C’è sempre un piano B

C’è sempre un piano B

E’ super segreto, tanto che ne parla pure Repubblica. Ma Renzi avrebbe in tasca, ah no – nel cassetto, la soluzione all’impasse creatasi sulla riforma del Senato dopo le dichiarazioni di Berlusconi di qualche giorno fa. Quindi, riassumendo: stavate dicendo che una riforma elettorale, ancorché pasticciata, poteva essere approvata solo e soltanto dopo la riforma del Senato, ovvero la sua cancellazione, ovvero la sua trasformazione in Assemblea dei sindaci, o in Senato delle autonomie, rigorosamente non elettivo ma avente funzioni di camera di controllo sia sull’iter legislativo ordinario che su quello costituzionale, pieno zeppo di nominati (dalle Regioni; dal Presidente della Repubblica), spacciando tutto ciò come doveroso ammodernamento – in nessun sistema parlamentare moderno vige un bicameralismo paritario come il nostro –  e ora, dopo aver tentato di minacciare elezioni anticipate, o di proseguire per proprio conto (e con che numeri?) con la riforma Italicum, dinanzi ai presunti alleati (che non sono) pronti a defilarsi man mano che si avvicinano le elezioni europee, ecco spuntare l’alternativa: un piano B, che sta a significare, sì stavo per fallire e dal momento che ho promesso di ritirarmi se dovesse succedere tale evenienza, allora estendiamo l’applicabilità della nuova legge elettorale (e tutto il pacchetto di distorsioni della rappresentanza che contiene) al Senato. Bella idea: ricordo che il testo originario già conteneva tale proposito e un emendamento a firma D’Attorre l’aveva proditoriamente cancellato, aprendo la strada per l’aggancio della modifica della legge elettorale alla riforma del bicameralismo paritario. Tutto questo perché il 2018 non può essere anticipato. Questione di credibilità. O presunta tale.

[Ecco, sarà colpa dei gufi]

Decreto Powerpoint

Ieri l’annuncio in pompa magna. Il tanto agognato pacchetto di misure che Matteo Renzi intende introdurre è pronto. Ci sono le cose arcinote della famosa infografica diffusa a Gennaio. La Svolta buona è l’annuncio dell’annuncio. Ed è incredibile poiché forse per la prima volta un Consiglio dei Ministri approva non un decreto legge o un disegno di legge, bensì una “relazione”: così è scritto nel comunicato divulgato ieri sera. E’ il primo Decreto Powerpoint. Al posto dei commi, il pesciolino rosso nella boccia, il cielo lindo, i compiti a casa con tanto di bambino piegato sul banco. Le parole sono poche e ridotte all’osso, manca il dettaglio, manca l’effettività.

Scrive Massimo Gramellini che la “sua parte snob ha sorriso schifiltosa alla vista dei cartelloni, una via di mezzo tra una pubblicità Esselunga e il catalogo Postalmarket” (Buongiorno del 13/03/2014). Ma è lo stesso Matteo Renzi a rivelare tutta la vacuità dei cartelloni e delle slide: “queste norme”, dice, entreranno in vigore dal 1 Maggio. Trascurabile che non siano affatto norme, bensì pure indicazioni, talune anche errate o difformi da quanto messo in pratica sinora.

Come le due slide dedicate alle riforme, quella elettorale e quella del Senato. La prima:

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Posto che il ddl Italicum è stato approvato alla Camera con l’iter che sappiamo (difesa strenua dell’accordo con Berlusconi, rinuncia alla parità di genere, rinuncia alla norma sul conflitto di interessi), nel testo della legge è fin troppo evidente che la correlazione dei candidati al territorio non esiste affatto, anzi. Liste bloccate, candidature multiple e riparto dei seggi nazionale, fanno sì che un voto espresso in Puglia possa servire ad eleggere un candidato del collegio di Bergamo. Grado di correlazione eletto-elettore pari a zero. Alcune ombre di incostituzionalità, fra l’altro, gravano sulla possibilità per un candidato di presentarsi in più collegi.

In secondo luogo, lo stop ai ricatti dei partitini è del tutto velleitario. Se si riferisce a NCD, ebbene, è proprio quel partitino ad essere la gamba che regge il tavolo sghembo della maggioranza che ha votato il governo Renzi (e prima il governo Letta). L’aiutino che l’amico Alfano fornisce, evidentemente, val bene qualche ricatto. E aggiungo: la genesi di NCD è puramente parlamentare. I partitini, di solito, in periodo elettorale, si alleano con i partiti di riferimento e così riescono a sopravvivere alle durissime soglie di sbarramento. Una volta in aula sono liberi di riprendere la propria autonomia politica.

