L’infelice #Italicum

Al di là degli psicodrammi sulla visita al Nazareno del Nemico Pubblico Numero Uno (con il quale il Pd ha – purtroppo – governato dalla fine del 2011), ciò che conta, dal mero punto di vista politico, sono due aspetti: uno prettamente legato al metodo, l’altro alla questione più tecnica del contenuto della proposta di legge elettorale.

Comincio dal secondo. Facendo riferimento all’analisi pubblicata oggi da Civati con il contributo di Andrea Pertici, il premio di maggioranza posto al raggiungimento del 35% dei suffragi è sproporzionato e irragionevole; il ballottaggio di coalizione si somma agli effetti distorsivi dello sbarramento, riducendo ulteriormente la rappresentatività; le liste sono nuovamente bloccate e la ripartizione nazionale dei seggi le unificherebbe in un unico listone nazionale, vanificando qualsiasi collegamento eletto-elettore. Inoltre, questo disegno di legge riguarda la sola Camera dei Deputati: nell’Italicum non è prevista alcuna norma per quanto concerne il Senato. Si è voluto collegare la nuova legge elettorale alla riforma costituzionale del Senato non elettivo. Un azzardo inutile. La “cancellazione” del Senato deve avvenire giocoforza sulla base del dettato costituzionale dell’articolo 138. I tempi non sono certi. Se la linea del consenso trovata è quella fra Pd e Forza Italia, non si capisce perché gli altri componenti della attuale maggioranza dovrebbero essere clementi nei confronti di questo complesso di riforme. Ergo, la riforma di Renzi è attesa al soglio di Montecitorio (e sappiamo di che palude si tratti). Tanto più che, recentemente, un precedente tentativo (non si sa quanto serio), spacciato per una riforma istituzionale ma incuneatosi in una torbida modifica al 138, è finito sul consueto binario morto (insieme a tutto l’armamentario di buone e buonissime intenzioni, finanche il cambiamento del Porcellum), con buona pace di tutti.

Appunto, il metodo. A parte lo scazzo (termine tecnico) con Cuperlo, la frase “Nessuna modifica o salta tutto” lascia ben intuire che verso abbia preso il #cambioverso. A che serve la Direzione? A che servono gli organi di un partito, se la discussione è messa in un angolo? Non si può modificare nulla? Allora perché se ne è parlato oggi? Per un patetico e formalistico voto? Quale può essere il contributo della minoranza se ciò che dice il Segretario è lettera scritta immodificabile?

Il ricorso alla speciosa argomentazione che un milione e settecentomila persone ti hanno dato un voto non giustifica l’azzeramento della dialettica interna. Questo valeva ai tempi di Bersani, e vale ora. Ancora di più, se possibile.

Romanzo Nazareno | #renziberlusconi

Il racconto dell’incontro Renzi-Berlusconi ha un qualcosa di drammatico e insieme grottesco che resterà a lungo come archetipo della narrazione mass mediatica, questa volta non circoscritta alla sola televisione ma che dalla televisione si è trasferita, in un gioco di rimandi e percezioni distorte, ai social-cosi, ai giornali web: qualcosa che domani rifletterà, come la pancia lucida di un cetaceo spiaggiato, sulla marcescibile carta stampata.

Ecco B. salire le scale del Nazareno. Lo scatto è sfocato, rubato, chissà. La foto del Che e di Fidel Castro che giocano a golf – i Rivoluzionari intenti in un gioco così borghese, mentre sotto di loro si consuma il Grande Peccato.

Prima ancora, l’auto del Prescelto solca due ali di folla. Parte il lancio di uova, ma la mano è la solita che recita lo stesso copione mandato a memoria per venti lunghi anni. Fanno l’accordo con il diavolo, che poi era al governo fino a qualche mese fa proprio con quel partito la cui sede è ora un santuario violato.

Renzi prende il treno dopo che in mattinata ha inaugurato un gruppo di case popolari. Il tempo di tagliare il nastro che il sindaco sale sul Treno ad Alta Velocità e giunge a Termini, dove in mezzo ad una ressa di giornalisti una donna cade rovinosamente a terra, e il buon Renzi si arrabbia tanto, titolano quelli di Repubblica. Per un buon quarto d’ora, sembra la notizia più importante della giornata.

Alle 19 Renzi convoca la conferenza stampa. Quasi un’ora dopo la conclusione dell’incontro. I giornalisti devono salire al secondo piano del Nazareno e l’ascensore porta solo quattro persone alla volta. Che iattura.

Angelino tuona tramite alcuni tweet non appena sente parlare della ‘profonda sintonia’ che ha unito il suo ex capo e il nuovo Leader. In fondo, che sarà mai un partitino, @angealfa.

In due ore e mezza, dice il responsabile comunicazione del Pd, Francesco Nicodemo. In due ore e mezza abbiamo chiuso il ventennio. Forse era già chiuso e lo avete riaperto. Forse era già chiuso e basta. Poi percula @angealfa:

In ogni caso, se l’accordo è sul modello spagnolo, dite a Renzi che vince Grillo: http://www.youtrend.it/2014/01/09/proposte-matteo-renzi-legge-elettorale/

Primarie PD | Renzi e il rendiconto spese molto light

Leggi la prima parte – https://yespolitical.com/2013/12/27/primarie-pd-alcune-curiosita-nei-rendiconti-spese/

Vi dicevo ieri che il rendiconto spese del Comitato Matteo Renzi meriterebbe una più ampia e attenta analisi. Perché? Per una serie di ragioni, la prima delle quali è che il totale spese dichiarato è appena al di sotto del limite, imposto per regolamento, stabilito a 200000 euro, ma è indicato Iva esclusa – almeno per le spese di “Comunicazione, Web e Servizi” di cui all’Allegato E. Ora, il Comitato Renzi non è soggetto giuridico che fiscalmente può scaricare l’Iva essendo esso stesso il terminale dell’interazione economica quindi non se ne comprende la omissione dal resoconto finale. Solo aggiungendo l’imposta prevista dalle prestazioni elencate in fattura nell’allegato suddetto (pari a 12000 euro), il totale spese supera già il tetto regolamentare.

