Grillo, Forza Nuova e il trollismo del Corriere

Le pagine di pessimo giornalismo online si arricchiscono oggi di una nuova pagina, grazie al Corriere della Sera e alla penna – anzi, tastiera – di Benedetta Argentieri. Tutti sanno il potere del blog di Grillo di aggregare intorno a sé un variegata platea di lettori e di sostenitori. Come ci ricorda la giornalista, è tra i “cento blog più influenti del mondo”. Da un anno circa, la Casaleggio ha creato un aggregatore di notizie che si chiama ‘tze tze’. Una colonna degli articoli maggiormente in evidenza su tze tze compare sulla destra della home page del blog di Beppe Grillo. Di fatto, potremmo scrivere un articolo che sostiene il ritorno del comunismo, ottenere un certo numero di visualizzazioni su tze tze e, come per magia, finire in home page su uno dei blog “più influenti del mondo”.

Non è un miracolo e non dovrebbe essere uno scandalo. E’ la perversione di un sistema che non valuta in nessun modo la qualità del contenuto, ma fa solo riferimento alla link popularity, o alla web audience che quel contenuto è in grado di convogliare. Il problema è se questo fatto sia o meno degno di diventare una notizia del Corriere.it: una notizia da home page del Corriere.it, che è pur sempre il portale web del “prestigiosissimo” quotidiano di Via Solferino.

L’autrice dell’articolo impiega tutte le armi della disinformazione maliziosa, quella che produce visualizzazioni “a manetta” sull’onda dell’indignazione: fa cioè finta di confondere un badge o widget di un aggregatore di notizie con un banner (che di solito è a pagamento); parla di spot, comparando quel trafiletto a uno strumento pubblicitario televisivo; e sulla base di queste assunzioni, costruisce una affinità fra Grillo e Forza Nuova, riesumando una dichiarazione di Roberto Fiore («Abbiamo idee simili anche sull’immigrazione»), che è vecchia di qualche mese. Gli è bastato fare un copia-incolla.

GRILLO E L’ESTREMA DESTRA– Il «banner» con il programma del partito è proprio sotto la promozione del libro di Grillo, una sorta di manifesto del movimento che sta sparigliando le carte della politica italiana. Roberto Fiore, da diverso tempo, strizza l’occhio a Grillo. «Abbiamo idee simili anche sull’immigrazione», cioè si vuole negare la cittadinanza italiana ai figli di immigrati. Oppure: «Grillo non si è mischiato con il potere». Il comico genovese, insomma, piace all’estrema destra. Anche ai «fascisti del terzo millennio», alias Casa Pound. Il Movimento 5 Stelle più volte aveva preso le distanze. «Forza nuova? Una realtà aliena all’impronta democratica del movimento». SUL WEB– Sarà quindi stata una svista? È vero che la pagina a cui rimanda la locandina di Forza Nuova, è gestita da «tze tze», una sorta di aggregatore di notizie che le sceglie in automatico, gestito da Casaleggio e Associati. La redazione del blog dovrebbe controllare anche i contenuti da fonti esterne. Intanto il programma della manifestazione di Forza Nuova a Bari si può leggere sul blog più visitato d’Italia, cioè quello di Grillo (Benedetta Argentieri, corriere.it).

Questo modo di fare giornalismo sul web è molto prossimo al trollismo. Si vuol solo generare traffico su una determinata pagina, con lo scopo non secondario di schizzare di fango la già non limpidissima immagine dell’ex comico, fondatore del M5S, accreditato oggi del 22% dei voti nei sondaggi, quindi a un soffio dalla maggioranza relativa (e virtuale). Non importa che le affermazioni divulgate siano vere o verosimili, l’importante è bruciare il carburante poco nobile dell’indignazione via web. Qualcosa di simile era già successo due giorni fa, quando un blog ha rilanciato la notizia falsa de L’Espresso sugli sprechi di  Favia, consigliere regionale dell’Emilia-Romagna del M5S. Quel post è rimasto a lungo fra i più letti dell’intera piattaforma WordPress in Italia. Ma non si è preoccupato di verificare alcunché di quello che ha riportato. Non è questo il netizen che abbiamo in mente.

