Salva-Sallusti e Ammazza-Blog, molto rumore per nulla

 

Il disegno di legge firmato da Vannino Chiti e Maurizio Gasparri e prodotto in gran fretta per “salvare il soldato Sallusti”, a detta di molti illustri commentatori ed esperti di internet, quali Alessandro Giglioli e Guido Scorza, conterrebbe l’ennesimo comma ammazza-blog. Di fatto i pareri dei due giornalisti vivono di luce riflessa, la medesima luce che teoricamente dovrebbe promanare dagli articoli di Marco Travaglio. Ma se leggeste attentamente i tre testi, vi accorgereste di uno slittamento interpretativo che trasforma un emendamento finanche pasticciato e scritto male, in un vero e proprio temibilissimo comma ammazza-blog.

Per praticità, vi riporto le frasi salienti dell’articolo di Travaglio:

Oggi, se un cronista pubblica una lieve inesattezza causando un piccolo danno, può essere condannato anche a una multa e una riparazione pecuniaria di poche decine di euro: in futuro il giudice non potrà affibbiargliene meno di 30 mila (il massimo non è fissato: teoricamente, anche miliardi). E, come se il primo bavaglio non bastasse, eccone un altro: i direttori responsabili di giornali e testate radio o tv risponderanno di omesso controllo anche per tutto quanto esce sulle edizioni online (M. Travaglio, Il Fatto Q).

La teoria di Travaglio, detta in soldoni, è questa: i giornalisti alle dipendenze di editori miliardari (ergo Berlusconi), continueranno a diffamare, impuniti, difesi dagli avvocati del loro padrone; i giornalisti di bottega, come per esempio Corrado Formigli, verranno schiacciati dal peso di risarcimenti milionari. Ora, va da sé che il quadro descritto da Travaglio è già ampiamente in opera e la legge “salva-Sallusti” non cambierà di molto le cose, soltanto eliminerà il carcere e riallineerà il nostro codice penale alle equivalenti normative europee. Travaglio vuole mantenere il carcere ed è contrario a trattare le testate giornalistiche online alla stregua di un giornale di carta. E attenti, perché lui cita espressamente i direttori responsabili di giornali delle edizioni online, non parla di blog, che come è noto non sono testate editoriali.

Lo smottamento interpretativo comincia quando il duo Chiti-Gasparri consegna al Senato l’emendamento n. 1.15 al DDL n. 3491. Il quale interviene sullo stesso progetto di legge così modificandolo:

Art. 1. (Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n.47)

1. Alla legge 8 febbraio 1948, n.47, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’articolo 12 è sostituito dal seguente:

«Art. 12. (Riparazione pecuniaria). — 1. Nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, la persona offesa può chiedere, oltre il risarcimento dei danni ai sensi dell’articolo 185 del codice penale, una somma a titolo di riparazione. La somma è determinata in relazione alla gravità dell’offesa e alla diffusione dello stampato e non può essere inferiore a 30.000 euro.»;

Emendamento 1.15: «a) all’articolo 1, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente: “Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, ai siti internet aventi natura editoriale»

Mi sembra che sia ben specificato l’intento del (deprecato) legislatore: estendere la norma di cui al comma a) – riparazione pecuniaria – anche ai siti internet aventi natura editoriale, ovvero alle testate giornalistiche online, non ai blog. In ogni caso, il legislatore pasticcia e sembra in questo caso non conoscere la recente sentenza della Cassazione in merito al caso Ruta e al giornale online “Accade in Sicilia”.

la Corte di cassazione, depositando la motivazione della sentenza n. 23230, con la quale nel maggio scorso, ponendo termine al «caso Ruta», ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte d’appello di Catania, che aveva confermato la condanna inflitta dal tribunale di Modica a Carlo Ruta, direttore del giornale telematico «Accade in Sicilia», per omessa registrazione della pubblicazione dello stesso, come previsto dagli articoli 5 e 16 della legge n. 47 del 1948. La Cassazione ha, al contrario, ribaltato la posizione dei giudici di merito, fornendo una lettura della legge sulla stampa, secondo la quale il giornale telematico, inteso come categoria a sé stante, non risponderebbe alle due condizioni ritenute essenziali per l’esistenza del “prodotto stampa” e, precisamente:

– un’attività di riproduzione tipografica;

– la destinazione alla pubblicazione del risultato di questa attività.

