Il PD alla prova della direzione nazionale: il caso Sicilia fra Mirafiori, Legittimo Impedimento e Lingotto

La direzione nazionale del PD si terrà giovedì 13. Un clima infuocato attende Bersani. Giovedì 13: un giorno sbagliato, si direbbe, a guardare la lista degli eventi. Da un lato le beghe interne al PD:

  • oggi, il caos Sicilia con la scomunica del circolo di Caltagirone;
  • la controdirezione di Civati (senza Renzi) mercoledì 12 a Roma, Circolo Letterario di Via Ostiense 95;
  • dulcis in fundo, ma oramai a “bocce ferme”, il ritorno di Veltroni, in pompa magna, anzi in salsa marchionnesca, con il Lingotto 2.

Tutto questo mentre nel paese si affastelleranno le notizie e le relative polemiche circa:

  • riunione della Consulta, rigidamente a ‘porte chiuse’ il giorno 11, chiamata a discutere in materia di legittimo impedimento;
  • decisione della Consulta, prevista proprio per giovedì 13;
  • referendum a Mirafiori, il 13 e il 14, con la prevedibile vittoria dei sì.

Se vi sembra poco, allora vi introduco al caos Sicilia, uno dei fattori X che pendono sulla testa di Bersani. Poichè in Sicilia il PD ostiene con i propri voti il governatore Lombardo. Un ribaltone che va avanti da alcuni mesi e che nel partito non è mai stato adeguatamente discusso. Il PD in Sicilia è diviso in due: da una parte i fautori del ribaltone, con il segretario regionale Lupo in testa, la capogruppo al Senato Anna Fnocchiaro a far da stampella alla irragionevolezza di tale scelta; dall’altra, gli oppositori, aventi in Enzo Bianco e Giovanni Burtone elementi di spicco e di riferimento.

I fatti: un circolo, quello di Caltagirone, città amministrata dalla sinistra, ha indetto referendum fra gli iscritti al fine di accertare il sostegno alla scelta della direzione regionale del PD di appoggiare il governo Lombardo. Apriti cielo! Il referendum è nullo, tuonano dalla segreteria regionale. Non rispetterebbe lo statuto del PD – che pure prevede consultazioni democratiche fra gli iscritti – in svariati punti, fa sapere il segretario Lupo. “Può il Partito democratico continuare a sostenere il governo regionale di Raffaele Lombardo?”, questa la domanda posta nel quesito referendario. Lupo ha intimato al coordinatore del circolo Gaetano Cardiel di sospendere immediatamente la preparazione della consultazione, cosa che non è avvenuta. Su di essa pende un ricorso dinanzi al comitato dei Garanti, una sorta di Alta Corte interna al partito, pertanto secondo Lupo non poteva in ogni modo svolgersi. Lupo ha quindi accusato Cardiel di aver violato in più punti lo Statuto. Ed ha disposto il comissariamento del circolo di Caltagirone. E’ pur vero che all’art. 28 di predetto Statuto si definisce in maniera univoca una disciplina che non lascia spazio a dubbi per indire referendum fra gli iscritti:

Articolo 28.
(Referendum e altre forme di consultazione)
1. Un  apposito  Regolamento  quadro,  approvato  dall’Assemblea  nazionale  con  il  voto  favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti, disciplina lo svolgimento dei referendum interni e le altre forme di consultazione e di partecipazione alla formazione delle decisioni del Partito, comprese quelle che si svolgono attraverso il Sistema informativo per la partecipazione.
2. È indetto un referendum interno qualora ne facciano richiesta il Segretario nazionale, ovvero il Coordinamento nazionale con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti, ovvero il trenta per cento dei componenti  l’Assemblea nazionale,  ovvero  il  cinque  per cento degli iscritti al Partito Democratico (Statuto PD).

