Primarie, ha vinto Renzi (su Google Trends)

Questi interessanti grafici, che vi propongo con uno scarno commento, spiegano come Matteo Renzi sia leader della battaglia dei Fantastici 5 vista dalla parte di Google Trends.

 

Nel grafico le linee indicano i volumi di ricerca su Google per i nominativi indicati a lato nell’ultimo mese. Il colore blu indica il volume di ricerca per Matteo Renzi. Che è prevalente, a parte un giorno, il 12 Novembre, data in cui si è svolto il confronto tv, in cui il nome di Laura Puppato ha fatto registrare un picco che poi non si è confermato. Nichi Vendola, invece, fa registrare un picco di interesse verso fine Ottobre (periodo in cui ha ottenuto l’assoluzione per le accuse di abuso d’ufficio). Tabacci, dal canto suo, ha surclassato Bersani il 12 Novembre; è pressoché alla pari con il segretario – e ridotto ai minimi termini – per il resto del periodo in esame.

 

Per confronto: nel grafico che segue, in rosso il volume di ricerca registrato attorno al nome di Beppe Grillo; in blu il solito Renzi.

 

Primarie, il confronto tv in diretta su Twitter

Tentativo di fare uno Storify sul confronto tv Bersani-Renzi-Vendola-Tabacci-Puppato in diretta. Si comincia alle 20,30.

[in aggiornamento]

Infine, la chiusura senza sorriso di Bersani.

Renzi, ho trentasette anni: sono un ragazzo fortunato.

Pantheon del centrosinistra: Bersani, Papa Giovanni (!), Tabacci, Alcide De Gasperi, Puppato, Nilde Iotti, Renzi, Nelson Mandela e Nina, blogger tunisina, Nichi Vendola, il cardinal Maria Martini.

Puppato, dobbiamo risultare onesti e coerenti, mettere in campo politiche che si giustifichino. Non fare promesse che non potremmo mantenere. Non è possibile governare con soli dieci ministri.

Vendola e il populismo: ci sono vecchi fantasmi che rientrano nei parlamenti. C’è una relazione con le politiche liberiste.

Renzi replica: dimezzare numero dei ministri, come ho fatto con gli assessori.

Renzi: no a Casini. Credo alla libertà di dire le cose prima. Bersani ha fatto fatica. Casini decide con chi schierarsi all’ultimo.

Tabacci, la coalizione è questa. Come abbiamo fatto a Milano (per le regionali?). Monti? Al Quirinale.

La mia coalizione è questa qua (Bersani) con anche quelli che sono fuori. E va bè.

Vendola attacca con la parità di genere. La mia coalizione va dal mondo del lavoro, ai precari, alle giovani generazioni. Questo prima di parlare di partiti. Non ho pregiudizi nei confronti di Casini, ma ho un giudizio su di lui.

Sulla coalizione.

Domanda a Tabacci (da parte di sostenitrice di Bersani) sulla possibilità del centrosinistra di attrarre voti al centro: io sono qui per questo!

La domanda della sostenitrice di Renzi a Puppato è una buccia di banana. Puppato cerca di ribaltare la domanda medesima al sindaco di Firenze, anch’egli ebbro di ambizioni (o no?) ma il tempo scade e il presentatore le toglie la parola.

Domanda a Puppato: accetta premio di consolazione? Ha abbandonato carica di Sindaco l’altro anno per fare la consigliera in Regione. Credo di aver raggiunto obiettivi nella mia città che l’hanno fatta diventare la più virtuosa d’Italia! Ho fatto della coerenza e della concretezza politica il mio agire politico.

Renzi, siamo contro le centrali nucleari, Oscar Giannino parla di tante cose ma da un punti di vista economico.

E ora una precaria di Vendola che fa una domanda a Renzi… Rivalutare l’energia nucleare? Roberto Reggi ha intenzione di aprirsi a Oscar Giannino, il giornalista che ha sostenuto che la centrale di Fukushima era sicuro? Lei è d’accordo?

Vendola, non ho mai tollerato la raffigurazione ridotta di queste primarie, come primarie del PD. Per chi non voterebbe? Le mie idee sono parecchio lontane da tutti loro, dal fiscal compact… Vendola i nomi! Io non ce la faccio!

Anche Bersani replica. Incredibile. è vivo. Punto clou è quello che ha detto Tabacci un attimo fa (sono mica d’accordo, i due?). Bersani vuole la legge sui partiti.

Renzi è contro il finanziamento pubblico, nella replica a Vendola.

Puppato, eliminare auto blu e scorte per chi non è minacciato.

Tabacci, il problema delle province si poneva già nel 1970. Ecco, già solo perché dal 1970 ad oggi sono passati  42 anni e Tabacci ha sempre saputo che le province erano inutili, che Tabacci non si può votare.

http://twitter.com/CattoDemBersani/status/268090028712923136

Vendola: ho paura di una politica finanziata solo dai ricchi. Non abolire il finanziamento pubblico dei partiti ma eliminare l’ipocrisia dei rimborsi.

Sulla Casta. Renzi cita, “noi amministratori che ci ritroviamo alla Leopolda da qualche anno”. Qualcuno potrebbe fare il fact checking su questa affermazione? Almeno si ricorda come è cominciata.

Fine primo tempo:

Tabacci, no equiparazione e sono molto attento a tema dei bambini. Sono stato orfano di padre…

Bersani, parlamento non approva legge su omofobia. Fare legge come in Germania, sulle unioni civili. Preoccuparsi dei bambini che già vivono nelle coppie gay, abbiamo già un fenomeno. Maturazioni processi non contraddetta da scelte che possano avere effetto contrario.

Vendola, si può cambiare costituzione per equiparare matrimoni gay. E’ il momento di chiedere diritti interi, non pezzettini. Sì anche alle adozioni.

Renzi vuole solo le Civil partnership. Equiparazione. E’ problema terminologico (e cita la revisione della Carta Costituzionale). Legge su adozioni, una coppia deve pagare tangenti a realtà internazionali. Adozioni per omosessuali, tema non sciolto.

Puppato sui diritti civili. E’ pazzesco che ne parliamo ancora. Siamo nel 2012. Nessuna discriminazione. Sì a matrimoni gay, sì a adozioni, su maternità dobbiamo parlarne.

E Vendola, caro ingegnere Marchionne, io non le ho mai creduto! Fantastico. Perché chiude Irisbus, che abbiamo bisogno di bus non inquinanti!

Renzi e Marchionne! Caro Ingegnere, ho creduto in lei! E’ fantozziano.

Puppato su Fiat, non è colpa della competitività o del sindacato, la responsabilità è della mancata innovazione sui veicoli ibridi. Mettere mano all’innovazione.