Dal clickactivism al Politizen: la Terza Repubblica e la fine del professionismo in politica

Se c’è un aspetto comune alle elezioni regionali tedesche e quelle amministrative italiane, è l’emergere di formazioni partitiche sviluppate sul web dalla interazione di una moltitudine di soggetti più o meno eterodiretti. Piratenpartei e Movimento 5 Stelle sono spesso accomunati nelle analisi post elettorali e gli editorialisti dei grandi giornali tendono più a evidenziarne le differenze, che pure abbondano, invece di cogliere la grande rivoluzione che li sottende.

Qui posso solo avviare la discussione, cominciando dalle differenze.

Da un lato, quello tedesco, il Piratenpartei è una formazione politica totalmente senza un centro, slegata dai personalismi, pienamente calata nel sistema politico tedesco. Non fa altro che raccogliere la domanda di nuovi diritti civili – le libertà digitali – e le coagula in una proposta politica. In questo senso, il Piratenpartei, a dispetto del nome, non è affatto antisistemico. Non è affatto una formazione antieuropeista, ma anzi chiede maggior regolazione nell’ambito delle libertà digitali nel senso del riconoscimento della neutralità della Rete e nel riconoscimento dell’accesso alla conoscenza come diritto individuale inalienabile.

Invece in Italia il M5S si pone come elemento di rottura in un quadro partitico fortemente isolato rispetto al tessuto connettivo sociale e però non è pienamente in discontinuità con il recente passato, essendo fortemente caratterizzato dalla personalità di Beppe Grillo, e dipendendo, nella sua articolazione in rete, dalle infrastrutture della Casaleggio Associati. Il M5S non è frutto di una domanda di nuovi diritti civili, ma è frutto della protesta contro la Casta, con i professionisti della politica: inamovibili, si considerano legittimati anche nella sconfitta e nella illegalità e piegano il quadro istituzionale al fine ultimo della perpetuazione del proprio potere.

In entrambi i casi, però, i due neo-movimenti costituiscono l’occasione per l’attivista da tastiera di compiere un balzo ed entrare nelle Istituzioni senza passare per il vaglio dello strumento classico di selezione della élite politica: il partito. Di fatto costituiscono una cesura rispetto all’esclusivismo del professionista, del tecnico dell’Arte Politica (che niente ha a che fare con i tecnici in questo momento al governo, essendo questi ultimi esplicitamente tecnici dell’Economia e della Finanza).

Questo fenomeno che sto cercando di descrivervi, assomiglia molto a quanto avvenuto nella musica, nell’editoria, nella scrittura e nel giornalismo in generale. I non –professionisti, grazie al web, hanno accesso alla possibilità di pubblicare il proprio “prodotto”, non spendibile nel mercato classico, bensì fruibile in un regime di condivisione libera delle idee e dei contenuti che il web può realizzare (e sottolineo il può). Di fatto oggi ognuno di noi può autopubblicarsi un libro o un disco. Il web è un terreno vastissimo ma altrettanto denso di opere di autopubblicazione. Ciò naturalmente si accompagna ad aspetti negativi e anche potenzialmente deleteri. Primo fra tutti il fatto che anche chi non possiede “l’arte” può essere artista. Che anche chi non è giornalista, può essere giornalista. Ma certamente non “di professione”. Molto probabilmente il libro che vi siete autopubblicati a costo zero non meritava tanta gloria. Così il post che sto scrivendo ora potrebbe non essere all’altezza di una pubblicazione su un giornale. Allo stesso tempo, il politico, anzi il politizen (il netizen prestato alla politica) appena eletto a Parma potrebbe non essere all’altezza del suo compito. Viene meno il filtro dell’editore, del direttore di giornale, del segretario di partito. E con ciò, l’accesso libero a ciò che prima era di competenza del professionista, e che un comune mortale poteva svolgere soltanto dopo anni di gavetta nelle retrovie, ora sembrerebbe a portata di mano di individui qualsiasi, perfettamente sostituibili l’un l’altro.

La perdita della esclusività del professionista non significa peraltro che la professionalità non sia più un requisito necessario, anzi. La sua verifica non risiede più nel potere di discernimento di uno solo (sia esso l’editore, il direttore, il segretario). La verifica della professionalità diventa anch’essa un momento pubblico. Il politizen più del politico, deve adoperarsi per rendere pienamente trasparente la sua vita e il suo operato. Deve essere un tutt’uno con il pubblico.

Vi chiedo: il M5S risponde a tutto ciò in che modo? Veramente assegna al pubblico il potere di verifica e di controllo? Davvero il web può diventare strumento per una conoscenza pienamente libera?