Naturalmente nulla di tutto ciò è successo: la soglia del 5% non è nemmeno lontanamente raggiungibile e il segretario neanche si sogna di affidare una decisione così delicata e importante come quella della fiducia a Lombardo a un referendum fra gli iscritti. Quindi è vero che l’iniziativa di Caltagirone è al di fuori dello Statuto e l’iniziativa di Lupo non poteva che essere censoria nei confronti dei dissidenti di Caltagirone. Tanto più che una iniziativa analoga era stata messa in piedi a Enna “facendo registrare percentuali bulgare per il no al sostegno al governo Lombardo” (Caltagirone, Pd al voto nonostante lo stop di Lupo – Palermo – Repubblica.it). Non ci si poteva aspettare altro. Ciò dimostra ancora una volta il divario profondissimo fra il partito e il suo elettorato, anzi i suoi iscritti medesimi. L’iniziativa di Caltagirone ha il merito di far arrivare una manifestazione del dissenso dell’elettorato siciliano direttamente sul tavolo della Direzione Nazionale di Giovedì 13. Un giorno brutto assai, si direbbe. Si comprendono meno le dichiarazioni di Buirtone e di Bianco, che condannano il comissariamento e chiedono l’intervento di Bersani:

“Ascoltare l’opinione degli elettori del partito e’ un obbligo politico morale da parte dei suoi vertici, soprattutto quando si prendono decisioni che ne segnano una svolta nell’orientamento politico”. Lo afferma in una nota il senatore del Pd Enzo Bianco […] L’ex sindaco di Catania chiede infine al segretario nazionale del Pd Pierluigi Bersani di “intervenire subito in merito a questa vicenda” (Pd: Bianco, su commissariamento Caltagirone intervenga Bersani – – Libero-News.it).

“E’ un atto arrogante nei confronti di una realtà politica che ha avuto da sempre una condotta esemplare” – Giovanni Burtone, tra i primi parlamentari PD a manifestare il suo dissenso alla decisione di Lupo, è stato, insieme a Enzo Bianco, uno dei principali oppositori dell’appoggio del PD a Lombardo. “Dietro questa decisione c’è evidentemente la paura di confrontarsi e scoprire che gli elettori del Pd sono contrari al sostegno al governo Lombardo – prosegue Burtone che arriva a parlare di “pulizia etnica” verso chi non è allineato […] il circolo di Caltagirone incassa la totale solidarietà degli altri partiti all’opposizione di Lombardo; I circoli di Idv, Psi e Sel Caltagirone, in un comunicato congiunto, bollano come “atto liberticida” il commissariamento (Caltagirone, PD commissariato: partito allo sbando – la Periferica – Mensile di informazione a Catania).

Che ascoltare l’opinione degli elettori sia un obbligo politico morale è indubbio, mentre è dubbia la procedura che si è seguita (il cosiddetto “stare alle regole” che ci si è dati – lo Statuo è stato o no votato nei circoli? e se sì, è stato preso in esame con buonsenso anche l’art. 28?). Inoltre pare eccessivo parlare di atto liberticida o di pulizia etnica per chi non è allineato, sebbene sia vero che chi dissente nel Partito Democratico non ha vita facile, vedasi Civati e co. In ogni caso, il circolo guidato da Cardiel ha l’indubbio merito di aver rimesso al centro la questione della partecipazione. Fattore che inizialmente doveva essere distintivo del PD e che ora diventa sempre più spesso opzionale.

Renzi e Civati: ribelli, sfasciacarrozze e maleducati rottamatori. La platea romana del PD fischia mentre scoppia il caso Lombardo

Poco importa se alla Stazione Leopolda si siano incontrate le idee prima che le persone. Poco importa se si è parlato di politica. Poco importa alla dirigenza del PD, e forse a tutto il PD raccolto a Roma all’Assemblea Nazionale dei Circoli, se le idee e il alvoro portato avanti da Civati e dal gruppo di Andiamo Oltre si sua condensato in quattro volumi che qui riporto:

Probabilmente queste opere passeranno diritte negli archivi della Segreteria. Pare che Bersani sia in cerca solo di tregue e di alleanze, come in una sorta di enorme Monopoli Politico in cui contano i posizionamenti e tattiche, e la realtà “ci fa un baffo”, per parafrasare il segretario.