Preciso un aspetto, onde evitare fraintendimenti: la vittoria di Renzi è netta e regolare. Non si vuol qui dire che Renzi abbia vinto violando le regole, bensì che abbia vinto e che abbia violato le regole (in materia di finanziamento). I due aspetti vanno tenuti disgiunti, altrimenti si commette un grave errore, diciamo così, svilendo la volontà elettorale espressa democraticamente da quasi tre milioni di elettori.

Ma Democrazia equivale a dire anche parità di condizioni e rispetto delle regole. In entrambe le voci, il Comitato Renzi si trova in una posizione delicata.

In termini di parità delle condizioni, ci sarebbe da dire qualcosa circa il ruolo della Fondazione Big Bang (oggi Fondazione Open). Renzi ha potuto cominciare la campagna congressuale sfruttando il volano finanziario ed organizzativo della sua struttura personale che gli ha consentito di coprire gli extra costi per circa 89000 euro e di organizzare la manifestazione “Leopolda 2013” senza per questo farla rientrare nelle manifestazioni correlate al congresso. I costi della Leopolda sono quindi stati espunti dal Resoconto Generale renziano e non sono nemmeno così chiari, non essendo ancora stati resi pubblici. Sul sito della Fondazione Open (fondazioneopen.it) si spiega – alla voce ‘Spese’ –  che “il totale e le voci di spesa della Fondazione, con i relativi importi, risultano dai bilanci di esercizio annuali”, per cui occorre attendere la chiusura del bilancio (a Gennaio?). In ogni caso, sul sito matteorenzi.it, che è il media ufficiale del sindaco-segretario e lo è stato per tutta la campagna elettorale, potete ancor oggi entrare nella pagina dedicata alla manifestazione della Leopolda come se fosse una iniziativa stessa del (ex) candidato. Innegabile che la Leopolda abbia consentito al sindaco una esposizione mediatica eccezionale: durata tre giorni, è stata l’apertura di quotidiani online e cartacei, nonché dei telegiornali. Un bel credito comunicativo che è stato sfruttato a dovere, non c’è che dire. Gli altri due candidati? Uno aveva dalla sua la macchina del partito (un po’ inceppata, ad onor del vero); l’altro – Civati – non aveva proprio nulla, a parte l’operosità dei propri volontari. La Commissione di Garanzia nazionale avrebbe, pertanto, dovuto adoperarsi affinché i candidati avessero parità di trattamento e di opportunità a livello comunicativo. Sorvoliamo?

Non del tutto. Perché di mezzo, appunto, c’è il rispetto delle regole. Veniamo al famigerato Allegato E. In esso, come anticipato poche righe più sopra, sono contenute le fatture dei servizi di Comunicazione e Web, fra cui quelle relative ai pagamenti verso Proforma, la nota agenzia di Comunicazione e Marketing politico. Si tratta di tre pagamenti fatturati da Proforma al Comitato Matteo Renzi che elenco qui di seguito: fattura n. 76 del 16/10/2013 per un importo totale di 27450 iva compresa; fattura n. 100 del 13/12/2013, con importo totale pari a 9150 euro; fattura n. 82 per 1342 euro. Niente di illecito, sia chiaro. Ma, ad un occhio più attento, sorgerebbe un dubbio. Il primo documento, il n. 76 del 16 Ottobre reca nel campo descrizione la frase seguente: “Quota acconto (pari al 50% del compenso totale concordato)”. L’importo netto è di 22500 euro; ne consegue che il totale pattuito con Proforma sarebbe di 45000 euro Iva esclusa. Purtroppo i pagamenti verso Proforma, come rendicontati dal Comitato Renzi, ammontato a sole 31100 (Iva esclusa), di cui 1100 di rimborso spese. Mancano 15000 euro più Iva che (insieme all’imposta omessa) impattano sul totale speso da Renzi spingendolo ben sopra quota 250000, sforando il tetto massimo di spesa consentito dal Regolamento congressuale di 50000 euro.

Riassumendo:

  1. il Comitato Renzi ha presentato un rendiconto spese per 197000 euro circa, ma in esso non ha conteggiato l’Iva;
  2. nel Rendiconto Spese – Allegato E, mancano almeno 15000 euro di versamenti verso Proforma;
  3. non è chiaro se la somma messa a disposizione da parte della Fondazione Big Bang/Open sia stata nelle disponibilità del sindaco-segretario sin dall’inizio della campagna o se sia stata ‘trasferita’ in forma di copertura degli extracosti (considerato il budget pari alla somma raccolta con i finanziamenti volontari); non è altrettanto chiaro se tale finanziamento rientra nelle finalità della fondazione medesima;
  4. la manifestazione Leopolda è stata espunta dal rendiconto ma era parte integrante del sistema comunicativo del candidato; non esiste rendiconto pubblico di entrate/uscite della Leopolda 2013.

Avete spiegazioni in merito?

Primarie Pd | Alcune curiosità nei rendiconti spese

Leggi la seconda parte: https://yespolitical.com/2013/12/28/primarie-pd-renzi-e-il-rendiconto-spese-molto-light/

Una curiosità che è passata pressoché inosservata. Le primarie, è vero, sono finite da un pezzo, e forse non è neanche interessante quel che vado dicendovi. Ma spulciando i rendiconti delle spese, obbligatori secondo la norma regolamentare (art. 16) che il Pd si è dato, ci si accorge che sia il primo classificato che il secondo hanno chiuso la campagna ufficialmente ‘in rosso’.

Tutta la documentazione è consultabile a questo link: Partito Democratico Rendiconto Primarie.

Veniamo a Cuperlo. Ha ottenuto contributi per 93509 euro ma ne ha spesi 100590. Ne consegue che è in debito di circa settemila euro.

Civati – c’è bisogno di dirvelo? – ha chiuso con 41 centesimi di attivo. Ha ricavato 93430, ne ha spesi 93429,59. In pratica, un ‘no profit’.

