Maroni e il finto rinnovamento della Lega Nord

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Una furbizia. A parte l’epurazione dei fedeli al Cerchio Magico (ovvero l’esclusione dei Bricolo, Lussana e co.), le liste elettorali della Lega Nord apportano solo apparentemente un rinnovamento della pattuglia dei deputati e dei senatori del Carroccio. Con una furbizia, appunto, che nel prosieguo di questo post vi svelerò.

Innanzitutto vediamo la composizione per genere e per età delle liste elettorali:

Liste Senato    
Uomini 116 72%
Donne 45 28%
161
Età media 55,0  
Uomini 55,3
Donne 54,1
Liste Camera    
Uomini 225 66%
Donne 117 34%
342
Età media 44,8  
Uomini 44,5
Donne 45,2

Le donne in lista superano di poco il 30% alla Camera mentre al Senato in proporzione sono ancora meno. L’età media è più alta per le donne alla Camera. Si direbbe che, rispetto alla XVI Legislatura, la percentuale di donne aumenterà: fra i parlamentari uscenti, le donne erano il 13% della delegazione al Senato e il 17% alla Camera. Si devono però considerare le posizioni in lista che – come sappiamo – non sono tutte ‘eleggibili’. Raggruppando per categorie di posizionamenti, si verifica quanto segue:

Posizione in lista delle Donne al Senato    
1-5 12/46 26,1%
6-15 17/60 28,3%
16-25 9/36 25,0%
26-35 5/10 50,0%
36-45 2/9 22,2%
Posizione in lista delle Donne al Camera    
1-5 12/70 17,1%
6-15 48/128 37,5%
16-25 34/73 46,6%
26-35 18/46 39,1%
36-45 5/25 20,0%

Ammesso che le posizioni eleggibili per la Lega Nord non andranno molto oltre la quinta/decima posizione, si comprende come la percentuale di donne alla Camera è destinata a rimanere quella attuale, mentre ci sono alcune possibilità di incremento per il Senato. E’ necessario rimarcare che due sole donne sono state designate capolista (Viale Sonia, capolista alla Camera in Liguria; Sergio Divina, capolista ma anche unica candidata al Senato per il Trentino AA). La modalità di selezione dei capilista è quella che conoscete. Al Senato, per esempio, il nome di Giulio Tremonti è primo in sei liste su dieci (più che doppia candidatura, in questo caso parlerei di sestupla); alla Camera è il nome di Roberto Cota a comparire capolista ben due volte (oltre alla doppia candidatura, dietro al suo nome si cela la fregatura che Cota, un giorno dopo al voto, rinuncerà al seggio alla Camera per poter continuare a fare il governatore del Piemonte – più che candidatura civetta si tratta di un vero e proprio raggiro).

Rispetto alla composizione della delegazione al Senato e alla Camera, le liste apporterebbero un certo grado di rinnovamento poiché non tutti gli attuali senatori sono stati ricandidati, e così non tutti gli attuali deputati. Senza ulteriore approfondimento, potrei dirvi che:

Senato    
Senatori in carica 22
Riproposti in lista 9
candidati alla Camera 1
Posizione in lista dei senatori ricandidati    
1-5 3/9 33,3%
6-15 3/9 33,3%
16-25 3/9 33,3%
26-35 0 0,0%
36-45 0 0,0%
Tasso di sostituzione Senato   54,55%
Camera    
Deputati in carica 58
Riproposti in lista 20
candidati al Senato 14
Posizione in lista dei deputati ricandidati    
1-5 18/20 90,0%
6-15 2/20 10,0%
16-25 0  
26-35 0  
36-45 0  
Tasso di sostituzione Camera   58,62%

In realtà, le posizioni eleggibili al Senato sono state riempite degli attuali deputati: dei 58 deputati in carica, ben 20 vengono ricandidati alla camera, ma altri 14 vengono dirottati al Senato. Ne consegue che, se la Lega dovesse difendere tutti gli attuali 22 posti al Senato (fatto ipotetico e attualmente poco probabile), circa 6 sarebbero certamente gli ex senatori ricandidati e collocati in posizione eleggibile;  tutti gli altri sarebbero ex deputati della XVI Legislatura. Cioè, il Carroccio rinnova al Senato praticamente con un trucchetto: infatti, dei 14 ex deputati ricandidati al Senato, almeno una decina sono collocati in posizione eleggibile:

Posizione in lista dei ricandidati al Senato    
1-5 9/14 64,3%
6-15 4/14 28,6%
16-25 1/14 7,1%
26-35 0  
36-45 0  

Ne consegue pertanto che il gruppo parlamentare leghista al Senato sarà fatto tutto di senatori e deputati dell’ultima tremenda XVI Legislatura. Praticamente il tasso di sostituzione è pari a zero. Questo mentre alla Camera, prevedendo una forte riduzione della numerosità del gruppo, gli artefici delle liste della Lega hanno ben pensato di sistemare tutti gli ex deputati in posizione eleggibile (1-5, 90%).

