Sondaggi Politiche 2013: al Senato il rischio pareggio si allontana

Affermo questo in controtendenza rispetto ai giornalisti, che parlano di rimonta di Berlusconi. La realtà descritta dai sondaggi è leggermente diversa e sembra palesarsi una tendenza che potrebbe favorire il costituirsi di una maggioranza di centrosinistra al Senato, anche con ‘Italia Bene Comune’ sconfitta in Lombardia e Veneto. Tutti – giornali, tv, sondaggisti – hanno notato la flessione di Scelta Civica di Monti. Il Professore è stato sorpassato da Grillo, è stato scritto. E’ vero, e ciò ha un effetto particolare , soprattutto in Veneto.

Il Veneto distribuisce 24 seggi al Senato. Il cdx è nettamente in vantaggio, quindi vincerebbe il 55% dei seggi (13). Stando al sondaggio di Euromedia Research, condotto fra il 25 e il 28 Gennaio scorsi e divulgato durante Porta a Porta del 30 Gennaio, la suddivisione dei seggi sarebbe la seguente:

Euromedia
La Destra 1
PdL 19
Altri cdx 1,5
Lega Nord 22,4
Lista Monti 11,9
CD 0,6
PD 29,2
Sel 3,1
Riv. Civile 1,7
FARE 1,2
Radicali
M5S 7,2
Altri 1,2
Seggi
PdL 6
Lega Nord 7
PD 7
M5S 2
Lista Monti 2

Considerato che difficilmente la coalizione fra PdL e Lega avrà una vita oltre le elezioni, e che lo stallo per la Lista Monti in Veneto potrebbe continuare sino a 24-25 Febbraio, si avrebbe il risultato paradossale di un pacchetto seggi suddiviso quasi equamente fra PD, Lega e PdL.

senato_venetoEuromedia assegna la vittoria al csx sia in Sicilia che in Campania, ma per una manciata di voti:

Regione Coalizione
Campania cdx 30,0
csx 32,6
Sicilia cdx 30,5
csx 30,7
Lombardia cdx 35,5
csx 35,0

Il grafico che segue invece simula la composizione del Senato nella prossima legislatura, stando appunto ai sondaggi di Euromedia:

senatoVa da sé che il conteggio non è dissimile da quanto sappiamo ed abbiamo potuto leggere sui giornali nelle ultime settimane. Il PD e Sel insieme non raggiungono l’autosufficienza, ma con i tre seggi del SVP (tradizionalmente di centrosinistra) avrebbero un totale di 151 seggi. Ne mancano sette per la maggioranza. Sei seggi vengono assegnati con il voto degli italiani all’estero. Nella precedente legislatura solo due erano del PD. Non ci sono al momento sondaggi né analisi serie su come possa andare il voto all’estero. Quindi, ai fattori di incertezza, aggiungerei anche la Circoscrizione Estero. A sorpresa potrebbe essere quella determinante. Soprattutto se la flessione di Monti dovesse continuare.

Riassumendo: in Lombardia cdx +0.5, un soffio di vento verso Ambrosoli e le cose cambiano radicalmente; in Veneto, l’effetto perverso del Porcellum farà prendere al PD tanti seggi quanti la Lega; in Campania il csx ha un vantaggio di circa due punti percentuali; in Sicilia è di nuovo testa a testa; il voto all’Estero è sinora un enigma. Abbastanza per far presagire un risultato a sorpresa.

Sondaggi Politiche 2013: Lombardia nelle mani di @uambrosoli

Di seguito i risultati del sondaggio Mannhemier per il Corriere della Sera pubblicato stamane: http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2013/01/13/pop_mannheimer.shtml

mannheimer1

mannheimer_2mannheimer_3Ho riassunto gli ultimi tre sondaggi sul voto al Senato in Lombardia nella seguente tabella:

Circa 16/12/2012 02/01/13 13/01/13
Scenari politici Sole 24 Ore Mannheimer
La Destra 1 1 1,4
PdL 14 14,5 19,5
Altri cdx 1,5 2,2 0,9
Lega Nord 21 14,8 13,9
Lista Monti 5,5 16,3 14,7
CD 0 0,2 0
Mov Autonomie 0 0 0
PD 24 29,2 29,5
Psi 0,5 0,6 0,4
Sel 4 2,5 2,5
Riv. Civile 6 5,6 4,1
Forza Nuova 1
FARE 4 1,5 0,7
Radicali 1
M5S 15 11,5 10,8
Altri 1,5 0,1 1,6
Seggi
PdL 11 13 16
Lega Nord 16 14 11
PD 12 11 12
Sel 2
M5S 8 5 4
Lista Monti 6 6

grafici_lombardiaE’ evidente come fra Dicembre e la prima decade di Gennaio si siano ribaltati i rapporti di forza interni al centrodestra, al punto tale che ora il PdL è in grado di far propri 16 dei 27 seggi in palio per la coalizione vincente. Il PD, pur crescendo nei sondaggi (dal 24% al 29%) sconta però la debolezza di Sel (in entrambi i sondaggi datati 2013, Sel è sotto le soglie del 3%, necessaria per ottenere seggi se all’interno della coalizione vincente, e dell’8%, necessaria a ottenere seggi in caso di appartenenza a coalizione perdente). Notare la continua discesa del Movimento 5 Stelle, sia in termini di voti percentuali che di seggi. La partita però è ancora tutta da giocare. Molto dipenderà dalla campagna elettorale di Umberto Ambrosoli. Iniziata soltanto ieri.

Sondaggi Politiche 2013: Senato, a rischio governabilità

Aggiornato il 08/01/13: ho inserito Rivoluzione Civile come lista unitaria (prenderebbe, stando agli attuali sondaggi, ben 8 senatori) ed ho corretto alcuni errori.

Il sito http://www.scenaripolitici.com ha – dalla fine di dicembre 2012 – condotto una serie di sondaggi a base regionale per comprendere cosa accadrà il 24-25 Febbraio prossimi per quanto concerne il voto del Senato. Non mi sono chiare le modalità di conduzione del sondaggio – è probabile che sia stato veicolato in rete, o direttamente sul sito sopra indicato. Inoltre, la sequenza di liste proposte al visitatore-elettore non comprendeva ancora la lista “Con Monti per l’Italia”. Quindi ho qualche dubbio sulla scientificità della consultazione, ma ho trovato i risultati abbastanza coerenti con le Regioni relative o con quanto ci si aspetterebbe, anche se secondo me alcune liste, come IDV, Fds e Rivoluzione Civile sono un po’ sopravvalutate, specie nel Lazio.

Ho però provveduto a raccogliere questa mole di informazioni, di percentuali e di nomi di liste, copiandola su un foglio di calcolo; ho applicato le regole previste dal Porcellum, ovvero riparto proporzionale con il metodo dei quozienti interi e dei più alti resti, applicando le soglie di sbarramento del 20% per le coalizioni (3% per ottenere seggi all’interno di una coalizione), dell’8% per i partiti non coalizzati. Alla coalizione vincente ho attribuito il premio del 55%, arrotondando al numero superiore (es. Sardegna, n. seggi 8 per 0.55 equivale a 4.44, arrotondato a 5; i rimanenti tre seggi sono divisi per le liste perdenti che superano l’8%). Al termine della ricopiatura dei dati, il foglio di calcolo ha raggiunto 393 righe.

