L’inconscio di Grillo e l’attacco a Civati

Sarò sincero: il post pubblicato stamane sul blog di Grillo è penoso. Contrariamente a quanto scrivono – gioiosi – su Il Fatto Quotidiano (“Un articolo all’insegna dell’ironia come non se ne leggeva da molto tempo”, a firma de La Redazione), la retorica del Capo Comico alla fine dei conti risulta essere incomprensibile, asservita alle necessità della lotta politica della sua creatura, completamente avulsa dall’attualità (che non è limitata alle beghe di corte dei parlamentari pentastellati, sia chiaro).

E se il racconto mitologico e cialtronesco di Gargamella Bersani che incarica l’ingenuo Pippo Civati di andar ad accalappiare i parlamentari-giocattolo del Capo Comico è pura fantasia (anche i muri sanno che Bersani, e in generale l’estabilishment dei Democratici, vive la polemica politica di Civati come un fastidioso prurito), la storia di Civati che vorrebbe ma non può votare i provvedimenti dei 5 Stelle fa sorridere fino ad un certo punto. Già perché Civati è stato il primo (leggetevi, cari pennivendoli pentastellati, alias Messora e Martinelli e Becchi e co., un post su Ciwati.it datato 26 Febbraio 2013) a proporre Stefano Rodotà alla presidenza della Repubblica, ben prima delle malriuscite Quirinarie organizzate dal blog Beppe Grillo. Ed è sempre Civati ad aver suggerito alla distratta segreteria Bersani la possibilità di larghe intese con i 5 Stelle su un ristretto numero di provvedimenti (chi legge Ciwati conosce a menadito il cosiddetto Piano C, che di fatto era una soluzione alternativa allo scontatissimo governissimo con Berlusconi che il medesimo Grillo ha evocato il giorno stesso delle elezioni).

L’estremismo anti-casta ha preteso la rinuncia del cambiamento ora e subito per ripristinare l’orizzonte idilliaco della rivoluzione della Rete. Per Grillo rendere il cambiamento tangibile, fattibile, immanente, equivale a smantellare l’ideologia della redenzione del cittadino qualunque. Il suo modello di democrazia plebiscitaria, in cui il cittadino è permanentemente coinvolto nella deliberazione politica mediata dalla tecnologia del web ma escluso dalle fasi di preparazione della decisione (per una summa, cari Messora, Martinelli, Becchi e co., leggete Fabio Chiusi su Il Nichilista), fa a pugni con il modello della democrazia partecipativa mediata invece dagli organi intermedi (gli odiati partiti); ne consegue che quest’ultima dovrebbe soccombere e lasciar spazio ad un algoritmo. Una lingua per pochi, che divide in sviluppatori e utilizzatori, fra superusers aventi poteri di verifica e controllo, e semplici users, i meri consumatori del software.

Io penso – e Civati pure, e tutti quelli che seguono Civati anche (non sono pochi, cari Messora, Martinelli, Becchi e co.) – che un cittadino elettore sia ben più di un semplice username da schedare mediante le preferenze espresse con i click online. Le comunità dei cittadini elettori, le molteplici comunità, non fatte solo di link e connessioni online, ma di relazioni umane, che si esprimono fisicamente, che si affacciano alla luce del mondo ognuno con il proprio viso e il proprio bagaglio di idee e conoscenze, è a quelle comunità che ci rivolgiamo con il nostro impegno politico per accelerare la produzione di soluzioni condivise affinché il sistema politico italiano torni ad occuparsi del bene comune.

Grillo ha smarrito per strada questo afflato rivoluzionario, di cambiamento radicale che promana dal basso. E’ spaventato dal declino? Dovrebbe invece andare da Civati e dirgli, “ti sostengo, vinci la segreteria”. Invece opera per distruggerlo. Pensa che i 5 Stelle in Parlamento debbano produrre sterili provvedimenti che non voterà nessuno, al fine unico e perverso di strillare sul suo blog che l’odiata Politica snobba le preziose idee della Rete. E’ la droga che si chiama indignazione, quella droga che ha pompato nell’opinione pubblica per anni e che è riuscito a capitalizzare in maniera straordinaria lo scorso Febbraio in ben otto milioni di voti. Milioni di voti di persone che ne hanno abbastanza, che non capiscono nulla del caso Gambaro, nulla. Molta parte di questi otto milioni di persone si è informato circa la politica solo una settimana prima del voto. Generalmente, la politica non è la loro prima occupazione. Hanno figli, mariti e mogli, genitori anziani e meno anziani con cui relazionarsi; hanno un lavoro o lo stanno cercando; hanno un’attività o la stanno per chiudere. Questa retorica dei ‘cani da riporto’ proprio non li sfiorerà nemmeno. E’ un brutto ed inutile ‘politichese’, condito con un sarcasmo dozzinale.

Comprendere questo fondamentale errore sarebbe già una buona cosa.

In conclusione: sono stupito che i pennivendoli della scuderia Grillo-Casaleggio non abbiano attaccato Civati per quella storia dei rimborsi in regione Lombardia, per i quali risulta ancora indagato dalla procura di Milano. Prima che ci pensino i vari Pattacini, Nick il Nero e compagnia bella, sappiate che Civati ha chiesto quei rimborsi unicamente per attività politiche in ambito regionale (come era previsto dalla normativa vigente) e che è tutto rendicontato sul suo blog. Se ne faranno uno scoop, sappiate che arrivano in ritardo, in colpevole e sospettoso ritardo. Non passerà molto tempo prima che potremo aggiungere queste maschere nel pantheon dell’Informazione telecomandata insieme a Sallusti, Belpietro, Ferrara e.