La vittoria dei nuovi media

Punti di vista/1:

La sempre rinascente nuova sinistra ha usato Facebook, Twitter, e-mail e blog. La sua vittoria non è solo un voto di protesta – è stata una vittoria dei nuovi media sui più vecchi, in un paese dove, come tutti sanno, i vecchi media sono dominati da un solo uomo e dalla sua famiglia (Bbc, Il Nichilista).

Punti di vista/2:

Punti di vista/3:

Digitale terrestre e banda larga nel paese di Gogol. Storia di un interim ab aeternum

televisione digitale
L’interim allo Sviluppo Economico iniziato dopo le dimissioni di Scajola, il ministro a cui regalano casa, il primo a cui sia capitato di vivere in una casa pagata da altri senza saperlo, è ben lungi dall’essere sciolto. Come già anticipato, la successione di Romani non era affatto scontata, sebbene fosse la preferibile per casa Berlusconi: qualcuno mugugna – i finiani soprattutto, ma anche il Quirinale si è espresso per vie diplomatiche con una certa fermezza (pure ora si è messo a minacciare di non firmare i decreti). Insomma, Paolo Romani, un uomo targato Fininvest ministro con delega alle telecomunicazioni non è ben visto. Pressioni in tal senso potrebbero venire anche dal mondo nuovo della telefonia – Telecom Italia, per esempio. Perché?
Come ben sappiamo, in Italia è in corso lo switch-over verso il digitale terrestre. La nuova tecnologia di trasmissione permette di impiegare ‘meno banda’, lasciando libere alcune frequenze, il cosiddetto ‘dividendo digitale’. Un affarone negli altri paesi europei:

  • UK: due terzi delle frequenze a servizi radiotelevisivi (le procedure di assegnazione non sono note); il restante terzo sarà messo all’asta senza vincoli sulle tecnologie o sugli utilizzi
  • Francia: uno studio commissionato dal governo stima a 25 miliardi di euro il beneficio di non limitare l’allocazione ai soli servizi televisivi
  • Germania: parte del dividendo digitale sarà utilizzato per offrire servizi wireless a banda larga
  • USA: vendute all’asta frequenze a 700 MHz, incassati 19 miliardi di dollari per licenze vinte soprattutto da Verizon e AT&T (fonte: Lavoce.info – ARTICOLI – SE LO STATO NON VUOLE INCASSARE IL DIVIDENDO DIGITALE).

In Italia l’AGCOM, con una delibera datata 8 Aprile 2009, affermava la volontà di sottoporre a gara l’assegnazione delle frequenze liberate:

Il dividendo digitale verrà messo a gara con criteri che garantiranno la massima apertura alla concorrenza ed alla valorizzazione di nuovi programmi. Alla gara saranno ammessi tutti i soggetti operanti nello spazio economico europeo (SEE) – AGCOM | Autorità  per le Garanzie nelle Comunicazioni.

Ora, stando quanto scritto su L’Espresso, l’AGCOM propenderebbe per una gara di tipo “beauty contest”, di fatto regalando le frequenze a Rai e Mediaset:

non è un’asta ma si chiama “beauty contest”: non si chiede denaro a chi partecipa, ci si limita a dettare i requisiti che bisogna avere per poter ricevere il dono (Alle Tv un regalo da 2 miliardi | L’espresso).

I cinque lotti messi a gara (cioè 5 reti televisive nazionali) saranno suddivisi in due parti:

  • parte A, pari a tre lotti, riservata ai nuovi entranti. Non potranno presentare offerte gli operatori che hanno la disponibilità di due o più reti televisive nazionali in tecnica analogica
  • parte B, pari a due lotti, aperti a qualsiasi offerente

Paolo Romani, all’epoca della pubblicazione di questa delibera – siamo nel 2009 – dichiarò che essa “rappresenta il primo passo formale di un percorso intrapreso in piena sintonia con la Commissione europea dopo mesi di intenso e costruttivo confronto”. Ecco il nodo cruciale: l’Europa chiede regole comuni poiché l’etere è un bene collettivo che può servire a realizzare obiettivi di crescita economica e culturale:

[Secono la Commissione bisogna] prevedere e ottimizzare al massimo l’impatto che il dividendo digitale avrà a livello economico e sociale. Il valore complessivo dei servizi di comunicazione elettronica che dipendono dall’uso dello spettro supera i 250 miliardi di euro l’anno nell’Unione europea (UE). La diffusione di servizi innovativi attraverso il dividendo potrebbe dare un contributo non trascurabile alla realizzazione degli obiettivi di competitività e di crescita economica previsti dalla strategia di Lisbona (Verso un uso ottimale del dividendo digitale).

Naturalmente, lo spazio liberato, essendo frammentato in piccole bande di frequenza, deve essere riorganizzato e pianificato in funzione della sua destinazione alle nuove tecnologie mobili, internet a banda larga, e così via.

Le attuali politiche nazionali sullo spettro radioelettrico non favoriscono, tuttavia, un accesso coordinato allo spettro tra i vari Stati membri. Secondo il parere formulato dal Gruppo per la politica dello spettro radio, senza un coordinamento efficace dell’accesso allo spettro vari possibili utilizzi del dividendo non vedranno mai la luce (ibidem).

Il Radio Spectrum Policy Group (RSPG) è composto da membri nominati dagli Stati della UE. Vicepresidente del RSPG fu nominato nel Novembre del 2008 tale Roberto Viola, Segretario dell’AGCOM italiana dall’agosto 2004, un tecnico, esperto di tecnologie della comunicazione. Ebbene, Viola, uomo AGCOM, in base al meccanismo di governance previsto, è diventato presidente del Gruppo nel 2010. E’ forse per tale ragione che la volontà del governo italiano di destinare il dividendo digitale ai soli broadcaster televisivi, ovvero Rai e Mediaset, non viene condannata con decisione dalla Commissione Europea? L’aver piazzato un proprio rappresentante alla presidenza di RSPG proprio nel 2010, anno della digitalizzazione televisiva può in qualche modo favorire pratiche poco chiare nell’assegnazione del dividendo?

Il governo, con questa politica, che chiaramente subodora di conflitto di interesse, azzoppa lo sviluppo dell’accesso a internet. L’Italia è l’unico paese in cui le nuove connessioni diminuiscono. La banda larga via etere certamente rovinerebbe i piani per la costruzione della rete superveloce a fibra ottica – alcuni esperimenti in proposito sono stati fatti nella città di Roma – che significa opere edilizie, stradali, eccetera, un bel paniere di opere interminabili il cui costo per la collettività sarà altissimo.

  • La delibera danneggia sicuramente lo Stato e dunque i cittadini: non porterà ad alcun incasso, salvo briciole. Danneggia lo sviluppo economico, perché non abbiamo alcuna idea di come sono stati selezionati gli operatori prescelti. Di sicuro, colpisce tutti gli operatori che non siano televisivi, perché gli operatori mobili, ad esempio, non potranno concorrere per ottenere frequenze di cui sono assetati – Lavoce.info – ARTICOLI – SE LO STATO NON VUOLE INCASSARE IL DIVIDENDO DIGITALE

Ecco perché Paolo Romani non può non diventare Ministro per lo Sviluppo Economico. C’è ancora una volta da gestire l’interesse del padrone. Il passaggio al digitale terrestre rappresenta la gallina dalle uova d’oro per Mediaset. E sapranno gestirla come solo loro sanno fare.

Il Web è un diritto. Appello del Presidente della provincia di Roma Zingaretti.