Così, oggi, mentre a Firenze si ascoltavano le buone esperienze delle tante ottime amministrazioni locali guidate dal PD, a Roma, all’Assemblea Nazionale dei Circoli si fischiavano Renzi e Civati, come in una orwelliana “giornata dell’odio”. Indicati come “i rottamatori”, definizione riduttiva ma giornalisticamente efficace che però lo stesso Renzi ha contribuito a creare suo malgrado, nei media l’evento di Firenze passa soltanto sotto l’egida dell’attacco al Segretario. Sfasciacarrozze, ribelli e maleducati: Renzi e Civati sono messi all’indice dei democratici blasfemi. Insomma, guai se si critica il Capitano della Nave (che però affonda da quindici anni). E’ l’eterno dilemma della (centro?)-sinistra italiana, il contorcersi fra eterodossia e ortodossia. Ma la politica, se la si vuol fare, è altra cosa. Lo hanno detto, a Firenze. A Roma, invece, ci si guardava in cagnesco. Con la “bolla Lombardo” – il governatore della Sicilia, ribaltonista insieme al PD insulare (appoggio esterno della Finocchiaro?) e ora sotto indagine per concorso esterno in associazione mafiosa – pronta ad esplodere in ogni istante. Ignazio Marino “chiede la convocazione della direzione nazionale, ma il segretario regionale Giuseppe Lupo getta acqua sul fuoco: “Finora nessun reato è stato contestato a Lombardo” (La Repubblica.it).

“Il partito ha sempre promosso la cultura della legalità  –  dice il chirurgo trapiantista, oggi senatore – distinguendosi nettamente dalla politica opaca del centrodestra. Alcuni nostri esponenti sono stati o sono in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata come Maria Grazia Laganà Fortugno o Angelo Vassallo, ucciso nel Cilento pochi mesi fa. Ho scritto una lettera a Bersani chiedendogli di convocare la direzione nazionale del partito per affrontare il problema” (Ignazio Marino, La Repubblica.it, cit.).

Rosy Bindi si dice pronta ad autosospendersi se non avvenissero “gesti eclatanti”. Oggi, dal palco dell’Assemblea Nazionale dei Circoli nessuna parola del segretario sulla vicenda, mentre monta la protesta:

L’appello di Bianco ai vertici del Pd: “Fuori il partito dal governo regionale. Live Sicilia – ‎3 ore fa‎

Sicilia: Fava (Sel), Bersani stacchi spina a governo Lombardo Libero-News.it – 2 giorni fa

Pd sempre più diviso su Lombardo, diktat di Bianco‎ – BlogSicilia.it (Blog)

Se vi pare poco…

Gli ignavi del PD e l’incapacità di prender la propria parte

(credits inviatospeciale.com)

Mentre a destra ci si regola a furia di coltellate nella schiena, nel PD si naviga a vista: il nostromo la conosce la rotta? Pare che Bersani non sappia proprio orientarsi mentre le acque del mare nostrum si fanno agitate, agitatissime. Si voterà la sfiducia a Caliendo mercoledì, e se i finiani dovessero apparentarsi con l’UDC per astenersi dal voto, allora la crisi si allontanerà, ma solo per un mese o poco più. L’autunno calerà come la notte sull’attuale governo e il gorgo muto del voto anticipato si aprirà sotto tutti loro. Il PD dovrebbe marciare coeso verso la prova di forza per scacciare i ‘mercanti dal tempio’. Dovrebbe finalmente accantonare la tendenza alle automutilazioni. Dopo l’aut aut di Vendola, Di Pietro cerca in anticipo un accordo con Bersani, ma Bersani è alle prese con due grane: una nel Lazio, l’altra in Sicilia. Con l’aggravio di colpa di aver trascurato il ‘metodo democratico’ nella selezione dei propri candidati al Csm, scelti in sordina al calore del ‘caminetto’ (una sorta di direzione ristrettissima anche a chi in direzione nazionale non mette piede… un nonsense).
Lazio:

La campagna d’estate del Pd del Lazio: ci si chiedeva quale fosse esattamente la campagna d’estate del 2010 lanciata del Pd. Ora, almeno nel Lazio, abbiamo trovato la risposta. Un segretario dimissionario, un accordo per sostituirlo, un voto andato a vuoto in assemblea, le primarie che si allontanano perché ci sono le amministrative (ormai gli argomenti anti-primarie costituiscono un vero e proprio genere letterario) e l’idea di commissariare il partito […] gli elettori si sono convinti che quelli al governo pensano solo agli affari loro mentre noi pensiamo solo al nostro famoso dibattito interno (ciwati)

Che dire… le primarie avrebbero dovuto non far archiviare ma addirittura sepellire il dibattito intorno alle cariche di partito e all’eterno balance fra ex DS e ex DL (Margherita). E invece no, fra ‘primarie sì, primarie no’, primarie di coalizioni, partito chiuso, partito aperto, il PD perseguita a guardarsi all’ombelico e la politica – quella vera – la perde nuovamente di vista. Chissà allora che un governicchio tecnico non sia la ciambella di salvataggio per Bersani. Tutti chiedono un governicchio: anche Grillo. Nessuno allora potrà obiettare sulla buona fede del segretario. E’ una questione di ‘salvezza nazionale’. Mandato breve, due o tre leggi da fare – fra cui la nuova legge elettorale, una manovra, un paio di decretini attuativi sul federalismo per accontentare la Lega. Poi alleanze a geometria variabile come in Sicilia?