Ultimo Renzi. Forse il suo rendiconto merita una trattazione a parte. E’ complesso, ha smosso cifre doppie rispetto agli avversari, e questo è già un caso. Ha ricevuto più di 30000 euro da “soggetti terzi paganti direttamente spese della campagna”. Questa voce di entrata è l’unica alla quale non è stato dedicato un approfondimento in allegato. Mentre dei donatori diretti su conto corrente sono noti i nomi (allegato A), e così dei donatori via paypal (allegato B), di questi soggetti terzi che hanno elargito i 30 mila euro non conosciamo nulla. In ogni caso, Renzi ha raccolto circa 159000 euro fra contributi e vendita gadget. Ne ha spesi 197000. Fra le uscite, spicca la manifestazione di apertura della campagna a Bari (la ricorderete, specie per la presenza nel parterre del sindaco Emiliano e di alcuni dalemiani pentiti), costata ben 71000.

Va da sé che i conti in rosso (passivo di quasi 38000 euro) sono colmati grazie al contributo della Fondazione Big Bang, la quale, sempre secondo il resoconto pubblico, ha erogato a Renzi ben 89000 euro, indicati come ‘anticipo’ (che sta a significare che erano già nelle disponibilità del sindaco all’apertura della campagna).

Insomma, lo strapotere elettorale sembra esser andato di pari passo allo strapotere finanziario. Renzi ha mobilitato cifre significative tramite la raccolta volontaria, ma ha avuto dalla sua la disponibilità finanziaria della propria Fondazione. Una sorta di serbatoio personalistico prepolitico, a sé stante rispetto al partito e che segue regole proprie e un po’ sibilline, se mi è permessa una critica.

In ogni caso, il tema del ruolo delle Fondazioni politiche è caldissimo, ed era anche al centro del dibattito politico sul finanziamento dei partiti di qualche settimana fa. Ed è strano pensare che il voto del cambiamento sia stato suscitato in parte con i denari di una fondazione.

P.S: ultima curiosità sul rendiconto Renzi. Gli importi delle spese sono IVA esclusa? Prendete l’Allegato E – spese per consulenze, servizi e web. Il totale nel frontespizio è pari a 56193.44 euro. Ma se pazientemente sommate i totali nelle fatture, otterrete 68556 euro. Il Comitato Renzi è forse soggetto intermedio che può scaricare l’Iva? A me pare di no e quindi viene il dubbio che anche le altre cifre siano alleggerite della tassazione. Si tratterebbe quindi di circa 42000 euro non rendicontati, da aggiungere ai 38 mila di passività coperti da Big Bang. Ecco, se siete anche voi appassionati del gioco ‘Scopri le Differenze’ della Settimana Enigmistica, vi invito a cimentarvi in questa nuova prova: scopri le incongruenze nei rendiconti di Renzi.

#AssembleaPd | Prima la borsa

Alla prima in Assemblea Nazionale Pd da segretario, Matteo Renzi non ha sprecato tempo e, messa da parte per ora la rivalità con Enrico Letta, ha puntato tutta la sua ars retorica contro il nemico numero uno alias Beppe Grillo, il Comico. L’operazione in sé contiene una serie di aspetti che definire critici è dir poco. Lo saprete tutti: il sindaco-segretario ha proposto al Comico una sorta di ‘scambio di prigionieri’: Renzi riconsegna i denari dei rimborsi elettorali previsti sui conti del Pd per il 2014 mentre Grillo accetta la proposta di riforma della legge elettorale e istituzionale del Pd. Lanciata in pompa magna sui social con l’hashtag #Beppefirmaqui, facendo il verso a quelli usati dagli influencer a 5 Stelle, la strategia renziana diventa immediatamente l’apertura di tutti i giornali. D’altronde Renzi, dal palco, ha usato parole forti, parole che simulano il lessico del Comico. Se non accetti sei un buffone. Quel ‘buffone’ viene rimbalzato dalle agenzie, dalla comunicazione ufficiale del Pd (tramite gli account twitter di @youdem e @pdnetwork). Chi l’ha ideata avrebbe dovuto però accorgersi di due aspetti.

Il primo, quello più serio. Ancor oggi non è chiaro se la proposta congressuale di Renzi (per la parte in cui si scrive della legge elettorale del sindaco d’Italia e dell’eliminazione del bicameralismo perfetto) sia stata assunta a programma di governo da parte di Letta. Tanto più che, se le due riforme dovessero procedere di pari passo, ci ritroveremmo nell’alveo di una riforma costituzionale ai sensi dell’articolo 138 (che tuttora è vigente nel testo storico). Ma la riforma del bicameralismo ha implicazioni profonde su buona parte del dettato costituzionale in quanto impatta almeno sui Titoli I, II, III e VI della Parte II. Andrebbero riviste e modificate le procedure legislative, di elezione del Capo dello Stato, di controllo di legittimità costituzionale delle leggi, questo a seconda del ruolo che verrà attribuito al Senato. Se sarà, come detto, Senato delle Autonomie (quindi con una composizione fissa a seconda del potere costituitosi localmente nelle Regioni), molto probabilmente non avrà più la caratura democratica per poter eleggere i membri della Corte Costituzionale, per esempio, o piuttosto per poter eleggere il Capo dello Stato. Certamente, il mancato passaggio delle proposte di legge in Senato, renderebbe più facile l’approvazione di norme non congrue con i principi fondamentali: tutto il sistema di controllo e verifica (checks & balances, direbbe un costituzionalista) andrebbe perciò rivisto dando – per esempio – al Presidente della Repubblica maggior potere di filtro attraverso il potere di rinvio alle Camere; o facilitando il ricorso alla Consulta da parte delle Regioni, o quello al referendum da parte dei cittadini. Potete comprendere che quest’opera di revisione costituzionale non potrebbe esser completata in un anno, specie da questo Parlamento, praticamente bloccato al Senato. Spiegatemi la differenza fra quanto proposto da Renzi oggi e la strategia lettiana delle riforme futuribili contenute in quel temuto attacco al 138.

Inoltre non è ben chiara la figura del cosiddetto ‘sindaco d’Italia’: se si tratti cioè del Presidente del Consiglio o del Presidente della Repubblica. Una implicazione non da poco, poiché nel primo caso, si porrebbe in essere uno sbilancio grave fra la figura del Presidente del Consiglio (nel nostro ordinamento, un primus inter pares, un primo fra pari – non ha infatti potere di licenziare i ministri), così eletto dal popolo, e quella del Presidente della Repubblica, eletto indirettamente dalle Camere (o da una sola). Andrebbe così rafforzato il potere del Presidente del Consiglio, poiché sarebbe inammissibile che un eletto dal popolo fosse costretto a far nominare i propri ministri da un ‘eletto’ dalle Camere. La figura del Presidente della Repubblica sarebbe viceversa fortemente svilita: e si tratta proprio dell’istituzione che rappresenta l’Unità della Nazione.

