M5S, se Luigi Di Maio contraddice Grillo

A quanto pare, se Adele Gambaro critica in pubblico Beppe Grillo, viene immediatamente espulsa, con tanto di plebiscito online; se Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, afferma – contraddicendo il Capo – che il Porcellum deve essere cambiato prima di andare al voto, invece non succede nulla. Due pesi e due misure, nella casa della Democrazia Diretta?

Grillo si era espresso per il mantenimento della attuale legge elettorale, criticata in lungo e in largo ma che potrebbe andar bene in caso di una del tutto ipotetica vittoria elettorale del Movimento. Di Maio ha dato un colpo al cerchio, almeno per evitare spaccature in seno al gruppo parlamentare: “Noi siamo da sempre per l’abolizione del Porcellum, ma quello che giovedì ha detto Grillo è che se dobbiamo abolire il Porcellum per fare un “Super-Porcellum”, una legge elettorale contro il Movimento, allora è sbagliato”. Sia chiaro, il Super-Porcellum non è contro i 5 Stelle in sé e per sé: contiene però degli elementi fortemente distorsivi della rappresentatività pura. Inevitabilmente, qualsiasi legge elettorale applicata ad un quadro partitico così fratturato rischia di avere effetti distorsivi della rappresentatività e le minoranze rischiano di essere sottodimensionate, nel futuro Parlamento della ipotetica XVIII Legislatura. Non ci sono altre alternative per garantire la governabilità di un bicameralismo perfetto.

La sottile discrasia fra il vertice e gli eletti a 5 Stelle si fa rivedere in merito alla gestione di un eventuale mandato a governare: chi sarà il presidente del Consiglio a 5 Stelle? Una persona interna al Movimento, ha scritto sempre giovedì scorso Grillo. E non ci sarà alcun mandato dall’attuale Presidente della Repubblica. Re Giorgio si dimetta, ‘noi’ vinciamo con il Porcellum e mettiamo uno dei nostri al governo. Punto. Linea politica chiarissima ancorché discutibile. Ma Di Maio – e persino Vito Crimi – aveva recentemente prospettato uno scenario diverso: cade Letta, ci diano il mandato; faremo un governo con figure forti della società civile, prenderemo i voti in aula; chi ci vuol stare, ci stia. Ancor ieri, Di Maio è apparso nei teleschermi dichiarando che un Letta bis non lo voteranno mai, ma che un governo dopo il governissimo è pure possibile, almeno per rifare la legge elettorale.

Possono i 5 Stelle, alfieri della democrazia diretta, ripresentarsi alle urne con il demerito di aver rifiutato l’opportunità di cambiare una legge odiatissima, antidemocratica, che sottrae la libertà di scelta dei candidati all’elettore?

La febbre del No al referendum elettorale agita i sogni dei politici

Sembra un conto alla rovescia. A naso, dicono simultaneamente senza saperlo Follini e Quagliarello, la Consulta dirà no al Referendum contro il Porcellum. Ci sono evidenti ragioni giuridiche, se ne parla da un pezzo ma chi ha evocato la consultazione elettorale con il milione di firme lo ha fatto ‘a tradimento’, sapendo che i quesiti proposti non avrebbero avuto futuro. L’ala maggioritaria del PD e l’IDV al completo dovevano evitare il rischio di un referendum della società civile che era poi l’iniziativa Passigli. Segato in due Passigli, si è pensato alla strategia della pistola sul tavolo (Bersani, cit.), in modo da obbligare l’allora maggioranza a prender in esame la materia, poi è finita l’era berlusconiana e del Porcellum non frega più nulla a nessuno. Questo in sintesi.

Oggi sui giornali sono comparsi tre titoli sulla questione ammissibilità, tre titoli di tenore diverso e che descrivono scenari simili.