Il 70% degli italiani si forma la propria opinione politica per mezzo della televisione. Un argomento delicato come la sentenza della Corte di Giustizia Europea sul Crocifisso nelle aule della scuola pubblica è stato oggetto di dibattiti rissa, con provocatori e agenti della disinformazione, opinionisti dediti all’insulto e alla discriminazione verbale. Si è persino tentanto di giudicare un profeta, Maometto, con la morale della contemporaneità. Chi si è espresso in questi termini, ha dato prova della propria profondissima ignoranza morale, etica, giuridica. Le arene televisive sono recinti di maiali, l’unico loro scopo è reprimere l’opinione divergente, conformare a una visione unica, grezza, acritica e lontana dalla realtà.

La televisione è un mezzo di veicolazione di massa che ricerca l’omologazione e elimina l’Altro, declassificandolo a semplice anomalia, ad un errore da correggere attraverso la sua criminalizzazione. L’Altro, che non la pensa come te e si ostina a contraddirti, è porco, pedofilo, ignorante, addirittura discriminatorio lui stesso perché si permette di essere Altro da te e si differenzia. La televisione non permette alcun tipo di interazione verbale, il dibattito rappresenta lo spettatore ma non lo integra. In un’arena televisiva coesistono i diversi interlocutori che interpretano diverse sfumature dell’opinione pubblica. E secondo un copione prescritto, bocciano l’opinione che deve passare per sbagliata.

Il Web no. Il Web è un’altra cosa. Il Web permette di esprimere sé medesimi, di interagire, di interloquire con la medesima valenza di un qualsiasi altro attore della rete. Nel Web si realizza l’uguaglianza delle opinioni. L’accesso libero alle informazioni è la premessa per una libera formazione dell’opinione pubblica. L’accesso alla rete, oggi, garantisce questa libertà che invece la televisione – come strumento in sé, ma anche come struttura di potere, come burocrazia –  cerca di prevenire e ostacolare. L’accesso alla rete non è per tutti. La grande malattia del digital divide nega alla rete di essere il principale strumento di informazione e formazione. La proposta di rendere la banda larga un servizio di base per il cittadino è stata derubricata dal Ministro dell’Economia. Non è fra le priorità del governo. Non ci sono i soldi. La crisi, si è detto, non permette investimenti nel settore. Eppure la rete è uno strumento per creare produttività. Rinunciare a un progetto simile è un danno per tutti, in primis per il cittadino, ma anche per le aziende.

La provincia di Roma, nella persona del suo presidente, Nicola Zingaretti, ha pubblicato un appello a tutti gli enti locali in favore di progetti che adottino la banda larga e la diffondano come un servizio per tutti. Yes, political! fa proprio questo appello.

L’APPELLO “BANDA LARGA COME SERVIZIO UNIVERSALE”

La decisione recentemente adottata dal governo finlandese di riconoscere l’accesso in banda larga ad internet come servizio universale può rappresentare, a livello europeo, uno straordinario incentivo alla costruzione di una nuova prospettiva di investimenti, crescita, occupazione legati all’innovazione tecnologica. È infatti, ormai, dimostrato, e confermato anche dal Governo italiano, che lo sviluppo delle cosiddette “infrastrutture della conoscenza” rappresenta una delle sfide cruciali per uscire dalla crisi garantendo una ripresa economica stabile e duratura.Come amministratori locali, quotidianamente impegnati nel confronto con le richieste dei cittadini e delle imprese dei nostri territori, siamo da tempo consapevoli della crescente importanza che internet ha assunto nella vita delle persone come indispensabile strumento di socialità, informazione e conoscenza, nonché come infrastruttura di collegamento per molte applicazioni o servizi, anche per servizi fondamentali legati alla medicina, alla mobilità, o all’ambiente.Oggi, essere esclusi dall’accesso alla Rete significa vivere una nuova forma di disuguaglianza nella fruizione delle opportunità offerte dalla società globale. Non intervenire per ridurre questa disuguaglianza penalizza le nostre imprese e rende l’Italia meno competitiva nel mondo.Per questo rivolgiamo un appello al Parlamento e al Governo affinché, anche in Italia, una legge dello Stato riconosca l’accesso ad internet in banda larga come “servizio universale” e quindi come diritto di tutti i cittadini, superando i limiti del D.P.R. 318/97 e aprendo un’ampia riflessione con tutti gli operatori, le istituzioni e le amministrazioni locali, gli attori economici e sociali per un modello di sviluppo dell’infrastruttura che valorizzi al meglio le risorse economiche e di rete, pubbliche e private, già presenti e che dovranno essere messe in campo.Ci impegniamo, inoltre, su un tema così importante per il futuro del nostro Paese a sostenere, a partire dalle nostre amministrazioni, una vasta campagna di informazione e sensibilizzazione rivolta ai cittadini per diffondere la conoscenza della Rete, delle sue opportunità, dei suoi diritti.

Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma, 11 Novembre 2009

Ricevo e pubblico. Il web e Marino. Cosa lo differenzia da Bersani e da Franceschini.

Ricevo una segnalazione che prontamente pubblico: due post sul blog "Piovono Rane". L’aspetto del rapporto con i new media, con internet e il suo popolo e i candidati segretari PD. Cosa differenzia le mozioni: solo Marino ha idee concrete, da Bersani quasi un’ostilità al web, per Franceschini il web è una gran cosa, ma non sa dire cosa. Questo in estrema sintesi.

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    • come i tre candidati alla segreteria del Partito democratico prendano in carico la cultura digitale
    • alcune dichiarazioni rese da Franceschini e Bersani negli ultimi mesi. Il segretario, durante i giorni dell’assemblea che lo elesse, sbottò contro quella che l’Unità definì “la rabbia del Web” e cioè contro e mail, commenti ai blog, prese di posizione che invasero il cibespazio in quel periodo, tesi a invocare un congresso immediato. Franceschini dichiarò: “Ma scusate la base qual è? Quella dei blog o quella che abbiamo visto sabato, le duemila persone elette con le primarie? Quella è gente vera, non virtuale. Gli italiani non sono il popolo della rete”
    • Bersani alla recente festa del partito a Genova ha concluso: “Va bene, sì, Internet, la tecnologia e tutto l’ambaradan. Ma non si può fare politica se non si guarda la gente negli occhi”
    • il sondaggio online de L’espresso a cui hanno già partecipato trenta mila persone: circa il 47% si dichiara a favore di Marino, il 40% di Bersani e il 13% di Franceschini.
    • indicano un certo distacco tra Franceschini e Bersani, da un lato, e la cultura digitale, dall’altro.
    • l’impegno sulla cultura digitale, occorre preliminarmente sgombrare il campo da un equivoco: parlare di digitale non significa prestare più o meno attenzione a meri strumenti tecnologici, a gadget, all’ultima novità mediale
    • in modo più profondo parlare di cultura digitale significa cogliere elementi di mutazione sociale complessiva
    • quello scenario che Castells chiama “network society”. Un modo nuovo di valorizzazione delle risorse, di condivisione di pensieri ed emozioni, di strutturazione del potere. Significa in definitiva entrare in relazione con le soggettività del nostro tempo
    • Una simile comprensione della cultura digitale non la si ritrova nella mozione Bersani. Incentrare la mozione sul tema cardine della produzione (e di conseguenza dei ceti produttivi) significa non aver colto quel cambio di paradigma economico che segna l’epoca postfordista
    • Bersani dimostra in questo – che poi è il centro del suo progetto – l’anacronismo di una proposta in tutto e per tutto socialdemocratica, e cioè compiuta nei suoi termini, nei soggetti stessi i cui interessi un partito dovrebbe tutelare
    • Nulla di più scontato dunque che la Rete finisca con l’essere intesa semplicemente come uno strumento di comunicazione in più
    • Sulla green economy si sofferma anche e maggiormente Franceschini, il quale avverte la necessità di andare oltre il fordismo avvalendosi delle nuove tecnologie. E i riferimenti diretti alle nuove tecnologie sono forti in almeno due passaggi: all’inizio del testo il computer è presentato come icona del mondo contemporaneo e, parlando di merito, si individua un legame forte tra scuola e mezzi tecnologici
    • però, a proposito della cultura digitale sconta quella cifra caratteristica di tutta la sua mozione: un nuovismo vago ed indeterminato. In altre parole, il segretario uscente comprende che sul mondo contemporaneo spira un vento nuovo, ma non riesce a decifrarne compiutamente gli elementi caratterizzanti, a confrontarsi con le reali novità: non viene di conseguenza tematizzato alcun problema specifico alla cultura digitale
    • Marino. Da un lato, non si limita a indicare nella rivoluzione verde il prosieguo della rivoluzione informatica ma va oltre, riuscendo a individuare accanto e al di là della green society, una care society, una società della cura, della salute, della sanità come volano di sviluppo.
    • numerose prove che questo possa essere un orizzonte di innovazione dirompente: in America, Obama proprio sulla riforma della sanità si è impegnato più a fondo e prioritariamente
    • Marino sembra sicuramente quello dotato di maggiore capacità prospettica.
    • è confermato, infine, dal fatto che delle tre mozioni l’unica a occuparsi di questioni più specifiche alle reti telematiche sia proprio quella di Marino che, all’interno di un’attenzione generale all’informazione, affronta i problemi della banda larga nel nostro paese e della libertà dei citizen journalists, cioè di tutti noi che pubblichiamo qualcosa su internet.
    • “è una politica miope quella che si occupa delle leggi sulla comunicazione ignorando che nel futuro i nuovi mezzi che oggi rappresentano lo strumento di massima democrazia, potrebbero finire per essere controllati da pochi colossi industriali e limitati da normative che tendano ad introdurre limiti all’informazione in rete”
    • i piccoli episodi citati all’inizio non paiono affatto accidentali, ma trovano una sostanziale conferma nei discorsi dei candidati alla guida del Partito democratico. Insomma, la sua mozione spiega perché Marino non ha mai contrapposto la Rete ai circoli e riesce a ottenere l’appoggio dei cibernauti. Saranno episodi determinanti, come lo sono stati in America per la vittoria di Obama?
    • antonio.tursi@gmail.com

