Lista PdL Roma, nuovo stop. Ancora ricorsi al Consiglio di Stato. Berlusconi vuole la Piazza il 20 Marzo. Legittimo Impedimento al voto di fiducia.

Il caso della lista PdL romana si aggroviglia su sé stesso. Il Tar del Lazio ha pubblicato oggi le motivazioni della prima esclusione: il decreto è inapplicabile nella fattispecie poiché il Lazio ha esercitato la propria competenza legislativa concorrente in materia di elezioni attribuitagli in forza dell’art. 122 della Costituzione con la legge 13 Gennaio 2005. Il decreto fa invece, giocoforza, riferimento alla vecchia legge elettorale statale 17 febbraio 1968, n. 108 e alla legge 23 febbraio 1995, n. 43. Molto probabilmente, l’Ufficio Centrale Elettorale della Corte d’Appello di Roma, nella sofferta decisione di oggi di respingere nuovamente la lista PdL ripresentata ieri ai sensi dell’art. 1 comma 4 del decreto salvaliste n. 29/2010, non ha potuto che constatare l’inapplicabilità della norma e respingere la richiesta di riammissione.
Ora tenteranno la via del Consiglio di Stato. Berlusconi preme per portare i propri sostenitori in piazza il 20 Marzo. Oggi l’iter in Senato del ddl sul Legittimo Impedimento, prima ingolfato dagli innumerevoli emendamenti ostruzionistici del PD e di IDV, ha subìto una accelerazione che passa però per due voti di fiducia, poi nella delibera finale del provvedimento. L’aula voterà domani a partire dalle ore 17. Il governo non teme imboscate da alcunché. I finiani stanno tutti in riga per la figuraccia romana.
Diverso il caso del listino Formigoni, riammesso dal Tar lombardo. Oggi sono state depositate le motivazioni:

“Nel merito – scrivono ancora i giudici amministrativi – i ricorsi sono stati ritenuti fondati ed accoglibili alla luce dell’articolo 10 della legge 17 febbraio 1968 n.108 e successive modifiche, che regola l’attività dell’Ufficio centrale elettorale presso la Corte d’appello”. Il Tar spiega che questa norma “regola altresì in modo preciso e puntuale i termini per gli eventuali ricorsi contro le sole eliminazioni di liste o candidati, che i delegati delle liste o dei candidati esclusi possono effettuare entro e non oltre le 24 ore (termine decadenziale)”.

“Consumati tali termini – spiegano ancora i giudici – anche l’Ufficio centrale non ha più alcun autonomo potere di procedere ad un riesame di profili già oggetto di verifica e non censurati dai soli soggetti legittimati (delegati di liste o di candidati eliminati)”. “Pertanto – sottolineano  – nel caso della lista ‘Per la Lombardia’, che era già stata ammessa alla competizione elettorale del 28 marzo del 2010, l’Ufficio centrale aveva ormai esaurito i suoi poteri di controllo e di decisione”.Elezioni, il Tar lombardo conferma riammissione della lista Formigoni | Milano la Repubblica.it

Il Tar non ha considerato il decreto salvaliste, ma ha rilevato che il ricorrente, nella fattispecie, era il delegato di una lista avversa al listino Formigoni che a sua volta contestava il ricevimento della lista medesima. In sostanza, il ricorso era irricevibile. Doveva essere presentato al Tar, immediatamente. L’art. 10 disciplina solo i casi di ricorso contro decisioni di esclusione. L’Ufficio Centrale Regionale non ha escluso la lista Formigoni, l’ha invece accolta in prima istanza. Era pertanto incompetente a giudicare sul ricorso dei Radicali, i quali, a loro volta dovevano ricorrere al Tar.
Il caso dimostra come la giustizia, pur con i suoi lunghi tempi, è autocorrettiva. E che il decreto salvaliste, almeno nel caso lombardo, era assolutamente superfluo.
Questo il testo dell’articolo:

