Iran, il compromesso

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L’intesa di Ginevra da una parte frena, in via temporanea (6 mesi), il programma nucleare iraniano, sospettato di finalità militari, e dall’altra consente a Teheran di ottenere alcuni allentamenti alle sanzioni che avrebbero potuto avere gravissime ripercussioni sulla sua economia.
In modo specifico l’Iran si è impegnato a interrompere l’arricchimento dell’uranio sopra il 5% e a non aggiungere altre centrifughe; Teheran non aumenterà le sue riserve di uranio arricchito e non saranno costruiti impianti in grado di estrarre plutonio dalle scorie di combustibile. Sarà interrotta la costruzione del reattore ad acqua pesante di Arak, potenziale generatore di plutonio utilizzabile a scopi militari.
Teheran, inoltre, permetterà all’Aliea (l’Agenzia internazionale dell’ energia atomica) un “approccio strutturato” ai suoi siti di ricerca nucleare per i dovuti controlli. L’Iran avrà cosi a disposizione i 4,2 miliardi di dollari, provenienti dalla vendita del petrolio, bloccati a causa delle sanzioni, attualmente depositati in banche asiatiche. Ulteriori misure sono state adottate nei confronti del commercio dell’oro e dei metalli preziosi, nel settore delle auto e delle esportazioni iraniane di prodotti petrolchimici.

Il patto raggiunto a Ginevra rappresenta un grande risultato dopo trenta anni di stallo e quattro giorni di serrati negoziati. L’Onu, a luglio, aveva aggiunto ulteriori sanzioni all’Iran, proprio in relazione al commercio del petrolio, anche in risposta alle voci che si erano sparse alla fine dello scorso anno sulla possibile chiusura, da parte dell’Iran, dello stretto di Hormuz.

La società iraniana non è più governata da anziani teocrati, ma dai giovani.  Nel 1978, subito prima della rivoluzione islamica, l’Iran  aveva 38 milioni di abitanti, oggi ne ha il doppio, e i giovani, che sono la maggioranza della popolazione, non hanno mai condiviso l’ideologia dell’islam politico e ritengono che il presidente Hassan Ruhani sia in grado di intavolare un negoziato per far revocare le sanzioni internazionali contro l’Iran.

 Quanto alle esigenze di difesa, Teheran ha la sensazione di essere oppressa da potenze ostili: è circondata dalla regione nucleare pakistana e dai taleban afgani, dalle dinastie sunnite wahabite dell’Eurasia saudita e degli stati circostanti, dalle navi da guerra statunitensi sulla costa meridionale e dagli instabili paesi nati dopo il crollo dell’Unione Sovietica a nord.

Poco più a ovest c’è Israele. Per questo molti iraniani anche giovani, considerano il programma nucleare, con tanto di possibilità di costruire la bomba atomica, come garanzia contro le invasioni. Negli ultimi 1500 anni i persiani sono stati invasi a più riprese dagli arabi, dai mongoli fino ai sovietici, ai britannici, all’Iraq di Saddam Hussein. Il programma nucleare era considerato come un simbolo.

Se non ci fosse l’embargo, l’Iran sarebbe il primo paese produttore mondiale di petrolio e il secondo produttore di gas naturale. Siamo di fronte a due questioni aventi la stessa matrice: una puramente energetica e l’altra geopolitica. Il petrolio è lo strumento attraverso il quale l’Iran esercita il proprio leverage politico e se nel lungo periodo venissero adottate soluzioni alternative, cioè l’approvvigionamento di queste risorse fosse fornito da altri paesi, le ripercussioni potrebbero essere gravi.

Gli USA si erano già guadagnati il dissenso da parte d’Israele quando hanno siglato un patto con Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar ,Kuwait, Brunei, promettendo loro la nascita del “Grande Medio Oriente” non sottoposto al controllo della Lega Araba ma subordinato alla vigilanza degli stessi Paesi con i quali hanno concluso l’intesa, appartenenti tutti, più o meno, alla stessa famiglia, sia in modo diretto che indiretto.
La Francia, che in un primo momento, durante i vari vertici tenutisi a Ginevra, aveva preso una posizione di negatività nei confronti dell’accordo, si è ravveduta e durante il vertice di pochi giorni fa ha raggiunto un’intesa sul programma. La Francia è Il primo committente iraniano, a sua volta fornisce Silos per centrali nucleari e ottiene dall’Iran dei vantaggi economici consistenti in primis dalla riduzione sul prezzo di acquisto di petrolio e gas. Viene poi la Germania, che ha commesse con l’Iran per 75 miliardi di euro.