    • “Sembra che il Pd siciliano continui a coltivare la vocazione del suicidio politico. Mi preoccupano le dichiarazioni di Giuseppe Lupo che in qualche modo si muovono nella direzione tracciata anche da Giuseppe Fioroni poco tempo fa. Come si può pensare di accettare una alleanza con Lombardo?”
    • Il Pd potrebbe scendere a patti con il Mpa se rinnegasse Berlusconi? Si tratta di una condizione che rassicurerebbe i democratici siciliani sulla buona qualità della politica e della gestione regionale del presidente Lombardo? – prosegue Marino – Il Pd non dovrebbe invece tenersi distante da figure che hanno accresciuto il degrado in Sicilia?
    • Credo di interpretare l’opinione di tutti i nostri elettori siciliani – sostiene il senatore – il Pd, che eredita i valori di Pio La Torre e Piersanti Matarella, deve rappresentare un tempo nuovo senza legami con i vari Lombardo, Micciché e Dell’Utri, promuovendo la lotta contro la mafia e programmi che non contemplino logiche clientelari
    • Ricordiamoci – aggiunge il senatore del Pd Marino – che Lombardo non ha risolto i problemi della sanità (le 1.800 assunzioni proposte recentemente sono solo una captatio benevolentiae che non affronta le gravissime carenze strutturali), la crisi delle risorse idriche, della gestione dei rifiuti, l’assenza di trasparenza nella pubblica amministrazione, il disastro delle infrastrutture

Il PD dovrebbe rappresentare il tempo nuovo, ma questo tempo tarda ad arrivare.

Regionali 2010, differenze e analogie fra il voto francese e noi.

I risultati del recente voto francese al primo turno delle elezioni regionali hanno mostrato alcune linee di tendenza generali che possono benissimo, senza alcuna difficoltà interpretativa, essere applicate al nostro paese.

Procediamo con ordine:

– il record dell’astensionismo, il vero vincitore della tornata elettorale: i partecipanti al voto sono stati circa il 46% e solo sei regioni hanno superato di poco il 50% degli aventi diritto. Segno di una stanchezza profonda dei francesi, di una disaffezione non solo nei confronti del governo centrale, ma persino per quelle istituzioni che più gli sono vicino, che più direttamente incidono sulla loro esistenza. E in Italia? Per il sondaggio commissionato da Italia Futura (area Montezemolo), “il 35% dei cittadini ritiene che la scelta di non andare a votare o di votare scheda bianca sia una scelta legittima. Dato che sale ulteriormente, fino ad arrivare al 51%, se si prende in esame la classe di età tra i 18 e i 34 anni. I giovani sono dunque più propensi a usare l’astensione come strumento di pressione politica” (Italia Futura). Il dato è interessante, soprattutto perché ci dà l’informazione fondamentale che dovrebbe indirizzare i nostri politici candidati governatori alla ricerca del voto: parlare ai giovani e motivarli ad andare al voto potrebbe essere la chiave di volta per risolvere le regioni in bilico. Ma la disaffezione giovanile è forse motivata dal fatto che fra di essi prevale il canale informativo di Internet. I giovani superano il blocco della par condicio televisiva e, la maggior conoscenza, il miglior grado di informazione, fanno pendere l’ago verso l’astensionismo. Questa analogia con il voto francese è anche un elemento di distinzione: in Francia l’astensione è stata intergenerazionale, estesa a tutte le regioni, maggioritaria; in Italia avrà i crismi del clevage (della rottura, ndr.) generazionale, del digital divide che separa chi naviga e chi no, non sarà estesa a tutte le regioni (forse prevarrà al Nord), e non sarà maggioritaria (il paese è “vecchio”, l’età media degli italiani è quarantanni);