È vero che la legge n. 62 del 2011 ha introdotto la registrazione dei giornali online, ma lo ha fatto solo per ragioni amministrative e solo al fine di concedere la possibilità di usufruire delle sovvenzioni economiche previste per l’editoria. In conseguenza di tale scelta, le testate telematiche  possono essere sottoposte alla legge n. 47 dell’8 febbraio 1948, “Disposizioni sulla stampa”, solo a condizione di aver fatto richiesta di finanziamento pubblico (A. Scalisi, Aci Castello online).

Non mi dilungo sul dilemma dei giornali online e della applicabilità della legge sulla Stampa. E’ un dibattito interessante ma credo sia necessario ben più di un post su un blog per dipanare la matassa giuridica in materia. Quel che mi preme mostrare è ora come Guido Scorza tratta questo maldestro emendamento sul suo blog su L’Espresso:

La disposizione prevede “semplicemente” che ogni gestore di sito informatico debba provvedere alla rettifica di quanto scritto entro 48 ore dal ricevimento di una qualsiasi richiesta a pena, in caso contrario, di una sanzione pecuniaria di oltre dieci mila euro […] Inutile ricordare che l’introduzione nell’ordinamento di una previsione tanto scellerata avrebbe come effetto immediato quello di far passare la voglia, a centinaia di migliaia di cittadini italiani, di condividere informazioni ed opinioni online e/o di veder sistematicamente trionfare l’opinione dei più forti, giusta o sbagliata che sia perché nessuno, nella blogosfera, sarebbe disposto anche solo a rischiare di dover pagare oltre dieci mila euro per un’attività amatoriale (G. Scorza, L’Espresso).

Ciò è semplicemente falso. Scorza dimentica forse di leggere l’emendamento, che pure viene citato nell’articolo. La norma parla di “siti internet aventi natura editoriale”; Scorza di “ogni gestore di siti internet”. Due cose profondamente diverse. Il suo post si conclude con un garibaldino “alzare la testa”, ma forse è il caso di non precipitarsi sempre in questa rincorsa all’indignazione. E prima di scrivere “il sempre attento Guido Scorza”, fare due verifiche, che è poi il senso del mestiere del giornalista.

Il DL Salva Sallusti

Gli emendamenti al DL Salva Sallusti

Cota, il crociato.

crociati piccoli piccoli

Ha cominciato il cardinale Angelo Bagnasco, tre giorni prima delle elezioni: “votate contro l’aborto”. Una indicazione chiara, netta. Il voto dei Vescovi è un voto contro. Di protesta. Quindi la loro preferenza è andata al partito anti-abortista, o a quello che ne ha sposato, magari non esplicitamente, la causa. Bagnasco ha parlato non a tutti. Ha dato un’indicazione di voto per i “suoi”, fedeli e prelati. Bagnasco parlava alla Chiesa e ai credenti. Il suo suggerimento è veramente in grado di spostare parecchi voti. Da solo. Può far vincere o perdere una elezione. Ce lo ricorda anche Emma Bonino: “difficile vincere contro l’asse Bagnasco-Berlusconi”. Il che può far presagire l’esistenza di un vero e proprio patto fra vescovi e PdL. Ma le cose non stanno propriamente così: Bagnasco ha fornito ai suoi una indicazione che in passato non era necessaria. Ha dovuto intervenire pubblicamente. Dare il segnale. Votate per “quelli contro l’aborto”.

Il partito che si è fatto carico delle istanze dei Vescovi si è oggi manifestato. Ha mostrato il suo vero volto, mai palesato durante la campagna elettorale. Vi era l’esigenza di mantenere un profilo basso, per non spaventare gli altri elettori. Lo fanno oggi poiché la Chiesa ha avvertito l’emergenza. La pillola abortiva RU486 viene da oggi distribuita negli ospedali. E allora, via alle dichiarazioni stampa.