Nel secondo caso, ovvero quello in cui si eleggesse direttamente il Presidente della Repubblica, si procederebbe, in maniera sproporzionata solo con una riforma della legge elettorale, a modificare la forma di governo, trasformando di fatto la nostra Repubblica da parlamentare in presidenziale. Sarebbe una riforma con profili di incostituzionalità non di poco conto che dovrebbero, sin da ora, suggerire maggiore riflessività. La nuova legge elettorale potrebbe esser approvata già domattina e dovrebbe consistere nel reviviscenza (con modifiche) della legge Mattarella, la via più breve per il ripristino della legalità costituzionale. Poiché se si dovesse anche solo ipotizzare di riformulare un progetto di legge, di dover riscrivere la mappa dei collegi, allora sono da mettere in conto almeno sei mesi di dibattito in Commissione Affari Costituzionali, con slittamento per l’approvazione finale in aula a Maggio-Giugno 2014, periodo di inizio del Semestre di Presidenza Europea per Enrico Letta. Ergo, le elezioni si potrebbero svolgere solo nella tarda primavera del 2015.

La seconda parte di questa critica è relativa ad aspetti comunicativi. I riflessi di carattere costituzionali della proposta di Renzi sono ben chiari a Beppe Grillo, il quale reagirà al gioco di ‘o la borsa o la vita’ intimando a Renzi ‘prima la borsa’. E la borsa consiste nella restituzione dei rimborsi elettorali percepiti sinora dal Partito Democratico in seguito alle elezioni di Febbraio, una somma intorno ai 25-30 milioni di euro. Al di là della restituzione, che mai avverrà perché a Grillo conviene così (e a Renzi conviene che Grillo non accetti la proposta), gli strateghi del sindaco-segretario avrebbero dovuto ponderare meglio. Mi chiedo che differenza c’è fra questo aut-aut e quello rivolto ad Aprile da Bersani circa la formazione del nuovo governo? Pensateci: Renzi oggi fa il medesimo errore di Bersani ieri. Perché, fra dire ‘o me o il caos’ (Bersani) e dire ‘o i rimborsi o niente legge elettorale’ (Renzi), la via è strettissima.

Quattordici

Quando a Settembre iniziavano a circolare i primi sondaggi sulle primarie del Partito Democratico, accanto al nome di Giuseppe Civati compariva un 5. Cinque per cento. La macchina congressuale doveva ancora mettersi in moto. E in due mesi scarsi doveva svolgersi ciò che in passato si era svolto in quattro mesi: elezioni delle segreterie, convenzioni di circolo, convenzione nazionale, campagna elettorale, primarie. Il sondaggio della IPR Marketing del 2 Settembre scorso assegnava a Renzi l’80% dei consensi. A Cuperlo il 14%. Non si poteva parlare nemmeno di polarizzazione dell’elettorato.

Dalle consultazioni di ieri, la mozione del #civoti esce con il 14%. Ed è puntualmente seconda nelle regioni del Nord, laddove il Pd fa sempre troppa fatica a raccogliere i voti. Per intenderci, le regioni rosse sono esclusivo appannaggio del neo-segretario sindaco di Firenze. Il flusso elettorale rispetto alle precedenti primarie – non quelle del 2009, bensì quelle del 2012 – è ben chiaro. Questo è un voto di riparazione. È un voto di pentimento. Ha pesato, sulla scelta dell’elettorato, la ferita del 24-25 Febbraio scorso e la convinzione che, se si fosse votato diversamente a Novembre, il risultato sarebbe stato profondamente diverso. È un voto del se.

L’elettorato del Pd è rimasto, in questo lasso di tempo, impermeabile alla politica. Poco hanno pesato i tentennamenti di Renzi sul governo Letta, i riposizionamenti di molta parte delle seconde e terze linee bersaniane, il carrismo franceschiniano. Lo choc è stato tale da fissare l’immagine della sconfitta. Avremmo potuto scegliere la rottamazione per tempo, è stato il sottotesto che in questi mesi si è insinuato nel senso collettivo circa il congresso democratico.

Questo schema è stato via di seguito rafforzato dalla prospettiva televisiva che, per dirla con le parole di Fabio Fazio, ha scelto i due candidati che essa stessa riteneva più rilevanti. Così, per conto proprio, e in maniera del tutto arbitraria, la televisione ha riflesso solo l’immagine che giudicava congrua alla narrazione dello scontro bipolare. Gli altri, che pure esistono e solo il 14%, sono una anomalia trascurabile. In tal modo, lo schermo è ancora il primo e principale strumento della conservazione.

È facile per taluni dire ora che Twitter non conta nulla. Dopo essersi posti pesantemente il dubbio di quel che stava accadendo, dopo non esser riusciti a leggere il dato di Febbraio, dopo aver arrangiato alla buona una ‘war room’ nel tentativo di contrastare la vivacità della comunicazione di Civati, adesso sentenziano l’inutilità dei social media. Posso smentire. Posso dire che i social media sono stati uno strumento essenziale nell’organizzare la campagna vis à vis. Non avranno spostato migliaia di voti, ma hanno permesso di rendere trascurabili i costi dell’interazione fra i volontari, e fra i volontari e i sostenitori. Civati ha percorso chilometri, così i referenti regionali e provinciali. I social media hanno permesso di stabilire una comunicazione politica anche localmente. È In tal modo che la mozione #civoti ha quasi triplicato il consenso iniziale. Dopotutto, ciò è successo mentre il frame della rottamazione è rimasto nell’aria, non in virtù di una strategia comunicativa, ma di un sentimento diffuso. Un sentimento molto difficile anche solo da scalfire. È la sconfitta di Febbraio ad aver indirettamente determinato questo risultato.