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    • Se il premier non ha bisogno di Internet perché ha Gianni Letta «che è un Internet umano», magari gli altri cinquanta e rotti milioni di italiani invece gradirebbero collegarsi velocemente alla Rete
    • pare che la cosa sia difficile e il mitico “piano Romani”  da un miliardo e mezzo di euro è fermo, perché Il Cipe (cioè il governo) non molla i soldi, quindi siamo dopo l’Irlanda e la Corea nella diffusione di banda larga, e anche dopo la Svizzera che pure è abbastanza montuosa.
    • il capo del governo è lui, ed è stato lui ad esempio a togliere una cinquantina di milioni allo sviluppo della Rete per poter abolire l’Ici, tanto per fare un esempio.
    • penso così male se penso che a Berlusconi non solo della Rete non gliene frega granchè, ma probabilmente gli sta anche un po’ sulle palle perché è l’unico media nel quale non ha una presenza decente?
    • è strapotente nelle tivù, messo benone sulla carta stampata, si è fatto pure un po’ di radio ma in Rete non se lo fila quasi nessuno.
    • Che bisogno ha di diffondere Internet?

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Conflitto d’interesse e nomine Rai. Le nuove tecnologie. La fine dell’Assolutismo.

I dinosauri degli apparati televisivi, le poltrone delle direzioni dei tg, roba d’antiquario. L’estinzione incombe. La tecnologia e internet come la carta stampata e i libri nel Settecento. La fine dell’Assolutismo delle nomine Rai.
A margine la dichiarazione di oggi di Marino sulle scelte al ribasso del PD sulle nomine. il rifiuto dei compromessi.

