Il pasticcio su Nitto Palma: così Grillo può gridare di nuovo all’inciucio

Si parla di telefonate dal Colle per fermare i ribelli del PD (ma in sei hanno resistito al richiamo all’ordine). Giarrusso del M5S ha rivelato in serata di aver dato ai democratici la disponibilità di tutto il M5S a votare Felice Casson. Giarrusso ne ha parlato con Zanda, e con il medesimo Casson.

Così avrebbe detto all’Huffington Post: “È arrivata una telefonata dal Colle, perché altrimenti il governo sarebbe stato a rischio e Palma non poteva saltare. Noi in terza votazione abbiamo votato un nostro nome solo per poter arrivare al ballottaggio e dare fino all’ultimo la possibilità al Pd di ripensarci. Ma Zanda ha deciso di continuare su quella strada”.

Felice Casson ha risposto molto sinteticamente alle domande dei cronisti: “La commissione giustizia tratta come si vede materie delicate e a volte incandescenti. Per questo abbiamo cercato la più ampia condivisione. Non avendola trovata abbiamo votato coerentemente scheda bianca”. Si può solo ipotizzare che la condivisione non sia stata trovata non tanto fra i senatori delegati ma all’interno del partito. Oppure i delegati del PD tentavano di divergere verso un altro nominativo targato Pdl al fine unico di rispettare la logica spartitoria e di evitare controindicazioni nella maggioranza. Un nome che non fosse quello di Nitto Palma. Ma, a sorpresa, ad astenersi alla terza votazione sono stati i due senatori leghisti, che sono stati provvidamente sostituiti da due senatori PD poco convinti della strategia Capacchione-Casson. Rosaria Capacchione aveva dichiarato nei giorni scorsi: “Non potrei tornare a Napoli se voto l’amico di Cosentino”. L’amico di Cosentino è riuscito a prendere i voti ma senza il suo aiuto. Magra consolazione.

Grillo, dal suo canto, ha scritto in serata un post al veleno. Secondo il Capo Comico, la lista dei presidenti eletti “è una provocazione verso i cittadini per scelta delle persone e per la loro generale incompetenza. Se ci fosse una Commissione per i Cessi di Montecitorio occuperebbero anche quella, metà chiappa pdl, metà chiappa pdmenoelle e lascerebbero il cesso da pulire alla finta opposizione di Sel”. Però nella lista ignominiosa inserisce anche Donatella Ferranti del PD (Giustizia). E questo è molto poco condivisibile, anche se la deputata del PD è stata eletta tale anche con i voti dei pidiellini. Sono gli effetti collaterali del cosiddetto Manuale Cencelli.

Donatella Ferrante è una ex magistrato, ha lavorato a lungo nel Csm, prima alla Segreteria presso le Commissioni per la valutazione di professionalità, per la formazione, incarichi direttivi, organizzazione e incompatibilità ambientale e funzionale dei magistrati, successivamente dal 2004 prima come vicesegretario e poi come Segretario Generale fino al marzo 2008, quando poi è diventata parlamentare del PD. Durante la XVI Legislatura è stata capogruppo del PD in 2a commissione Giustizia alla Camera. Non una personalità politica di cui vergognarsi, insomma.

Poche parole invece per Capezzone o per Formigoni, per esempio. Nomina, quest’ultima, ancor più scandalosa visto il suo fresco rinvio a giudizio per l’inchiesta sullo scandalo Maugeri. Ma a Grillo, come al solito, non interessa fare distinzioni. Nè ora né mai.

Psicodramma M5S, Riotta querelato per un retweet

giarrusso

Avvocato Mario Michele Giarrusso

Aggiornamento: consiglio la lettura di questo post di Valigia Blu in cui si specifica meglio la natura del tweet di Riotta (tecnicamente non un retweet ma una interpretazione personale di una notizia che il giornalista medesimo ha letto – come poteva fare chiunque altro – sulla versione siciliana di Repubblica, versione cartacea).

http://www.valigiablu.it/il-caso-riotta-beppe_grillo-e-la-denuncia-per-un-retweet/

Massimo Mantellini: http://www.mantellini.it/2013/01/02/il-retweet-e-come-un-link/