La mozione è quella di Vannino Chiti (PD), volta a porre l’attenzione dei colleghi parlamentari verso la riforma della legge elettorale. Una cosiddetta mozione di indirizzo. Acqua fresca. E’ chiaro che davanti ad un no della Consulta, ogni impalcatura di riforma della legge Calderoli verrebbe smontata in quattro e quattrotto. Sul giudizio della Corte sono due le ipotesi più ricorrenti, inammissibilità di entrambi i quesiti, oppure parziale ammissione del secondo quesito, magari riformulato in modo da lasciare in piedi l’architettura del Porcellum, svuotandola degli aspetti più deleteri. In ultima istanza, c’è pure la possibilità che la Consulta ponga al vaglio di legittimità costituzionale alcune norme del Porcellum ma dandosi un termine di tempo molto vago e distanziato nel tempo, lasciando quindi alla Politica tempo e opportunità per un accordo. L’accordo, sia chiaro, è quella cosa che nella discussione parresiastica passa sotto il nome di inciucio: uno scambio fra le propaggini di confine di PD e PdL per un ritorno al proporzionale e ridisegnazione dei collegi in modo da favorire i due partiti più grandi. Far peggio della porcata sarà difficile, ma ci riusciranno.

Se ne è parlato anche qui:

1) Referendum elettorale, le colossali sviste di Panebianco

2) Referendum elettorale, i dubbi sull’ammissibilità

3) Legge elettorale fra referendum e inciucio. Intervista al senatore Belisario

Referendum elettorale, le colossali sviste nell’editoriale di Panebianco

Ho letto l’editoriale di stamane di Panebianco sul Corriere, intitolato ‘Un Referendum, due tesi errate’. Pensavo di trovarci una analisi lucida di quanto si rischia mercoledì sui quesiti del referendum contro il Porcellum. Invece è un articolo deludente. Se non fosse che è realmente pubblicato sul Corsera a firma Panebianco, l’avrei creduto un fake, un tarocco. Invece.

Coloro che temono il referendum, e pertanto si augurano che la Corte dichiari la non ammissibilità del quesito, hanno messo in circolazione due argomenti di cui è facile constatare la fragilità.

Il primo è quello secondo cui, se la Corte si pronunciasse per l’ammissibilità e gli italiani votassero l’abrogazione della legge elettorale in vigore, ne verrebbe fuori un vuoto legislativo, ci troveremmo senza legge elettorale. È falso. Sarebbe come dire che se nel 1974 gli avversari del divorzio avessero vinto il referendum abrogativo, non avremmo più avuto un matrimonio regolato per legge, ci saremmo ritrovati nella Repubblica del libero amore. Naturalmente no (per fortuna o per sfortuna). Se fosse stata cancellata la legge istitutiva del divorzio ne sarebbe automaticamente seguito il ripristino della legge precedente. Punto e basta. E così accadrebbe anche se gli italiani scegliessero di abrogare l’attuale legge elettorale (G. Panebianco, Corriere della Sera del 08.01.12, prima pagina).

Analizziamo il teorema argomentativo di Panebianco:

  • ci sono dei nemici del referendum (è vero, lo sono praticamente tutti i partiti politici);
  • questi signori avrebbero messo in circolazione due argomenti che propendono per l’inammissibilità dei quesiti.

Il primo argomento: la vacatio legis. Dice Panebianco che questo è un argomento falso. La spiegazione? Cita l’esempio del referendum sul divorzio. Dice il celebre editorialista, se nel ’74 avesse vinto il sì ci saremmo ritrovati senzauna legge che regolasse il matrimonio. A me sembra che Panebianco non abbia studiato. Avesse letto almeno Wikipedia:

Il Referendum abrogativo del 1974, meglio conosciuto come Referendum sul divorzio, si svolse nei giorni 12 e 13 maggio 1974, quando gli italiani furono chiamati a decidere se abrogare o meno la legge 1 dicembre 1970, n. 898 – “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio” (la cosiddetta legge Fortuna-Baslini, dal nome dei due promotori Loris Fortuna e Antonio Baslini), con la quale era stato introdotto in Italia l’istituto del divorzio (Wikpedia alla voce Referendum abrogativo sul divorzio).

Il referendum del ’74 abrogava la legge sul divorzio, quindi se avesse avuto effetto, avrebbe abrogato quella legge e non la parte di normativa che regola il matrimonio. Questa è una grossa svista. Grossissima. Poi c’è un altro aspetto. Panebianco vi dice che queste voci – voci! – sono state messe in giro dai nemici del referendum. In realtà il divieto di vacatio legis in materia elettorale è stato definito dalla medesima Corte Costituzionale, come più volte detto, nella sentenza n. 29 del 1987: un “organo, a composizione elettiva formalmente richiesta dalla Costituzione, non può essere privato, neppure temporaneamente, del complesso delle norme elettorali contenute nella propria legge di attuazione” (cit.).