Un attacco nei confronti dell’Iran avrebbe aperto scenari imprevedibili per la stabilità e la sicurezza mondiale. Il paese, infatti, oltre ad avere l’appoggio di Mosca, è membro osservatore della SCO (Shanghai Cooperation Organisation) che unisce in un patto di reciproco sostegno economico e militare, Russia e Cina.

Secondo quanto rivelato da alcuni organi di stampa britannici,  infatti, i due governi di Israele e Arabia Saudita avrebbero stretto un’intesa per impedire che l’Iran si doti della capacità nucleare. Già il 27 giugno scorso il quotidiano “The Sunday Times” aveva parlato dell’esistenza di una base aerea saudita concessa all’Aeronautica militare israeliana. A rompere gli indugi tra israeliani e sauditi avrebbe contribuito soprattutto il fallimento della politica americana in Medio Oriente oramai avviata verso l’appeasement nei confronti dell’Iran. Dal canto suo il governo saudita avrebbe concesso il proprio spazio aereo ai caccia-bombardieri di Israele in caso di attacco sulle centrali nucleari iraniane. Secondo Israele infatti per l’Iran le trattative sul nucleare sarebbero solo un mezzo per guadagnare tempo ed arrivare alla costruzione della bomba nucleare. D’altronde, nessuno Stato potrebbe mai affrontare in modo soddisfacente i danni conseguenti allo scoppio di una bomba nucleare, ciononostante gli armamenti continuano ad essere una voce sostenuta dei loro bilanci.

Referendum, voto all’estero e quorum: l’ombra di un altro ricorso

Parlavo ieri del pronuncia della Cassazione che ha modificato il testo del quesito del referendum sul nucleare (vedi post). Ebbene, oggi è esploso il caso del voto degli italiani all’estero: hanno votato – i pochi che l’hanno fatto – con le schede vecchie, riportanti cioè il testo originario del referendum sull’atomo prima della rettifica della Cassazione a causa del decreto Omnibus. Voti validi o no?

D Pietro si dice pronto a fare ricorso. Il suo intento non è quello di far rispettare la volontà dell’elettore all’estero, bensì di invalidarne il voto. La ragione è molto pratica, o per così dire, matematica. Con il voto all’estero sarà necessaria un’affluenza all’urne più grande ai fini del raggiungimento del quorum: all’estero non c’è grande partecipazione, votano in pochi. Trattasi di 3 milioni e duecentomila aventi diritto. Facciamo due conti:

47.357.878 elettori

3.236.990 elettori

ipotizziamo “un’affluenza alle urne” della circoscrizione esterno del 30%, in calo rispetto alle scorse politiche (circa 39%): 971.000 voti. I votanti residenti in Italia sono 44.120.888: il 50%+1 è pari a 22.060.445. Ne consegue che vengono sommati ai voti esteri, il quorum si fermerebbe al 48%. Per riuscire a raggiungere la fatidica soglia, bisognerebbe sperare in un’affluenza nel paese superiore al 52% – percentuale che potrebbe essere anche più alta se l’affluenza reale all’estero fosse inferiore a quanto qui immaginato.

Di Pietro ha pronta una scorciatoia: ricorrere in cassazione e chiedere di invalidare il voto degli italiani all’estero, quindi chiedere il conteggio del quorum escludendo quei 3 milioni di votanti. Eticamente, una porcata. Però pare che si sia pronti anche a vendere la pelle pur di vincere questi referendum. Esiste un’altra strada, forse più democratica: fare il 60% di affluenza qui da noi. Pensateci.

Decreto Omnibus, un tranquillo pomeriggio di paura. In gioco il referendum sul nucleare

Domani dalle ore 15 verrà discusso e votato il Decreto Omnibus. Un decretono milleproroghe bis, che però contiene l’abrogazione delle norme del ritorno del nucleare in Italia. La furbata per cancellare il referendum di giugno. Se non passa il decreto, il governo si gioca la faccia e B. l’immunità zoppa di quel che resta del legittimo impedimento. Ecco perché è stata posta la fiducia. In un’aula di Montecitorio deserta, oggi il rappresentante del governo ha annunciato il ricorso allo strumento del voto di fiducia, extrema ratio in una Camera distratta dalla campagna elettorale e con gli occhi rivolti anzitutto a Milano. Pare di capire che il mercato delle vacche sia fermo da un bel pezzo e che non tira aria di sottosegretariati in regalo. Anzi, il clima è di quelli tesi, tutti contro tutti, a suon di pernacchie e di mirabolanti promesse. Milano val bene una messa (nera), si direbbe.