Vi anticipo che la decisione di oggi di PdL e Lega di presentarsi in coalizione era inevitabile. Nessuno dei due partiti avrebbe trovato giovamento a correre da solo al Senato. In particolare, l’obiettivo di Berlusconi, senza la Lega, di impattare al Senato era irraggiungibile. Invece, la rinnovata alleanza del Nord incrementa di molto le possibilità di non avere una maggioranza certa a Palazzo Madama. E posso aggiungere che, o la Lista Monti ottiene seggi a discapito del centrodestra, oppure la maggioranza sarebbe a rischio anche in caso di alleanza post-voto fra Bersani e il centrino. Ora vi spiego perché.

1. Lega Nord e PdL: una alleanza inevitabile

Innanzitutto vediamo quale sarebbe stata la composizione del Senato con PdL e Lega divise:

PdL 45
Lega Nord 15
centro 18
PD 140
Sel 25
SVP 3
Mov Autonomie 2
M5S 52
Sen V. Aosta 1
Riv. Civile 8

La coalizione Italia Bene Comune avrebbe raggiunto la maggioranza relativa con ben 170 seggi (PD+Sel+SVP+Mov. Autonomie – Friuli). La Lega Nord si ritroverebbe minimizzata  con un numero di senatori inferiore a quello del centro di Monti-Casini-Montezemolo-Fini. Notate i 5 Stelle con una corposa pattuglia di 52 senatori. E’ plausibile che i sondaggi di Senari Politici non abbiano fatto in tempo ad intercettare il calo di consensi per il partito di Grillo, in ogni caso si tratterebbe della seconda delegazione più folta, dopo quella del PD.

Composizione Senato: ipotesi PdL e Lega separati

Composizione Senato: ipotesi PdL e Lega separati

La tabella che segue, invece, mostra la composizione del Senato con Lega e PdL apparentati:

PdL 53
Lega Nord 30
centro 18
PD 121
Sel 23
SVP 3
Mov Autonomie 2
M5S 50
Sen V. Aosta 1
Riv. Civile 8

In sostanza, la Lega vedrebbe incrementare i propri seggi da 15 a 30(+93%);  il PdL da 48 a 53 (+8%). Innegabile che fra i due chi ci guadagna di più è il Carroccio, che può così anche contare sull’appoggio di Berlusconi a Maroni in Lombardia. Ma il PdL ha un altro obiettivo: far saltare il Senato. Il centrosinistra non avrebbe la maggioranza relativa. Italia Bene Comune si fermerebbe a 149 seggi. L’eventuale alleanza post elettorale con il centrino di Monti – stando alle rivelazioni dei tipi di Scenari Politici che, come ho detto, non hanno apprezzato a dovere la neonata Lista Monti per una mera questione temporale – creerebbe un gruppo di 167 senatori: la maggioranza richiesta al Senato è di 158 voti.

Composizione Senato con PdL e Lega alleati

Composizione Senato con PdL e Lega alleati

2. L’Effetto Lombardia

Notate come il PD, rispetto alla prima condizione perda ben 27 senatori. Ciò accade perché l’alleanza PdL-Lega vincerebbe sia la Lombardia che il Veneto:

Lombardia PdL//Lega PdL+Lega
PdL 6 11
Lega 9 16
PD 23 12
Sel 4 2
M5S 7 8
Veneto PdL//Lega PdL+Lega
PdL 2 5
Lega 3 8
centro 2 2
PD 13 5
M5S 4 4

Facendo due conti, il PD – considerando una vittoria di misura in Sicilia –  tra Lombardia e Veneto si gioca 19 seggi al Senato. In poche parole, se il PD dovesse miracolosamente confermare i sondaggi sulla contesa Ambrosoli-Maroni per Palazzo Lombardia, potrebbe scongiurare l’instabilità e il rischio della ripetizione della consultazione elettorale. Ambrosoli è un punto percentuale sopra Maroni (che sconta la presenza della candidatura dell’ex sindaco di Milano, Albertini); la sua eventuale vittoria potrebbe valere un effetto traino per le politiche. Porterebbe la coalizione di centrosinistra intorno ai 159 seggi, ancora non sufficienti a governare il paese. Detto in poche parole: vincere la Lombardia non permetterebbe di evitare un’alleanza post voto con il centrino.

Aggiornamento:

Claudio Cerasa, su Il Foglio, ha pubblicato una tabella in cui spiega le possibili condizioni affinché il centrosinistra ottenga il maggioranza al Senato:

cerasa

Il caso che vi ho presentato è similare a quello che Cerasa chiama “Wins all Region but 2, Lombardy+1”, con un risultato soltanto un po’ sottovalutato (per esempio, il Veneto secondo Cerasa consegnerebe al PD 6 seggi, secondo il mio calcolo 5).

[parte prima]

Regionali 2010, Candidati Coraggiosi: area Marino, Civati e Abonante materiale resistente.

La breve galleria dei Candidati Coraggiosi che Yes, political! ha organizzato a cominciare da Luisa Capelli nel Lazio (Indie IDV), non può non proseguire senza far cenno ai protagonisti della stagione delle primarie PD dell’area Marino, ora candidati alle Regionali. Due, in special modo, i volti che chiedono di essere (di)svelati, raccontati, portati alla luce della pubblico: Giuseppe Civati per la Lombardia, Giorgio Abonante per il Piemonte.
Civati è un volto noto, è uno dei “piombini”, uno dei mariniani, uno dei quattro guitti che hanno firmato l’esposto contro il Governatore Seriale (ah che dolori di fegato, eh Penati…), l’ineleggibile Roberto Formigoni. Civati scrive insieme a Carlo Monguzzi il “Libro Grigio” su Formigoni (download dal sito di Monguzzi), testo che ci fornisce in un sol colpo tutti i capi d’accusa contro il fumus formigonis che da quindici anni sosta sui cieli della Lombardia.
Impegnatissimo nelle battaglie sulla legalità, sull’ambiente, sulla democraticità della propria regione, del proprio paese, del proprio partito soprattutto, è autore di una campagna elettorale alquanto sui generis, con soluzioni idee slogan frutto del suo talento creativo letterario e visionario.

Il video che segue ha influenzato altre menti e ora – non senza suscitare il risentimento dello stesso Civati – è stato ripreso paro paro da Abonante Giorgio, altro mariniano, sponda Piemonte, Provincia di Alessandria, violando in senso buono la prassi del copyleft che prevede di “citare le fonti”:


Il programma di Civati? Civati è in cerca della conferma a consigliere regionale, naturalmente il suo programma è l’antitesi del Formigoni pensiero. Eccolo riassunto in cinque grandi punti:

  • Ambiente e Traffico: Mandar via Formigoni, che è una fonte fossile e ormai emette un sacco di Co2! La Lombardia ha visto aumentare la produzione di Co2 del 15% negli ultimi 15 anni” […] Partirei da una revisione significativa della partita urbanistica. Il territorio si sta trasformando senza criterio e solo perché alcune  scelte come quella di abolire l’Ici ci hanno fatto passare dalla tassa sulla casa alle case nuove come tassa per far quadrare i bilanci;
  • Immigrazione: riservare un’attenzione maggiore su un territorio come quello monzese dove c’è grandissima integrazione dal punto di vista lavorativo, ma ancora scarsa dal punto di vista sociale […] Al di là delle ronde di qualche  scalmanato, bisogna mandare gli ispettori sul luogo di lavoro. I controlli devono essere spietati, come dice la Lega: voglio vedere se poi i leghisti saranno contenti di farli, quei controlli.  Questo al fine di interrompere  la “creazione”  di clandestini […] proposte pratiche, con ispettori del lavoro, semplificazione delle procedure burocratiche per chi richiede il permesso di soggiorno, perché molti sono clandestini ma sono in attesa del permesso di soggiorno e sono confusi coi clandestini veri […] cambiare la legge Bossi Fini che crea clandestini, e tramite i clandestini si prendono i voti;
  • Rifiuti: contro il raddoppio degli inceneritori, a partire da quello di Desio, Trezzo e una novità come quello di Paderno per i rifiuti speciali;
  • Autonomie Locali: a me piace il federalismo della Lega, ma da quando c’è la Lega i Comuni hanno sempre meno soldi
  • Criminalità Organizzata: è innegabile la presenza della ‘ndrangheta, in modo diffuso in diversi settori dell’economia, ma è soprattutto sul versante ambientale, dal movimento terra alle attività immobiliari che la sua presenza si esprime (fonte : Giuseppe Civati vuole la riconferma | La rivista che vorrei | Monza, la Brianza e tutto il resto).