Attenti, quindi, a quanti vi parlano delle ramazze di Maroni. Esse sono state impiegate per eliminare l’avversario interno, nulla di più.

La leggina di Franceschini per azzoppare i referendum – il testo

Si fa presto a gridare allo scandalo. All’inciucio. Sarà il caso che approfondiamo i discorsi, una volta tanto. Dario Franceschini ha presentato una proposta di  Legge “in materia di soggetti competenti all’autenticazione delle firme per la presentazione di liste elettorali e candidature e per la richiesta di referendum”. Sempre più spesso – scrive Franceschini – “in occasione di elezioni, si verificano gravi irregolarità legate alle sottoscrizioni false per la presentazione delle liste elettorali e delle candidature nonché delle richieste di referendum”, il che è vero, verissimo, direi quasi sacrosanto. Ma bisognerebbe anche specificare meglio e dire perché si vuole sottoporre alla medesima disciplina la raccolta firme per i referendum. I referendum sono già sottoposti a una verifica ben più rigorosa da parte della Cassazione, rispetto invece alle liste elettorali, per le quali i controlli da parte della Commissione Elettorale Circondariale risultano un po’ superficiali, come dimostrano i casi ‘Firmigoni’ e delle sotto-liste pro-Cota in Piemonte.

Il problema delle «firme false» ha assunto una dimensione che non è più accettabile. La gravità della questione si riscontra soprattutto nel fatto che la partecipazione di una lista «non legittimata» alla competizione elettorale rischia di alterare il giusto risultato e quindi di comprimere la volontà popolare posta alla base della nostra democrazia rappresentativa. La gravità di tali condotte non si riduce, quindi, a mere questioni burocratiche: esse, al contrario, minano «dal basso» la trasparenza e la legalità del procedimento elettorale. Il caos che ogni volta ne deriva suscita profonda sfiducia nell’elettorato circa la possibilità di uno svolgimento corretto delle competizioni elettorali, gettando discredito sul sistema politico stesso.

Ora non sbraitate, il problema delle firme false ‘esiste’. Non gridiamo al golpe anche questa volta. Franceschini è mosso da una volontà riparatrice nei confronti di un comportamento illegittimo che deturpa la democrazia poiché colpisce la libertà di scelta dell’elettore. Quindi l’intento del capogruppo PD è sensato, la formulazione del testo può essere corretta. Risulta infatti poco approfondita la spiegazione sul perché far rientrare i referendum nello stesso calderone. Ipotizzare due percorsi diversi per l’accertamento dell’autenticazione delle firme non è blasfemo. Diamo a Franceschini il tempo di precisare meglio la sua proposta.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. L’articolo 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«Art. 14. – 1. Sono competenti ad eseguire le autenticazioni che non siano attribuite esclusivamente ai notai e che siano previste dal testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, dal testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, dalla legge 8 marzo 1951, n. 122, dal testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, dalla legge 17 febbraio 1968, n. 108, dal decreto-legge 3 maggio 1976, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 1976, n. 240, dalla legge 24 gennaio 1979, n. 18, e dalla legge 25 maggio 1970, n. 352, i notai, i cancellieri dei tribunali e i cancellieri delle corti di appello, i segretari comunali e provinciali, i sindaci e i funzionari comunali appositamente delegati dal sindaco.
2. L’autenticazione di cui al comma 1 del presente articolo deve essere compiuta con le modalità stabilite dall’articolo 1, comma 1, lettera i), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445». (Atto Camera n. 4294).

Flash Mob Viola contro il de-cretino salva liste. Crisi della Democrazia e ritorno del Leviatano.