Grazie al #civoti una comunità politica dispersa ha ripreso a conoscersi. È ciò che chiamiamo sinistra e che non smette certo di esistere perché ha vinto Matteo Renzi, anzi. Il contributo di innovazione portato dall’iniziativa politica di Civati non deve essere disperso, deve essere invece di sprono ad uscire dall’isolamento. La sinistra esiste. Ed è ora che si manifesti, che si riprenda il proprio ruolo nella politica. Una politica fatta di cose concrete, di buona amministrazione, di passione verso il giusto. È questo a cui abbiamo lavorato, a cui anche chi scrive ha preso parte con il proprio piccolo contributo di parole. È possibile guardare alle cose non più in senso disfattista. Il nichilismo non alberga più qui. Non è tutto da distruggere e da cancellare. Abbiamo trovato un significato comune e il 14 è infine solo un numero.

#PrimariePd diretta twitter dalle 21 su @yes_political #civado

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Stasera, dalle ore 21, su questa pagina, diretta blog/twitter in conclusione delle elezioni primarie per il nuovo segretario del Pd.

Affluenza ore 18: superati 2 milioni – fonte youtrend

22.25 Renzi: l’avete presa bene, direi. Evitiamo le pagliacciate. E’ molto bello prendere la parola stasera. La prima parola è il mio grazie a tutti, grazie a Gianni Pittella; grazie Pippo Civati, chi l’avrebbe detto tre anni fa che la Leopolda sarebbe diventata maggioranza del Pd; un grazie a Gianni Cuperlo (qualche fischio, però). Se c’è una persona con cui vorrei dialogare è proprio Cuperlo. Grazie alla mia famiglia. Ai miei figli. La mia scelta di dedicare il mio tempo alla politica per loro non è semplice. E grazie ad Agnese (la moglie), lei sa perché. Grazie al mio staff, siete uno straordinario manipolo di pazzi. Partendo da zero abbiamo messo in piedi una realtà straordinaria. Hanno azzeccato tutti i dati, dai circoli alle primarie. Hanno organizzato una Leopolda straordinaria. Grazie ai cittadini, che oggi hanno dato segnale commovente.

Domenica scorsa sono andati in piazza trenta mila persone per gridare un vaffa alla politica. Oggi tre milioni hanno votato democraticamente. Perché la politica non è fare delle liste di proscrizione di giornalisti! A fidarsi oggi della politica può sembrare da folli. La classe politica non ha colto in questi anni gli umori del paese. Non c’è più alibi per nessuno.

Rispetto al compito che mi è stato affidato, riconosco che c’è tanto lavoro da fare. Non passerà ogni giorno senza lottare su ogni pallone. Sono orgoglioso di voi per ogni chilometro fatto per questa campagna. Riconosco la bellezza e la fatica di ciò che avete fatto. Oggi che abbiamo vinto gettiamo lo sguardo verso chi non ce la fa.

22.22 A breve il discorso di Renzi. Già sventolano le bandiere tricolori.

22.17 – Il discorso di Civati riassunto in questi tweet:

https://twitter.com/vasiljthespider/status/409792395442528256

https://twitter.com/vasiljthespider/status/409791301186379776

Fra pochi istanti parla Giuseppe Civati

21.49 Parla Cuperlo: se mi lasciate un po’ di spazio… rivolto alla stampa. Penso che oggi sia stata scritta pagina bella della politica italiana. Una giornata importante per il Pd e la democrazia. E’ prima ragione di orgoglio per un popolo che ha liberamente scelto. Primo ringraziamento a loro e ai migliaia si volontari. Primo pensiero a Matteo Renzi, l’ho sentito al telefono, gli ho fatto gli auguri più sinceri. Grazie anche a Pippo Civati per la battaglia che ha condotto. Se ho capito bene, quando si perde è importante fare un bel discorso e io non sono sicuro di possedere queste capacità. Da questo passaggio il popolo democratico esce più forte. Mai come adesso siamo argine al collasso del nostro sistema democratico e del nostro paese. L’attacco scomposto alla Consulta, una violenza verbale contro il Capo dello Stato, lo squadrismo populistico di un leader politico contro i giornalisti: il dramma sociale senza precedenti impone alla sinistra di recuperare credibilità alla politica. Bisogna uscire con la forza del consenso popolare da questa crisi. Di fronte all’enormità di questo tema ciascuno di noi è tenuto ad assumersi propria parte di responsabilità. Mi sono messo al servizio di una riscossa civica della sinistra italiana. Il nostro è il progetto più ambizioso del riformismo italiano. Ma non siamo riusciti a convincere gli elettori, ha prevalso un’altra impostazione e ne prendo atto. Il mio comportamento sarà leale e sincero. Quell’impianto di valori che abbiamo messo al servizio della sinistra non si esaurisce con il voto di oggi ma sarà contributo costante per il nuovo segretario. Sapevo che la strada era in salita. Mi sono candidato alla guida del mio partito e ho perso. Non avevo ami pensato di farlo, di candidarmi. La responsabilità è mia, non sono stato all’altezza. E’ mia per tutte le cravatte che ho sbagliato.

Zoggia definisce Renzi il nuovo segretario del Partito Democratico

21.42 Sta per parlare Zoggia, dati ufficiali: Cuperlo 17.7, renzi 68.4, Civati 13.9

21.16 Proziezione Quorum Renzi 65-68, Cuperlo 16-19, Civati 13-16

21.09: Pietro Raffa, staff di Renzi, su twitter – 826009 voti scrutinati, Renzi 70, Cuperlo 17, Civati 13

21.03: Dati Ufficiali, via Termometro Politico seggi 2225 su 8476, Renzi 68,4%, Cuperlo 18,2%, Civati 13,4%.

La portavoce di Renzi chiama la vittoria (in diretta su Skytg24) – non ci sarà ballottaggio in assemblea nazionale

20.44 matteorenzi.it corregge il tiro: 68%

20.32 dal sito di matteorenzi.it primi 40000 voti scrutinati, Renzi 70%, Cuperlo 18%, Civati 12% via Tg La7

L’esito dello spoglio è atteso in tarda serata. Alle 20.40 la prima proiezione di Quorum.

20.09: parla Epifani, l’affluenza ai livelli del 2009, quelle fra Bersani e Franceschini (manca sempre un terzo)

Leaderismo di burro

Cosa conta un leader se, dinanzi alla vicenda di un ministro della Giustizia molto operoso per salvaguardare gli amici in difficoltà, bofonchia dichiarazioni ipotetiche e prive di prospettiva, specie se nel brevissimo il suo medesimo partito, il partito che si candida a guidare, deve decidere se votare o no una mozione di sfiducia individuale?