Comincia Roberto Cota, neo governatore del Piemonte, che ha sconfitto la pericolosa abortista Mercedes Bresso:

“Sono per la difesa della vita – ha detto Cota – e penso che la pillola abortiva debba essere somministrata quanto meno in regime di ricovero”. Alla domanda “Ma quindi quelle pillole che la Bresso aveva ordinato e che sono già arrivate in Piemonte, rimarranno nei magazzini?”, la risposta è stata: “Eh sì, per quanto potrò fare io sì” (La Repubblica).

Cota mai si era espresso in maniera così netta contro la Ru486 durante la campagna elettorale. Può davvero fermare l’erogazione della pillola abortiva? La RU486 è stata già inserita nel Prontuario Nazionale del Farmaco dall’Aifa. Certamente ne potrà ostacolare la fruizione, non la diffusione. Non potrà vietare ad un medico di somministrarla; ma potrà rendere difficile l’approvigionamento. Cota si è così palesato con il suo vero volto: Cota, il crociato. Cota al soldo del Cardinale. Viene facile intuire allora la direzione che ha preso il voto cattolico, dopo l’editto di Bagnasco. Il surplus di voti della Lega Nord alle Regionali 2010, +8% rispetto alle Europee 2009, trova una spiegazione nell’eventuale flusso di voti che Bagnasco ha generato con il suo precetto: votate contro l’aborto. I voti cattolici del PdL, del lussurioso PdL, passano pertanto al Carroccio, difensore dei veri valori della cristianità contro l’islamizzazione della società, contro il biopotere medico.

Ma Cota non è solo: Zaia si accoda a lui – tuonando “mai nei nostri ospedali” –  in una sorta di mantra ossequioso degli alti prelati, pur scossi dagli scandali – tutti all’estero, naturalmente – della pedofilia dei preti americani ed europei. Tutto ciò mentre il Tg1 riporta la dichiarazione di Papa Ratzinger contro l’eccidio dei bambini, non l’eccidio morale e sessuale perpetrato dalle mele marce in seno alla Chiesa, bensì l’eccidio dei bambini “mai nati”, degli embrioni abortiti, che mai sono giunti in vita e perciò pienamente nella disponibilità della Chiesa, nella sua battaglia di controllo della sessualità e del corpo degli altri.

Naturalmente, il coretto antiabortista non poteva non trovare in Gasparri il più opportunista, ma pure il più squadrista degli interpreti:

“Anche dal risultato delle regionali arrivano notizie negative per il partito della morte. La pillola abortiva Ru 486 non circolerà facilmente. E questa è una buona notizia. L’obbligo del ricovero è stato ribadito dal Senato e dal Consiglio superiore della sanità. La banalizzazione dell’aborto è stata sconfitta”, ha dichiarato il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri. ”In questo contesto – prosegue – sorprende la fastidiosa insistenza del direttore dell’Aifa Rasi su questi temi. Travalica il suo ruolo tecnico e sembra più un piazzista di farmaci che un garante di regole. Il suo atteggiamento insospettisce. Ci vuole un po’ di trasparenza anche all’Aifa. Ci occuperemo di questo problema” (AdnKronos).

Preparatevi ad un altro caso Boffo.

La malapianta è in Parlamento. Chi è Di Girolamo, il senatore che nessuno conosce.

Non sono un mostro, ha affermato ieri il senatore che nessuno candidò e che nessuno conosce. Nicola Di Girolamo è un ramo della malapianta che dalla Calabria arriva fino al nord, a sversare droga, soldi sporchi, cemento e tondini di ferro, abusando della legge e del territorio.

Lo scaricano tutti, a cominciare da Schifani. Gianfranco Fini non lo ha mai candidato – eppure era in quota AN. La Russa è stato il primo a scaricarlo. “Riciclaggio, vicenda di gravità assoluta”. Era Di Girolamo, secondo il gip, il pesce pilota, insieme a Mokbel, dell’ndrangheta verso il mondo delle telecomunicazioni. Convertivano i soldi delle frodi fiscali in opere d’arte (che Tanzi abbia suggerito l’idea?). Di Girolamo è già stato oggetto di una richiesta di arresto, negata prontamente dal Senato, sia in Commissione che in Aula:

Il 24 giugno 2008, a pochi mesi dalle Politiche, la Giunta elezioni e immunità parlamentari nega (compatta da destra a sinistra) l’arresto ai domiciliari richiesto dal Tribunale di Roma per falso in atto pubblico (residenza all’estero, in Belgio). Dieci senatori, compreso Follini, avevano partecipato alla discussione: Casson, Sanna, Lusi, Adamo del Pd, Pastore , Musso, Valentino e Saro del Pdl, Li Gotti dell’Idv: “Non c’è il rischio dell’inquinamento delle prove né di fuga”. E Follini: “Ha prevalso il buon senso”. Soltanto il rappresentante del partito di Di Pietro aveva votato sì all’arresto (fonte: L’antefatto).