ImmagineSenato: cosa sarà il nuovo Senato? Quali compiti avrà? Sarà una seconda camera di rappresentanza territoriale, secondo il modello federalista? Se sì, allora dovete sapere che nei modelli federalisti il Senato ha proprio il potere di controllo sulla legge di bilancio, che nel progetto renziano invece si vuole sottrarre. Il Bundesrat tedesco, l’organo federale attraverso il quale i Länder partecipano al potere legislativo e all’amministrazione dello Stato federale:

  1. partecipa al procedimento di revisione costituzionale;
  2. dispone del potere di iniziativa legislativa, al pari del governo federale e del Bundestag; con una differenziazione sulla base del tipo di legge, il suo voto è vincolante oppure no;
  3. legifera, specie per i temi che riguardano i Lander, soprattutto per la parte finanziaria ed amministrativa;
  4. in caso di voto in contrasto con quanto espresso dal Bundestag, può essere attivata la Camera di conciliazione.

L’esempio che vi ho portato è – grosso modo – un esempio funzionante. Ciò che è stato proposto è invece un monocameralismo spurio, in cui la seconda camera interviene con pareri non vincolanti, ed è pertanto del tutto superflua. Ci si vanta della cancellazione di 315 stipendi senatoriali, ma si mantiene aperta la struttura del Senato. Per non votare nulla e non produrre alcun provvedimento. Un mausoleo. A che serve?

Per far funzionare l’iter legislativo si deve intervenire sul bicameralismo perfetto, correggendo il “perfetto” e istituendo procedure semplificate di approvazione delle leggi per un catalogo finito di materie. Per altre – penso ad esempio alle modifiche costituzionali – il procedimento rafforzato previsto dal 138 deve rimanere com’è.

Tutto questo non è stato detto altrove, se da Civati, in un post in cui parla fra l’altro della pericolosa “ghigliottina parlamentare” che la riforma costituzionale vorrebbe assegnare nientemeno che al governo: http://www.ciwati.it/2014/03/13/o-me-o-il-senato/

 

 

Il frutto delle Primarie

frutto

Sarebbe l’accordo Italicum. Renzi ci sta dicendo che abbiamo speso mesi di campagna congressuale non per dare una segreteria – e una linea politica – al Partito Democratico, bensì per stringere un accordo per le riforme elettoral-costituzionali con Berlusconi. E ce l’avevamo già un accordo simile. Il governo Letta I, cosiddetto delle Larghe-Larghe Intese, era sorretto dalla mirabile promessa delle riforme ad opera del Comitato delle Riforme, che a sua volta sarebbe passato per la riforma dell’articolo 138, un fantastico stratagemma per tirare a campare e oltretutto una miniera d’oro per gli sfruttatori di indignazione a scopi editoriali.

Detto ciò, l’Infografica diffusa ieri dallo staff del Sindaco-Segretario, comincia con un proposito, ‘Facciamo chiarezza’, poiché evidentemente è necessaria l’interpretazione autentica dinanzi alle dure critiche ricevute da dentro il Partito. Facciamo chiarezza: Renzi si presenta per Renzi e non per il Segretario. Il Partito è ancora quella cosa dalla quale prendere distanza. “In questi giorni tanto parlano di strani accordi”, continua. Tanto parlano, gli altri, mentre lui arriva con l’accordo che non è strano ed appunto lo saprete perché lui può chiarirvi le idee, non le parole eccessive udite sinora.

L’accordo è il frutto ed è già avviato. Mi avete votato, questo sforzo ha prodotto qualcosa che si è già avviato. Badate bene a questa narrazione e ai simboli: il frutto è concretezza, è visibile, tangibile: è sul ramo che matura. La parola è confusione, è il ciancicare di una moltitudine scomposta. Da una parte chi lavora; dall’altra chi fa filosofia. L’immedesimazione è ricavata sul frame della produzione: chi produce, fa fatica, ma porta a casa un risultato. Il politico parla, quindi non fa fatica. Non ci spostiamo un millimetro dalla dicotomia Casta-Popolo. Una riedizione della sempiterna metafora berlusconiana dell’uomo che, tramite il lavoro (imprenditoriale), si è fatto da sé ed è estraneo alle liturgie del sistema. Come può Renzi, che è un politico da molti anni, presidente prima della Provincia poi primo cittadino del Comune di Firenze, farsi riconoscere come espressione dell’antitesi alla classe politica? La narrazione della rottamazione è slittata in un significato più largo che trova eco su un’antica opposizione, quella fra Stato e società civile.