Abonante ha scelto di dare risposte, seguendo l’indicazione mariniana dei sì e dei no chiari:

Chi volesse conoscere Abonante e forse chiedergli di rispettare il copyleft di Civati, Venerdì 26 Marzo alla Camera del Lavoro presso la sede della CGIL, in Via Cavour ad Alessandria, Giorgio chiuderà la campagna elettorale insieme a Ignazio Marino (sì, il chirurgo).

  • Ho 34 anni, sono sposato da circa un anno e papà di un bimbo di cinque mesi. Faccio politica da quando avevo 20 anni sia all’interno del partito democratico (allora PDS) sia con l’associazione Tempi Moderni. Dall’esperienza di Tempi Moderni nacque il Gruppo Universitario e l’idea di organizzare Etnomosaico, festival interculturale che quest’anno vivrà a Cassine la sua decima edizione. Dal 1998 al 2001 sono stato rappresentante degli studenti nel Consiglio di Facoltà di Scienze Politiche e nel CdA dell’Università del Piemonte Orientale avanzando proposte come le fasce di contribuzione appositamente dedicate agli studenti lavoratori e le attività di sostegno allo studio realizzate con il Progetto Maieutica. Dal 2007 sono consigliere comunale di Alessandria eletto nella lista DS, oggi membro del gruppo consigliare del Partito Democratico. Con lo stesso gruppo di amici e attivisti che ha dato vita ad Etnomosaico organizzo dal 2008 ad Alessandria la rassegna teatrale “Martedì all’Ambra”. Sono candidato per il Partito Democratico nella lista proporzionale (collegio di Alessandria) per il Consiglio Regionale a sostegno di Mercedes Bresso. Voglio impegnarmi in particolare per dire no al nucleare, per contribuire ad uno sviluppo più sostenibile e per rendere la politica più accessibile e più aperta al rinnovamento.

(Motivazione piccola piccola sul perché del titolo: Civati e Abonante sono materiale resistente, in primis perché trentaquattrenni – basta con gli ottuagenari; secondo, perché resistono come icone del diverso nel mediocre paesaggio del pressapochismo e del tiriamo a campare che si estende a tutto il PD. Scusate se è poco).

Flash Mob Viola contro il de-cretino salva liste. Crisi della Democrazia e ritorno del Leviatano.

Ieri notte, una volta diffusasi la notizia della firma di Napolitano al decreto “interpretativo” salva liste PdL, sul web si è innescato il tam tam viola. Cento persone hanno organizzato un flash mob davanti al Quirinale, in segno di lutto per la morte della Democrazia. Stamane il sit-in si è spostato davanti al Parlamento.
Nessun riferimento all’accaduto, alle manifestazioni spontanee, sulle copie dei giornali nelle edicole: taluni nemmeno recavano la notizia della firma del Presidente della Repubblica. Internet è stato nettamente più veloce. Facebook, l’agorà virtuale in cui è partita la discussione.
Durante l’edizione delle 20 di ieri sera del TG1, la notizia del probabile decreto è stata corredata di un servizio sul presunto dibattito fra giuristi della scuola formalista e giuristi della scuola sostanzialista, rimestando nella eterna guerra fra formalismo giuridico e giusnaturalismo; secondo il TG1, la vicenda della esclusione delle liste PdL è un caso di formalismo giuridico, in cui la norma è applicata al di là del suo contenuto, al di là della considerazione etica giusto/ingiusto. La legge prevede l’applicazione della norma secondo la quale una lista elettorale debba essere esclusa se presentata oltre il termine stabilito. Una norma “ingiusta”, poiché limiterebbe il diritto di elettorato passivo, secondo il Governo, preminente rispetto alle norme della legge elettorale medesima.
I formalismi giuridici (e i formalisti), secondo questa interpretazione, costituirebbero un limite alla rappresentanza politica, quindi alla democrazia. Qualcosa da combattere, insomma.
Questa inversione di significati, l’ennesima, confligge con l’idea di democrazia che parte dalla legalità, dal concetto che la sovranità (popolare) non è assoluta, ma è esercitata “nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1, comma 2, Costituzione Italiana). La legge è quindi un limite per l’esercizio della sovranità. Non si capisce perché non lo debba essere per l’esercizio del diritto di elettorato passivo. La legge regola le modalità con cui il diritto di elettorato passivo debba esprimersi. Il decreto salva liste sospende la legge e trasforma questo diritto in un diritto assoluto, che trova applicazione nonostante la legge. Un vero attacco alla democrazia. Tanto più che il decreto viene varato quando sono in corso i dibattimenti al Tar sui ricorsi presentati dai candidati esclusi. In questo modo, la parola viene strappata ai giudici, non più liberi di decidere serenamente, non possono che obbedire alla rappresentanza del “popolo sovrano”, che governa per decreto abrogando ogni limite legale a sé stessa. Questo è un orrendo mostro che deve essere fermato: un mostro che – chi ha letto Thomas Hobbes ne sa qualcosa – ha le sembianze del Leviatano.

Napolitano apre al de-cretino interpretativo, ma si rischia lo scontro istituzionale. Verso la sospensione della legalità.

  • art.2 si stabilisce che ci sono 24 ore di tempo, a partire dall’accettazione delle liste, per sanare le eventuali questioni di irregolarità formale

  • art.1 che il diritto all’elettorato attivo e passivo sia preminente rispetto alle formalità

  • Una norma transitoria stabilirebbe che – solo ed unicamente per quanto riguarda le elezioni regionali che si terranno in Lazio e Lombardia – lo start delle 24 ore sia da intendersi non dal momento di accettazione delle liste, ma da quello di attuazione del decreto

  • art.3 si stabilisce che con ogni mezzo di prova si potrà dimostrare di essere stati presenti nell’ufficio competente al momento della chiusura della presentazione delle liste (fonte: Regionali, ecco i contenuti del decreto legge – Associate – ANSA.it).

Non c’è nulla di emergenziale nella situazione che si è venuta a creare, tanto che ad ogni elezione si contano decine di casi di giudizi delle Corti d’Appello sulla ammissimibilità o l’inammissibilità di liste elettorali. In alcuni casi si è giunti sino a rimandare il giorno delle elezioni. Come giustamente è stato fatto notare da Pierluigi Mantini dell’UDC:

  • ‘Formigoni parla di orpelli e cavilli, ma la competenza in materia elettorale e’ sua, della Regione, e se non ha fatto una legge elettorale, al contrario di altre regioni, e’ perche’ sa di essere ineleggibile per il terzo mandato a suffragio diretto. E’ questa la pura e semplice verita’. Ora i superfederalisti Bossi e Formigoni vogliono che ‘mamma Stato’ faccia una leggina di sanatoria per le loro colpe. Ma a tutto c’e’ un limite”. Lo dice Pierluigi Mantini dell’Udc

  • ”Quando l’Udc fu esclusa dalle elezioni in Trentino per l’assenza di una delega nessuno ha protestato ne’ invocato leggi speciali. Piuttosto l’Ufficio circoscrizionale ed il Prefetto di Milano procedano alla stampa dei manifesti elettorali e agli adempimenti per legge dovuti”, conclude. (fonte: Regionali: Mantini (Udc), Formigoni e Bossi invocano sanatoria – Libero-news.it).

