Pakistan, il ritorno di Nawaz Sharif

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Nawaz Sharif è il leader del Partito Lega Musulmana-N – dove N è proprio l’iniziale di Nawaz – ed era già stato Prime Minister del governo del Pakistan in due occasioni, dal 1900 al 1993 e dal 1997 al 1999, quando fu defenestrato da un golpe opera del generale Musharraf.

Questa notte è comparso alla televisione pakistana e, nonostante i risultati delle elezioni di ieri non siano ancora noti, ha – come si dice in gergo – chiamato la vittoria sulla base delle proiezioni che lo danno in testa con circa 128 seggi, avendo sbaragliato sia il campione di cricket Imran Khan, leader del Movimento per la Giustizia (Pti) – che riceverà circa 34 seggi – sia il  Partito popolare pakistano (Ppp, governato dalla famiglia Bhutto), diventato terza forza politica del paese e brutalmente ridimensionato (31 seggi).

Nawaz Sharif non otterrà una maggioranza piena ma può contare sull’appoggio di una serie di piccoli partiti, pertanto non dovrà cercare l’appoggio né del PPP né dei nostalgici di Musharraf. Sharif è uno degli uomini più ricchi del paese. E’ un industriale, proprietario della Ittefaq Group, una grande azienda produttrice di materie prime come acciaio, zucchero, carta e tessili, con diversi stabilimenti nel Punjab e un fatturato annuo di circa 400 milioni di dollari.

Per Nawaz Sharif, le prime due esperienze come Primo Ministro si sono concretate in politiche conservatrici e islamizzatrici. Introdusse la Sharia e il Bayt al-mal, una sorta di primitivo welfare islamico con strumenti di sostegno per gli orfani e i poveri, come per esempio il salario minimo, le pensioni di invalidità, il razionamento del cibo con le cedole. In materia economica, spinse per l’introduzione di un puro sistema capitalistico occidentale. Di fatto mise in opera la più grande serie di privatizzazioni che il paese ha mai conosciuto, passato alla storia come una vera e propria restaurazione del periodo delle nazionalizzazioni avvenute sotto Benazir Bhutto.

Non è un uomo carismatico. Eppure è riuscito nell’impresa di rimontare circa una decina di punti percentuali di svantaggio nei confronti di Khan. I media sostengono che è un uomo cambiato rispetto agli anni ’90. Sharif, che pure subì l’onta di essere destituito da un golpe ed ha vissuto esule all’estero per molti anni, ha dichiarato anzitempo la vittoria in un discorso durante il giubilo dei suoi sostenitori. Ha detto alla folla che l’esercito, il quale ha governato il paese per più di metà della sua turbolenta storia di 66 anni, dovrebbe rimanere fuori dalla politica. Un evento storico per il paese. Che è stato però segnato dalla escalation di attentati, l’ultimo una autobomba a Karachi, sabato, ad urne aperte. La responsabilità dei 40 morti è stata attribuita alle organizzazioni terroristiche talebane operanti nel paese. Ma è fin troppo evidente che le bombe avevano lo scopo di intimidire la popolazione e di orientarne il voto. L’affluenza è stata comunque elevata, pari al 60%.

Come si relazionerà Sharif con gli Stati Uniti? Nel 2014 le truppe della Nato abbandoneranno l’Afghanistan al proprio destino. Sharif ha detto in campagna elettorale che il Pakistan deve riconsiderare l’appoggio alla guerra degli Stati Uniti. Ma il paese ha grossi problemi economici e rinunciare ai dollari della guerra piovuti nel paese può significare una esplosione del debito e un rosso pesante nella bilancia commerciale. Sharif molto probabilmente perseguirà, come la sua storia insegna, politiche di selvaggia privatizzazione e deregolamentazione. Ha detto che il Pakistan dovrebbe camminare con le proprie gambe, ma anche che potrebbe essere necessario contrattare un piano di salvataggio con il Fondo monetario internazionale per evitare una crisi finanziaria. Sharif aprirà quindi il paese a riforme perniciose come una riduzione dei sussidi e un ampliamento della piccola base imponibile (che si traduce in maggiore tassazione anche per i meno abbienti), tutto ciò per ottenere i sicuri miliardi di dollari dalla Banca Mondiale e dal FMI.

[Fonti: Times of India, Guardian]