Come vedete ho molti dubbi e domande. Il dibattito è aperto.

Internet batte televisione 4 (sì) a 0. Ma ora liberiamoci da Facebook

Miguel Mora su El Pais commenta il voto di domenica prendendo spunto da quel video parodia di ‘L’aereo più pazzo del mondo’. In volo sull’oceano, i berluscones di ritorno dal soggiorno di Antigua vengono avvisati dell’esito dei referendum. Hanno abolito il legittimo impedimento, dice l’hostess ai passeggeri. E scatta l’isteria. La “Primavera dei Cittadini”, scrive Mora, “è sorta e si espande ogni giorno attraverso internet”. Esattamente come sulla riva sud del Mediterraneo, ma in una forma più pacifica e ricorrendo più all’ironia e alla satira che alla rabbia, il territorio infinito senza censura della Rete sembra aver giocato un ruolo chiave nel nuovo vento politico che sferza l’Italia.

Ma sembra chiaro che il problema è che la destra italiana non è a conoscenza del crescente potere di Internet. Che le nuove tecnologie non sono il punto di forza del suo leader è emerso pochi giorni prima del voto, quando ha detto che qualcuno gli aveva passato una “cassetta” per vedere un programma che aveva perso. “Possibile che un primo ministro e magnate dei media del XXI secolo ignorari che il DVD è stato inventato nel 1995, proprio l’anno in cui l’ultimo referendum in Italia ha vinto il quorum? Sembra improbabile, ma il fatto è che il referendum è stata una sconfitta finale non solo per il governo, ma anche per l’ambiente in cui Berlusconi è stato un mago (Miguel Mora, El Pais).

Così sembra. Il voto ha testimoniato il cambio di paradigma mediatico: non più l’oligarchia televisiva, che esclude e impone i piani argomentativi alla discussione pubblica, di cui è rimasto celebre il caso della violenza contro una donna a Roma poche settimane prima del voto del 2006, fatto che infiammò il dibattito televisivo contro l’immigrazione clandestina e fece emergere un clima di paura convogliato dai media di casa Berlusconi verso Lega e PdL; tanto per rinfrescarvi la memoria, quelle elezioni politiche furono poi vinte ugualmente dal centrosinistra ma Berlusconi riuscì nell’impresa di recuperare a Prodi almeno 8 punti percentuali. Quel caso ha rappresentato l’apice della forza persuasiva della televisione. I fatti criminosi compiuti nel paese erano in calo, ma la percezione delle persone era di un aumento. Si viveva un’emergenza che non c’era, indotta dalla suggestione televisiva che ogni giorno riproduceva quel fatto all’infinito, trasmettendo le immagini di retate, di sgomberi di campi Rom, parlando di tolleranza zero e di ergastoli e di pena di morte.

No, quel tempo è finito. Così sembra. Al posto della tv, una discussione eterodiretta che si autoalimenta grazie al contributo di tutti, senza necessità di conduttori o di presentatori, di opinionisti o di registi. Si afferma l’argomento prevalente in un susseguirsi di piani argomentativi in libera competizione fra loro. Questo è consentito da un mezzo straordinario che è la rete, essa stessa piano altro in cui l’individuo si dispiega in una multipolarità di voci che altrimenti gli sarebbero negate. Se l’azione dell’individuo non è più direttamente coercita se non in casi eccezionali stabiliti dalla legge, la parola era (ed è) fortemente compromessa, sottaciuta, senza alcuna rappresentanza nel teatro degli specchi che va in onda ogni giorno nello schermo televisivo. Internet sembra restituire all’individuo la parola, e al contempo gli riassegna lo status di cittadino, ovvero di individuo partecipe alla vita della polis.