Poi è stato sottoposto per tutto il 2009 alla verifica della regolarità della sua elezione da parte della Giunta Elezioni e Immunità parlamentari. Chi oggi lo ha scaricato, ieri lo difendenva a spada tratta. Gasparri si consumava nella richiesta della sospensiva dell’iter di verifica per evitare la custodia cautelare a Di Girolamo:

La decadenza di Di Girolamo è frutto di una falsa dichiarazione di residenza in Belgio, rilasciata per potersi candidare nelle liste del Pdl. Un fatto che non è passato inosservato al primo dei non eletti del centrodestra, Raffaele Fantetti, che ha presentato un ricorso alla Giunta reclamando il seggio. E l’ anomalia è finita anche nei tribunali perché la procura di Roma ha aperto un’ inchiesta, arrivando a chiedere anche la custodia domiciliare di Di Girolamo (fonte Archivio La Repubblica – 21 ottobre 2008).

Insomma, Di Girolamo viene “infilato” nelle circoscrizione estero. Viene fatto passare per residente in Belgio, con documentazione falsa. Poi, quando viene scoperto da un altro candidato del PdL, gli viene fornita la migliore assistenza possibile da parte di un avvocato come Carlo Taormina. Il Belgio è un paese comodo, ha una forte comunità italiana frutto dei flussi migratori degli anni ’50. Terreno fertile in cui i rami della malapianta hanno prosperato. Hanno avuto gioco facile nel riempire le schede bianche della circoscrizione estero con i nomi del senatore.

Non è una novità il fatto di trovare l’ndrangheta in Europa. Successe già con la strage di Duisborg, nel ferragosto del 2008. Per Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della dda di Reggio calabria, fra i massimi conoscitori del fenomeno malavitoso in Calabria, “oggi i picciotti viaggiano, studiano e si godono la vita in giro per il mondo”.

“La ‘ndrangheta ha prosperato indisturbata perché è sempre stata remissiva, col cappello in mano, mentre Cosa nostra faceva le stragi. Ma noi ai tedeschi lo dicevamo già dieci anni fa: state attenti che la ‘ndrangheta è dappertutto e prima o poi vi ritrovate come noi”, dice Gratteri con amarezza perché “sì, oggi c’è collaborazione soprattutto con la polizia svizzera e tedesca ma la legislazione antimafia dei Paesi europei sta all’anno zero” (fonte Reuters).

“High tech e lupara”, è la sconcertante ma fedele fotografia che Nicola Gratteri ci dà della ‘ndrangheta, oramai a tutti gli effetti un fenomeno criminale di portata internazionale che, dopo lunghi e colpevoli ritardi, inizia finalmente a essere percepito nella sua vera dimensione. A rivelare la forza dell’organizzazione criminale calabrese bastano poche cifre: il suo fatturato annuo è di 44 miliardi di euro, il 2,9% del Prodotto interno lordo. Il “core business” è rappresentato dal traffico di droga (la ‘ndrangheta controlla quasi tutta la cocaina che circola in Europa): un ricavo di 27.240 milioni di euro all’anno, il 55% in più rispetto al ricavo annuo della Finmeccanica, il gigante dell’industria italiana. A questa spettacolare espansione fa da contraltare il degrado sociale e ambientale della Calabria, prigioniera di una criminalità che la opprime, ne sfrutta famelicamente ogni risorsa e poi l’abbandona impietosamente al suo destino. La crescita e la fortuna di questa malapianta viene raccontata attraverso temi ed eventi cruciali: dalle lontane origini alla stagione dei sequestri di persona, all’espansione sul territorio italiano e all’estero; dalle collusioni con la politica alla conquista della leadership nel traffico di droga, alle inquietanti vicende dei rifiuti tossici.