Renzi sul lavoro: flexsecurity di Ichino. Riesuma la Mozione Terza di Ignazio Marino. Poi c’è Vendola, che così ha l’occasione di affondare il colpo.

Puppato mette gli esodati nella risposta sulla Riforma del lavoro. Ma gli esodati sono stati creati dalla Riforma delle pensioni. Però parla di Green Economy.

Bersani e Tabacci sulla riforma del lavoro, quasi all’unisono. Va ritoccata. Bisogna andare oltre. E’ necessario allargare la base produttiva. Se si comincia a crescere, precisa, incalzato dal conduttore.

Puppato vuole contratto di lavoro a tutele progressive. Renzi, ci legge l’articolo uno della Costituzione (?) L’Italia è un paese basato sulle rendite. E quindi? Sul contratto di lavoro?

Tabacci si è mostrato troppe volte d’accordo con Bersani. La sua è una candidatura?

A ruota, sul fango, ecco Vendola. Che si scalda sulla precarietà. La famosa ars retorica vendoliana.

Puppato parla di Benessere Interno Lordo, nel suo discorso tocca temi cari ai teorici della Decrescita felice. E poi, sicurezza del territorio, stiamo piangendo i nostri morti.

Bersani e la metafora dei vagoni associata ai tedeschi che evoca certi altri vagoni degli anni Trenta-Quaranta, anch’essi guidati dai tedeschi e pieni zeppi di innocenti. Tabacci sfora di nuovo e in coda alla domanda sull’euro parla di esercito europeo (?).

Vendola attacca ancora Renzi sul patto di stabilità (ma quello interno!).

Europa e moneta unica, apre Renzi: ancora la battuta sul sms… Vorrei che l’Europa avesse un’anima. Patto di stabilità non si può rinegoziare, sarebbe danno all’Italia.

Renzi, via Equitalia. Lotta all’evasione va fatta con tecnologia. Patrimoniale solo su milionari? Solo solo 796, caro Vendola. E Vendola gli dice: certo che bisogna allargare la base fiscale. I due si fronteggiano. Dov’è Bersani?

Puppato, su evasione atteggiamento anglosassone con ganasce fiscali.

Bersani: bisognerebbe parlare prima di lotta all’evasione. Abbassare le tasse sui redditi medio bassi per sostenere i consumi. Imposta personale sui patrimoni. Sui patrimoni finanziari, mi accontento di farli emergere (tracciabilità).

Vendola vuole tassare le transazioni finanziarie, premialità imprese che innovano. IMU non deve restare sulla prima casa. E’ ingiusta.

Renzi: chi si candida ha l’obbligo di dire ciò che ha fatto. Noi le tasse le abbiamo abbassate. Dallo 03 allo 02. Di tasse questo paese sta morendo. IMU? Rimane com’è.

Puppato, anche lei cita l’evasione. Però dice, c’è necessità di redistribuzione reddito.

Tabacci: in sostanza, le tasse le posso abbassare solo se le pagano tutti.

Domande concordate. E va bè. Comincia Tabacci, si parla di tasse ed evasione. Tabacci viene subito redarguito poiché va fuori tema (parla dell’evasione fiscale anziché dell’IMU).

Inizia. Ecco Puppato, Renzi. La presentazione di Renzi è seguita da boato. Anche quella di Vendola, ma meno. Bersani riceve anche dei ‘vai, Gigi!’.

Renzi non è d’accordo sul manifesto dei Fantastici 5:

Sul dopo ConfrontoTV siamo aperti a qualsiasi interpretazione, nel senso: che farà Renzi? Attaccherà a testa bassa gli ultimi dieci giorni di campagna elettorale, sfracellandosi?

http://twitter.com/Michele_Darling/status/268070019198513152

Quando mancano trenta minuti, ci si incarta sul giusto #hashtag per la serata: #ilconfrontoskytg24 #fantastici5 #csxfactor o altro? E giustamente, per rispettare l’orario, finire di mangiare, di lavare i piatti (alcuni), di intrattenere i bambini, come nelle migliori (o peggiori tradizioni nazional-pallonare):

Via al televoto:

Ci si organizza per il fact checking

Università di Roma e Paolo Baroni per La Stampa.it

Regionali Sicilia, l’autodistruzione di Sel

Cosa è successo al partito di Vendola dopo la rovinosa rinuncia di Claudio Fava alla candidatura a governatore? La fallace organizzazione del candidato Fava è inciampata su un comma della legge elettorale regionale, il quale prevede che un candidato alle elezioni regionali debba avere acquisito la residenza in un comune dell’isola al più tardi 45 giorni prima della data della consultazioni (che si terranno il prossimo 28 Ottobre). L’esito di questa incredibile svista è stato che il candidato di Sel, ex leader della Fiom, Giovanna Marano, sia precipitata nei sondaggi dal 10% circa raccolto da Fava al modesto 6.5% di Marano (Datamonitor, 10/10/2012). In sostanza, l’abbandono di Fava ha annullato l’”effetto candidato” che per Sel valeva circa il 6% di voti in più. Oggi la Lista Fava-FdS-Sel_Verdi è incollata al 4,0% e rischia di non entrare neanche in Assemblea Regionale, con buona pace di chi contestava questa mia affermazione.

Questa la fotografia del voto dei candidati governatori al 10 Ottobre:

Nello Musumeci 33,0%; Rosario Crocetta 30,5%; Gianfranco Miccichè 17,0%; Giancarlo Cancelleri 7,5%; Giovanna Marano 6,5%; Cateno De Luca 1,5%; Mariano Ferro 2,0%; Altri 2,0%; Indecisi, non voto, scheda bianca/nulla 44,1%;

così invece i partiti:

Pdl 18,0%; Lista Musumeci 7,0%; Cantiere Popolare/Pid 3,5%; Adc – Alleanza di Centro 0,5%; Partito dei Siciliani/Mpa 9,0%; Grande Sud 5,5%; Fli Nuovo Polo per la Sicilia 2,2%; Partito Pensiero e Azione – Piazza Pulita 0,3%; Pd 18,5%; Udc 9,0%; Lista Crocetta 5,5%; Lista Fava-FdS-Sel_Verdi 4,0%; Idv 3,5%; Mov.5Stelle 8,5%; Rivoluzione Siciliana 1,5%; Popolo dei Forconi 1,5%; Altri 2,0%; Indecisi, non voto, scheda bianca/nulla 48,2%.

Sono altissime le percentuali dell’area del non-voto.

Attendo nuovi sondaggi per valutare invece l’effetto della Traversata dello Stretto (del Comico).