Ho usato il termine sembra perché neppure Internet è priva del rischio oligarchico. Anzi: la sua tecnologia è talmente complessa da creare sistemi che sfuggono alle parole che possediamo. Per esempio: lo spazio di Internet è pubblico o privato? Se la discussione è politica, allora Internet diventa condizione propedeutica alla discussione pubblica. Diventa naturale considerarlo un diritto poiché nel web l’individuo si esprime e esprimersi è una delle libertà civili fondanti della modernità. Peccato che tutto ciò avvenga a casa di Zuckerberg. Rendetevene conto: abbiamo lottato per sconfiggere il demone televisivo, per poter contare, per poter fare prevalere l’interesse pubblico contro quello privato. Lo abbiamo fatto attraverso un social network che è estremamente inclusivo ma che è privato. Facebook non è un bene comune, non è nostro: ho una pagina a casa di Zuckeberg. Zuckerberg detiene il mio profilo di utente di Facebook. Di fatto mi controlla. E controlla tutti noi. Controlla l’informazione che passa attraverso il suo social network. Volendo, la potrebbe condizionare. Potrebbe far prevalere un argomento piuttosto che un altro. Esattamente come il media televisivo, ma in maniera ancor più subdola. E globale. Un mostro ben peggiore della nostra piccola videocrazia.

Facebook, il McDonald’s del social networking (segnalazione de Il Nichilista).

DDL Intercettazioni alla prova finale. Il dubbio sui finiani

Si parla di iter accellerato per il liberticida ddl intercettazioni, giunto alle fasi finali in 2a Commissione Giustizia al Senato dove martedì 11 riprenderà l’esame del testo con il recepimento dei pareri della 1a Commissione (Affari Costituzionali) – qui l’ordine del giorno. Secondo Schifani,

Il Senato terminera’ l’esame del ddl intercettazioni prima del ddl anticorruzione. Ne e’ convinto il Presidente del Senato, Renato Schifani. Rispondendo ad una domanda dei giornalisti sull’iter dei due provvedimenti, Schifani risponde: “Ci sono dei lavori gia’ avviati in fase di conclusione come le intercettazioni. Il ddl anticorruzione e’ stato assegnato alla prima e seconda commissione, che sono certo gia’ la prossima settimana cominceranno ad incardinarlo e a discuterlo” (Agi News).

Dai giornali, dal web, intanto, parte la protesta. Il disegno di legge, che imporrebbe il bavaglio ai giornalisti sulla pubblicazione delle intercettazioni e imporrebbe l’obbligo di rettifica anche ai blog entro le 48 ore come una qualsiasi testata giornalistica, è quanto di più arretrato si possa produrre in tema di stampa e libertà d’espressione. Il testo, in special modo per quel che concerne l’attività di blogging, non terrebbe in considerazione l’aspetto distintivo della stessa, ovvero l’occasionalità dell’opera. Un blog non è una testata giornalistica, poiché dietro ad esso spesso vi è una sola persona, e non una redazione; neppure il blogger è tale a tempo pieno: non si vive con i post. Il netizen journalism è per molti una passione, per altri una modalità di espressione libera, senza doveri né obblighi. L’obbligo di rettifica è una intimidazione. Chi scrive non è certamente a favore dell’uso diffamatorio del web, ma l’obbligo di rettifica impone una disciplina sproporzionata al mezzo. Chi non rettifica è multato per 13.000 euro. La fine non di un blog, bensì di una persona.

Contro il ddl intercettazioni si mobilita il mondo intellettuale e della rete. Ecco l’appello. Qui il testo come licenziato dalla Camera.

E i finiani? Si smarcheranno sul comma anti-bloggers? Nessuna reazione alle parole di Schifani, che preme per le intercettazioni a discapito del ddl anticorruzione, smarrito nei cassetti. Nessun trafiletto dalle colonne di FareFuturo Web Magazine. Il dubbio su come si comporteranno i ‘futuristi’ di Fini aleggia sullì’aula del Senato, dove pure essi si contano sui palmi di due mani.

APPELLO AI SENATORI DELLA REPUBBLICA

“La libertà è partecipazione informata”

Al Senato la maggioranza cerca di imporre la legge sulle intercettazioni telefoniche che scardinerebbe aspetti essenziali del sistema costituzionale.
Sono a rischio la libertà di manifestazione del pensiero ed il diritto dei cittadini ad essere informati.
Non tutti i reati possono essere indagati attraverso le intercettazioni e viene sostanzialmente impedita la pubblicazione delle intercettazioni svolte
Una pesante censura cadrebbe sull’informazione. Anche su quella amatoriale e dei blog.
Se quella legge fosse stata in vigore, non avremmo avuto alcuna notizia dei buoni affari immobiliari del Ministro Scajola e di quelli bancari di Consorte.
Se la legge verrà approvata, la magistratura non potrà più intervenire efficacemente su illegalità e scandali come quelli svelati nella sanità e nella finanza, non potrà seguire reati gravissimi.
Si dice di voler tutelare la Privacy: un obiettivo legittimo, che tuttavia può essere raggiunto senza violare principi e diritti.
Si vuole, in realtà, imporre un pericoloso regime di opacità e segreto.
Le libertà costituzionali non sono disponibili per nessuna maggioranza.