Legge 17 febbraio 1968, n. 108

“Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale.”
TITOLO III – Procedimento elettorale
  • art. 10. Esame ed ammissione delle liste – Ricorsi contro l’eliminazione delle liste o di candidati.
    • Contro le decisioni di eliminazione di liste o di candidati, i delegati di lista possono, entro 24 ore dalla comunicazione, ricorrere all’Ufficio centrale regionale. Il ricorso deve essere depositato entro detto termine a pena di decadenza, nella cancelleria dell’Ufficio centrale circoscrizionale. Il predetto Ufficio, nella stessa giornata, trasmette, a mezzo di corriere speciale, all’Ufficio centrale regionale, il ricorso con le proprie deduzioni. L’Ufficio centrale regionale decide nei due giorni successivi. Le decisioni dell’Ufficio centrale regionale sono comunicate nelle 24 ore ai ricorrenti ed agli Uffici centrali circoscrizionali. (fonte: Legge 17 febbraio 1968, n. 108 “Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale.”).

Il decreto non salva la lista PdL a Roma. Polverini senza partito. Per Formigoni ancora aperta la questione ineleggibilità.

Il Tar del Lazio respinge il ricorso del PdL contro la sua esclusione per la mancata presentazione della lista nei termini temporali consentiti. Secondo il Tribunale Amministrativo, non c’è prova che l’incaricato per la presentazione delle liste PdL della Provincia di Roma avesse con sé la necessaria documentazione. Il decreto? Non è servito a nulla.

L’articolo 1, comma 1, infatti, reca scritto che “il rispetto dei termini orari di presentazione delle liste si considera assolto quando, entro gli stessi, i delegati incaricati della presentazione delle liste, muniti della prescritta documentazione, abbiano fatto ingresso nei locali del Tribunale”. Sempre al primo comma, si specifica che “la presenza entro il termine di legge nei locali del Tribunale dei delegati puo’ essere provata con ogni mezzo idoneo”. Si sono dimenticati della documentazione. Ovvero di fornire prove certe al Giudice Amministrativo che il delegato alla presentazione liste portasse con sé i documenti al momento in cui entrava nei locali del Tribunale.

Niente paura, però. L’art. 1 comma 4 lascia comunque aperta la possibilità per il PdL romano di presentare le proprie liste “dalle ore otto alle ore venti del primo giorno non festivo successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto”. Vale a dire entro domani. Questa norma equivale a una vera e propria riapertura dei termini. Ma qualche dubbio “interpretativo”, il comma 4 lo apre. Rivediamolo:

Per le medesime elezioni regionali i delegati che si siano trovati nelle condizioni di cui al comma 1 possono effettuare la presentazione delle liste dalle ore otto alle ore venti del primo giorno non festivo successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto.

Le condizioni del comma 1 quali sono? I delegati sono entrati negli uffici preposti con la necessaria documentazione. Ma la sentenza del Tar dice che non c’è prova. Domani l’Ufficio Elettorale Centrale che deve fare? Come deve considerare il delegato PdL che riporta la lista al suo cospetto? Rientra o no nel comma 1? Per il Tar no. Quindi la lista PdL è nuovamente impresentabile. Un bel pasticcio. Chi se ne è accorto è Maroni: “il decreto non serve a niente”, ha dichiarato oggi. C’è aria di posticipazione delle elezioni per far in modo che l’iter giudiziario si concluda con il giudizio definitivo al consiglio di Stato.