Lista Formigoni, respinto il ricorso. Elezioni Lombardia a rischio posticipo.

Come era previsto, l’Ufficio Centrale della Corte d’Appello di Milano, tornato a pronunciarsi sulla ammissione o meno della lista di Formigoni, ha ribadito il proprio giudizio sulle irregolarità nelle firme raccolte. Formigoni è ancora una volta “fuori” dai giochi. Ora cosa accadrà? Proviamo a immaginarlo:

  1. Con una buona dose di probabilità, i pidiellini lumbard ricorreranno al Tar:
    Il vice coordinatore regionale del Pdl, Massimo Corsaro, annuncia l’intenzione di ricorrere al Tar, dopo il rigetto del ricorso presentato dalla lista di Roberto Formigoni per chiedere la riammissione alle elezioni regionali. “Questa decisione -spiega Corsaro- è stata presa dalle stesse persone che avevano deciso due giorni fa e quindi, in qualche modo, poteva essere attesa. Adesso ricorreremo al Tar e siamo molto sereni sulla decisione finale”. “Adesso ne parleremo con il presidente Formigoni, ma l’unico rimedio contro questa decisione è il ricorso al Tar. Sappiamo che abbiamo ragione” dichiara Giancarlo Giorgetti, segretario della Lega Lombarda (Lista Formigoni, respinto il ricorso | Milano la Repubblica.it). Lo faranno comunque anche se sanno di aver truccato le firme. Insieme al ricorso al Tar, probabilmente verrà chiesta la sospensiva dell’iter delle elezioni regionali al Prefetto, in attesa della pronuncia del Tribunale Amministrativo, che potrebbe arrivare troppo a ridosso del voto.
  2. Secondo scenario, di scarsissima probabilità: rinuncia all’ulteriore ricorso al Tar. Formigoni è escluso dalle elezioni. Il voto avviene regolarmente il 28-29 Marzo. Formigoni non potrà essere rieletto presidente della Lombardia.
  3. Terzo scenario: il PdL ricorre al Tar il cui verdetto giunge in tempi strettissimi. Se la lista di Formigoni verrà ritenuta regolare, probabilmente, sull’emozione suscitata dalla riammissione, la stessa otterrà un plebiscito bulgaro al voto del 28-29 Marzo. Ma, poco dopo, il Tar si pronuncerà sul ricorso UDC-Radicali contro il terzo mandato del Governatore Seriale con il rischio delle immediate dimissioni del Governatore e lo scioglimento del Consiglio Regionale, ai sensi dell’art. 126 della costituzione.
  4. Quarto scenario: il Tar giudica in tempo per il voto nel senso della riammissione. Formigoni è eletto, ma l’ulteriore ricorso dei Radicali al consiglio di Stato, dà ragione a questi ultimi con la conseguenza delle dimissioni del Presidente e lo scioglimento del Consiglio Regionale. Il governo affida allo stesso ex presidente Formigoni la gestione amministrativa straordinaria nell’interesse dei cittadini.
  5. Quinto scenario, fantapolitico: Maroni viene portato in una stanza di Palazzo Chigi, convinto con la forza a metter mano a un decretino d’urgenza con il quale si salva “capra e cavoli”, Formigoni in Lombardia (e con esso i voti della Lega, che rischiano di rimanere senza candidato), nonché la Polverini nel Lazio, vittima della medesima sorte:
Ignazio La Russa minaccia: “Non vorrei fare la parte dell’eversivo ma lo dico chiaro e tondo: noi attendiamo fiduciosi i verdetti sulle nostre liste, ma non accetteremo mai una sentenza che impedisca a centinaia di migliaia di nostri elettori di votarci alle regionali. Se ci impediscono di correre siamo pronti a tutto’ (‘Respinto ricorso di Formigoni Polverini, attesa per lista Pdl La Russa minaccia Bonino: “No a solidarietà” – Italia – l’Unità.it).
Tutto ciò lo affermo, visti e considerati i precedenti storici:
    • Nel 2000 le regionali in Molise furono annullate dal Tar, e si tornò a votare l’anno dopo. Nel 2005 quelle della Basilicata furono rinviate, a tre giorni dal voto, perché una sentenza amministrativa aveva riammesso una lista prima esclusa. E sempre nel 2005, e anche in quella occasione nel Lazio, l’esclusione della lista di Alessandra Mussolini fu al centro di un querelle giuridica che arrivò al consiglio di Stato, che infine la riammise.
    • Il primo marzo 2000 i giudici del Tar di Campobasso, ritennero fondata la denuncia di irregolarità nelle elezioni che si erano svolte in aprile. A vincere era stato Giovanni Di Stasi (Ds). In particolare, era stata ammessa al voto una lista dei verdi e dei Comunisti Italiani che non avevano l’autentica delle firme di presentazione. Il consiglio di Stato, nel giugno del 2001 confermò la sentenza, precisando che “la partecipazione delle liste che avrebbero dovute essere escluse ha inciso sull’esito elettorale”.
    • Il consiglio regionale venne quindi sciolto ed il governo affidò allo stesso ex presidente Di Stasi “la gestione amministrativa straordinaria nell’interesse dei cittadini”.
    • A Potenza, invece, la riammissione della lista di Unità Popolare, esclusa in un primo momento per mancanza di un modulo nella presentazione, costrinse il prefetto a firmare, a tre giorni dal voto, un decreto con il quale le elezioni regionali in Basilicata furono rinviate di 15 giorni, dal 5 e 6 aprile al 17 e 18. Questo perché la decisione del Consiglio di Stato di riammettere la lista era giunta a ridosso del voto, e non aveva permesso ai candidati di svolgere la campagna elettorale.

    • A Potenza, invece, la riammissione della lista di Unità Popolare, esclusa in un primo momento per mancanza di un modulo nella presentazione, costrinse il prefetto a firmare, a tre giorni dal voto, un decreto con il quale le elezioni regionali in Basilicata furono rinviate di 15 giorni, dal 5 e 6 aprile al 17 e 18
    • sempre alle regionali del 2005, le elezioni nel Lazio furono segnate dal cosiddetto “Laziogate”, quando si scoprì che alcune firme a sostegno della lista “Alternativa Sociale” di Alessandra Mussolini erano state falsificate
    • La lista fu quindi esclusa dalla competizione per mancanza del numero necessario di firme. Il ricorso al Tar del Lazio della Mussolini fu rigettato, ma il Consiglio di Stato riammise la lista, non entrando nel merito della questione, ma stabilendo che fino a prova contraria le firme erano state in un primo momento accettate dall’ufficio elettorale e quindi valide.

Formigoni ineleggibile, pronto il decreto? La risposta del ministro Raffaele Fitto.