Stefano Rodotà
Fiorello Cortiana
Juan Carlos De Martin
Arturo Di Corinto
Carlo Formenti
Guido Scorza
Alessandro Gilioli

Banda larga: diritto di internet e diritto di blog.

Nel nostro paese la democrazia è sempre a rischio. Figurarsi la webcrazia. Il digital divide è una zavorra che frena lo sviluppo: prima che economico, culturale. E persino il governo se ne è accorto, anche se i vari Scajola e Brunetta pensano forse più ai risvolti in termini di PIL piuttosto che in termini di diffusione della conoscenza e dell’informazione. Essi paiono muoversi in controtendenza rispetto alla linea fin qui seguita dal governo, ovvero quella linea politica rappresentata dai vari disegni di legge presentati in aula alla Camera o al Senato, volti alla equiparazione del blogger al giornalista e alla sua sottoposizione alla legge sulla stampa, facendo ricadere su di esso l’obbligo di rettifica e esponendolo al rischio di chiusura per querela (o lite temeraria).

E’ chiaro che il passaggio alla Banda Larga da solo non basta. Poiché il web non ha sole implicazioni tecniche o tecnologiche. Basti pensare alla questione del diritto d’autore. Alla recente proposta di Rupert Murdoch di far pagare le notizie in rete.

Il ruolo dell’utente internet non è – e non può essere – quello del solo fruitore di prodotti editoriali. Il netizen è partecipe. Scrive, si relaziona, pubblica notizie, commenta le notizie (come si fa su questo blog, per esempio), pubblica video e foto, crea contenuti, è autore e consumatore insieme. E’ il web 2.0. Il netizen è il cittadino che esce dalla sola dimensione economica ed è multiplo poichè si relaziona su piani molteplici. In questo si prefigurano tutta una serie di nuovi diritti, che vanno dalla possibilità dell’accesso alla rete, al riconoscimento della libertà di espressione (che comprende anche la ricombinazione di contenuti prodotti da altri, puché se ne specifichi l’origine). Il vecchio mondo diviso fra autore – editore – pubblico si smonta e si ricompone in forme molteplici che ribaltano e rielaborano i ruoli.

Per questa ragione si rende necessaria una riforma del diritto d’autore che vada nel senso di una molteplicità delle forme, non solo quindi proprietà esclusiva dell’opera, ma anche condivisione e compartecipazione. E una riaffermazione del principio costituzionale della libertà d’espressione s’impone, disinnescando i disegni di legge di questo governo che procedono in senso opposto, magari adoperandosi per una bozza di legge che penalizzi il caso della lite temeraria quando questa sia tesa a limitare l’articolo 21 della costituzione (elemento mancante anche per quanto concerne la disciplina sulla stampa).

Per una webcrazia compiuta, si privilegino non gli interessi degli operatori telefonici, ma quelli dell’individuo.

BANDA LARGA: ZINGARETTI, “CON BRUNETTA ANCHE TANTI AMMINISTRATORI LOCALI”

“Nell’interesse del Paese, Brunetta sappia che sull’ impegno per investire sulla banda larga troverà accanto decine e decine di amministratori pubblici. Per avere più forza, mettiamo a disposizione del Ministro anche le numerose adesioni all’appello che ho lanciato per il riconoscimento dell’accesso ad internet in banda larga come servizio universale sul modello della legge che è stata approvata la scorsa settimana in Finlandia. Queste adesioni confermano che su questo tema c’è un grande interesse e una larga condivisione . Internet rappresenta ormai uno strumento essenziale di comunicazione, sapere, socialità, lavoro, fruizione di servizi di base che ogni cittadino ha il diritto di poter usare”.

È quanto dichiara in una nota il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti.