Intanto, in Lombardia, un certo stupore proviene dalla Corte d’Appello per le motivazioni del Tar sul ricorso Formigoni-PdL: l’ufficio elettorale che domenica scorsa aveva ritenute valide le firme del listino Pdl non poteva modificare la sua decisione. Di fatto, il Tar ha applicato il comma 3 del decreto salva-liste: “le decisioni di ammissione di liste di candidati o di singoli candidati da parte dell’Ufficio centrale regionale sono definitive, non revocabili o modificabili dallo stesso Ufficio”. Pazienza se finora si sia proceduto diversamente. Sono decine ogni anno le occasioni in cui le Corti d’Appello apllicano il cosiddetto principio di autotutela: “il principio di autotutela è chiarissimo: vuol dire che fino a quando l’ufficio elettorale non si spoglia della sua funzione, ha tutto il diritto di rivedere le proprie decisioni. E questo è successo, senza scandali, tantissime volte” (fonte: La Repubblica.it – Milano).

Savino Pezzotta, candidato Governatore in Lombardia per l’UDC, ricorda a tutti che Formigoni, ai sensi della legge 165/2004, art. 2, comma 1, lett. f, è ineleggibile. Il Tar deciderà sui ricorsi UDC e Radicali non in tempo per le elezioni. Formigoni verrà eletto sub judice. Ieri flash mob del Gruppo Facebook “No Formigoni Day”, coordinato da Fausto Renzi, ex Coordinatore Nazionale Popolo Viola e ora candidato consigliere regionale nella lista Italia dei Valori circoscrizione di Milano e Provincia, per le vie di Milano. L’evento ha trovato spazio persino sulla prima pagina di La Repubblica Milano.

Flash Mob Viola contro il de-cretino salva liste. Crisi della Democrazia e ritorno del Leviatano.

Ieri notte, una volta diffusasi la notizia della firma di Napolitano al decreto “interpretativo” salva liste PdL, sul web si è innescato il tam tam viola. Cento persone hanno organizzato un flash mob davanti al Quirinale, in segno di lutto per la morte della Democrazia. Stamane il sit-in si è spostato davanti al Parlamento.
Nessun riferimento all’accaduto, alle manifestazioni spontanee, sulle copie dei giornali nelle edicole: taluni nemmeno recavano la notizia della firma del Presidente della Repubblica. Internet è stato nettamente più veloce. Facebook, l’agorà virtuale in cui è partita la discussione.
Durante l’edizione delle 20 di ieri sera del TG1, la notizia del probabile decreto è stata corredata di un servizio sul presunto dibattito fra giuristi della scuola formalista e giuristi della scuola sostanzialista, rimestando nella eterna guerra fra formalismo giuridico e giusnaturalismo; secondo il TG1, la vicenda della esclusione delle liste PdL è un caso di formalismo giuridico, in cui la norma è applicata al di là del suo contenuto, al di là della considerazione etica giusto/ingiusto. La legge prevede l’applicazione della norma secondo la quale una lista elettorale debba essere esclusa se presentata oltre il termine stabilito. Una norma “ingiusta”, poiché limiterebbe il diritto di elettorato passivo, secondo il Governo, preminente rispetto alle norme della legge elettorale medesima.
I formalismi giuridici (e i formalisti), secondo questa interpretazione, costituirebbero un limite alla rappresentanza politica, quindi alla democrazia. Qualcosa da combattere, insomma.
Questa inversione di significati, l’ennesima, confligge con l’idea di democrazia che parte dalla legalità, dal concetto che la sovranità (popolare) non è assoluta, ma è esercitata “nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1, comma 2, Costituzione Italiana). La legge è quindi un limite per l’esercizio della sovranità. Non si capisce perché non lo debba essere per l’esercizio del diritto di elettorato passivo. La legge regola le modalità con cui il diritto di elettorato passivo debba esprimersi. Il decreto salva liste sospende la legge e trasforma questo diritto in un diritto assoluto, che trova applicazione nonostante la legge. Un vero attacco alla democrazia. Tanto più che il decreto viene varato quando sono in corso i dibattimenti al Tar sui ricorsi presentati dai candidati esclusi. In questo modo, la parola viene strappata ai giudici, non più liberi di decidere serenamente, non possono che obbedire alla rappresentanza del “popolo sovrano”, che governa per decreto abrogando ogni limite legale a sé stessa. Questo è un orrendo mostro che deve essere fermato: un mostro che – chi ha letto Thomas Hobbes ne sa qualcosa – ha le sembianze del Leviatano.