Due dei tre candidati alle primarie, come ho scritto ieri, preferirebbero che Cancellieri si dimettesse domani o dopo. Certamente tale fatto toglierebbe i due dall’imbarazzo di effettuare una scelta. Altrimenti, insieme a loro, tutto il partito potrebbe affondare con entrambi i piedi in un paludoso cerchiobottismo, anche ora che dovrebbe esser chiaro dove stare.

Il dato politico è inequivocabile: se non arrivano dimissioni e scuse, la Ministra Cancellieri deve essere o rimossa dal suo Presidente del Consiglio, o sfiduciata dal Parlamento. In queste ore, nel Pd, sono state inaugurate formule alchemiche inedite tali per cui il parlamentari democratici non potrebbero né chiedere le dimissioni (né votare la mozione dei 5S?) ‘perché ci sono le primarie’ (Boschi, quota Renzi; cito testuale da Il Fatto Q: “Se questa vicenda fosse arrivata dopo l’8 dicembre, data delle primarie, conclude Boschi, “il Pd avrebbe già chiesto le dimissioni”).

In queste ore si stanno concludendo in tutta Italia le convenzioni di circolo, primo passo del congresso del Pd. Durante questi brevi dibattimenti, buona parte degli iscritti ha compiuto una certa scelta, sicuri di trovare in tal candidato (Renzi) un leader che parla la voce della chiarezza, che può dire ciò che pensa e che non ha mezze misure, specie verso il suo stesso partito e i soloni presenti in tutte le correnti. Ecco, ormai è tardi per avvisarli, ma sappiano che possono correggersi l’8 Dicembre. Sempre che Renzi medesimo non scelga per tornare sui propri passi e dichiarare pubblicamente il voto favorevole alla mozione di sfiducia che Civati presenterà martedì mattina nella riunione del gruppo parlamentare del Pd

Arrampicata stile libero e caso Cancellieri

A questo fanno pensare le dichiarazioni di Cuperlo e Renzi circa il caso dell’aiutino alla famiglia Ligresti. Il ‘tengo amici’ del Ministro dell’Interno pone in grande imbarazzo due dei tre (quattro..) candidati alle primarie per la segreteria del Pd.

Cuperlo, riporta oggi Repubblica.it, pur essendo favorevole alle dimissioni della Ministro, tiene a precisare il suo pensiero: “Non è in discussione la correttezza del ministro Cancellieri; quel che ho posto è un problema di opportunità politica: se esistono tutte le ragioni di serenità per adempiere appieno a una funzione particolarmente delicata come è quella del Guardasigilli”.

La posizione di Renzi è sempre la stessa da alcuni giorni: “io mi sarei dimesso”.

Forse non si sono accorti che sulla Ministro pende una mozione di sfiducia individuale proposta dal M5S. E che quindi il dilemma non è più dimissioni/non dimissioni bensì quello ben più gravoso per il Pd, il dilemma della fiducia. Non è forse il caso di riflettere bene prima di difendere a spada tratta Cancellieri? Di riunire i gruppi parlamentari e di ascoltare bene le ragioni di coloro che chiedono le dimissioni, di votare valutando accuratamente le conseguenze di tale deliberazione? Non è forse il caso di allargare lo sguardo e di accorgersi dell’opinione pubblica generale prima di limitare l’analisi a ciò che è più consono alla persistenza del governo delle Larghe Intese? Poiché non c’è scritto da alcuna parte che lo stato d’emergenza perpetuo in cui viviamo giustifichi gli abusi d’ufficio di un Ministro.

Mai chiudersi – #civoti

Confrontarsi con il problema delle tessere gonfiate deve togliere il sonno a Gianni Cuperlo. A tal punto che quella proposta, biascicata in diretta televisiva, di sospendere immediatamente il tesseramento, facendo appello agli altri candidati, al segretario, alla Commissione di Garanzia (alla quale lui giura di aver rivolto formale denunzia), sembra esattamente ciò che serve per mandarlo definitivamente al tappeto. Già perché chiudersi, chiudere il partito proprio ora che la battaglia congressuale è iniziata, significa mandar via le persone che ci credono e tenersi quelli che invece lavorano nelle pieghe oscure delle regole al fine di avvantaggiare qualche piccolo candidato segretario locale.

Diciamolo, i congressi di circolo non hanno avuto storia. L’apparato ha difeso le proprie posizioni, con ogni mezzo. Era proprio quel che cercavano approvando quelle regole, a Settembre: la prima prevedeva lo svolgimento dei congressi di circolo in anticipo sul nazionale; la seconda, prevedeva il tesseramento libero sino al giorno del congresso, per quanto concerne l’elettorato attivo. Ora che le posizioni locali sono bloccate, ecco che Cuperlo prende in mano il cuore e, angosciato per tutte le nefandezze udite sinora, chiede indignato la chiusura dei cancelli. Voi che volete cambiare, restate fuori. Teniamoci, invece, e gelosamente custodiamo, i bari, i capibastone, gli uomini della pioggia (di tessere).

Tutto ciò è semplicemente ridicolo e dovrebbe far indignare a tal punto da promettere, ai fautori della conservazione, la più grande mobilitazione mai vista prima ad una elezione primaria di partito. Pensateci, è un’occasione unica.

“E’ incredibile e molto ipocrita che a scandalizzarsi per il tesseramento gonfiato sia proprio chi ha tra i propri sostenitori e candidati sul territorio i signori delle tessere.
Da settimane mi appello agli altri candidati perché fermino i loro sostenitori impegnati in queste pratiche, appelli caduti nel vuoto: troppo facile, come fa Gianni Cuperlo, pronunciarsi adesso che i risultati sono in cassaforte, come nel caso dell’incandidabile Crisafulli eletto in Sicilia. E chi si propone di guidare il Pd non può dichiararsi
disinteressato a ciò che avviene al suo interno, come fa Matteo Renzi.
In questo momento, anche solo applicando le pur blande norme che il Pd si è dato sui tesseramenti anomali, il 25 per cento dei congressi locali, uno su quattro, sarà probabilmente annullato, anche se in realtà le situazioni irregolari documentate sono persino di più. Inutile dire che il Pd ne esce davvero molto male” – Giuseppe Civati – ASCA.it)

La stretta via fra Indulto e Amnistia

Perché tradurre il messaggio alle Camere di Napolitano nella scelta secca fra un provvedimento di clemenza e lasciare la situazione così com’è? Viene detto: che c’è di male se un politico intercetta il sentimento comune in materia. Tale uomo politico è tanto sensibile verso il sentimento quanto distratto sulle conseguenze che la latitanza della Politica ha sulle sorti del paese in merito alle sanzioni che la Corte europea dei diritti dell’uomo emetterà fra circa sette mesi, alla fine di Maggio 2014.