Formigoni sembra avviarsi al muro della verità: entro lunedì verranno discussi i ricorsi contro la sua candidatura a Governatore della Lombardia per il terzo mandato elettivo consecutivo, vietato dalla legge 165/2004. Dalla parte del PdL non starebbero a guardare: sarebbe pronto un contro ricorso contro Vasco Errani (PD) in Emilia-Romagna. Giocano a puntarsi la pistola alla tempia. Ma al Governo sono pronti agli estremi rimedi:

la notizia di questa mattina (fonte Radio Radicale), circa l’impossibilità del terzo mandato di Formigoni, è che il governo Berlusconi starebbe pensando a un decreto per ‘sanare’ la situazione. Uno scandalo internazionale che conferma che avevamo ragione.
Il decreto fornirebbe l’interpretazione ‘autentica’ (sì, ciao) ribadendo la retroattività (incredibile) e rinviando alla normativa regionale la ‘precisazione’ della norma. «Uno schema non molto solido», commenta Angiolini. La retroattività è uno pseudo-argomento e, oltre a essere ovvio, lo dicono tutti (fonte: ciwati).

Un decreto d’urgenza senza che urgenza ci sia, fatto alla buona per tamponare “in corsa” la falla, che in definitiva rappresenterebbe una dimostrazione dell’illegittimità della candidatura di Formigoni (ed Errani).

Stamane, in aula al Senato, il ministro per i rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto, ha risposto all’interpellanza del senatore PD Stefano Ceccanti – sostenitore della teoria della non retroattività della norma – con l’argomentazione che la causa di ineleggibilità – l’aver esperito i due mandati consecutivi – della legge 165/2004, art. 2, comma 1, lett. f, seguirebbe la medesima sorte delle altre cause indicate sempre all’art. 2, lettere dalla a alla e:

Il divieto del terzo mandato del presidente della Regione, stabilito per legge nel 2004, “non opera per le prossime elezioni regionali”. Lo chiarisce il ministro dei Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto, rispondendo a un’interrogazione presentata dal senatore del Pd Stefano Ceccanti.

Il ministro precisa che è “fortemente radicata sul piano giuridico la tesi della non immediata applicabilità della disposizione statale, sulla base del tenore letterale dell’articolo 2, che espressamente rinvia alla legge regionale attuativa; detta tesi, che trova conferma anche nella giurisprudenza della Cassazione, porta a ritenere che le disposizioni dell’articolo 2 della legge 165/2004 sono, pertanto, destinate a produrre effetti dopo l’adozione delle leggi regionali sulla materia” (fonte: Regionali/ Fitto: Divieto terzo mandato non vale in queste elezioni – Politica – Virgilio Notizie).

Ceccanti ha riportato sul proprio blog parte della risposta dubbiosa che ha rivolto al ministro Fitto:

  • poggiando sulle sentenze della Cassazione (n. 4327 del 2005 e n. 16898 del 2006), il Governo ritiene che il principio del divieto di mandati immediatamente successivi al secondo non sia vigente fino alla legge elettorale regionale che lo recepisca.
  • Ciò consentirebbe alle Regioni di rinviare a propria discrezione un principio fissato dal legislatore in modo chiaramente autoapplicativo. La legge 165/2004 (lettera f) del comma 1 dell’art. 2) è chiaramente scritta in modo da essere auto-applicativa
  • Viceversa – aggiunge Ceccanti – le sentenze della Cassazione fanno riferimento ad altre disposizioni della medesima legge che, con tutta evidenza, sono scritte in modo da regolare l’attività legislativa regionale futura senza essere auto-applicative. L’analogia – conclude il senatore del Pd – è quindi impropria con la lettera f) che è invece stata scritta per trovare diretta applicazione e che deve trovarla sin dalla prossima tornata” (ceccanti | Il Cannocchiale blog).

L’interpretazione di Ceccanti ha grosse analogie con quella riportata nel testo del ricorso dei cinque ribelli del PD, Angiolini, Civati, Martinelli, Monguzzi e Sarfatti:
– la norma avrebbe i crismi, secondo un’altra sentenza della Cassazione (sent. Sez. I, n. 2001 del 2008) di una “ineleggibilità originaria”, ovvero il diveto di terzo mandato “attiene piuttosto alla configurazione complessiva del governo dell’ente ed al modo di intendere la rappresentanza politica”;
– “la ragione del divieto di rielezione immediata, dopo una pluralità di mandati elettivi consecutivi” è “quella di evitare che sia frenato il ricambio delle persone a copertura di incarichi più importanti di governo, nonché quella prevenire il formarsi di posizioni personali di pre-potere politico. E’ pertanto logico che il divieto di rielezione dopo più mandati consecutivi valga,    e  possa essere fatto valere, dall’inizio del procedimento elettorale, come pre-requisito del suo stesso corretto svolgimento”; al contrario, l’elezione ne risulterebbe fortemente condizionata, con il rischio della dichiarazione di ineleggibilità a livello consiliare o giudiziale con la conseguenza delle dimissioni del Governatore appena eletto e lo scioglimento del Consiglio Regionale medesimo;
– inoltre, le sentenze citate da Fitto, riguardano nella fattispecie l’art. 2, comma 1, lett. a, nonché l’art. 3 lett. a della medesima legge – entrambe disposizioni non sufficientemente determinate – quindi non riferiscono esplicitamente alla lettera f;
–  “In altre parole,” viene sostenuto nel testo del ricorso, “nelle sue pronunce n. 4327 del 2005 e 16898 del 2006, la Corte di Cassazione non va contro la tradizione legislativa, dottrinale e giurisprudenziale sopra illustrata e, quindi, non esclude affatto che la normativa statale di “principio” della l. n. 165 del 2004 possa essere di immediata e pronta applicazione, ma più semplicemente, in rapporto a norme di “principio” indeterminate e giocoforza bisognose di specificazione in fase applicativa, si rifiuta di considerare superata la previgente disciplina”.

Insomma, un bel garbuglio giuridico al quale è necessario che la giurisprudenza metta ordine. Prima che arrivi il governo.

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Ineleggibilità Formigoni, il ricorso dei cinque ribelli del PD. Il Governatore Seriale: “non conoscono il diritto”.

Un’imboscata. Penati ha pestato i piedi, gridando che non ne sapeva nulla. Cinque ribelli del PD rompono la calma piatta sulla questione del divieto di terzo mandato alle Regionali 2010. I cinque, capitanati da Vittorio Angiolini, l’avvocato del caso Englaro e esponente della scomodissima Area Marino, si sommano al primo ricorso ad opera del Radicale Marco Cappato. E lui, il Governatore Seriale sbotta: i ricorrenti non conoscono il diritto:


La questione è alquanto delicata. Una probabile pronuncia dei giudici – che dovrà avvenire entro 24 ore dal deposito delle liste elttorali del prossimo 26 febbraio – favorevolemente alle tesi di ineleggibilità di Formigoni aprirebbe immediatamente la questione Vasco Errani in Emilia-Romagna. Si nota un certo nervosismo nelle file del centro-snistra. Stasera, il segretario di Prc, Paolo Ferrero, ha affermato che la discussione sulla ineleggibilità è "senza senso":

"mi sembra che ci siano precedenti che non sono sottorrenei, basti guardare il caso della piu’ grande regione d’Italia. Se poi qualcuno aveva qualcosa da dire, forse doveva dirlo prima". Ad ogni modo, prosegue Ferrero "mi sembra ci sia una prassi consolidata". In sostanza, sulla posizione di Errani, l’ex ministro taglia corto e conclude "non vedo impediementi, se ci sara’ un problema si vedra’ (Libero.it).

Le dichiarazioni di Ferrero paiono – queste sì – prive di senso. Ferrero non entra nel merito della contestazione, si limita a dire che si doveva dirlo prima. Ma prima quando? Bastava proporre un altro candidato. Rispettando la legge.