Lista Formigoni, respinto il ricorso. Elezioni Lombardia a rischio posticipo.

Come era previsto, l’Ufficio Centrale della Corte d’Appello di Milano, tornato a pronunciarsi sulla ammissione o meno della lista di Formigoni, ha ribadito il proprio giudizio sulle irregolarità nelle firme raccolte. Formigoni è ancora una volta “fuori” dai giochi. Ora cosa accadrà? Proviamo a immaginarlo:

  1. Con una buona dose di probabilità, i pidiellini lumbard ricorreranno al Tar:
    Il vice coordinatore regionale del Pdl, Massimo Corsaro, annuncia l’intenzione di ricorrere al Tar, dopo il rigetto del ricorso presentato dalla lista di Roberto Formigoni per chiedere la riammissione alle elezioni regionali. “Questa decisione -spiega Corsaro- è stata presa dalle stesse persone che avevano deciso due giorni fa e quindi, in qualche modo, poteva essere attesa. Adesso ricorreremo al Tar e siamo molto sereni sulla decisione finale”. “Adesso ne parleremo con il presidente Formigoni, ma l’unico rimedio contro questa decisione è il ricorso al Tar. Sappiamo che abbiamo ragione” dichiara Giancarlo Giorgetti, segretario della Lega Lombarda (Lista Formigoni, respinto il ricorso | Milano la Repubblica.it). Lo faranno comunque anche se sanno di aver truccato le firme. Insieme al ricorso al Tar, probabilmente verrà chiesta la sospensiva dell’iter delle elezioni regionali al Prefetto, in attesa della pronuncia del Tribunale Amministrativo, che potrebbe arrivare troppo a ridosso del voto.
  2. Secondo scenario, di scarsissima probabilità: rinuncia all’ulteriore ricorso al Tar. Formigoni è escluso dalle elezioni. Il voto avviene regolarmente il 28-29 Marzo. Formigoni non potrà essere rieletto presidente della Lombardia.
  3. Terzo scenario: il PdL ricorre al Tar il cui verdetto giunge in tempi strettissimi. Se la lista di Formigoni verrà ritenuta regolare, probabilmente, sull’emozione suscitata dalla riammissione, la stessa otterrà un plebiscito bulgaro al voto del 28-29 Marzo. Ma, poco dopo, il Tar si pronuncerà sul ricorso UDC-Radicali contro il terzo mandato del Governatore Seriale con il rischio delle immediate dimissioni del Governatore e lo scioglimento del Consiglio Regionale, ai sensi dell’art. 126 della costituzione.
  4. Quarto scenario: il Tar giudica in tempo per il voto nel senso della riammissione. Formigoni è eletto, ma l’ulteriore ricorso dei Radicali al consiglio di Stato, dà ragione a questi ultimi con la conseguenza delle dimissioni del Presidente e lo scioglimento del Consiglio Regionale. Il governo affida allo stesso ex presidente Formigoni la gestione amministrativa straordinaria nell’interesse dei cittadini.
  5. Quinto scenario, fantapolitico: Maroni viene portato in una stanza di Palazzo Chigi, convinto con la forza a metter mano a un decretino d’urgenza con il quale si salva “capra e cavoli”, Formigoni in Lombardia (e con esso i voti della Lega, che rischiano di rimanere senza candidato), nonché la Polverini nel Lazio, vittima della medesima sorte:
Ignazio La Russa minaccia: “Non vorrei fare la parte dell’eversivo ma lo dico chiaro e tondo: noi attendiamo fiduciosi i verdetti sulle nostre liste, ma non accetteremo mai una sentenza che impedisca a centinaia di migliaia di nostri elettori di votarci alle regionali. Se ci impediscono di correre siamo pronti a tutto’ (‘Respinto ricorso di Formigoni Polverini, attesa per lista Pdl La Russa minaccia Bonino: “No a solidarietà” – Italia – l’Unità.it).
Tutto ciò lo affermo, visti e considerati i precedenti storici:
    • Nel 2000 le regionali in Molise furono annullate dal Tar, e si tornò a votare l’anno dopo. Nel 2005 quelle della Basilicata furono rinviate, a tre giorni dal voto, perché una sentenza amministrativa aveva riammesso una lista prima esclusa. E sempre nel 2005, e anche in quella occasione nel Lazio, l’esclusione della lista di Alessandra Mussolini fu al centro di un querelle giuridica che arrivò al consiglio di Stato, che infine la riammise.
    • Il primo marzo 2000 i giudici del Tar di Campobasso, ritennero fondata la denuncia di irregolarità nelle elezioni che si erano svolte in aprile. A vincere era stato Giovanni Di Stasi (Ds). In particolare, era stata ammessa al voto una lista dei verdi e dei Comunisti Italiani che non avevano l’autentica delle firme di presentazione. Il consiglio di Stato, nel giugno del 2001 confermò la sentenza, precisando che “la partecipazione delle liste che avrebbero dovute essere escluse ha inciso sull’esito elettorale”.
    • Il consiglio regionale venne quindi sciolto ed il governo affidò allo stesso ex presidente Di Stasi “la gestione amministrativa straordinaria nell’interesse dei cittadini”.
    • A Potenza, invece, la riammissione della lista di Unità Popolare, esclusa in un primo momento per mancanza di un modulo nella presentazione, costrinse il prefetto a firmare, a tre giorni dal voto, un decreto con il quale le elezioni regionali in Basilicata furono rinviate di 15 giorni, dal 5 e 6 aprile al 17 e 18. Questo perché la decisione del Consiglio di Stato di riammettere la lista era giunta a ridosso del voto, e non aveva permesso ai candidati di svolgere la campagna elettorale.