Perché la situazione carceraria è stata oggetto di giudizio lo scorso Gennaio 2013. I giudici di Strasburgo condannarono l’Italia per aver sottoposto sette detenuti del carcere di Busto Arsizio e di Piacenza a condizioni inumane e degradanti. Si tratta della sentenza Torreggiani. La Corte europea ha riconosciuto il nostro Stato colpevole di aver violato la Carta Europea dei Diritti dell’Uomo, articolo 3 (proibizione di trattamenti inumani e degradanti). Ma, senza chiamare in causa la giurisprudenza europea, lo Stato Italiano ha violato la sua stessa legge. Infatti, l’articolo 6 della Legge 354/75 recita chiaramente che i detenuti devono poter avere a disposizione locali “di ampiezza sufficiente, illuminati con luce naturale e artificiale in modo da permettere il lavoro e la lettura; aerati, riscaldati ove le condizioni climatiche lo esigono, e dotati di servizi igienici riservati, decenti e di tipo razionale. I detti locali devono essere tenuti in buono stato di conservazione e di pulizia”. Nel carcere di Piacenza mancava l’acqua calda, il riscaldamento, la luce, l’aerazione; persino i letti non erano sufficienti.

Questa sentenza ha obbligato lo Stato a pagare i danni ai sette ex detenuti (novantamila euro). Non solo, entro Maggio 2014 dovrà essere data dimostrazione che sono stati presi tutti i provvedimenti necessari a sanare la situazione oramai in totale emergenza. A Maggio 2013, lo Stato ha perso il processo d’Appello. La Corte Europea, non solo ha stabilito la scadenza di un anno, ma ha criticato duramente il cosiddetto piano carceri (2010), e ha invitato le autorità italiane a mettere in atto misure alternative al carcere e a ridurre al minimo il ricorso al carcere preventivo. Se non ve ne siete accorti, sono le medesime parole di Giorgio Napolitano. Quindi, se riusciamo ad andare al di là del mero “essere in sintonia con il popolo” (che è tratto caratteristico del capo carismatico,), chi intendesse parlare di carceri non può prescindere dal considerare 1) la condizione inumane, degradante, a cui lo Stato sottopone cittadini detenuti; 2) la non trascurabilità di una sentenza della giurisprudenza europea.

Va da sé che, in questo caso, l’opinione pubblica è formata in maniera frettolosa e superficiale intorno allo spettro di una amnistia di massa che metta in circolazione qualsivoglia categoria di delinquenti. Come ha ricordato Civati, “stiamo parlando di chi è in carcere per reati legati agli stupefacenti. E spesso si tratta di stranieri” (http://www.ciwati.it/2013/10/13/indulto-insulto-o-insulso/). Sono categorie di detenuti create da una legge che porta per metà un cognome altresì noto in materia di clandestinità – la Fini-Giovanardi. Ben 26.000 detenuti su 65.000, 2 su 5, sono finiti dentro per violazione della legge antidroga Fini-Giovanardi, una vera e propria fucina di pregiudicati. Chi finisce in carcere per droga spesso è un tossicodipendente: dovrebbe essere seguito da strutture adeguate, invece viene abbandonato in celle sovraffollate.

Civati: ‘se Matteo cambia verso, io il verso non lo cambio’

Intervista a La Stampa di Giuseppe Civati. Inevitabile parlare di Renzi e della sua nuova, nuovissima, anzi vecchia, posizione sul governo Letta. Se Matteo cambia verso, dice Civati, suo avversario nella corsa alla segreteria PD, allora io il verso non lo cambio.

78% puro Apparato

L’articolo del Corriere di stamane, a firma di Maria Teresa Meli, contiene in sé un dato allarmante, per i cosiddetti “renziani della prima ora”: i sondaggi di De Bortoli e co. spiegano che il sindaco, ancora ufficialmente non candidato, prenderebbe il 78% dei consensi (non si sa bene di chi, se del partito, degli elettori, dei militanti, degli esperti di salamelle). In ogni caso, anche a voler prendere per buono quel dato, ciò significherebbe che una fetta consistente del bacino dei voti di Novembre 2012 si è spostata dalla parte di Renzi, fatto probabile ma difficilmente verificabile poiché la base elettorale di una competizione primaria è altamente volatile, variabile per numero ed età; per provenienza geografica.

Detto questo, gli spostamenti effettivi che si sono verificati, che sono, per così dire, agli atti delle cronache, sono quelli di Fioroni e di Franceschini, truppe comprese. L’allineamento franceschiniano-renziano-fioroniano – capita solo una volta nel calendario Maya, stessa fonte della Meli – di fatto sancisce la fine dell’ esperimento rottamatorio: Matteo, per dirla come Giovanna Cosenza, non può più usare la ‘clava’ verbosa che ha dispiegato sin da Novembre. Non può nemmeno più raccontarci che cancellerà le correnti: ammettendo il sostegno di Franceschini (l’ha rifiutato? no, non ancora) di fatto accetta una seconda lista a sostegno della sua candidatura, prodromo del correntismo renziano nel futuro Partito Democratico. Vedete, la persistenza di liste duplici o triplici è la base per innestare il correntismo. Ogni lista chiederà adeguata rappresentanza in segreteria e, a cascata, per tutti i circoli, dalla sede romana, fino a quelle più recondite, che nemmeno hanno più gli uffici.

Facile a dirsi, “non tratto sulle poltrone”: le poltrone intorno a Renzi sono già tutte occupate. Ma d’altronde, basta aggiungere un posto a tavola che c’è un amico in più.