L’Antirenzismo

Le battute carpite a Massimo D’Alema da Federico Geremicca, giornalista de La Stampa, e poi smentite dal portavoce del presidente del Copasir, rappresentano in qualche modo l’inaugurazione di una nuova disciplina nel mare magnum della politica italiana: l’antirenzismo. Una sorta di coazione a ripetere, per un esponente della vecchia guardia Ds come D’Alema, orfano del nemico per antonomasia, Silvio Berlusconi. Paradossalmente, le battute dell’ex presidente del Consiglio, arrivano lo stesso giorno in cui Renzi guadagna l’ambito palmares della scomunica di Marchionne. Un premio di cui andarne fieri mentre Vendola ricorda in un poster dei suoi che Renzi solo lo scorso Gennaio plaudiva alle opere del manager Fiat:

Appena apre bocca, il sindaco di Firenze diventa il centro della polemica. Tutti cercano di marcare la differenza da Renzi. L’antirenzismo funziona come l’antiberlusconismo: gli avversari di Renzi non cercano di specificare le proprie idee e i propri programmi politici, bensì definiscono sé stessi in senso negativo rispetto all’avversario. Basta che Renzi parli che loro tutti, in coro, spiegano che non sono come lui, che sono diversi. E come potrebbe essere altrimenti? Vendola non è come Renzi, ovvero è contro Marchionne, ma i rapporti del governatore pugliese con i titolari dell’Ilva di Taranto come si dovrebbero definire? D’Alema dice (e poi smentisce) che Renzi è arrivato in Molise con il jet, ma D’Alema non potrebbe parlare di jet, lui che ha usufruito di ben cinque voli aerei in forma di regalo da parte della Rotkopf Aviation, società low cost che pagò tangenti per ottenere appalti Enac.

Naturalmente non importa. Importa soltanto identificare in Renzi il male e definirsi rispetto a lui in senso negativo.

 

 

Bersani sgambetta il PdL sul Biotestamento

A che scopo questa manovra “in zona Cesarini”, dopo che il discutibilissimo provvedimento sul fine-vita, opera della ormai ex maggioranza PdL-Lega, è giunto alla discussione finale in Senato? Bersani stoppa il provvedimento con la spiegazione che la ex maggioranza potrebbe impiegarlo come “tornaconto politico”.

Voglio credere in un soprassalto di saggezza che induca a fermare la macchina di una legge […] che fatta così è meglio non farla. Voglio credere che il centrodestra non si prenda la responsabilità di una spaccatura micidiale nel paese, oltre che in parlamento. Perché sarebbe aberrante su un tema del genere farne oggetto di chissà quale tornaconto politico.

Detto ciò, il capogruppo alla Camera Franceschini riesce improvvisamente in quello che in quattro anni di discussione di questa sbagliatissima legge non gli è mai riuscito: ovvero a imporre in conferenza dei Capigruppo il rinvio della discussione sul D.a.t. (Legge Dichiarazione anticipata di trattamento) a data da destinarsi. In altri tempi i democrats avrebbero sventolato ai quattro venti la loro impotenza (causa predominanza numerica della maggioranza) a contrastare le leggi abominevoli di PdL e Lega. Oggi basta che Bersani si alzi la mattina e dica “non voglio il Dat” che miracolosamente Franceschini riesce a sistemare tutto. Si tratta di una legge che è al termine del suo iter di approvazione. E’ alla terza lettura. E’ già stata approvata dal Senato una prima volta, e quindi dalla Camera, con modifiche. Sul provvedimento sono stati espressi almeno 203 voti, l’ultimo dei quali si è svolto in forma segreta nel Luglio 2011. I voti favorevoli furono 278, numero che testimoniava la non compattezza tanto della maggioranza che dell’opposizione. E’ probabile quindi che il deficit di leadership nel PdL abbia influito e non poco sulla neutralizzazione del disegno di legge. A destra – è chiaro – sono tutti impegnati a smobilitare (il party è finito).

Bersani ha parlato di “strumentalizzazioni politiche”. Ma le elezioni politiche sono ancora lontane. La sua premura riguarda quindi il “campo dei progressisti”. Bersani da un lato non ha intenzione di collaborare al varo definitivo della legge Dat per non vedersi attaccato da Renzi sul tema del fine-vita durante la campagna per la leadership del centrosinistra. Dall’altro il segretario vuole tenere occupate le posizioni più libertarie di Nichi Vendola. In definitiva la strumentalizzazione la sta operando anche lui. Anche perché il tempo in cui ci si indignava per le norme illiberali del Dat pare essere lontano anni luce. Questo Parlamento non è in grado di discutere mozioni sulla violenza contro le donne, figurarsi se può affrontare temi etici come il fine-vita.

Bersani ritiene che sia la ex maggioranza a giocare sporco sulla legge. Emanuela Baio (Api), non è della stessa opinione e racconta che “ad aver chiesto di riprendere e approvare il ddl sulle dichiarazioni anticipate di trattamento sono Api-Fli, Udc e Coesione Nazionale”. Raffaele Calabrò (Pdl) si è inalberato e ha quindi detto “Bersani ricorderà, a proposito della vecchia maggioranza, che col voto segreto oltre trenta parlamentari del Pd votarono a favore”. Eh sì, trenta come quei trenta che si oppongono a Vendola candidato alle primarie. Il gruppo di Fioroni. Chissà cosa pensano i cosiddetti teodem sullo sgambetto di Bersani al PdL. Sono ancora decisi a sostenere il segretario come loro candidato alle primarie?

La balcanizzazione delle primarie

Leggi anche: Primarie, verso nuove distruttive regole

Il “campo” progressista si è fatto pesante, anzi un pantano. C’è chi – come Nichi Vendola – ha il fango fino alle caviglie e, non riuscendo a muoversi, ha deciso di defilarsi o forse si sta soltanto riposizionando. Chi può dirlo. D’altronde l’uscita di Renzi ha destabilizzato il quadretto patetico della foto di Vasto, anche se strappata da un lato, quello di Di Pietro. Vendola soffre gli argomenti anticastisti di Renzi, soffre il metodo prettamente mediatico e obamiano (sinora il miglior imitatore qui da noi, secondo Giovanna Cosenza). Questo perché Vendola è zavorrato: Sinistra e Libertà è ciò che resta del bizzarro esperimento del 2008 che passò alla storia con il nome di Sinistra Arcobaleno. Addirittura Nichi è stato recentemente immortalato insieme agli ex di Rifondazione Comunista, Ferrero e Diliberto, e altri dei comitati referendari, proprio davanti al Palazzaccio della Cassazione, al momento della consegna delle firme contro l’articolo 18 nella versione Fornero-Monti. Nella foto comparivano almeno dieci persone, tutte indistinguibili e al medesimo momento parlanti ognuno una lingua diversa. Lo spettro dell’Unione di Prodi aleggiava nell’aria. Direbbe Renzi che la storia ha già emesso la sua sentenza su Vendola-Ferrero-Diliberto-Di Pietro e compagnia. Senza dubbio una verità che è difficile negare. Tutte le chiassose contraddizioni della sinistra erano ancora lì, soltanto sottaciute e riallineate momentaneamente dalla madre di tutte le guerre, quella dell’articolo 18.