– il voto ha punito la leadership di Sarkozy, già in affanno: l’approvazione all’operato del presidente della Repubblica è scesa drammaticamente al 36% e solo un francese su tre ne approva la ‘politica sociale’; addirittura, secondo un altro sondaggio, il 46% degli intervistati preferisce vedere candidato alle presidenziali del 2012 Francois Fillon al posto di Sarkò; il partito UMP, il partito del Presidente, non ha possibilità di vittoria certe in nessuna delle regioni, ha gestito molto male la pratica delle alleanze (mentre i socialisti e gli ecologisti faranno blocco unico in quasi tutte le regioni):

Il colore rosa pallido indica la quasi certezza di vittoria del centro-sinistra; il punto interrogativo, le regioni in bilico

il tema della leadership in affanno è centrale anche da noi – recentemente è stato detto, ma non dal Tg1, che la popolarità di Berlusconi è scesa al 46% e lui, come Sarkò, ha trasformato l’evento elettorale in un plebiscito sulla sua persona, errore grave che finirà per prevaricare le vere tendenze elettorali. Nel nostro caso, però, devono essere introdotti forti correttivi alla “formula francese”: si deve tener conto che la sola carta nelle mani di Berlusconi per ribaltare il trend è l’inasprimento del confronto politico, la “chiamata alle armi”, pratica in cui lui primeggia. Considerando i toni impiegati negli ultimi giorni, questa pratica è già in atto. Si aggiunga il blocco del canale informativo televisivo, il più importante in Italia (il 70% delle persone si informa con il solo telegiornale delle 20), dove, con l’alibi di un nuovo regolamento della par condicio, si è steso il divieto assoluto di parola, in spregio alle garanzie costituzionali. Contrariamente a quel che si pensi, la sola perdita di popolarità potrebbe non essere sufficiente a disinnescare Berlusconi: le sue risorse mediatiche, ancora una volta, lo salveranno;

– l’avanzata della destra xenofoba e razzista, in Francia all’11% (l’inossidabile Le Pen, nel grafico indicato con FN, Fronte Nazionale):

Elezioni Regionali 2010, Francia: partiti, dato nazionale.

questa tendenza è prevalente in tutta l’Europa. Recentemente, le elezioni amministrative in Olanda, hanno premiato il partito xenofobo, razzista, antieuropeista, antislamista di Geert Wilders, il Pvv. Un segnale così preoccupante da risvegliare dal lungo sonno persino Napolitano (CorSera). Lo scorso anno, le elezioni amministrative in Carinzia (Austria) hanno confermato al potere l’estrema destra del Bzoe, l’ex partito del defunto Joerg Haider, con il 44% dei voti. Una dinamica che ci coinvolge. In Italia esiste un partito xenofobo, razzista, antieuropeista, antislamista: si chiama Lega Nord. Un partito che è al governo, che detiene il Ministero dell’Interno, che si appresta a fare incetta di voti nel lombardo-veneto, laddove, attraverso la logica spartitoria dei candidati governatori che ha consegnato il Veneto nelle mani del ministro Zaia al posto del pidiellino Galan, grazie alle difficoltà del PdL mostrate nel caos della presentazione delle liste, e in previsione della dichiarazione di ineleggibilità di Formigoni (Bossi in questi giorni ha invitato i lombardi a votare Lega), si è praticamente consumata la svolta nei rapporti con il partito di Berlusconi, garantendo alla Lega una supremazia territoriale senza precedenti. La Lega, alle regionali, sarà partito di maggioranza relativa in Lombardia e Veneto, almeno. La scossa produrrà effetti indesiderati al PdL, già attraversato dalla latente tensione Fini-Berlusconi. La Lega uscirà dai consueti argini e immediatamente sorgerà da Roma la necessità di un contrasto forte al partito padano. Le notizie di manovre in Sicilia fra Lombardo e Micciché di una Lega del Sud, non sono casuali. Saranno sempre più intense, nei giorni successivi alle elezioni, e sono il segnale di un prossimo, improvviso, cambio di scenario. Il PdL non è più funzionale al duplice scopo, imbrigliare la Lega e tener fede al patto del 1992-93. Qualcuno farà sentire la propria voce.