All’appello, lanciato sul sito della Provincia di Roma (www.provincia.roma.it), hanno aderito, tra gli altri, mandando una e-mail all’indirizzo bandalarga provincia.roma.it, diversi rappresentanti degli enti locali. Tra questi il presidente della Regione Emilia Romagna, Vasco Errani, il presidente della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti, il presidente della Provincia di Parma, Vincenzo Bernazzoli, il presidente della Provincia di Rieti, Fabio Melilli, il presidente della Provincia dell’Aquila, Stefania Pezzopane, il presidente della Provincia di Viterbo, Alessandro Mazzoli, il presidente della Provincia di Pesaro-Urbino, Matteo Ricci, il presidente della Provincia di Potenza, Piero Lacorazza, il presidente della Provincia di Ferrara, Marcella Zappaterra, il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, il sindaco di Pisa, Marco Filippeschi, il sindaco di Carpi, Enrico Campedelli, il sindaco di Piacenza, Roberto Reggi, il sindaco di Cesena, Paolo Lucchi, il sindaco di Imola, Daniele Manca, il sindaco di Cinisello Balsamo, Daniela Gasparini il sindaco di Maranello, Lucia Bursi, il sindaco di Casalecchio, Simone Gamberoni e il sindaco di Vignola, Daria Denti.

  • Scajola: “Il governo finanzierà la banda larga entro la fine dell’anno” – LASTAMPA.it
    • Il Governo approverà e finanzierà la banda larga prima della fine dell’anno.
    • Lo sviluppo della rete della banda larga è «fondamentale» e «troppe parti del paese sono scoperte», ha sottolineato Scajola a Sky Tg 24
    • «Nella Legge Sviluppo che ho presentato in Parlamento ancora prima della crisi ed è stata approvata negli ultimi giorni del luglio scorso è previsto lo stanziamento di 800 milioni per la banda larga. È importante come misura anti-ciclica perché essendo la sua realizzazione formata da tanti micro cantieri, più di 30 mila, potrebbe dare lavoro in tempi brevissimi a 50/60 mila persone» ha proseguito Scajola.
    • Senza banda larga non c`è futuro, è come se nel 1960 non avessimo fatto l`Autostrada del Sole. È fondamentale per far parlare tra di loro le imprese, i giovani, il nuovo mercato che si svolge attraverso un Internet veloce. Troppe parti del nostro paese sono ancora scoperte. Noi riteniamo che sia un investimento prioritario da portare avanti al pari delle infrastrutture materiali, strade, ferrovie e altro»

NNOVAZIONE, NICOLA ZINGARETTI: “GRAVE ERRORE GOVERNO SU BANDA LARGA”

“Mi preoccupa molto la decisione del Governo di cancellare gli investimenti previsti per portare la banda larga su tutto il territorio nazionale e di rimandare questa importante scelta quando l’Italia sarà uscita dalla crisi economica. Si tratta di un errore, perché non coglie le occasioni che vengono dall’innovazione e mette in secondo piano un investimento strategico per il nostro paese, che darebbe impulso a tutta l’economia servirebbe proprio a uscire dalla crisi. L’Italia, anziché rinunciare a questo importante servizio, dovrebbe, come hanno la Finlandia e altri paesi europei, dichiarare la banda larga ‘servizio universale’, ossia diritto per ciascuno cittadino”.

E’ quanto dichiara in una nota il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti.

“Quella contro il divario digitale – aggiunge Zingaretti – è una lotta democratica: un impegno necessario perché una parte della popolazione rischia di essere esclusa dall’uso delle tecnologie. Si tratta di una scelta che guarda al futuro e che cambia concretamente la qualità della vita delle persone, rende più efficiente il lavoro e stimola la competitività tra le aziende. Per questo La Provincia di Roma sta investendo 2 milioni 450 mila euro in un programma per la creazione, entro la fine del 2010, di 500 aree pubbliche raggiunte dalla connessione a internet Wi-Fi. Si tratta del più imponente progetto in Italia per la diffusione di internet gratis senza fili, per numero di abitanti coinvolti (circa 4 milioni di persone), superficie del territorio (5 mila Kmq) e Comuni interessati (121). Per capire quanto è diffusa la banda larga – continua Zingaretti – la Provincia di Roma ha lanciato inoltre il sito http://www.zerodigitaldivide.it per costruire, insieme ai cittadini, una mappa pubblica del divario digitale nel territorio. Starà agli utenti misurare la qualità della propria connessione alla rete e inviare rilievi e segnalazioni. Si tratta del primo esperimento di questo tipo in Italia, un passo fondamentale per arrivare a tessere un quadro complessivo della copertura di Rete nel territorio ed evidenziare le aree e le situazioni in cui è più urgente intervenire”.