regionale per meriti sul “campo”, verso lo stesso Berlusconi, colpevole di averla scaricata.

Quelli che seguono sono alcuni estratti, a cui ne faranno seguito certamente altri nel corso della notte.

Da un verbale 15/1/2011MakDoum Maria: “giugno 2010 lele mora mi chiese se ero interessata a partecipare ad una serata ad arcore presso la residenza del pres consiglio e se sapevo ballare la danza del ventre e se volevo fare parte del suo harem. Mi trasferì a casa sua da giugno ad agosto.
Mi sono recata ad arcore a luglio. Alla partenza da viale monza c’erano altre ragazze. Le vetture erano……….. prima di arrivare ad arcore si sono materializzate da una stradina laterale delle autovetture con i contrassegni della polizia di stato. Si trattava di una sola macchina con un lampeggiante.
Ognuna di noi si è seduta per la cena dove voleva. Finita la cena il pres disse: “e ora facciamo il Bunga Bunga” e spiegò che cosa era, cioè una cosa sessuale. Lei fa la danza del ventre. Le De Vivo in mutante e reggiseno. Il presidente le toccava e loro lo toccavano nelle parte intime. E si avvicinarono anche a Emilio Fede che le toccava il seno e altre parti intime. Poi la ragazza brasiliana con perizoma ballava la samba in maniera hard.
Il presidente le toccava il seno e altre parti intime.
Anche le altre ragazze ballavano facendo vedere il seno e il fondo schiena, tutte loro si avvicinavano al presidente che le toccava nelle loro parti intime. Sono rimasta inorridita. Se avessi saputo prima quello che si faceva alla villa non sarei andata. Mora: per entrare nel mondo dello spettacolo bisogna pagare un prezzo, cioè vendere il proprio corpo. Gli dissi che non sarei mai stata disposta: sono rimasta emarginata. Ho raccontato a Ferrigno

Il seguito su Il Post Viola

Il Giornale vs. Marcegaglia: ecco le telefonate fra Porro e Arpisella

Rispondente al sondaggio di Yes, political!:

Il Fatto Quotidiano pubblica l’audio delle telefonate intercorse fra Porro e Arpisella. Ascoltate:

Intercettazioni, verso il voto di fiducia. La diretta streaming dall’Aula

Aggiornato:

Il ddl intercettazioni alla prova dell’Aula del Senato: il governo pone la questione di fiducia. Ore 11.30, dichiarazioni di voto, voto a seguire.

Senato – la diretta streaming dall’aula – sul player del tuo pc

Se non funziona l’audio, link alternativo: Senato.it

Il Governo ha così posto la questione di fiducia: si voterà domani, alle ore 11.30, con diretta televisiva (questo player continuerà a funzionare anche domani – seguendo su Yes, political! potete anche far pervenire il vostro commento).

Oggi il ministro Vito, (rapporti con il Parlamento), ha così esordito: il ministro “a nome del Governo, pone la questione di fiducia sull’approvazione dell’emendamento 1.1000, interamente sostituivo del testo dell’articolo unico del disegno di legge n. 1611. (Vivaci commenti e applausi ironici dai Gruppi PD e IdV)” Resoconto in corso di seduta – Senato.it). Dopo le pressioni della senatrice Finocchiaro (PD), il ministro ha affermato che l’apposizione della questione di fiducia è stata autorizzata dal Consiglio dei ministri nella seduta del 29 maggio. Il mistero della fiducia si infittisce.

Innanzitutto, il giallo della data: il 25 o il 29 maggio? Il ministro Vito si contraddice. In aula dice il 29 maggio, in conferenza capigruppo, il 25 maggio. Il 25 maggio è la data dell’ultimo Consiglio dei Ministri. Nel comunicato stampa non v’è traccia di questa decisione. Come ha sottolineato la Finocchiaro, “il 25 maggio il testo sul quale sarebbe stato eventualmente apposto il voto di fiducia non è quello recato dal maxiemendamento che il Governo ha avuto la premura di consegnarci in Conferenza dei Capigruppo, non è quello che è in discussione oggi in Aula, non quello precedente; probabilmente, è quello precedente ancora”. La Finocchiaro insiste sull’aspetto della legittimità del voto di domani: è veramente assistito da una specifica autorizzazione del governo? Può esserlo l’autorizzazione rilasciata il 25, quando ancora non si sapeva degli ulteriori emendamento e del maxi-emendamenti finale, frutto della trattativa con i finiani? Il dubbio non è stato ancora sciolto.

Questo il calendario per domani:

Giovedì 10 giugno (9,30)

  • Seguito ddl n. 1611 – Norme in materia di intercettazioni telefoniche (Approvato dalla Camera dei deputati) (*)

(*) Le dichiarazioni di voto sul ddl n. 1611, con trasmissione diretta televisiva, avranno luogo a partire dalle ore 11.30.

La mancata nomina di Ignazio Marino a Bologna è lo spettro dell’insano rapporto sanità e politica.

(La risposta di Marino affidata a un video di Youtube).

Intercettazioni casuali eseguite per un’altra inchiesta hanno smascherato uno strano affare che si svolgeva mesi fa, a Bologna, quando il contratto fra l’Ospedale S.Orsola e il senatore chirurgo Ignazio Marino era in fase di perfezionamento. Proprio nei mesi caldi delle primarie del PD, quando il senatore decise di gettarsi in una sfida impossibile. I due interlocutori si lasciarono andare a certe frasi inequivocabili: “i vertici regionali sono schierati con Bersani e Marino non è più gradito, qua”; “ha fatto una scelta politica che lo ha messo in una certa luce rispetto all’entourage di questa zona”; “ufficialmente […] hanno detto tutte minchiate”; “Marino ha fatto una mossa che gli ha tagliato le gambe”.

Così funziona la sanità in Italia: se fai scelte di un certo tipo, sei tagliato fuori. Non sei in sintonia con l’entourage “della zona”. Si capisce. E i malati di Marino dove dovrebbero farsi operare? “Non certo a casa mia”, risponde uno degli intercettati, un chirurgo pure lui. Ciò vi fa capire che la gestione del servizio pubblico – che sottende a un diritto fondamentale dell’individuo, e sottolineo dell’individuo – è fatta sulla base di concetti quali la fiducia politica, la collateralità, il rapporto relazionale, lo scambio di favori, e così via. Non rientrano nei criteri di scelta né l’efficienza del servizio, né l’economicità. Marino aveva infatti richiesto un compenso per ogni intervento – Marino opera chirurgicamente sui fegati – di solo 1.500 euro. Lo rivelano gli stessi protagonisti delle intercettazioni.

E chi sarebbe l’artefice di tali pressioni? Chi la mano invisibile che ha escluso il senatore dalla nomina a Chirurgo del S. Orsola? Forse la stessa mano che allungò i documenti patacca dell’UPMC, l’università-ospedale di Pittsburgh per il quale Marino prestava servizio sino a qualche anno fa, documenti che accusavano Marino di false note spese, pubblicati su Il Foglio di Giuliano Ferrara proprio l’indomani della presentazione della mozione terza? Questa mano invisibile è pratica nel gestire la disinformazione, gettando il fango in faccia all’avversario. Un metodo sporco, da stalinisti della peggior specie.