Lettura consigliata:

la malapianta

La malapianta, Nicola Gratteri, Nicaso Antonio

Finanziaria, in Senato si alza la fronda finiana.

Scricchiolii. Deboli prima, più o meno forti dopo. Le liti nel consiglio dei Ministri fra Tremonti e Brunetta, o Prestigiacomo e Tremonti, o Tremonti da solo. Berlusconi riflesso su sé stesso. Un’ombra. Il pensiero rivolto agli affari privati, di famiglia e di azienda, i 750 milioni di euro solo in sospensiva, certi grattacapi che giungono dalla Svizzera e quella faccenda dello scudo fiscale (ne riparleremo), il disegno di legge sul cosiddetto "processo breve" che non piace a Fini, pronto a farlo saltare, e ora anche la Finanziaria.
Oggi è stata votata in Senato, ma non senza dilemmi. Tremonti è riuscito a farla scorrere fra i banchi di Palazzo Madama quasi indenne, eppure c’è del malumore. La Banca del Sud è andata a gambe per aria, almeno per adesso, ci si è messa di mezzo pure l’opposizione con questa insistenza sui regolamenti, che l’emendamento che la introduceva non era stato discusso in commissione, quindi era inammissibile, insieme a una norma sui tartufi. Ma guarda. Schifani, a quanto si dice, c’è rimasto male, anche quelli del MpA, il partitino di Lombardo, il governatore della Sicilia. Chissà se torneranno a parlare di Lega del Sud, lui e Micciché. La Prestigiacomo si lamenta della mancanza di fondi per i suoi provvedimenti. La Gelmini, invece, dovrà nuovamente avere a che fare con l’ira dei ricercatori, i cui fondi – datati 2007 – per assunzioni a tempo indeterminato, saranno ancora bloccati, salvo diversa decisione alla Camera.
Ecco allora il momento per dare un segnale di insofferenza: viene votato il pacchetto Baldassarri, quaranta fra finiani e altri fanno astensione, il governo non va sotto per un pelo. Gasparri tradisce il suo ruolo di capogruppo astenendosi pure lui. Un tentativo di calvalcare la fronda, secondo alcuni. In ogni modo, la sua adesione in exstremis, rappresenta forse il punto di maggior criticità del giorno.

    • Stop alla Banca del Sud, niente fondi per i ricercatori universitari, niente calo dell’Irap e cedolare secca sugli affitti: il governo non cede di fronte al pressing della maggioranza, soprattutto del Pdl, e in Finanziaria trovano posto solo una manciata di novità, tra cui 100 milioni per la sicurezza ma anche alcune micro-norme.

    • La manovra ’light’ del super ministro Giulio Tremonti incassa dunque il voto del Senato con 149 sì, 122 no e 3 astensioni dell’Mpa, ma lascia molto malumore tra i banchi di Palazzo Madama.

    • Il segnale inequivocabile del malumore arriva durante la votazione del ’pacchetto Baldassarrì (la manovra aggiuntiva messa a punto dal presidente della commissione Finanze del Senato da 40 miliardi di euro), quando il governo evita di essere battuto per un soffio con una ventina di senatori che scelgono l’astensione in segno di protesta

    • «Abbiamo avuto la conferma – dice in Aula il numero uno del Pd al Senato Anna Finocchiaro – che su questioni decisive e di indirizzo della politica economica la maggioranza è spaccata»

    • «esiste un ’partito alternativo riguardo alla linea di politica economica del ministro Tremonti»

    • una pattuglia di ex senatori di An e che oggi avrebbero appunto scelto l’astensione per inviare un «segnale politico», come spiegano nei corridoi, non nascondendo irritazione per la scelta dei vertici del gruppo del Pdl (Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello) di aggiungersi in extremis in modo, sottolineano sempre le medesime fonti, da mettere il cappello sulla protesta

    • anche il presidente del Senato Renato Schifani non nasconde un pò di amarezza per dover alla fine decretare lo stop alla Banca del Sud, che insieme a un mini-emendamento sui tartufi, incappa nella rete dell’ inammissibilità

    • Un no che viene sollecitato dalle opposizioni e imposto dal regolamento che prevede che in Aula si possano affrontare solo le questioni già discusse durante i lavori in commissione