Panebianco nemmeno ci prova a prendere in esame la questione della reviviscenza. Il bello di questo referendum è che abroga una legge (Porcellum) che abroga un’altra legge (Mattarellum). E’ possibile quindi che la precedente legge abrogata torni a rivivere, o a ‘ri-espandersi’? Panebianco gira a largo da un quesito così complesso che forse metterà in crisi la Consulta. Infatti neanche lo menziona. Ma in realtà un referendum abrogativo non ha la stessa portata di una norma di legge che abroga una legge vigente. Tutto ciò per una serie di ragioni, che sicuramente la Consulta prenderà in esame, fra cui:

  • Non è possibile nel referendum abrogativo individuare alcuna altra volontà se non quella di delimitare l’efficacia di una norma (il Porcellum);
  • Un quesito che voglia al tempo stesso abrogare il Porcellum e ripristinare il Mattarellum è a rischio di eterogeneità – ovvero l’elettore si troverebbe a esprimere, con un solo voto, due volontà, e già solo questo aspetto dovrebbe esasere considerato dalla Corte come invalidante;
  • Il Mattarellum non è ‘normativa di risulta’ (quel che resta dopo le abrogazioni referendarie) bensì è normativa abrogata;
  • E’ necessario un atto esplicito per la riqualificazione della normativa abrogata – per esempio, non è sufficiente per il legislatore ridare effettività ad una norma abrogando la successiva norma che la abroga, deve scrivere un articolo in cui specifica la propria volontà di rivalidare quanto precedentemente abrogato, facoltà negata in caso di referendum.

Non vi ho parlato del secondo argomento degli anti-referendari: la destabilizzazione del quadro politico. Concordo con Panebianco sul fatto che la Corte non invaliderà i due quesiti per una questione di opportunità politica. Lui la mette in termini economici – la durata di Monti la detta il mercato. Io vi dico che invece ciò che guiderà la Corte in questo giudizio è solo la volontà di mantenere l’armonia del quadro normativo costituzionale.

Detto ciò, come si fa a scrivere un articolo del genere?

Tutti i dubbi sull’ammissibilità dei referendum elettorali.

Referendum Legge Elettorale, i dubbi sull’ammissibilità

Questo post è stato scritto sulla base delle informazioni contenute nell’ottimo documento prodotto dalla NOMOS, una rivista telematica quadrimestrale diretta dal Prof. Fulco Lanchester, intitolato Referendum Abrogativo e Reviviscenza.
Se la Corte Costituzionale, mercoledì prossimo, deciderà per l’inammissibilità dei referendum sul Porcellum, non gridate allo scandalo. Perché è tutto già scritto.
Quando a Bersani fu chiesto di spiegare la posizione ondivaga del PD circa i quesiti referendari sulla legge elettorale, lui usò, come è solito fare, una similitudine: il referendum è come “una pistola sul tavolo”. Tradotto: il pericolo di una consultazione elettorale sul Porcellum obbligherà l’allora maggioranza a modificare quella tremenda legge. Erano secoli fa. Nel frattempo non è stata avanzata alcuna proposta condivisibile e il Porcellum è ancora al suo posto. Quella maggioranza si è sciolta al sole e la ‘pistola sul tavolo’ ora appare per quello che è: una chimera.

Già, perché i due quesiti referendari anti-Porcellum, sui quali sono state raccolte un milioneduecentomila firme, hanno i crismi, oserei dire le stigmate, dell’inammissibilità. Per due ragioni:

  1. non è possibile la vacatio legis in materia elettorale;
  2. la reviviscenza di una norma abrogata per mezzo di referendum nel nostro diritto è impossibile.

In merito al punto 1) cito la sentenza della Corte Costituzionale 29/1987, relativa alla legge elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura. La Consulta affermò che «l’organo, a composizione elettiva formalmente richiesta dalla Costituzione, non può essere privato, neppure temporaneamente, del complesso delle norme elettorali contenute nella propria legge di attuazione. Tali norme elettorali potranno essere abrogate nel loro insieme esclusivamente per sostituzione con una nuova disciplina, compito che solo il legislatore rappresentativo è in grado di svolgere».