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    • Per una curiosa nemesi, l’ascesa e la caduta del prestigio di Berlusconi coincidono esattamente con la parabola delle tecnologie sociali che gli hanno regalato il potere.
    • L’uomo che ha conquistato l’Italia grazie alle antenne televisive, oggi è messo alla berlina dalle antenne dei telefonini che permettono di registrare le conversazioni.
    • I profitti della pubblicità concentrati nel duopolio Publitalia – Sipra sono sempre più erosi dalla pubblicità diffusa della rete, dove anche i piccoli blog reclamano i loro micropagamenti grazie ai servizi diffusi di advertising come Google Adsense.
    • L’immagine di uomo forte costruita grazie al bombardamento televisivo a senso unico sta sbiadendo di fronte alla comunicazione bidirezionale che al di là di ogni colore politico sta trasformando le reti sociali di Internet in un potentissimo strumento di informazione e di relazione.
    • Un impero televisivo costruito con l’avvio simultaneo di registrazioni su videocassetta che aggiravano i divieti di trasmettere a livello nazionale, oggi è minacciato dalle microregistrazioni individuali che rendono sempre più difficile mantenere segreto, nascosto e sconosciuto ciò che il Re Sole poteva permettersi di dire e fare
    • non ci fanno paura le nubi all’orizzonte che fanno presagire una dura battaglia per il controllo della Tv Digitale a pagamento tra Sky e l’alleanza Telecom-Mediaset-Rai
    • questa lotta appare come quella di due dinosauri che si contendono una preda (l’audience della televisione tradizionale e generalista) senza accorgersi dell’arrivo del meteorite che li porterà all’estinzione nello spazio di un mattino
    • E questa rivoluzione dei costumi innescata dalle tecnologie non colpisce solo il re, ma anche tutti i dignitari che vivono all’ombra della reggia
    • In campagna elettorale Berlusconi si descriveva come "un anziano signore che ancora scrive a penna tutti i suoi interventi
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    • E’ inutile far finta di non sapere che anche le ultimissime nomine Rai stavano nelle discussioni di Palazzo Grazioli.
    • il prendere forma, in modi sempre più evidenti, di un polo Raiset nel quale l’elemento dominante è costituito dalle proprietà del premier
    • quello che serve ora è godere della fiducia dei pasdaran della parte più estrema del partito del conflitto di interessi
    • non pochi esponenti del centro destra, e non di secondo piano, nei corridoi della Camera parlavano e parlano, a mezzabocca, delle nomine Rai come di un completo trionfo del partito Mediaset
    • Quello che è accaduto va letto contestulamente alla nomina della piattaforma unica con l’obiettivo di attrarre strutturalmente la Rai nell’orbita di Mediaset in una guerra contro Sky divenuto elemento ostile perchè danneggia il patrimonio del Presidente in carica
    • quelli che si definiscono "liberali" non possono stare a guardare quando si profilano nuove pericolose forme di concentrazione
    • Per il futuro sarà bene non cadere nella trappola di fermarsi a difendere solo e soltanto le "isole" di Raitre e del Tg3 perchè questi signori useranno il lanciafiamme per azzerare non solo Raitre e il Tg3 ma anche l’esperienza di Rainews24, Rai International e anche le ultime diversità sopravvissute nelle altre reti e testate
    • punteranno a mettere le mani in maniera definitiva sui new media, sulla Sipra, sul marketing strategico, sulla fiction e sul cinema, affinchè tutti i centri di comando e di spesa siano unificati in pochissime mani
    • Non si illudano le opposizioni. In questo quadro ci potrà essere anche qualcuno che vota centro sinistra ma sempre e solo se sarà un esponente gradito al premier editore.
    • tutto ciò che sta avvenendo ricorda singolarmente un certo Piano di Rinascita Democratica che si poneva come obiettivo la dissoluzione della Rai e la realizzazione di un’unica centralizzata agenzia dell’informazione
  • Il senatore ha infine criticato la scelta del partito di trovare accordi nella gestione della RAI: “il Pd non può fare questo gioco solo perché alla fine gli danno un direttore di rete”

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