Lo scenario delle primarie si è quindi improvvisamente ristretto e, salvo alcune impalpabili controfigure come Valdo Spini e Nencini, personaggi sopravvissuti a tutte le sciagure della prima e della seconda repubblica ma irrimediabilmente “appartenenti al secolo scorso” (cfr. Renzi o Civati), la battaglia si può circoscrivere dentro al Partito Democratico. Sì, queste primarie anticipano di un anno il congresso. E’ bene dirlo, a scanso di equivoci. Chi perde (Bersani?) rimane al proprio posto ma sarà certamente commissariato. Chi vince governa ma non è chiaro se con la coalizione che conosciamo, ovvero quella PD-Sel. Vendola oggi ha affermato che se dovesse partecipare alle primarie, lo farebbe per vincere. E che assolutamente non sosterrà mai un candidato del PD. Viene da chiedersi se potrà mai sedere in un governo guidato da Matteo Renzi.

Lui, il sindaco della discordia, ha in questo momento la capacità di definire l’agenda della campagna elettorale. Per i media il binomio Bersani-Renzi è comodo e sbrigativo. Hanno trovato la coppia  antinomica tipica di una competizione elettorale in un sistema bipolare (le primarie in America tendono sempre a ridurre lo scontro a due sole candidature, come accadde per Obama e Hillary Clinton nel 2008). C’è spazio per una terza candidatura? Se guardiamo a Vendola, potremmo rispondere subito di no. La ragione è molto semplice: Vendola non è in grado di sussumere in sé, e quindi di superare in una sintesi, la coppia Bersani-Renzi. Ne consegue che il Partito Democratico, per non soccombere nella divisione, deve produrre (letteralmente) una terza candidatura. Che potrebbe essere formalizzata in chiaro nei prossimi giorni, quando verrà chiarito se gli annunci di partecipazione di Laura Puppato, Debora Serracchiani, Stefano Boeri resteranno tali o potranno piuttosto essere reindirizzati sotto la figura di Pippo Civati. Evitando di sfociare in un terzomozionismo inefficace (come fu per Ignazio Marino), la candidatura di Civati potrebbe essere concorrenziale nei confronti di Renzi solo e soltanto se riesce a superare la retorica renziana della rottamazione. Spostarsi su un altro livello di argomentazioni, immediatamente incrinerebbe il castello di carta di Renzi. Renzi si è definito in perfetta dicotomia su Bersani – e in un certo senso nei confronti di tutto l’arco parlamentare attuale. Renzi ha preso da Civati quanto  gli serviva per costruire una identità forte. La rottamazione è la parola che descrive tutto ciò. E’ terribilmente efficace. Fa presa. Forse più di Grillo. Forse perché è argomento di Grillo e stimola un certo revanscismo nei confronti della Casta, un revanscismo che serpeggia un po’ dappertutto, finanche nell’elettorato dei democratici. L’operazione di Civati sarà vincente solo se riuscirà a smontare questo formidabile argomento. Ci riuscirà?

Civati ha preparato ben sei referendum di partito. I Referendum PD sono forse l’atto più forte e destabilizzante che lui e il suo gruppo sono riusciti a portare alla dirigenza del partito, immobile e ripiegata su sé stessa da ormai più di venti anni. Lo stanno facendo impiegando le regole dello Statuto. E non solo tramite il web: Civati può contare su una vasta rete di sostenitori, forse ancor più estesa di quella di Renzi, che invece ha pescato molto fuori del partito per realizzare il proprio staff. Civati, forse non lo sa, ma è la più importante chance di sopravvivenza del partito medesimo. Questo il segretario Bersani (non il candidato) dovrebbe considerarlo. Tramite i referendum, se mai verrà raggiunto il numero minimo di firme richiesto, Civati obbliga il PD alla partecipazione dell’elettorato nelle decisioni, fatto che viene visto come fumo negli occhi da Bersani/Bindi e che Renzi si guarda bene dal nominarlo.

Vendola nella tela del ragno

Di certo è che la giornata politica di oggi è fra le prime dieci in assoluto per il vuoto di contenuti che ha saputo offrire. Stamane Repubblica.it e altri (La Stampa, Corriere.it e via discorrendo) hanno titolato in homepage della Svolta di Vendola. Vendola apre all’UDC in una alleanza a tre con il Partito Democratico. Vendola scarica di Pietro. Eccetera.

Le smentite non si sono fatte attendere: non è vero, nessuna svolta. Nessuna apertura. Colpa dei giornali che titolano a caso. Un vecchio refrain. La smentita. Poi seguita dalla dichiarazione che ammorbidisce e precisa: non vogliamo subire veti, ergo non poniamo veti. Commentare queste scenette è veramente avvilente, ma non c’è scelta. La politica che abbiamo vissuto per diciassette anni è stata fatta così. Nessuna attenzione per il reale. Nessuna idea da mettere al servizio del reale. Nessun candidato reale. Solo pantomime. Drammi personali. Piccoli sotterfugi. Incontri al vertice che hanno il solo scopo di suddividere fette di cariche onorifiche del governo prossimo venturo.

Il paradosso è che questa Santa Alleanza ci è stata propinata sin dalle primarie del 2009, quelle che hanno eletto Bersani segretario, un progetto che viene perseguito scientemente, senza remore, senza considerare il reale, quel reale che sfugge anche alla cognizione di chi nel palazzo romano non siede da molti anni, come i vendoliani di Sel. Vendola non sa quali siano le trame. E se le conosce, allora le condivide pienamente. Pensano al compromesso storico rimirandosi in uno specchio distorto, Bersani e Casini. Sanno che è impossibile affrontare il dopo-le-urne con un profilo politico internazionale così debole. Bersani presidente del Consiglio è unfit to lead esattamente come quell’altro. L’architrave del prossimo governo lo metterà per prima Washington. Le elezioni italiane a Novembre sono tecnicamente impossibili. Prima gli USA. Prima Obama (Romney si sta autodistruggendo a ritmo di gaffes internazionali). Poi l’Italia. L’arco dell’Alleanza verrà edificato sulla sponda UDC per permettere la continuità del ‘progetto Monti’. Monti proseguirà il ruolo di tecnico assumendo la guida del MEF con il governo Bersani, alla maniera di Ciampi nel 1996 (primo governo Prodi). E’ tutto chiaro, fin da ora. Solo così riusciremo a finanziare il nostro debito. Altrimenti il governo Bersani sarà il governo del dissesto e della fine dell’Euro.