Certo, per domani potrebbero ripetersi gli schemi già visti in passato: una maggioranza a pezzi però salvata da un’opposizione altrettanto a pezzi, sfilacciata, distratta, incapace di prevedere per tempo l’importanza delle votazioni in aula. Ma domani ci si gioca il referendum sul nucleare. Non poco. Ci si gioca la possibilità di mobilitare l’opinione pubblica riallacciandosi ad essa, attraverso i temi dell’acqua pubblica e del no al nucleare. Per l’opposizione, e per il PD, il referendum significa capitalizzare – grazie al lavoro di altri – un consenso che si fa fatica ad intercettare, sempre troppo piegato verso sinistra, sia essa la versione vendoliana, sia essa la versione giustizialista dipietrista.

Ecco perché domani è bene che il PD faccia squillare i telefoni dei propri deputati. Domani è “voto chiave”. Aleggia come una nebbia la domanda: cosa faranno i responsabili?

Per chi avesse tempo di contare le poltrone vuote fra le file dell’opposizione, questa è la diretta streaming della Camera: http://bit.ly/l8prfb

Nucleare, Berlusconi rivela: moratoria solo per evitare il referendum

La moratoria italiana sul nucleare? Un’astuzia per evitare che gli italiani si pronuncino con un referendum. Lo si può facilmente dedurre dalle parole di Berlusconi nella conferenza stampa di oggi, a margine del vertice italo-francese:

Una scelta di opportunità, per evitare di prendere decisioni sull’onda dell’emotività che avrebbero potuto compromettere il futuro energetico del nostro Paese. Spiega così, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, la scelta dell’Italia di far scattare una moratoria sull’energia nucleare nel nostro Paese. “Se fossimo andati oggi a quel referendum – argomenta il presidente del Consiglio – il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni a venire. Abbiamo introdotto questa moratoria responsabilmente, per far sì che dopo un anno o due si possa tornare a discuterne con un’opinione pubblica consapevole. Siamo convinti – aggiunge il premier – che il nucleare sia un destino ineluttabile” (Il Giornale.it).

Un destino ineluttabile, dice il “vecchio decrepito” Berlusconi. E continua, “l’energia nucleare è la più sicura”, il disastro giapponese “si è verificato perché la centrale di Fukushima era stata edificata su un terreno che non lo permetteva”; i contratti fra Enel e EDF, vero nocciolo del problema, non verranno annullati.

La moratoria è un inganno. Andate a votare al referendum. Il destino non è ineluttabile. Neanche Berlusconi lo è. Possiamo cambiare le cose, basta volerlo. Possiamo scegliere, e diremo no al nucleare di Berlusconi.

Nucleare e la metamorfosi di Margherita Hack: da guru dei girotondini a mito da rottamare

Solo qualche mese fa la firma della eminente scienziata e astrofisica Margherita Hack campeggiava insieme a quella di Andrea Camilleri, Dario Fo, Paolo Flores D’Arcais, Don Andrea Gallo, ecc., in quasi tutti gli appelli delle manifestazioni della sinistra girotondina. E’ un tipo di mobilitazione che fa uso del testimonial. Una mobilitazione organizzata dall’alto, e in qualche modo messa sotto controllo dalle parole d’ordine invocate in quegli appelli: giustizia, lavoro, uguaglianza. Niente di scandaloso, sia chiaro. Ecco qualche esempio:

Margherita Hack e Andrea Camilleri: «Bloccate il Parlamento»:

Margherita Hack, Andrea Camilleri, Dario Fo ed altre figure illustri del nostro Paese, hanno lanciato, tramite Micromega, un appello in cui si invita i deputati dell’opposizione a bloccare, in segno di protesta, i lavori del Parlamento. “Il governo Berlusconi, e la sua maggioranza parlamentare obbediente “perinde ac cadaver”, è entrato in un crescendo di eversione che mira apertamente a distruggere i fondamenti della Costituzione repubblicana e perfino un principio onorato da tre secoli: la divisione dei poteri.