L’abilità del Sindaco-Segretario è appunto quella di farsi percepire come fattore emergente ed esogeno al partito-casta. C’è un prima, fatto di una classe di inamovibili; c’è un poi, nel quale l’élite è spazzata via e sazia la sete di rivalsa del Popolo. Tutto l’accordo dell’Italicum è orientato da questa necessità: l’eliminazione del Senato non è reale, il Senato verrà declassato a camera non elettiva, i suoi componenti saranno nominati per via indiretta dalle istituzioni locali. Ma l’infografica renziana spiega che l’amputazione della Camera più alta, che esprime la seconda Carica dello Stato, renderà le leggi più veloci (anche quelle cattive?), permetterà la riduzione dei parlamentari e soprattutto il risparmio delle spese di funzionamento. Spenderete meno per la chiacchiera, viene detto. La parola è improduttiva, quindi non è necessario spendere per essa. Le leggi devono essere veloci: velocemente ideate e velocemente approvate, esattamente come per un prodotto. Bisogna arrivare primi sul mercato e spiazzare la concorrenza. Non è richiesto che la legge sia giusta o ingiusta, ciò che importa è che essa diventi tale con il minimo costo.

Definitiva, la chiusura: “Molti di quelli che criticano sono gli stessi che non hanno fatto nulla in passato”. E continua: “è ora di dimostrare” (con i frutti) “che cambiare si può e si deve”. L’Italicum porta il cambiamento, e se il cambiamento prevedesse di riprendere pari passo alcune soluzioni del Porcellum, ovvero il torbido passato, allora il passato non esiste.

[per chi non l’avesse ancora letta Infografica_Italicum]

L’infelice #Italicum

Al di là degli psicodrammi sulla visita al Nazareno del Nemico Pubblico Numero Uno (con il quale il Pd ha – purtroppo – governato dalla fine del 2011), ciò che conta, dal mero punto di vista politico, sono due aspetti: uno prettamente legato al metodo, l’altro alla questione più tecnica del contenuto della proposta di legge elettorale.

Comincio dal secondo. Facendo riferimento all’analisi pubblicata oggi da Civati con il contributo di Andrea Pertici, il premio di maggioranza posto al raggiungimento del 35% dei suffragi è sproporzionato e irragionevole; il ballottaggio di coalizione si somma agli effetti distorsivi dello sbarramento, riducendo ulteriormente la rappresentatività; le liste sono nuovamente bloccate e la ripartizione nazionale dei seggi le unificherebbe in un unico listone nazionale, vanificando qualsiasi collegamento eletto-elettore. Inoltre, questo disegno di legge riguarda la sola Camera dei Deputati: nell’Italicum non è prevista alcuna norma per quanto concerne il Senato. Si è voluto collegare la nuova legge elettorale alla riforma costituzionale del Senato non elettivo. Un azzardo inutile. La “cancellazione” del Senato deve avvenire giocoforza sulla base del dettato costituzionale dell’articolo 138. I tempi non sono certi. Se la linea del consenso trovata è quella fra Pd e Forza Italia, non si capisce perché gli altri componenti della attuale maggioranza dovrebbero essere clementi nei confronti di questo complesso di riforme. Ergo, la riforma di Renzi è attesa al soglio di Montecitorio (e sappiamo di che palude si tratti). Tanto più che, recentemente, un precedente tentativo (non si sa quanto serio), spacciato per una riforma istituzionale ma incuneatosi in una torbida modifica al 138, è finito sul consueto binario morto (insieme a tutto l’armamentario di buone e buonissime intenzioni, finanche il cambiamento del Porcellum), con buona pace di tutti.

Appunto, il metodo. A parte lo scazzo (termine tecnico) con Cuperlo, la frase “Nessuna modifica o salta tutto” lascia ben intuire che verso abbia preso il #cambioverso. A che serve la Direzione? A che servono gli organi di un partito, se la discussione è messa in un angolo? Non si può modificare nulla? Allora perché se ne è parlato oggi? Per un patetico e formalistico voto? Quale può essere il contributo della minoranza se ciò che dice il Segretario è lettera scritta immodificabile?

Il ricorso alla speciosa argomentazione che un milione e settecentomila persone ti hanno dato un voto non giustifica l’azzeramento della dialettica interna. Questo valeva ai tempi di Bersani, e vale ora. Ancora di più, se possibile.