Pisapia replica a Vendola e Grillo

Dall’intervista al Corriere della Sera pubblicata stamane:

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Fonte Corriere della Sera

“Busone” disse Grillo a Vendola

Quale è la notizia? Grillo avrebbe detto durante il comizio di Bologna “at salut buson”, ti saluto frocio, rivolto a Nichi Vendola. E’ vero? Sarebbe da mettere nel novero dei colpi bassi che i politicanti – sì, Grillo compreso! – si scambiano durante le campagne elettorali. Ma quale sottospecie di linguaggio viene adottato dall’ex comico e internauta fattucchiere? Con tutta l’importanza degli argomenti che il medesimo porta alla discussione pubblica, altrimenti mortifera, perché cedere a queste battute degne d’un Calderoli? L’effetto perverso sarà sì parlare del Movimento 5 Stelle (a detrimento della concorrenza, SeL in particolar modo), ma anche quello di vedersi affibbiato l’etichetta dell’omofobia, a sinistra – dove i grillini pescano a piene mani – non certo un distintivo di cui andare vanti. I vari candidati del 5 Stelle non osano avanzare alcuna critica al linguaggio virulento del loro Vate? Se così fosse, avrebbero perso l’occasione – ancora una volta – di parlare con la loro bocca e di pensare con la propria testa.

Qualcuno smentisca la notizia che circolava ieri su Fb. Altrimenti sarò costretto a rincarare la dose.

Tutti gli uomini della Sanità Pugliese

puntate precedenti:

Vendola apre ai finiani (troppo tardi, sono ridotti in cenere)

Lodo Vendola: ok Bindi per i lettori del corriere

Mentre il PD si agita e scuote come tormentato da incubi (leghisti), SeL continua a raggranellare consenso nei sondaggi. Accreditato di una percentuale che varia del 7% al 9%, Vendola sta cercando, pur essendo fuori del Parlamento, di guidare il PD verso un’alleanza parlamentare alternativa alla maggioranza attuale per sostenere un nuovo governo a guida Rosy Bindi.

«Una donna che rappresenta la reazione a uno dei punti più dolenti del regresso culturale, ricopre un ruolo istituzionale-chiave come quello di vicepresidente della Camera, ha il profilo giusto per guidare una rapida transizione verso la normalità» (La Repubblica.it).

Bersani, ieri, ha puntato sul dialogo con i leghisti avendo in mente ben chiara la necessità di proporre il suo partito come elemento chiave per l’approvazione del federalismo, tema chiave per i leghisti, ciò che mantiene in vita questa legislatura. L’obiettivo di Bersani è accelerare la caduta di B, forse andare immediatamente alle elezioni con una Gröss Koalition, la Santa Alleanza finora soltanto teorizzata. Vendola rischia di rimanerne fuori. Ecco spiegata la sua apertura alla alleanza parlamentare con i finiani:

Per ridare all’Italia l’ossigeno che il berlusconismo le ha tolto urge rimuovere le macerie della Seconda repubblica. Ma se è genuino questo allarme bisogna evitare le inopinate aperture di credito a quei leghisti che sono un elemento centrale del degrado civile del Paese. Facciamo allora un coalizione di emergenza democratica, reclutiamo le migliore competenze giuridiche e occupiamoci delle cose fondamentali: legge elettorale, una buona norma sul conflitto d’interessi e sul sistema informativo. Poi, ognuno per la sua strada (La Repubblica.it, cit.).

C’è un’emergenza democratica, mettiamo da parte le categorie vetuste. Voi del PD alleatevi in Parlamento con i finiani, fate le riforme, poi facciamo le elezioni anticipate previe primarie, che sicuramente vinco io. Un piano “machiavellico”: peccato che i finiani siano in disfacimento. Una strategia, questa di Vendola, perlomeno tardiva: andava bene fino allo scorso 14 Dicembre. Pare che Vendola cerchi un riposizionamento. Si è trovato improvvisamente fuori dai giochi. Ma anziché rilanciare sul tema primarie, s’inventa un governo Bindi che non avrebbe maggioranza né al Senato, dove il gruppo di FLI è entrato in crisi proprio oggi con il fallimento del voto di fiducia e con la fuoriuscita di Menardi, né tantomeno alla Camera, dove si annunciano nuove transumanze di deputati del Terzo Polo verso la ‘casa madre’ del PdL.

Vendola coltiva ambizioni da leader a pieno titolo, però sa benissimo di non poterle far valere nell’immediato e, a maggior ragione, di non essere proponibile come guida di una coalizione talmente composita da estendersi a formazioni di centrodestra come l’Udc e Fli. In attesa di alzare il tiro in avvenire, quindi, ha tutto l’interesse a caldeggiare come capo di un governo di larghissime intese (e di transizione!) una figura di contorno come la stessa Bindi (La Voce del Ribelle).

Dinanzi alla prospettiva di elezioni in maggio (in serata si è ventilata la data del 15 Maggio), Vendola rischia di restare ai margini di una coalizione troppo eterogenea che lo danneggerebbe irrimediabilmente in caso di ridefinizione della leadership del centrosinistra. Rischierebbe nuovamente l’effetto “Unione” prodiana.

Vendola contestato a Mirafiori dai sindacalisti autonomi favorevoli a Marchionne. I punti negativi dell’accordo

FISMIC, si chiama. E’ un sindacato autonomo, fortissimo a Mirafiori, nato negli anni ’50 da una costola della CISL, in polemica sulla politica sindacale di allora, con “una diversa visione del modo di sviluppare la contrattazione e, quindi, di fare attività sindacale per meglio tutelare gli interessi e i diritti dei lavoratori” (FISMIC – sito ufficiale).

Mentre la CISL marciava a tappe forzate verso un modello contrattuale che aveva nel Contratto Nazionale di Lavoro il perno dell’azione sindacale, coloro che formavano il nucleo centrale di quella che sarebbe divenuta col tempo la FISMIC, affermavano che era la contrattazione in azienda il perno della contrattazione, vicino ai lavoratori e vicino al luogo dove si produce la ricchezza (FISMIC, ibidem).