    • Un esposto di 21 pagine in cui si chiede a Roberto Formigoni, in corsa per il quarto mandato alla presidenza della Lombardia, di “considerare attentamente l’effetto della sua possibile ricandidatura obiettivamente a rischio di illegittimità in base alla legge 165 del 2004”.

    • È questo il tenore del ricorso che cinque esponenti del centrosinistra – tra cui Vittorio Angiolini, docente di diritto costituzionale alla Statale di Milano e avvocato di Beppino Englaro – hanno depositato alla Corte di Appello di Milano.

    • L’interpretazione non è  tuttavia condivisa da molti osservatori: il mandato del 2004 non sarebbe infatti da considerare in quanto già iniziato quando è stata promulgata la legge.
      Formigoni è ovviamente della stessa opinione. Ai giornalisti che gli chiedevano di commentare l’esposto, ha parlato di "un’iniziativa strumentale, perché io mi trovo nelle stesse condizioni del presidente Pd Vasco Errani e allora il Pd, se fosse onesto, dovrebbe contestare anche la sua candidatura, cosa che non fa". "Ma oltre che disonesti – ha continuato il governatore lombardo – sono anche incompetenti, perché i più noti costituzionalisti riconoscono la perfetta legittimità della nostra azione"

    • La richiesta alla Corte d’Appello non è  piaciuta nemmeno a Filippo Penati, candidato del centrosinistra e principale avversario del governatore in carica: “Non sono stato preventivamente informato dell’esposto presentato. Per quanto mi riguarda non condivido il merito dell’iniziativa – ha detto l’ex presidente della provincia di Milano – Ho chiesto personalmente diversi pareri giuridici e, pur non avendo ottenuto un parere unanime, la stragrande maggioranza delle persone consultate si è espressa per la legittimità della candidatura di Roberto Formigoni”.

    • Adesso la parola spetterà alla Corte d’Appello: il 26 febbraio scade il termine di presentazione delle liste per le regionali. I giudici avranno 24 ore di tempo per verificarle.

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No Formigoni Day: firma la petizione online contro i Governatori a vita.

La legge 165 del 2004, vieta la rielezione dei Presidenti delle Regioni dopo due mandati consecutivi a suffragio diretto, direttiva necessaria per imporre il ricambio del personale politico ed evitare il formarsi di concentrazioni di potere e di rendite elettorali a vantaggio dei governanti. E’ il nostro caso: in Lombardia la concentrazione del potere politico ed economico è da quindici anni nelle mani dell’attuale Presidente Roberto Formigoni. A questo si aggiunge l’invasiva influenza di Comunione e Liberazione i cui esponenti ed aderenti occupano i posti di rilievo in tutti i centri di potere della Regione. Tutto ciò costituisce di fatto l’impedimento di una reale dialettica democratica all’interno della Regione, monopolizzando di fatto le scelte politiche e amministrative. Formigoni si è ripresentato alle elezioni distorcendo il senso della legge 165 del 2004, disprezzando i principi democratici a cui questa si ispira, sostenendo che il computo dei mandati debba iniziare dopo l’entrata in vigore della legge stessa. Una interpretazione in perfetta malafede.Così facendo vorrebbe ignorare i tre mandati da lui già effettuati fino ad oggi e governare per 20 anni (1995-2015) con il quarto mandato. Questo è illegale in quanto la legge 165 del 2004 è chiara nel ribadire il limite dei due mandati prevedendo “la non immediata rieleggibilità, allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto”. Invocare la non retroattività non ha senso, come diversi giuristi hanno già rimarcato. Formigoni si può ripresentare, ma tra cinque anni. La legge introduce il solo concetto di rielezione consecutiva, quindi il divieto di “rielezione consecutiva dopo due mandati” entra in vigore nel 2004 e si applica anche a chi ha già svolto due mandati consecutivi per elezione diretta prima dell’entrata in vigore del divieto. Con queste firme preannunciamo il deposito di un ricorso formale al TAR della Lombardia nell’eventualità che Roberto Formigoni venga eletto per la quarta volta consecutiva.

Firma e diffondi la petizione online No Formigoni Day

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Regionali, basta un ricorso e Formigoni va giù. Giovanni Favia alza la voce su Errani.

Possibile che un gruppo di potere così importante come quello che in Lombardia governa da oltre quindici anni, che come una peste occupa gli ospedali e le scuole e le amministrazioni locali, raccolto intorno alla sigla di Comunione e Liberazione, non sia stato in grado di selezionare fra la propria foltissima classe dirigente un leader diverso da Formigoni? Possibile che una classe di amministratori come quella emiliano-romagnola, così efficiente e rispettata e forse onesta, così profondamente radicata nello spirito di quella regione, non abbia permesso che un candidato nuovo, giovane, diverso, si potesse affermare e si sostituisse a Vasco Errani, il grande uomo del fare?

Ebbene, questi due signori, se rieletti, vivranno nell’illegittimità, finché un giudice – certo la sporca faccenda della giustizia che non è ancora stata messa a tacere – li dichiarerà ineleggibili quindi costringerà i medesimi allo scioglimento delle giunte e dei consigli regionali, conseguenza di quanto disposto dalla Costituzione all’art. 126 comma 3, che recita:

L’approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, nonché la rimozione, l’impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. In ogni caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio.

Perché, e la domanda sarà certamente destinata a rimanere ignorata, vogliono così male alle loro regioni? Il rischio più grande è che, dinanzi alla decisione del giudice, il governo non imponga lo scioglimento ai sensi del medesimo art. 126 primo comma (Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge).E che il Presidente della Regione non si dimetta. Il risultato: avremo due Presidenti di Regione che governeranno pur se illegittimi. Una bella prospettiva. Riusciranno a resistere alle sentenze dei giudici?

In Emilia-Romagna, l’unica voce che ha il coraggio di ricordare l’illegittimità della ricandidatura di Errani, è quella di Giovanni Favia del Movimento 5 Stelle:

“La legge 165/2004 articolo 2- afferma Favia in un comunicato- lo proibisce”. Secondo questa norma “si puo’ essere eletti solo per due mandati consecutivi”, ma “Errani ora si candida per la terza volta consecutiva alla guida della Regione” anche se riveste la carica dal 3 marzo 1999 […] Favia spara a zero su Pd e Pdl (“possibile che non sappiano proporre volti nuovi ma si limitino […] a produrre solo professionisti della politica?”), denuncia “il silenzio di molti media” sulla questione e cita il caso analogo di Roberto Formigoni, candidato per la terza volta alla presidenza della Lombardia, contro il quale “c’e’ chi ha fatto ricorso”. Noi “non arriveremo a tanto”, dice Favia che pero’ lancia un grido d’allarme: “Ci preoccupa il fatto che su Errani, se eletto, pendera’ comunque sempre la spada di Damocle, di possibili ricorsi” (fonte: Regionali, i grillini: “Vasco Errani è ineleggibile, lo dice la legge”).

Sì, la spada di Damocle. I Radicali, in Lombardia, hanno già fatto ricorso (per opera di Cappato). Formigoni avrebbe dovuto aspettarsela: i Radicali sono dispettosi e amano divertirsi con giochetti del genere.