    • A Potenza, invece, la riammissione della lista di Unità Popolare, esclusa in un primo momento per mancanza di un modulo nella presentazione, costrinse il prefetto a firmare, a tre giorni dal voto, un decreto con il quale le elezioni regionali in Basilicata furono rinviate di 15 giorni, dal 5 e 6 aprile al 17 e 18
    • sempre alle regionali del 2005, le elezioni nel Lazio furono segnate dal cosiddetto “Laziogate”, quando si scoprì che alcune firme a sostegno della lista “Alternativa Sociale” di Alessandra Mussolini erano state falsificate
    • La lista fu quindi esclusa dalla competizione per mancanza del numero necessario di firme. Il ricorso al Tar del Lazio della Mussolini fu rigettato, ma il Consiglio di Stato riammise la lista, non entrando nel merito della questione, ma stabilendo che fino a prova contraria le firme erano state in un primo momento accettate dall’ufficio elettorale e quindi valide.

Formigoni ineleggibile, la Corte di Appello non si pronuncia sul ricorso: troppo complesso. La vittoria dei Radicali sulla lista PdL lombarda.

Il doppio ricorso contro Formigoni – raccota firme lista e ineleggibilità per terzo mandato elettivo -ha avuto un doppio esito: da un lato la Corte d’Appello ha dichiarato fuori della propria competenza la questione del divieto di terzo mandato contenuto nella legge 165/2004, art. 2, comma 1, lett. f. Il giudizio sui due ricorsi – Cappato per i Radicali, Angiolini, Civati e altri per il PD – è troppo complesso per essere espresso “stando ai termini temporali assai stretti”, ovvero le 24 ore dalla presentazione delle liste. Perciò “la competenza a decidere sulla validità dell’eventuale rielezione per la terza volta di Roberto Formigoni spetterà in via amministrativa al Consiglio Regionale, «fatta salva la competenza dell’autorità giudiziaria a decidere sui relativi ricorsi» in via successiva” (fonte: ciwati). Il quadro che si profila è dunque quello di una discussione sulla ineleggibilità solo in un momento successivo alle elezioni, che di conseguenza saranno gravate dal vizio della legittimità della candidatura di Formigoni. Sarà il Consiglio Regionale appena eletto, la cui maggioranza sarà alle strette dipendenze del Governatore Seriale, a dover decidere, in via amministrativa, sulla causa di ineleggibilità (quindi si può già immaginare quale sarà la decisione). Tutto ciò salvo ricorsi all’autorità giudiziaria, ovvero al Tar: ci ha già pensato l’UDC, che ha presentato analogo provvedimento in Emilia-Romagna contro Vasco Errani, ma anche Cappato, dei Radicali, ha annunciato di essere pronto a ricorrere al Tar:

«Finisce— attacca Cappato— come temevamo: la coalizione del Pdl e della Lega e lo stesso Formigoni si assumono la responsabilità di esporre la Regione Lombardia al rischio di far tornare al voto 10 milioni di cittadini a poche settimane dall’elezione di fine marzo, cioè quando il Tar dovesse pronunciarsi sulla candidatura di Roberto Formigoni» (fonte: Esclusi Cappato e la Destra – CorSera).
Questo perché se decade il Presidente di Regione, con lui decade l’intero Consiglio Regionale, ai sensi dell’art. 126 della Costituzione. Si permetterà a Formigoni di governare illecitamente per alcune settimane, poi la decisione del Tar.

Naturalmente tutto ciò potrebbe essere inutile se la Corte d’Appello respingesse il ricorso di Formigoni sulla questione delle irregolarità nelle firme raccolte per la presentazione della lista che lo sostiene. Irregolarità che “riguardano la «mancanza del timbro tondo sui moduli» (126 casi), «mancanza data autenticità» (121), «mancanza luogo autenticità» (229), «mancanza qualifica autenticante» (28)”.

«Nessun problema – ha assicurato il capogruppo del Pdl al Parlamento europeo – le firme valide che abbiamo presentato sono più che sufficienti. Abbiamo già verificato che più sentenze del Consiglio di Stato rendono irrilevanti e non più necessarie alcune specifiche che invece la Corte di Appello di Milano ha ritenuto indispensabili. Il numero di firme valide da noi presentato è dunque largamente superiore al necessario. Stiamo perfezionando – conclude Mauro – il ricorso e la Corte d’Appello non potrà che accettarlo» (fonte: Regionali Lombardia: non ammessa la lista per Formigoni – Milano).

Intanto però Formigoni è “fuori”, lui e tutte le liste collegate:

Formigoni, allo stato attuale, non si può presentare alle elezioni. Poi faranno ricorsi, leggine, de-cretini e altro ancora, ma per ora, Formigoni è escluso dalla competizione elettorale. Questo perché Formigoni è il «primo della lista» (del cosiddetto «listino»). Decadono lui e il listino, perché non hanno firme a sufficienza, e, di conseguenza, tutte le liste collegate. Cioè, tutti. Effetto domino, tipo. (fonte: ciwati).

I due casi di irregolarità, che hanno interessato il PdL nel Lazio e in Lombardia, mostrano tutti i limiti del partito del (finto) premier: l’incapacità di selezionare i candidati, i veti incrociati, le gelosie fra ex Forza Italia e ex An, le ripicche, hanno allungato all’estremo i tempi per la composizione delle liste con l’esito di ridurre a due i giorni per la raccolta firme, il cui limite fu già portato da 5.000 a 3.500 diversi anni fa. Un vero smacco se il Governatore Seriale incappasse nella bocciatura della Corte d’Appello. Eventuali ulteriori ricorsi, al Tar e poi al Consiglio di Stato, giungerebbero a elezioni avvenute. E – forse – si griderà allo scandalo.