FISMIC, diciamolo subito, ha firmato l’accordo-ricatto di Mirafiori. Perciò perché sorprendersi per la contestzione a Vendola? A Vendola, gli autonomi di FISMIC hanno gridato che il comunismo è morto. I manifestanti mostravano alle telecamere – naturalmente – copie di un articolo de Il Giornale in cui si accusava il governatore della Puglia di “fare come Marchionne”, e ciò la dice lunga sull’intenzione polemica e profondamente politica della loro iniziativa. La questione accordo non c’entra nulla. D’altronde, chi può credere a un articolo de Il Giornale?

E’possibile immaginare la tensione che c’è in queste ore fra i lavoratori: i capireparto sono intervenuti presso le maestranze per spiegare le ragioni del Si al referendum. FISMIC è molto forte in Fiat: insieme a Fim, Uilm e Uglm, rispettivamente le sigle dei metalmeccanici di CISL, UIL e UGL, rappresenta il 73% dei lavoratori. Mirafiori non voterà mai la sua condanna a morte. Ma certamente il successo prevedibile del sì non equivale a dire che questo tipo di relazioni sindacali, estorte con il ricatto e la complicita dei sindacati cooptati dall’azienda, siano un nuovo paradigma da estendere agli altri settori produttivi. In realtà le relazioni industriali ne escono a pezzi, come già era preventivabile anche solo osservando le dinamiche dei rinnovi contrattuali-salariali dell’ultimo decennio. L’azione di oggi di FISMIC non fa altro che confermare l’ambiguità di queste sigle sindacali. Non erano certo davanti ai cancelli per propagandare il sì, ma unicamente per contestare Vendola, il quale ha tutto il diritto di sostenere la parte che desidera e di accorrere dalla Puglia in suo sostegno. Ragion per cui è l’azione FISMIC ha tutta l’aria di essere una imboscata politica ordita da avversari di Vendola.

Detto ciò, sacrifici senza compartecipazione è una sconfitta per il sindacato, per tutto il sindacato, pure per FISMIC che negli anni ’50 già preconizzava la contrattazione di base come modello preminenete per le relazioni industriali. Oggi, 2001, FISMIC ha dimenticato i buoni propositi e si è resa corresponsabile di un accordo farsa in cui a prescindere dalla produttività dei lavoratori, si impongono obiettivi illogici e difficilmente irrealizzabili, come ad esempio la riduzione della percentuale di assenteismo dal 6% al 3.5% in tre anni. Il solo fatto di introdurre un indicatore collettivo su un comportamento individuale (essere assente dal lavoro per malattia) mette i lavoratori uno contro l’altro in una sorta di guerriglia quotidiana nella quale a essere pregiudicata sarà la qualità del lavoro nonché la qualità del prodotto. In secondo luogo, c’è la questione della rappresentanza:

Il nuovo accordo non prevede l’elezione dei delegati sindacali di fabbrica: i sindacati che firmeranno l’accordo potranno nominare dei rappresentanti aziendali. I sindacati che sciopereranno contro l’accordo potranno essere puniti con l’annullamento dei permessi sindacali. L’azienda non tratterrà le quote di iscrizione ai sindacati dalle buste paga: saranno i sindacati a raccoglierle. Tutti i lavoratori firmeranno personalmente il nuovo contratto: se poi sciopereranno contro l’accordo, potranno essere licenziati (Pagina Fb del Popolo Viola).

FISMIC ha discusso di tutto ciò con i lavoratori che rappresenta? Quale idea di rappresentanza ha FISMIC? Perché un lavoratore non può scegliere liberamente i propri rappresentanti in libere elezioni interne? Qaule incremento retributivo è stato raggiunto con questo accordo? I 32 euro mensili? E’ questo un prezzo congruo alla vendita dei diritti di rappresentanza? FISMIC, anziché sventolare fotocopie all’arrivo di Vendola, provi a fornire le risposte a queste domande, se ci riesce.

Il battibecco di Vendola e Grillo fra vecchia e nuova politica. Primarie vs. E-democracy

Sì, Grillo ha fra gli aspetti che lo connotano in maniera negativa quello di disprezzare e svilire qualsiasi proposta politica diversa dalla sua. Qualsiasi modello che devia dalla sua – assolutamente presunta – democrazia dal basso, dal modello della e-democracy da lui tanto propagandato – ma sinora ancora non messo in pratica – è pattume.

Così accade che Grillo rompe l’elegia a Saviano fatta dai media che riferiscono a IDV – Il Fatto Quotidiano in primis. Lo fa davanti al pubblico del suo quarto e ultimo show al Gran Teatro di Roma. Dice Grillo: “Roberto Saviano, per carità, è bravissimo. Ma “Vieni via con me” è un programma Endemol. E di chi è la Endemol? Di Silvio Berlusconi. Dunque quando Saviano fa audience, a guadagnare è il Cavaliere. Se poi ci aggiungiamo che Saviano lancia accuse a destra e a manca, senza però fare mai mezzo nome, è facile capire perché Silvio goda come un riccio”. Tutto ciò dinanzi a una platea ammutolita. Nessuno se lo sarebbe aspettato. Grillo attacca Saviano insinuando sulla sua buona fede. Avverte i suoi sostenitori, che sono in larga parte anche i suoi, che Saviano è comuque a libro paga di B. Scrive per Mondadori; fa televisione per la Endemol, di cui Mediaset è azionista di maggioranza. L’idea che si instilla nello spettatore è che si può criticare Saviano, ma fino a un certo punto. Come se criticare Saviano sia come mettersi dalla parte di chi lo minaccia di morte. Se ci pensate, è la stessa sorte che capitò a Leonardo Sciascia quando affibiò a Giovanni Falcone l’etichetta di “professionista dell’antimafia”.

Quindi arriva Vendola. Vendola – lo rivela stasera il TG La7 – ha indici di gradimento pari a quelli attuali di Berlusconi (Berlusconi 38, Vendola 39, Fini 41). Il popolo di sinistra, dopo la diaspora del 2008, si sta lentamente ricompattando intorno alla sua figura. Molti di essi non credono più alla favola del lìder nuovo. Molti sono migrati verso IDV, forse con rimpianti. Molti si turano il naso nel PD e lottano affinché la dirigenza granitica del partito si faccia da parte e lasci crescere la nuova cultura politica democratica che è emersa soprattutto durante “Prossima Fermata Italia” alla Leopolda di Firenze o prima ancora durante la campagna per Ignazio Marino. Cosa credete che possa pensare di tutto questo fermento, Beppe Grillo? Vendola ha la gravissima colpa di “fare politica” da trent’anni. Poco importa che tipo di politica. Lui è dentro alla nomenklatura, e ciò è una ignominia.