La questione è soprattutto che chi, come Formigoni, si ricandidi per la quarta volta, cercando di aggirare il divieto vigente dal 2004 con argomenti opinabili, non solo lo fa a suo rischio e pericolo ma lo fa a rischio e pericolo della Regione: dopo le elezioni, potrebbe infatti bastare il ricorso al Giudice di un singolo elettore per far cadere il Presidente e inficiare il risultato elettorale. È utile perciò che se ne parli: non foss’altro perché non si dica, quando il disastro accadesse, che nessuno sapeva (fonte: Perché Formigoni non può essere rieletto – Vittorio Angiolini – l’Unità.it).

Regionali, per La Loggia Formigoni è eleggibile. Basta non far valere la legge dello Stato.

Leggete le incredibili dichiarazioni di La Loggia (PdL), ex ministro per gli Affari Regionali, per giustificare l’obrobrio della ricandidatura extra lege di Formigoni in Lombardia (ed Errani in Emilia-Romagna):

“Nessun problema per Formigoni ed Errani a ricandidarsi, in quelle regioni non c’è il divieto al terzo mandato”. Lo dice a CNR l’allora Ministro per gli Affari Regionali Enrico La Loggia. “L’art. 2 della 165 del 2004 parla chiaro: le regioni possono disciplinare con legge propria il sistema elettorale regionale. Possono, non ‘sono obbligate’. Le regioni che hanno disciplinato il proprio sistema elettorale sono Toscana, Abruzzo, Friuli, Sicilia, Provincia Autonoma di Trento. Tutte le altre regioni non hanno provveduto. Quindi, nei casi specifici di Lombardia ed Emilia-Romagna, non ci sono problemi di sorta sulle ricandidature di Formigoni ed Errani. L’obbligo di divieto al terzo mandato nasce solo quando le regioni stesse si avvalgono di una nuova legge elettorale.” Così a CNR Enrico La Loggia, nel 2004 ministro per gli Affari Regionali, oggi vicecapogruppo del PDL alla Camera (fonte: REGIONALI, LA LOGGIA: ”FORMIGONI ED ERRANI POSSONO RICANDIDARSI”. CAPPATO: “E’ FALSO” – CNR CRONACA).

Dove sbaglia La Loggia? Non è vero che le disposizioni di cui all’art. 2 comma 1 della legge 165/2004 valgono solo nel caso di nuova legge elettorale. Semplicemente perché non vi è scritto. Leggiamo l’art. 1 della predetta legge:

Art. 1.

(Disposizioni generali)

1. Il presente capo stabilisce in via esclusiva, ai sensi dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione, i princìpi fondamentali concernenti il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonchè dei consiglieri regionali.

Ovvero, la legge si limita a soddisfare la prerogativa statale prevista dall’art. 122, titolo V della Costituzione. Stabilisce i principi fondamentali entro i quali le Regioni disegnano le proprie leggi elettorali. Essi sussistono in virtù della legge che li elenca. Legge dello Stato. Laddove non esiste legge regionale, in che modo si applicano i principi fondamentali suddetti? Nel caso della immediata applicabilità, in quanto non necessitano di ulteriore intervento legislativo regionale; ovvero, nel caso abbiano immediata effettività. E l’art. 2, comma 1, lett. f), rientra nel nostro caso.  Addirittura, è stato osservato che il medesimo comma non operi in realtà come le normali cause di ineleggibilità, dal momento che preclude in radice la facoltà del soggetto di ricandidarsi. Tale disposizione, dunque, incidendo sulla capacità elettorale passiva, piuttosto che sul suo esercizio, tecnicamente non rappresenterebbe una ipotesi di ineleggibilità in senso stretto. Non necessita di intervento legislativo regionale poiché non solo ha immediata effettività ma, in quanto operante direttamente sulla capacità di elettorato passivo, avrebbe perciò uno status differente dalle altre cause di ineleggibilità. Sarebbe una causa di ineleggibilità particolare, propria del modello di sistema elettivo che è stato introdotto con la legge costituzionale n. 1/1999 (elezione diretta del Presidente di Regione). Di fatto, con la legge 165/2004, il legislatore ha compensato il vuoto normativo apertosi nel 1999 con la modifica dell’art. 122: lo scopo è quello di non creare situazioni privilegiate nel concorso dei candidati alla carica di Presidente, nonché posizioni di dominanza e di persistenza contrarie al principio democratico dell’eguale accesso alle cariche (art. 51, Cost.: Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge).

Divieto di terzo mandato, l’incoerenza e l’incostituzionalità.

Quale la differenza fra Formigoni e Hugo Chavez, il presidente venezuelano? Quale significato di democrazia li ispira? C’è differenza fra il leader populista sudamericano e la politica nostrana che fa finta di ignorare una norma di legge a carattere costituzionale? Perché hanno maturato questa convinzione della proprietà privata di una carica pubblica per giunta elettiva?

Le prossime elezioni regionali potrebbero scatenare un grande conflitto istituzionale che culminerebbe nella destituzione di ben due governatori – se confermati dal voto – per via giudiziaria. Candidati illegittimi. Che nessuno vuole metter da parte, per il bacino di voti che portano in dote. Due presidenti di Regione eletti dal popolo, al secondo mandato, e quindi incandidabili alle prossime elezioni: Formigoni per la Lombardia, Errani per l’Emilia Romagna (l’elenco era molto più lungo e comprendeva Galan nel Veneto, Lorenzetti in Umbria, Bassolino in Campania, messi da parte principalmente per motivi politici).

Si è detto che il diritto di elettorato passivo deve meritare il più ampio riconoscimento in ogni ordinamento democratico. Ma, allo stesso tempo, esiste l’esigenza di tutelare la libertà del voto e la competizione trasparente e paritaria tra candidati, altro asse portante – fondamentale – di un ordinamento democratico. C’è chi parla di deroghe, di leggi speciali, di norme ad personam (proprio ciò che fece Chavez, piegando la costituzione al suo volere e abrogando per mezzo di plebiscito referendario il limite di mandato): sarebbero profondamente incostituzionali, anzi, qualsiasi previsione legislativa regionale, statale o statuaria che consenta la terza candidatura avanzata da un soggetto che abbia ricoperto la carica di Presidente nei due mandati precedenti è incompatibile con i principi fondamentali enunciati dalla legge 165/2004, art. 2 comma 1, assurta a norma di rango costituzionale in virtù dell’art. 122 della Costituzione (se ne è già parlato ampiamente su questo blog). Nell’identica misura, va considerata illegittima candidatura in tal senso, avanzata nel silenzio della legislazione regionale.

Che cosa ci si aspetterebbe in un paese normale? Una presa di coscienza delle maggiori forze politiche, una denuncia pubblica dei partiti di opposizione, almeno. Invece si profila un lasciapassare del governo che risulterebbe gravemente lesivo dello spirito e della lettera della Costituzione. Proprio il governo potrebbe impugnare l’atto ai sensi dell’art. 127 della Costituzioe, sollevando la questione di costituzionalità. Ma anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, povrebbe farsi carico di segnalare al Governo l’esigenza di attivare la procedura sanzionatoria di cui al comma 1 dell’art. 126 della Costituzione

Pensate che tutto ciò possa accadere? Dovete sapere che qualcosa di analogo successe per i sindaci e per i presidenti di provincia. Si davanti alla Corte di Cassazione, che così si espresse:

  • Corte Suprema di Cassazione
    • SENTENZA N. 11895 DEL 20 MAGGIO 2006
    • ELETTORATO – ELEZIONE DEL SINDACO AL TERZO MANDATO CONSECUTIVO – DIVIETO – SANZIONE – DECADENZA DALLA CARICA
    • L’art. 51, comma 2, del T.U. sull’ordinamento degli enti locali, approvato con il d.lgs. n. 267 del 2000, nel prevedere che chi ha ricoperto per due mandati successivi la carica di sindaco e di presidente della provincia non è immediatamente rieleggibile alle medesime cariche, pone un divieto – la cui finalità è quella di favorire il ricambio ai vertici dell’amministrazione locale – che contiene in sé la sanzione per la violazione, consistente, ove l’elezione venga nondimeno convalidata, nella declaratoria della decadenza. Milita in tal senso, secondo la Corte, la lettura sistematica delle disposizioni del T.U. in materia di ineleggibilità, e, in particolare, l’art. 41, il quale prevede che << nella prima seduta il Consiglio comunale e provinciale, prima di deliberare su qualsiasi altro oggetto, ancorchè non sia stato prodotto alcun reclamo, deve esaminare la condizione degli eletti a norma del capo II del titolo III, e dichiarare la ineleggibilità di essi quando sussista alcuna delle cause ivi previste>>

Pensate che possa espirmersi diversamente nel caso dei Presidenti di Regione?