E’ come se Riotta avesse tradotto la notizia con parole sue, con parole “nuove” (lottizzazione ce l’ha messa lui) e l’avesse riferita come se stesse chiacchierando con gli amici giù al bar. Sia chiaro, si risolverebbe tutto con una rettifica di 140 caratteri. E sarebbe finita lì, da galantuomini. Valigia Blu afferma che “Il RT come il tweet non dovrebbe esimere dalla verifica della notizia e in caso contrario si può incorrere in querele per diffamazione”. Non sono completamente d’accordo: Riotta ha divulgato una notizia che era sulla carta, interpretandola. Quante volte avete linkato e retwittato o citato parole di articoli di giornale? Avete provveduto ad eseguire le opportune verifiche? E’ possibile materialmente farlo? Un RT dura lo spazio di un millisecondo. Un tweet qualcosa in più, poiché il twitteratore deve comporre il messaggio e pensare a cosa scrive. Ma se traduce il significato di un articolo con una parola che prima non c’era, davvero compie diffamazione?

[Post originale]

Si chiama Mario Michele Giarrusso. E’ un avvocato ed è fresco candidato alle Politiche 2013 per il M5S. Quel che gli è successo lo spiega lui stesso sul blog di Grillo:

[sono] stato contattato da una pubblica amministrazione che deve liquidare l’ATO acque. Qualche tempo fa abbiamo vinto in maniera splendida un referendum che ha sancito che l’acqua deve essere pubblica, deve essere dei cittadini. Per fare questo bisogna liquidare tutte le strutture che sono state create per trasferire l’acqua, che è nostra, alle società private. Per fare ciò si dà un incarico a un avvocato, in questo caso il sottoscritto (blog Beppe Grillo).

La notizia di questo strano incarico è stata riportata da Repubblica, in particolare dal giornalista Carmelo Caruso. La storia subodora di lottizzazione, secondo Caruso. Riotta legge l’articolo e come un normale twitteratore ne scrive nei canonici 140 caratteri:

Di fatto si tratta di un Retweet, anche se non nella forma canonica. In gergo giornalistico potrebbe essere definito come una “ribattuta”. Naturalmente Riotta non ritwittera nel suo ruolo di giornalista, poiché altrimenti ne avrebbe scritto un articolo, come Caruso, e avrebbe per certi versi verificato la veridicità delle informazioni.  Ma l’avvocato a 5 Stelle lo querela ugualmente:

La liquidazione degli ATO idrico è stata decisa dall’Assemblea Regionale Siciliana non più di una settimana fa. Con tale provvedimento le funzioni d’Ambito tornano di competenza ai Comuni. L’ARS dovrà approvare una ulteriore legge per riconsegnare ai comuni siciliani la gestione dell’acqua. Dovrà farlo entro sei mesi: nel frattempo, la situazione viene cristallizzata.  I Comuni che non hanno consegnato ai privati i loro impianti non avranno più l’obbligo di procedere alla consegna. In sostanza, le società private a cui erano state assegnate le licenze di gestione dell’acqua pubblica dovranno essere smantellate. Centinaia di lavoratori verranno licenziati o ricollocati. Le società verranno liquidate. La chiusura dell’ATO di Catania verrà gestita proprio da Giarrusso. Il ruolo di Giarrusso, avvocato “di grido” come viene scritto da più parti, protagonista della lotta contro gli inceneritori e i rigassificatori, è quello di consulente del commissario della Provincia di Catania, Antonina Liotta, nominata tale dal presidente Crocetta lo scorso Novembre. Il caos sugli ATO in Sicilia è tale che non si capisce più dove sta il torto e dove la ragione: Giarrusso è stato nominato dalla Liotta, crocettiana. E’ sufficiente questo per gridare alla lottizzazione? Forse no, tanto più che gli ATO ora si rifiutano di restituire gli impianti ai Comuni: “Seicento milioni di euro di appalti, una società partecipata dalla Provincia regionale di Catania, e un partner privato che detiene il 49%. La Sie Spa, società che dovrebbe gestire il servizio idrico alle falde dell’Etna, è il capolavoro giuridico della gestione Lombardo della Provincia. Sino a questo momento gli Ato si sono rifiutati di consegnare gli acquedotti alla società” (LiveSiciliaCatania).

Giarrusso è stato scelto per la sua competenza di avvocato o piuttosto perché appartenente al M5S? La sua nomina fa parte della strategia di seduzione invocata da Cancelleri l’indomani della elezione di Crocetta (“presidente, ci seduca”, disse Cancelleri)? Domande che meritano risposte, non querele.