Lui, Grillo, crede che il nuovo non sia Vendola, nonostante Vendola abbia fatto un buon uso della rete e dei network di La Fabbrica di Nichi. No, il nuovo è la Rete di giovani che fanno politica. Il nuovo è il rapporto orizzontale fra pari, il vecchio è il rapporto verticale fra rappresentato e rappresentante. Vendola è uno dei tanti di quelli che aspirano al comando. Solo è il più bravo a comunicare. Tutto qui.

Tutto qui? Vendola stasera, al Tg La7, sprona Bersani a non aver paura delle primarie, poiché esse sono lo strumento con cui il PD può uscire dal Palazzo della Casta e si riavvicina al suo popolo. Vendola, pur avendo a che fare con un partito che ha ben poco di democratico nella sua organizzazione gerarchica, che vive ancora di Comitati Centrali e Direzioni Nazionali, ha fatto proprio lo strumento delle primarie, segno identitario del PD. Vendola ha capito che le primarie servono a sé stesso come legittimazione di leadership ma anche come patente di estraneità alla Casta. Vendola ha il polso dell’umore dell’elettorato. Ha capito che l’elettore vuole contare. C’è una fortissima domanda di partecipazione, forse a causa della crisi del debito pubblico che sta erodendo ogni settore della vita civile, dall’istruzione, alla sanità, al lavoro.

Grillo da anni paventa il default per l’Italia. Grillo pure ha la percezione della domanda di partecipazione che promana dal paese. L’ha evocata per primo e l’ha impiegata per costruire un movimento che vorrebbe essere l’applicazione pratica dell’ideale ottocentesco della democrazia diretta, quel modello che totalizza l’individuo e lo trasforma nel “cittadino in armi”, un individuo che perde la sfera della privatezza per immergersi pienamente nella dimensione pubblica, che può essere solo politica. Grillo stigmatizza la Casta, ovvero il rapporto verticale rappresentato-rappresentante e propone un modello tecnologizzato. Una agorà virtuale, che è però una macchina, ovvero la rete delle macchine coordinate insieme dalla macchina centrale, dalla quale passa tutto il canale informativo. L’ideologia egalitaria della rete è anch’essa menzognera: alla fine, dentro i gangli della comunicazione web, esistono dei centri verso cui orientarsi. I cyber-individui non sono tutti alla pari: esistono dei master che guidano la web-massa intorno a piattaforme comunicative. Anche il web diventa rapporto uno-molti (il blog di Grillo suo malgrado lo è). E anche la politica via web deve confrontarsi con il problema del numero e della rappresentanza. La realtà è che non cambia nulla: nella società si è creata una situazione di blocco tale per cui la classe dirigente rimane tale e quale a sé stessa. Ma la società ribolle e da essa scaturiscono nuove leadership che cercano di affermarsi su piani relazionali alternativi a quelli preesistenti. Capitò così quando a crollare era l’Ancien Régime: la borghesia inventò la stampa e i libri. Si creò una sfera pubblica che era anche il luogo della critica del potere. Oggi è il turno del web. Ma i dilemmi di allora sono quelli di oggi, e chi crede che il tecnicismo di Internet applicato alla politica sia interamente sostitutivo della forma della rappresentanza politica si sbaglia e perde il suo tempo. Ecco il peccato di Grillo: lo sdegno verso la società attuale gli impedisce di comprendere che la rappresentanza non è del tutto superabile e che la necessità impellente è di ripristinare quella circolazione delle élite che è vitale per la riproduzione della società intera. Ciò che invece le primarie possono consentire di fare.

La metafisica di Vendola e una nuova narrazione della realtà

Impressioni circa il discorso di chiusura di Nichi Vendola al congresso di Sinistra Ecologia e Libertà a Firenze. Punto primo: se a destra da quindici anni esiste il Cavaliere Nero che mette a soqquadro l’ordine costituzionale, a sinistra oggi sorge un antieroe nel corpo del “ragazzo di Terlizzi” che da qualche anno governa la Puglia. La Puglia dell’energia rinnovabile. La Puglia del mistico e della taranta. Di Avetrana e del pozzo nero dove siamo tutti nostri sprofondati come cadaveri quindicenni, nati un brutto giorno del 1994, a Marzo, il 27.

Parafrasando Nichi, “ci eravamo smarriti, ora ci siamo ritrovati”. L’orrore che proviamo per lo stupro quotidiano delle regole della democrazia, del lavoro e della convivenza civile deve lasciar spazio alla nuova speranza caldeggiata da Vendola. E’ qui che la Sinistra deve risorgere:

Cosa significa vincere a sinistra? Significa far vincere le persone che oggi pensano che non troveranno mai lavoro e che domani ritrovano la speranza

Ma ammonisce Nichi, il risorgimento a sinistra non è una restaurazione, né una operazione di maquillage, di restauro conservativo: la sinistra risorge “non per tornare in un luogo antico”, poiché sarebbe un errore pensare di fare “una sommatoria di frammenti, pensando che la sommatoria possa costituire una forza che, invece, è solo un fatto politico e non algebrico”. Non ci si deve innamorare del partito, del nome, dello scranno, del titolo, della diaria parlamentare. Non il partito, quindi, ma la “partita” – le elezioni 2013 (o 2011?). Poiché la melma che governa, la politica del fango e del dossieraggio, non è l’unica dimensione verso la quale ci si debba adeguare, in quell’equilibrio dicotomico fra berlusconismo e antiberlusconismo che ha caratterizzato questi quindici anni. No. Esiste “un’Italia migliore” e “dobbiamo dare voce a questa Italia migliore, dobbiamo raccontarla, dobbiamo fare evidenza alle persone che non hanno voce e che ogni giorno si impegnano per costruirla”. Il mondo, dice Nichi,  non è quello ‘spazio immobiliare’ che va da Montecarlo ad Antigua.

Ecco, la Nuova Sinistra secondo Vendola è una nuova narrazione del paese. Una narrazione che non insegue la Lega e non impiega il vocabolario di altri, bensì reagisce al promontorio della paura e dell’odio su cui si erge il leghismo raccontando del diverso attraverso la lingua del cosmopolitismo.

Ci si deve congedare dall’idea di una bellezza come virilità, come fisicità che resiste alla prova del tempo, in un olimpo pacchiano racchiuso tra Dioniso ed Apicella.