    • contano o non contano le elezioni del 2000? Per non farle contare, salvando le poltrone di Errani e Formigoni, qualcuno spende un duplice argomento
    • In primo luogo, né l’uno né l’altro – quando ottennero il primo suffragio popolare – sapevano d’avere soltanto due cartucce da sparare, sicché va tutelata la loro aspettativa; in secondo luogo, la legge del 2004 è priva d’effetti retroattivi, dato che il diritto si proietta sul futuro, non sui sepolcri del passato
    • questi due argomenti sono scritti sulla sabbia. Forse che nel 2000 Errani e Formigoni avrebbero rifiutato l’elezione, se gli fosse stato detto di non poterla più ripetere nel 2010? Forse che in quel caso avrebbero lasciato che vincesse l’avversario?
    • Anche il principio d’irretroattività cade un po’ a sproposito. La nostra Costituzione lo sancisce esclusivamente in materia penale; nelle altre circostanze il legislatore fa come gli pare, e infatti non mancano le leggi che dichiarano d’applicarsi a fatti del passato. Di più: talvolta la retroattività s’accompagna come un vestito su misura al corpo normativo. È il caso delle leggi d’interpretazione autentica, che chiariscono – oggi per ieri – il significato d’una legge preesistente; ma è anche il caso, per esempio, della legge che introduca un’imposta sugli immobili, la quale non risparmierebbe certo i vecchi proprietari. Altrimenti dovremmo pensare che se domani verrà impedito ai ciechi di guidare un aeroplano, il divieto colpirà soltanto i nuovi ciechi.

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Regionali, il divieto di terzo mandato è un principio fondamentale. La non rieleggibilità di Formigoni.

Nessuno se ne è accorto, a parte Luca Sofri e di seguito Giuseppe Civati. Ma esisterebbe un piccolo “divietino”, che riassumiano nella formula “divieto di terzo mandato”, per i Governatori delle nostre Regioni. Ovvero, chi come Formigoni in Lombardia, ma anche Maria Rita Lorenzetti per il PD in Umbria, ha ricoperto il ruolo di Governatore per due mandati consecutivi, non può essere ricandidato. Avete capito bene: non sono rieleggibili.

Finora si sono manifestate due diverse interpretazioni giuridiche: da un lato, quella “divietista”, che valuta il limite posto dall’art.  comma , lett. f della legge 165/2004 come immediatamente applicabile, anche in assenza di una specifica legislazione regionale; dall’altro quella “permissivista”, che è stata elaborata da Stefano Ceccanti nella formula della non retroattvità della norma del 2004.

La posizione espressa sul blog di Civati trova fondamento nella analisi storico-giuridica dell’Avvocato Vittorio Angiolini, il quale così argomenta:

a) intenzione del legislatore:  durante i lavori preparatori il testo legislativo fu dal Senato modificato per “sopprimere” 
 la “libera scelta delle Regioni di avvalersi o meno di tale possibilità” di “prevedere che il Presidente, eletto a suffragio universale e diretto, non puo` essere eletto immediatamente per la terza volta”;

b) compiutezza della norma: i punti precedenti il comma1-f lascerebbero al legislatore regionale margine di intervento per “colmare i vuoti o dirimere le incertezze residue”, mentre il comma 1-f no;

c) Queste due caratteristiche rendono il comma 1-f  “immediatamente applicabile”. La norma peraltro si configura come “principio fondamentale” sulla base dell’art. 122 della Costituzione:

Art. 122

Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi.

d) “disciplinati da legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica”: formula che presuppone un contesto di “potestà concorrente” fra Regione e Stato; la legge statale stabilisce i principi fondamentali. In questo caso, l’art. 2 comma 1-f della legge 165/2004, in quanto norma “autosufficiente”, ha il crisma di principio fondamentale. Da ciò consegue l’incostituzionalità di leggi regionali eventualmente con essa confliggenti, e l’applicabilità diretta e immediata in un contesto di legislazione regionale che non la contraddica (art. 1, comma 2 della l. 5 giugno 2003 n. 131, “le disposizioni normative statali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna Regione, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali in materia”);

d) i “principi fondamentali” debbono altresì configurarsi come “limite positivo” e non solo “negativo”, sono in grado di produrre effetto abrogativo, e dunque di prevalere, sulle previsioni di precedenti leggi, statali e regionali;

e) la non retroattività della norma contenuta nel comma 1 lett. f, sulla base del principio assoluto di irretroattività di norme volte a circoscrivere l’elettorato passivo, è “giuridicamente insostenibile” poiché il carattere retroattivo viene in questo contesto travisato:

  • l’irretroattività della legge consiste nell’applicare una nuova disciplina legislativa solo a fatti verificatisi posteriormente alla sua entrata in vigore, con esclusione non solo di fatti e vicende al momento di detta entrata in vigore ormai esauriti, ma anche a fatti o vicende nel momento dell’entrata in vigore in corso di svolgimento, e perciò intrapresi in precedenza, sotto la vigenza di una disciplina diversa;
  • l’ art. 2, comma 1 lett. f) della l. n. 165 del 2004 non detta alcuna disciplina innovativa, ed anzi non detta alcuna disciplina che abbia la benché minima influenza sul conferimento e sull’espletamento dei primi due mandati consecutivi come Presidente della Regione;
  • la norma, non avendo effetto su fatti e vicende del passato, o in corso di svolgimento, non ha alcun effetto retroattivo: si limita a porre il limite del terzo mandato, cioè a vietare un’azione futura;
  • l’approccio di Ceccanti “tradisce la ragione di fondo per cui in genere è stabilito il principio di irretroattività delle leggi: la salvaguardia della buona fede come ignoranza incolpevole di modificazioni che potrebbero sopraggiungere”: Formigoni, invece, così come Lorenzetti, non è affatto in una posizione di non-conoscenza del divieto di terzo mandato, poiché tale norma sussiste dal 2004, ben prima di essersi proposto per la terza volta Governatore della Lombardia. Egli è quindi pienamente informato circa il divieto;
  • la norma esplicitamente parla di  “non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo  del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto“, pertanto esclude dal computo dei due mandati consecutivi, eventuali precedenti mandati ricoperti non in virtù della elezione diretta bensì per elezione indiretta all’interno del Consiglio Regionale: questa considerazione rende manifesto come l’attribuzione della non retroattività per la definizione dell’elettorato passivo nel senso della delimitazione fra eletti a suffragio indiretto ed eletti a suffragio diretto, sia un elemento assolutamente velleitario, poiché già contenuta nella norma.