    • L’unico escamatoge per incassare la norma sul Mezzogiorno, d’altro canto, era svanito ore prima, quando la maggioranza aveva capito che Tremonti non avrebbe mai concesso la cedolare secca sugli affitti, voluta fortemente anche dai partiti della minoranza, impedendo così un accordo bipartisan

    • sorte analoga dovrebbero subire anche i fondi per i ricercatori universitari (il cui stanziamento era stato chiesto da un emendamento del Pdl, poi fatto proprio dal Pd) che, rimasti fuori dalla Finanziaria, potrebbero rientrare nella riforma dell’Università

    • Ottanta milioni destinati all’assunzione a tempo indeterminato di 4200 ricercatori universitari finiti nel nulla

    • Il rischio che la somma, stanziata dalla Finanziaria 2007 ma ‘vincolata’ a un successivo provvedimento, svanisse nel nulla si è concretizzato quando l’emendamento presentato nell’Aula del Senato (e a suo tempo bocciato in commissione Bilancio a Palazzo Madama), (che ha appena approvato il provvedimento in via definitiva), è diventato un semplice ‘ordine del giorno’.

    • "Siamo di fronte alla ormai quasi certa perdita di fondi per le assunzioni dei ricercatori – denuncia il coordinatore dell’Osservatorio, Rino Falcone, del Cnr

    • "L’emendamento presentato dal presidente della commissione Cultura Antonio Possa (Pdl) – spiega Antonio Rusconi, presidente dei senatori Pd all’interno della commissione – era frutto di un’iniziativa comune. Quando si è andati a votare, il presidente Possa è stato costretto a togliere la firma, mentre il secondo firmatario Sciutti, capogruppo Pdl in commissione Cultura, ha chiesto che l’emendamento venisse trasformato in ordine del giorno.

    • Manuela Ghizzoni, capogruppo del Pd nella commissione Cultura della Camera, che già alcune settimane fa ha presentato un’interrogazione al governo, chiedendo quando e come s’intende sbloccare gli 80 milioni stanziati tre anni fa

    • "Se non si procederà con le nuove assunzioni, si salterà ancora una generazione – denuncia Daniele Archibuti, ricercatore del Cnr e professore alla Sapienza di Roma e all’Università di Londra – Quella dei quarantenni è già tutta all’estero. Anche a quella dei trentenni non rimarrà che partire.

    • Non c’era bisogno che parlasse, infatti non ha parlato. Ma l’immagine che Berlusconi ha offerto ieri in Consiglio dei ministri — lo sguardo spento, il volto sofferente, un senso di estraniamento durante tutta la riunione — rendeva l’idea del distacco del premier.

    • apriva gli occhi solo quando i ministri riempivano la stanza con urla e parole grosse

    • Le mani sul viso o tra i capelli, solo in un’occasione ha dato voce al proprio fastidio: «Dài, rinviamo. Se c’è un problema si risolve la prossima volta».

    • nell’esecutivo tutti pensavano si trattasse di sgravi per le imprese, del taglio degli acconti sull’Ires e soprattutto sull’Irap, balzello che Berlusconi un mese fa aveva anticipato di voler abolire. Tutto sembrava pronto, il comunicato del governo di martedì aveva preannunciato la decisione. E alcuni ministri ieri giuravano di aver letto bene il provvedimento presentato alla riunione. Invece il taglio ha riguardato l’Ire, la vecchia Irpef.

    • cos’è stato votato in Consiglio? Non è chiaro se si sia trattato solo di un «misunderstandig»

    • dopo il Consiglio sono passate ore prima della nota ufficiale alla stampa

    • in quel lasso di tempo si è svolto un incontro riservato tra Berlusconi, Letta e Tremonti

    • E lì che al decreto sarebbe stata data una «registrata», e si sarebbe deciso di tagliare l’imposta sui redditi «per una ragione di giustizia e di equità sociale»

    • le pressioni dei sindacati, «perché Cisl e Uil sono pronte allo sciopero generale se concedessimo sconti fiscali solo alle imprese. Invece con l’Ire ne beneficiano tutti»

    • tutti gli altri ministri avevano inteso diversamente

    • Ma non è una novità che in Consiglio si parlino lingue diverse, e che per capirsi si ricorra a gesti e parolacce. Come è successo ieri tra Tremonti e Brunetta, che presentava un altro pezzo della riforma sulla Pubblica amministrazione

    • Il «professor Giulio» non ha esitato a bocciare il «professor Renato»: «Non si fa la semplificazione con una nuova regolamentazione », ha iniziato a ripetere dando sulla voce del collega

Posted from Diigo. The rest of my favorite links are here.