Ieri notte, una volta diffusasi la notizia della firma di Napolitano al decreto “interpretativo” salva liste PdL, sul web si è innescato il tam tam viola. Cento persone hanno organizzato un flash mob davanti al Quirinale, in segno di lutto per la morte della Democrazia. Stamane il sit-in si è spostato davanti al Parlamento.
Nessun riferimento all’accaduto, alle manifestazioni spontanee, sulle copie dei giornali nelle edicole: taluni nemmeno recavano la notizia della firma del Presidente della Repubblica. Internet è stato nettamente più veloce. Facebook, l’agorà virtuale in cui è partita la discussione.
Durante l’edizione delle 20 di ieri sera del TG1, la notizia del probabile decreto è stata corredata di un servizio sul presunto dibattito fra giuristi della scuola formalista e giuristi della scuola sostanzialista, rimestando nella eterna guerra fra formalismo giuridico e giusnaturalismo; secondo il TG1, la vicenda della esclusione delle liste PdL è un caso di formalismo giuridico, in cui la norma è applicata al di là del suo contenuto, al di là della considerazione etica giusto/ingiusto. La legge prevede l’applicazione della norma secondo la quale una lista elettorale debba essere esclusa se presentata oltre il termine stabilito. Una norma “ingiusta”, poiché limiterebbe il diritto di elettorato passivo, secondo il Governo, preminente rispetto alle norme della legge elettorale medesima.
I formalismi giuridici (e i formalisti), secondo questa interpretazione, costituirebbero un limite alla rappresentanza politica, quindi alla democrazia. Qualcosa da combattere, insomma.
Questa inversione di significati, l’ennesima, confligge con l’idea di democrazia che parte dalla legalità, dal concetto che la sovranità (popolare) non è assoluta, ma è esercitata “nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1, comma 2, Costituzione Italiana). La legge è quindi un limite per l’esercizio della sovranità. Non si capisce perché non lo debba essere per l’esercizio del diritto di elettorato passivo. La legge regola le modalità con cui il diritto di elettorato passivo debba esprimersi. Il decreto salva liste sospende la legge e trasforma questo diritto in un diritto assoluto, che trova applicazione nonostante la legge. Un vero attacco alla democrazia. Tanto più che il decreto viene varato quando sono in corso i dibattimenti al Tar sui ricorsi presentati dai candidati esclusi. In questo modo, la parola viene strappata ai giudici, non più liberi di decidere serenamente, non possono che obbedire alla rappresentanza del “popolo sovrano”, che governa per decreto abrogando ogni limite legale a sé stessa. Questo è un orrendo mostro che deve essere fermato: un mostro che – chi ha letto Thomas Hobbes ne sa qualcosa – ha le sembianze del Leviatano.

Formigoni contro i giudici. Polverini riammessa, ma la piazza è “nera”. Nella notte, Consiglio dei Ministri d’urgenza.

Bersani ha messo le mani avanti: “qualsiasi decreto in corso d’opera è inaccettabile”. Napolitano, a Bruxelles, nicchia: “se qualcuno mi spiega cos’è la via politica…”.
Ma il governo è in allarme. Berlusconi è rimasto in contatto con i suoi per tutto il giorno. Ministri allertati: stasera probabile Consigio dei Ministri d’urgenza in cui verrà approvato o il de-cretino anti Corte d’Appello con la riapertura dei termini di presentazione delle liste, o la sospensiva per le elezioni in Lombardia e in Lazio, via decisamente più legittima della prima.
Il listino Polverini, in serata, è riammesso dal medesimo Ufficio Centrale della Corte d’Appello di Roma. Evidentemente, la mancanza della firma di Alfredo Pallone è stata considerata come mera irregolarità formale, non tale da impedire l’accoglimento della lista.


Oggi, però, il PdL romano ha raccolto i suoi fans a Piazza Farnese: presenti Gasparri, Cicchitto, la ministra Meloni, Polverini. Qualche braccio teso, qualche camicia nera, slogan contro “il complotto dei comunisti”. La Polverini, dal palco, arringa la folla – si fa presto a riempire Piazza Farnese – invocando “democrazia”. Alcuni scritte sugli striscioni ricordano certa estetica destrorsa.
Anche a Milano il PdL, come ha detto Bersani, manifesta “contro se stesso”. A Piazza della Scala è stata organizzata una raccolta firme pro Formigoni. Assolutamente simbolica. Lui, il Governatore Seriale, stamane, ha sbottato: la sua esclusione è una manovra ordita da ignoti per danneggiare il centrodestra e impedire la presentazione del listino. I giudici avrebbero “commesso gravi irregolarità”. L’ufficio centrale regionale ha prima accolto le liste e il listino del centrodestra e solo successivamente, compiendo un’irregolarità, ha accolto il ricorso dei radicali. I giudici avrebbero dato ai radicali “la piena disponibilità delle nostre liste”, che naturalmente, secondo il complottismo made in Formigoni, avrebbero passato il loro tempo a cancellare timbri e firme. “Dal punto di vista teorico avrebbero potuto compiere qualsiasi attività manipolatoria compresa la sottrazione dei documenti”. Teorie: nella pratica Formigoni deve attendere non il giudizio del Tar, ma – è opportuno ricordarlo – “i giudizi” del Tar: sul ricorso proprio contro l’esclusione del listino; sulla sua ineleggibilità ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. f della legge 165/2004 che introduce il principio fondamentale che regola il sistema della elezione diretta del Presidente di Regione, ovvero il divieto di terzo mandato. Principio cardine delle leggi elettorali che le Regioni avrebbero dovuto adottare, e che la Lombardia ha pensato bene di non fare.
Ma il Governatore Seriale, disinteressandosi di tutto ciò, pensa anche di fare a meno dell’intervento del Governo: qui in Lombardia, sbotta, non abbiamo bisogno di nulla. Un attimo dopo sembra ripnsarci. “Se il Consiglio dei Ministri farà sue valutazioni – ha detto -, se le più alte cariche dello Stato faranno valutazioni, noi non possiamo che guardare con rispetto alle loro decisioni”. Potrebbe fare altrimenti?