Mentre il primo quesito referendario Morroni-Parisi intende abrogare in toto il Porcellum, il secondo quesito opera in forma di abrogazione di quelle norme del Porcellum che abrogano le norme del Mattarellum. In entrambi i cas,i nelle intenzioni dei prootori, dovrebbe agire con modalità diverse una forma di reviviscenza della norma abrogata (punto 2). Va da sé che nel nostro ordinamento non vi è alcuna disposizione che esplicitamente la ammetta o diversamente la escluda. Inoltre, “una legge è abrogata in conseguenza di una sua valutazione di non più idoneità a conseguire il fine per il quale era stata preordinata, per cui il ritorno in vita della norma abrogata, escluso il suo automatismo, potrebbe riaversi solo in presenza di una esplicita volontà di richiamarla” (nomos n. 0 del 2011).

La abrogazione non comporta un effetto necessariamente ripristinatorio delle norme vigenti anteriormente alla legge ora abrogata: essendo il risultato di un giudizio negativo di non rispondenza di una legge ai bisogni del momento in cui è disposta, «non potrebbe l’antica legge emanata in vista di una situazione diversa rivivere per virtù propria, ma solo per una nuova valutazione della sua opportunità
attuale ad opera dell’organo che procede all’abrogazione» (C. MORTATI, Abrogazione legislativa e instaurazione di un nuovo ordinamento costituzionale, cit., 116, nt. 23 – ibidem).

Nel caso “di abrogazione legislativa esplicita di norma meramente abrogativa”, sarebbe ammessa la reviviscenza della norma precedente abrogata, non potendosi riconoscere al legislatore altra volontà, in questa successione di atti, che quella di riportare in vita quella norma che era stata delimitata. Badate bene, tale facoltà è riconosciuta al legislatore. Il problema risiede nella assimilazione dell’abrogazione per via referendaria alla abrogazione per via legislativa. Che potrebbe non essere attuabile per taluni aspetti di natura tecnico-giuridica:

  • l’abrogazione legislativa esplicita opera come un fenomeno di successione di atti, mentre l’abrogazione referendaria opera come una successione di norme;
  • il potere legislativo, anche quando opera nel senso dell’abrogazione di norme, ha sia un carattere positivo che negativo, ovvero “potrebbe modificare l’ordinamento giuridico attraverso la previsione (in positivo) di una nuova disciplina efficace pro futuro, ma sceglie di incidere sull’ordinamento attraverso la mera delimitazione nel passato dell’efficacia delle disposizioni ora abrogate” (nomos, cit.); invece la potestà referendaria agisce nel senso di “una valutazione negativa sulla opportunità politica di quella determinata scelta legislativa oggetto del quesito referendario”, e non potrebbe essere quella stessa scelta intesa come volontà positiva di riqualificazione dell’efficacia di una disciplina precedentemente abrogata;
  • con l’abrogazione esplicita il legislatore ha voluto gli effetti normativi che scaturiscono dalla mera abrogazione della legge precedente; con l’abrogazione referendaria, invece, il corpo elettorale si è espresso sulla legge oggetto del quesito, ma non ha “voluto” la normativa di risulta (sebbene sia implicito nel secondo quesito la volontà di ripristinare la legge precedente, caratteristica ancor più invalidante, poiché qualificherebbe il quesito come ‘eterogeneo’, ovvero “l’elettore si troverebbe a esprimere, con un solo voto, due volontà, quella di abrogare la legge Calderoli e quella di ripristinare la legge Mattarella, quando invece la sua volontà potrebbe essere quella di abrogare la legge Calderoli, ma di volere una disciplina elettorale diversa da quella precedente”).

CONCLUSIONE: “se l’abrogazione legislativa esplicita di disposizione meramente abrogatrice può comportare, quale manifestazione della volontà di colmare la lacuna, la reviviscenza della disposizione precedentemente abrogata, l’abrogazione referendaria, seppur di norme meramente abrogatrici, non comporta alcuna reviviscenza, non essendo possibile individuare alcuna altra volontà se non quella di delimitare l’efficacia di una norma (a meno di non voler riconoscere un ruolo determinante alla intenzione dei promotori referendari)”. Ne consegue che, resa impossibile qualsiasi reviviscenza del Mattarellum, e considerata la contemporanea impossibilità di una vacatio legis in materia elettorale, entrambi i quesiti sarebbero inammissibili.