La morte di Stefano Cucchi: Ignazio Marino manda i Nas. Gasparri: “a Roma accadono cose strane”.

“Cose strane”, così Gasparri, ieri. A Roma accadono cose strane. Si riferisce in parte al caso Marrazzo, è certo. Alle cosiddette “mele marce” dell’Arma dei Carabinieri. Alle morti per “carcere”.
Ignazio Marino, nella sua veste di presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul SSN, ha mandato i Nas all’ospedale “Pertini” di Roma: hanno sequestrato la cartella clinica. Scopo, accertare che non vi siano aspetti di negligenza riconducibili al sistema sanitario.

Mi sembra evidente che Gasparri, sospettato di essere fra i frequentatori di Via Gradoli, voglia mettere in rilievo il clima di sospetto e intimidazione che promana da un certo ambiente romano. Non specifica, il senatore. Ma forse ha qualcosa a che fare con l’estrema destra, chissà. Forse c’è un collegamento fra la macchina dello sputtanamento, che ha trovato nei carabinieri ottimi e fedeli manovali, le violenze omofobe e un certo nervosismo delle forze dell’ordine. Una sottile linea nera che procede da “Svastichella” e arriva sino ai ricattatori di Marrazzo. Fantapolitica?

  • tags: no_tag

    • L’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, arrestato per spaccio e morto dopo un calvario di sette giorni, procede.
    • Il magistrato Vincenzo Barba ha nominato tre nuovi periti in medicina legale e ha interrogato l’equipaggio dell’ambulanza
    • I tre paramedici hanno riferito di avergli parlato, ma che il detenuto non si fece visitare e rifiutò di farsi portare in ospedale
    • Il mattino dopo, il padre lo incontrò in tribunale e lo trovò di cattivo umore, ma non in cattive condizioni
    • Stefano si arrabbiò perché il giudice lo mandava in carcere in attesa del processo e perciò per stizza prese a calci una sedia
    • Difficile pensare che in quel momento avesse due vertebre rotte e il coccige fratturato
    • Angelino Alfano, martedì riferirà in Parlamento. «Mai voluto fare scaricabarile nei confronti della polizia penitenziaria», precisa Ignazio La Russa.
    • il presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla sanità, Ignazio Marino, ha inviato i carabinieri del Nas all’ospedale «Sandro Pertini» per acquisire la cartella clinica del giovane deceduto. «Senza intralciare l’inchiesta penale – racconta Marino – è quanto facciamo di prassi quando le notizie di stampa ci fanno pensare a di cure non efficaci».
    • Maurizio Gasparri: «Troppe cose inspiegabili. Negli ultimi tempi a Roma sono accadute troppe cose strane e non si può archiviare tutto con superficialità. Un giorno le mele marce, un giorno un’altra vicenda. Siamo purtroppo in un brutto momento»
  • tags: no_tag

    • l presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, Ignazio Marino, ha inviato i carabinieri del Nas al reparto destinato al ricovero dei detenuti dell’ospedale Pertini, dove è morto il detenuto Stefano Cucchi
    • «La documentazione – ha sottolineato Marino – sarà messa a disposizione dell’ufficio di presidenza della commissione d’inchiesta per una prima istruttoria e mi auguro che dall’analisi del lavoro effettuato dai medici al momento del ricovero di stefano cucchi possano emergere elementi che aiutino a fare chiarezza su cosa sia realmente accaduto. Nei prossimi giorni la commissione deciderà anche se aprire formalmente un’inchiesta sulla vicenda dal punto di vista dell’efficienza, dell’efficacia e della qualità dell’assistenza medica.
    • Marino ha sottolineato che «si tratta di una tragedia che lascia sgomenti e anche per questo serve il massimo rigore nell’appurare la verità e tutte le eventuali responsabilità».

Posted from Diigo. The rest of my favorite links are here.