Non pronunciare il suo nome

Lungo tutta la diretta televisiva di Matteo Renzi da Enrico Mentana, il nome di Pippo civati è stato pronunciato una sola volta, e non dal sindaco di Firenze bensì da Travaglio (nel preambolo della domanda sullo strapotere del Quirinale, suggerendo fra l’altro che si trattasse di una debole opposizione, la sua).

Se non stupisce che il cosiddetto Apparato ignori platealmente la candidatura di Civati, invece lascia interdetti (fino a che punto?) che Renzi si sia prontamente adeguato alla prassi generale. Eppure si può dire che è grazie a Civati che Renzi ha costruito quel modus operandi della comunicazione politica che viene messo in scena circa ogni anno alla Leopolda. Senza la sua influenza, molto probabilmente, mai ci sarebbe stato il Renzi rottamatore.

Non si tratta solo di calcolo probabilistico della vittoria. La vulgata generale, oserei dire ‘scanziana’, è quella che descrive Civati come di un battitore libero ma senza speranza. Non potrà mai essere segretario. Questa convinzione è in realtà figlia di una asserzione secondo cui mai ci potrà essere alcun cambiamento. L’apparato del Partito si è scelto Renzi come avversario, anzi, come nemico. Con questa scelta ha preteso di chiudere lo spettro delle possibili combinazioni: d’ora in poi nel mondo di vita del Partito Democratico esisterà solo Renzi vs. l’apparato, l’apparato vs. Renzi. E se, dal lato della comunicazione politica, la coppia dicotomica è diventata egemone sin dalle primarie di Novembre 2012, da un punto di vista della mera occupazione di cariche, le grandi manovre sono in corso e l’apparato è persino in grado di riprodurlo, il nemico, laddove non c’è. Per uno strano fenomeno di trasformismo (molecolare?) i bersaniani delle province si scoprono renziani. E il gioco è fatto. Dove non esisteva alternativa, ora l’alternativa è la regola (e pregusta la vittoria, anche se non si conosce bene cosa vincerà).

Negare l’esistenza di una qualsivoglia forma di opposizione a questo schema ben calibrato è utile a sostanziare la coppia Renzi-apparato. Il sistema ha trovato modo di sopravvivere e ciò che lo può disturbare nemmeno può essere pronunciato per nome. Quando si manifesta, nel dissenso di una astensione, viene minacciato di espulsione. Vengono mandati alle stampe dichiarazioni che ribaltano il senso della realtà (come nel caso del senatore Esposito), che attribuiscono al dissenso un valore disgregativo quando invece esso muove dalla preoccupazione per la disgregazione portata dalle scelte suicide dell’apparato nella difesa del governissimo.

Attenti a chi vi dice che Civati non ha futuro, che dovrebbe ora e adesso fondare un nuovo partito a sinistra (i più simpatici dicono che dovrebbe aggregarsi con Barca, Rodotà e i fuoriusciti dei 5 Stelle, come se bastasse metter insieme ingredienti diversi e mescolare). Sono gli stessi che vogliono che tutto rimanga così com’è: un PD da occupare da un lato, e un PD da impiegare come paradigma negativo dall’altra, nella perpetua reiterazione del sentimento dell’indignazione. La Politica, in questo disegno perverso, resta sempre quell’ambito della segretezza e dell’inganno, dell’astuzia e del malaffare. Qualcosa che mai potrà occuparsi di Noi.

Congresso PD, Renzi avalla il Lodo D’Alema

Il lodo D’Alema è quella formula molto particolare che trasformerebbe la regola dello statuto PD, secondo la quale il segretario è anche il candidato premier, in una opzione ‘diversamente’ praticabile, a scelta, seguendo le circostanze politiche del momento. E’ una formula melliflua che intende far passare agli elettori/iscritti che il prossimo segretario potrebbe essere candidato premier ma anche no, dipende dalla condizione di salubrità del governo Letta, sembra scritto fra le righe. Una formula che sembra godere dell’appoggio del sindaco di Firenze, non obbligato quindi a disarcionare Letta per prendere il partito, suo nuovo e malcelato obiettivo. 

Guglielmo Epifani si è autodichiarato presidente della Commissione pre-Congressuale, o per meglio dire, un presidente ombra: non è ufficialmente tale, ma lo è nella prassi. Agirà in coordinazione con i segretari regionali Bonaccini (PD Emilia-Romagna ex bersaniano) e Lupo (PD Sicilia, franceschiniano). Tanto per rinfrescare agli smemorati che le correnti son sempre quelle.

Epifani ha dettato i tempi per la revisione delle regole dello Statuto. Ancora una volta ha suggerito l’idea che le primarie congressuali si debbano tenere su una base ristretta e selezionata di elettori-iscritti. Ha riesumato la storia dell’albo, di bersaniana memoria. Se così fosse, bisognerebbe ricordare al segretario che di albo ce n’è già uno, quello di Ottobre 2012, che conta quasi tre milioni di elettori. Una buona base, si potrebbe dire, se di quei tre milioni ne fosse rimasta almeno la metà disponibile a votare nuovamente per il Partito Democratico. Epifani la mette giù così, un po’ dimenticandosene, di quelle primarie di Ottobre (potere della Sconfitta). A lui piace come fanno gli ammericani: “visto che parliamo di primarie andrei a lezione dai maestri: lì per votare ci si iscrive in albi, chi è iscritto a quell’albo vota il suo candidato alle primarie”, dirà stasera durante Porta a Porta (europaquotidiano.it).

Le altre modifiche statutarie dovrebbero accogliere l’idea di Civati, Barca e altri, secondo i quali l’ordine della discussione deve essere invertito e perciò deve promanare sempre dai circoli verso la Direzione Nazionale e non viceversa, come invece di consuetudine. In secondo luogo, aspetto degno di revisione potrebbe essere anche la composizione dell’Assemblea Nazionale, l’organo che materialmente elegge il segretario e che è composta dei delegati eletti con le primarie congressuali: si prevede una riduzione consistente del numero dei suoi componenti, che potrebbero essere eletti dalle assise regionali.

Epifani ha comunque assicurato che il congresso si terrà entro l’anno. Qualche buontempone suggerisce le date del 29 e 30 Dicembre.