“La bellezza è nella singolarità straordinaria dell’uomo, è nello sguardo dei bambini, nella vita che vuole essere tutelata e non mercificata”. La vita non è merce, il lavoro non è merce poiché parlare di lavoro significa parlare di persone e non di cose. Ed è possibile immaginare – sottolineate immaginare – un mondo del lavoro, dell’impresa, del sapere che “si propone l’obiettivo di produrre ricchezza non solo misurabile con i parametri del PIL, ma fatta di valori ambientali e sociali”. Non solo misure, indicatori, ma valori.

Lavoro: oggi è come uno specchio andato in frantumi. Noi, con quello specchio, guardavamo la realtà. Oggi è tutto spot televisivo, è tutto carosello pubblicitario. Non c’è mai la vita vera.

E la realtà bussa allo schermo televisivo, prova lo stesso ad irrompere nel salotto di casa nonostante l’arbitraria manipolazione sistematica messa in atto dall’informazione servile e prona al Capo Unico del panorama televisivo. Una realtà che non collima più, e forse non è mai coincisa, con le semplificazioni messe in opera per creare quel consenso fittizio, quello sì un mero fatto statistico, di cui la Destra si è servita per far proprio il plebiscito di tutti i giorni che sottende al vivere civile di una Nazione. Una realtà molteplice in cui non ci si può più nascondere. Occorre perciò ridare voce all’istanza di nuovi diritti che è stata strozzata e disconosciuta pur di fabbricare alleanze al centro dello schieramento politico: è possibile e necessario “poter parlare con la Chiesa del diritto di due persone dello stesso sesso di amarsi”.

Amici e amiche del Family Day, voglio chiedervi: ma cosa ha ferito la vostra vita, l’amore omosessuale o il liberismo, l’impoverimento, le politiche sociali che vi hanno abbandonato?

E quando afferma di non voler “nascondere la propria fede cristiana”, compie un salto quantico smaterializzando la sua diversità – l’orientamento sessuale – e tratteggiando sé medesimo come la pecorella smarrita che torna alla casa del Signore. E’ proprio sulla Croce che diviene quasi evangelico narrando della differenza fra i legni del potere (i manganelli) e del potere dei due legni (la croce). Io sono innamorato – dice Nichi – di quel Cristo che è morto sulla Croce. Contro quell’idea di cristianesimo e di Dio che fa guerre e stermini, che protegge i ricchi e dimentica i poveri. Invece quella croce racconta un’altra storia: una storia che mi incanta, che annuncia un Regno non attraverso i legni del potere ma attraverso il potere dei legni.

Due legni in croce, quattro chiodi e una corona di spine. Un capovolgimento straordinario di un’intera iconografia del potere.

Futuro prossimo o futuro remoto: il PD e l’ineluttabile Vendola

credits Vauro

L’analisi di Miguel Mora su El Pais, che qui pubblico integralmente, è impietosa ma vera: quale il futuro della politica in Italia? Il futuro passa per le mani di Fini-Casini? Per quelle di Bersani? O di D’Alema? Resterà in quelle di Berlusconi, magari un pochino più ammanettate alla Lega Nord? Il giornalista di El Pais impiega spesso nell’articolo l’aggettivo ‘desolante’: è desolante questa Italia che vede compromessa la sua speranza di stabilità politica; è desolante il governo di B. che è attanagliato da una corruzione ‘senza freno’; è desolante che l’unico partito che mostri un certo grado di affidabilità – la Lega – mostri i tratti della destra europea xenofoba; è desolante che la prossima battaglia si consumi fra destra legalista e destra xenofoba; ed è oltremodo desolante che il PD non abbia il coraggio di andare oltre e affrancarsi da un gruppo dirigente ormai consegnato alla Storia. Ma forse c’è uno spiraglio: il flebile vento del cambiamento sembra spirare da sud.

Un paese senza futuro politico.

La situazione è grave ma non seria. L’adagio dello scrittore Ennio Flaiano continua a definire la deprimente scena politica italiana. Il paese va di nuovo verso il caos gettando via, dopo due anni e quattro mesi di mandato, il desiderio di stabilità degli elettori che nel 2008 scelsero la più larga maggioranza della storia repubblicana. Berlusconi, afflitto da una corruzione senza freno, senza altre idee che quella di salvare la propria ‘pelle giudiziaria’ e abbandonato dal suo delfino-squalo, è solo, a capo di un partito di plastica, un feudo in cui prosperano segretari fedeli, sudditi, dipendenti, ex veline e capi-clan più o meno legali.
Il Popolo della Libertà, o Partito dell’Amore, appare per come è sempre stato: un anti-partito, un comitato di affari e una mera fabbrica di leggi ad personam pensate e create per la maggior gloria del padrone. Quando giunge l’ora di fare una politica di verità o di responsabilizzarsi realmente per il paese, è lo stallo. La ricetta che conosce il populismo italiano è “ottimismo e elezioni”. Quando qualcosa va storto, si fa appello al popolo. La speranza è sempre il Grande Fratello: tre mesi di televisione, burle e propaganda unificata radono al suolo quelli che non hanno televisioni né sono showman. E si vince di nuovo. Se il cammino porta il paese ad affondare in una deriva greca, colpa degli altri…
L’avventura solitaria di Gianfranco Fini corre il serio rischio di finire in una partita al buio o peggio. Per disattivarlo, Berlusconi cercherà le elezioni anticipate il più presto possibile, e la Lega Nord lo abbraccia senza esitazione: alla fine è l’unico partito serio, e il crescente discredito di Berlusconi le consegnerà una valanga di voti.
Fini, meno coraggioso che opportunista, e la ex-sinistra, capace di qualsiasi aberrazione per non essere costretta a vincere le elezioni e, peggio, a governare, completano il quadro desolante di un paese senza futuro politico. Berlusconi ha 73 anni e diversi procedimenti pendenti, che gli impediscono di lasciare il potere pena la perdita dell’immunità. Fini è stato 16 anni all’ombra del magnate, e se è diventato il punto di riferimento per la legalità e il rispetto per le istituzioni è a causa della desolante inazione del Partito Democratico, incapace di diventare un’alternativa al berlusconismo data la complicità dei loro vecchi gerarchi con la casta politica, i suoi vizi irrecuperabili e i complessi propri degli ex-comunisti e cattolici.
Affiché la nuova battaglia non sia solo tra un centro-destra europeo, onesto e rispettoso della separazione dei poteri, e una destra corrotta, xenofoba e alleata di Dio e il Diavolo, la sinistra dovrebbe correggere la rotta quanto prima. Ma sarebbe un’impossibilità quasi metafisica, che i loro leader facciano harakiri politico e lascino il campo aperto ad una nuova generazione. Se lo fanno, il candidato in grado di sconfiggere il Cavaliere esiste.Si chiama Nichi Vendola, governatore della Puglia.