Fas=fasullo

Riprendo dal blog di Civati la felice intuizione sui Fas:

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    • Alla fine tutta la “tarantella” sul Partito del Sud è rientrata. O perlomeno così sembra. A quanto pare, è bastato che Re Silvio promettesse un “piano Marshall” per il Sud, in cui è previsto lo “sblocco” di 4 miliardi di euro di fondi FAS per la Sicilia (l’epicentro del terremoto “sudista”) da parte del CIPE (il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica).
    • La cifra indicata da Berlusconi è straordinariamente uguale a quella già stanziata dal CIPE lo scorso 6 marzo, con provvedimenti poi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del 16 Giugno. Dove, alla pagina 4 di 6, si legge chiaramente che dei 17.8 miliardi sbloccati all’epoca dal FAS proprio 4.093.784.000 euro venivano stanziati per la Sicilia. Dato che la “premiata ditta” Berlusconi-Tremonti ci ha già abituato a questi magheggi propagandistici, per i quali venivano annunciati sempre nuovi stanziamenti fatti in realtà con gli stessi soldi, il sospetto che il fantomatico “piano Marshall” sia in realtà un “piano Farsa-ll” è più che fondato.
    • Miccichè, infatti, è proprio sottosegretario al CIPE, e quindi dovrebbe sapere di questo “magheggio”. Così come dovrebbe sapere che, dei 64 miliardi di fondi FAS stanziati da Prodi nel 2007 (poi non sbloccati a causa della crisi di Governo, e Berlusconi se ne è subito appropriato il merito mediatico, ovviamente), ben 20 miliardi sono stati stanziati per altri scopi e non per lo sviluppo del Sud

Sicilia Libera.

La Lega del Sud, e lo strano oggetto del contendere: perché fa così paura al PDL? Si tratta forse del ritorno del separatismo mafioso?