La sentenza n. 32 del 1993 della medesima Corte Costituzionale ha individuato due condizioni per l’ammissibilità dei referendum in materia elettorale:

  1. che sia individuabile dal quesito una matrice razionalmente unitaria;
  2. possa comunque trarsi dall’ordinamento una “normativa di risulta” immediatamente applicabile.

Ora il problema è che il Mattarellum non è normativa di risulta, ma è normativa precedentemente abrogata. C’è differenza infatti fra normativa di risulta e reviviscenza di norme abrogate:

Le norme abrogate [quelle che si vorrebbe rivivessero] «non sarebbero “norme residue” o “preesistenti” (rispetto all’ablazione referendaria), ma semplicemente “norme abrogate” dalla legge abrogatrice, ma che al cospetto del criterio dell’effetto di sistema tornerebbero in vita sub specie di “nuove norme”, create (rectius: ri-create) artificiosamente dai promotori del referendum» (nomos, cit.).

Sia ben chiaro, la Consulta, quando si è espressa in materia, ha sempre escluso la reviviscenza: sentenze nn. 40 del 1997 e 31 del 2000, nonché la recente sentenza n. 24 del 2011 (Referendum sui servizi pubblici locali), nonché la sentenza n. 28 del 2011 in cui si afferma esplicitamente che “l’abrogazione, a seguito dell’eventuale accoglimento della proposta referendaria, di una disposizione abrogativa è, infatti, inidonea a rendere nuovamente operanti
norme che, in virtù di quest’ultima, sono state già espunte dall’ordinamento“.

Per tutte queste ragioni, i dubbi sull’ammissibilità prevalgono sulle certezze. Tanto più che i quesiti di Morroni-Parisi ebbero l’effetto politico di tagliare le gambe alla proposta Passigli, che invece avrebbe potuto avere maggior fortuna; uno dei due quesiti di Passigli rispettava infatti entrambi i punti della sentenza n. 32 del 1993 (razionalità del quesito e esistenza di una normativa di risulta) poiché puntava a smontare dall’interno gli effetti perversi del Porcellum alla maniera del referendum del 1993, riadattandolo ad una legge elettorale proporzionale con sbarramento al 4% (una formula tanto cara ai dalemiani).

Si potrebbero qui fare alcune considerazioni di natura politica, che verrebbero rafforzate eventualmente dalla sentenza della Corte prevista per mercoledì prossimo. Provo ad abbozzarle.

In primo luogo, la raccolta di firme per i quesiti pro-Mattarellum aveva lo scopo prioritario di sabotare il referendum Passigli: non c’era – e non c’è – alcuna volontà di modificare l’attuale legge elettorale. Ciò è rafforzato dal fatto che le ragioni della inammissibilità dei quesiti pro-Mattarellum sono arcinote in ambito giuridico. In realtà qualcuno ha cercato di cavalcare l’onda referendaria di giugno in vista di ipotetiche elezioni, che all’epoca sembravano programmabili per l’inizio del 2012. Le cose sono andate diversamente e ora quel referendum è diventato un sasso nella scarpa. Ma i sostenitori dei quesiti Morroni-Parisi cadranno in piedi e la collera popolare si scaricherà sugli innocenti giudici della Consulta.

Verrò smentito?

Prima gli elettori: così comincia #OccupyPD

E’ chiaro che il referendum sul Porcellum non ci sarà tempo per farlo. B. cadrà questa settimana, più precisamente mercoledì. Ed evidentemente non ci saranno i numeri alla Camera o al Senato per fare un governo di salvezza nazionale o un post- B. con Letta presidente del Consiglio.

Bersani ieri non ha fatto alcun cenno a primarie aperte, né al fatto che questa legge elettorale anti democratica si possa aggirare chiedendo ai propri elettori di partecipare alla formazione delle liste elettorali.

Prossima Italia ha lanciato #OccupyPD. La prima delle iniziative si chiama ‘Prima gli elettori’. Andiamo da Bersani con il peso di un bel po’ di firme. Chiunque può raccogliere le firme. Chiunque. Fatelo. Ecco come:

Andate e raccogliete (le firme)Scarica il modulo