    • Nel maggio 2005 Silvio Berlusconi annunciò al suo Giornale l’idea di fondare un “nuovo soggetto politico” chiamato “Lega Sud” o “Lega Meridionale“, affidato a Raffaele Lombardo, all’epoca presidente della Provincia di Catania con l’Udc
    • L’idea non era proprio originale
    • Nel 1992-’93, mentre implodeva la Prima Repubblica, se ne occupò direttamente Cosa Nostra, attraverso alcuni dei suoi più fini politologi: Brusca, Bagarella, Cannella e i fratelli Graviano, che fra una strage e l’altra fondarono “Sicilia Libera
    • Sicilia Libera aveva contatti con massoni deviati, da Gelli in giù, con neofascisti come Delle Chiaie, col principe romano Napoleone Orsini, a sua volta in contatto con Dell’Utri
    • La pia confraternita avviò contatti con i fratelli della Lega Nord, che inviò un deputato a un vertice a Lamezia Terme.
    • Ma poi Riina fu arrestato e il bastone del comando passò a Provenzano.
    • il vecchio Binnu decise di sciogliere Sicilia Libera per confluire su Forza Italia. Ora apprendiamo che in cambio del suo appoggio aveva, fra l’altro, chiesto a Berlusconi ­ tramite il solito postino Dell’Utri – il controllo di una rete Fininvest
    • Ma è curioso che, mentre la Seconda Repubblica dà segni di cedimento, i primi scricchiolii si avvertano proprio in Sicilia col fuggifuggi dal Pdl.
    • si riaffacci il progetto di una Lega Meridionale, patrocinata ­ guarda un po’ ­ da Lombardo e dal tradizionale braccio destro di Dell’Utri in Sicilia, Gianfranco Miccichè, ormai in rotta col suo partito […] Lombardo e Miccichè hanno appena dato vita a una giunta “anomala”, non autorizzata dal Pdl ma, secondo i bene informati, benedetta urbi et orbi dal vecchio Marcello.
    • Un mafioso di Caltanissetta chiese qualche anno fa a un altro mafioso di Caltanissetta: “Boruccio, perché non gli rompiamo le corna e lo ammazziamo a questo Bossi?”. Gli fu risposto: “Nardo, non si può fare… la Lega è una creatura di Giulio Andreotti e di Licio Gelli”
    • aremo una Lega anche qui al Sud, così noi di Cosa Nostra ci potremo riciclare là dentro
    • Il progetto era quello di “staccare” la Sicilia dall’ Italia, proclamarne l’ indipendenza, avere un proprio esercito, Tribunali e Cassazione tutti siciliani. Un antico sogno mafioso, inseguito fin dagli infuocati anni del dopoguerra.
    • Inchieste palermitane che sfiorano appena – d’ altronde non potrebbe essere altrimenti per competenza territoriale – i cosiddetti “mandanti altri” delle stragi mafiose del 1992 in Sicilia e quelle del 1993 nel Nord Italia, inchieste che comunque descrivono il “contesto” alla vigilia dei grandi attentati di Cosa Nostra.
    • investigazioni che coinvolgono per “sovvertimento dell’ ordine democratico” Totò Riina, Licio Gelli e una ventina di boss ed estremisti di destra
    • le indiscrezioni fanno “arbitrariamente” riferimento anche agli attentati di Capaci e di via D’ Amelio
    • Un tam tam neanche troppo sotterraneo racconta però che la Procura di Caltanissetta sia molto “in linea” con le tesi dei Ros del generale Mori: cercherebbero i mandanti esterni tra i “signori degli appalti”
    • (toh, guarda, il Generale Mori, ancora lui) – post by cubicamente
    • progetto separatista di Cosa Nostra
    • Un’ intera stanza della Procura di Palermo è occupata dai faldoni del “Sistema Criminale” con dentro anche i fascicoli sui legami tra i boss e i “fratelli” del capo della P2, rapporti intrecciati nell’ inverno tra il 1990 e il 1991 per organizzare “leghe” e movimenti indipendentisti in tutte le regioni meridionali d’ Italia. E la prima di quelle “leghe” sarebbe nata proprio in Sicilia, a Catania. Il movimento si chiama “Sicilia Libera”.
    • le cosche catanesi si armano, nei loro depositi finiscono missili terra aria, bazooka, mitragliatori, quintali di esplosivo.
    • Catania diventa l’ armeria d’ Italia e il suo procuratore Mario Busacca si allarma: “Tutte queste armi non servono certo per le scorribande quotidiane dei killer
    • Passano alcune settimane e “Sicilia Libera” sbarca a Palermo. Fondatori due imprenditori edili, Tony Calvaruso e Tullio Cannella: sono amici del corleonese Leoluca Bagarella.
    • E’ il colonnello Gheddafi – dopo un silenzio lungo anni – che da un campo segreto della Sirte un giorno dichiara improvvisamente alla stampa italiana: “La Sicilia vuole l’ indipen- denza
    • Leonardo Messina racconterà: “Registi occulti avrebbero dovuto portare ad una sorta di insurrezione armata del Sud finanziata con soldi provenienti dalla Libia e pilotata da certe leghe meridionali dietro le quali ci doveva essere Cosa Nostra
    • Marcello Dell’Utri non poteva venire, ma e’ in contatto telefonico costante.
    • La due giorni di «riunione privata» sul Partito del SUD organizzata da Micciche’: confronto e riunioni con una cinquantina di parlamentari che vanno e vengono per discutere della tentazione di una sorta di LEGA per il Mezzogiorno
    • logo e applicazioni varie sono gia’ disponibili. Micciche’ li ha illustrati ieri ai presenti: tre lettere, SUD, nei colori complementari, declinate in tutti gli usi possibili
    • nello studio realizzato da Micciche’ e i suoi collaboratori, che l’hanno ideato con l’aiuto dell’agenzia Publicis, sono gia’ previsti i cartelloni 6×3, le cartelle stampa, il sito Internet.
    • c’e’ anche l’ipotesi del giornale di partito «NewSUD»
    • Addirittura esiste gia’ il progetto di podio e allestimento: fosse dopodomani il congresso ci sarebbe gia’ tutto.
    • individuando il grande colpevole nel ministro dell’Economia, Giulio Tremonti: «Ci tratta con sufficienza, infastidito dalla presenza del SUD»
    • Crespi illustra un’indagine compiuta la settimana scorsa: la fiducia nella nascita del partito varia molto da una regione all’altra del Meridione, tra il 18 e il 20% in tutte, con un picco del 31% in Sicilia.
    • Lombardo, che pure sta lavorando a un analogo partito, ieri non c’era, e sta tentando di coinvolgere nell’iniziativa forze trasversali come i governatori del Pd Antonio Bassolino e Agazio Loiero. «Con Lombardo ci siamo detti: distinti ma non distanti. Pero’ questo e’ un progetto culturale: non puo’ essere portato avanti da chi ha fallito, come Bassolino, responsabile dello sfascio della Campania», chiude Micciche’. Eppure, segnali di interesse per il progetto vengono da tutti i partiti: c’e’ persino un uomo di Di Pietro che ronza intorno all’idea.