(24.02.2011)

Il manifesto anti-Marchionne/ Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Margherita Hack su MicroMega: “Come lo squadrismo fascista”

(Affari Italiani, 04.01.2011)

14/10/2010

16 ottobre in piazza

Fuori Berlusconi – W la Costituzione – No al modello Pomigliano

Sabato 16 ottobre tutti a Roma con la Fiom Cgil insieme a

Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, don Andrea Gallo, Margherita Hack, Sabina Guzzanti, Antonio Tabucchi, Gino Strada, Luigi De Magistris, Altan, Sergio Staino, Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Piergiorgio Odifreddi, Sonia Alfano, Gianni Vattimo, Lidia Ravera, Furio Colombo, Pancho Pardi, don Enzo Mazzi, don Paolo Farinella, Domenico Starnone, Carlo Lizzani, Giuliano Montaldo, Angelo d’Orsi, Valerio Magrelli e molti altri

(Info in Rete, 14/10/2010)

Poi venne lo sciagurato appello degli ‘intellettuali’ di snistra al Partito democratico. Appello  in cui si chiedeva al segretario Bersani di non dire ‘no’ al nucleare, e la simpatia della Hack è venuta meno. Può la Hack definirsi ambientalista perché nuclearista?

“Siamo circondati dalle centrali nucleari – afferma l’astrofisica in un’intervista al ‘Riformista’ – Siamo costretti a comprare energia, dobbiamo pagarla agli altri perché siamo completamente dipendenti dall’estero e, se ci fosse un disastro in uno di questi paesi noi avremmo tutti i danni senza averne i vantaggi” […] poi parzialmente corregge il tiro: “Credo che intanto si dovrebbero sfruttare al massimo le energie rinnovabili, il solare, che e’ utilizzato piu’ dalla Svezia che dall’Italia, che e’ il paese del sole. Le rinnovabili non saranno sufficienti per i bisogni sempre crescenti dell’industria, quindi bisognera’ per forza ricorrere al nucleare”.

La Hack, per giustificare il ritorno al nucleare, fa un’affermazione strana: le rinnovabili non saranno sufficienti, i bisogni dell’industria sono sempre crescenti. E’ vero? Osservate questi due grafici:

fonte: Rapporto Istat 6 luglio 2010

Il grafico mostra il consumo di energia per abitante in relazione con il Pil. Il valore cresce fino al 2005, per poi crollare fra il 2007 e il 2009. La decrescita più grande fra il 2008 e il 2009 quando, si legge nel rapporto Istat, è crollata del 5.6% in un solo anno, probabile effetto della crisi economico-finanziaria del 2007-2008 e che tuttora ci perseguita. Si può affermare che se il consumo pro-capite è in relazione al pil, allora la diminuzione degli anni 2007-2009 è attribuibile al minor consumo per uso industriale. Ciò contraddice l’affermazione della Hack secondo cui i “bisogni dell’industria sono sempre crescenti”.

fonte: Rapporto ISTAT 6 Luglio 2010

L’ipotesi di cui al capoverso precedente è confermata da questo secondo grafico, sempre contenuto nel Rapporto ISTAT del 6 Luglio 2010: la porzione di barra colorata di blu indica i consumi di energia (tradotti in milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) del settore industria: evidentemente in calo. Quello che non cala è il consumo per uso civile, ambito nel quale ognuno di noi nel suo piccolo può fare risparmio energetico.

Quello che segue invece è un estratto del rapporto mensile di Terna, la società “principale proprietaria della Rete di Trasmissione Nazionale di energia elettrica italiana” come si definiscono sul loro sito:

Il bilancio energetico Febbraio 2010-2011 ci dice sostanzialmente che la produzione netta di energia elettrica di origine fotovoltaica è aumentata del 115%, l’unica variazione significativa di un quadro produtttivo sostanzialmente immutato. 115% in un solo anno. Un vero boom. Praticamente raddoppiata: da 71 gigawattora a 153. Ciò smentisce l’altra affermazione della Hack secondo cui il fotovoltaico non basterà. Con questo trend di crescita, c’è da giurarci, avanzeremo tanta energia che non sapremo dove metterla.

Detto questo, la Hack si sarà sbagliata. E’ una scienziata del secolo scorso, forse troppo ‘einsteiniana’. L’atomo non può tutto. Può distruggere tutto, questo sì, ma difficilmente crea qualcosa. E’ comunque corretto dire che la Hack può espriemere le sue opinioni, può dire “a me piace l’atomo”. L’errore non è suo: l’errore è nostro quando l’abbiamo creduta attendibile come testimonial contro la legge bavaglio o il legittimo impedimento. Che abbiamo dato sostegno a appelli che impiegano scientemente testimonial e parole chiave per creare una mobilitazione che altrimenti non c’è o è difficilmente aggregabile. Non è corretto farci etero-dirigere da chi non ha il coraggio di metterci la faccia e manda avanti Hack e Camilleri.

E’ quindi inutile prendersela con la scienziata. Inutile costruire cause su Facebook come questa: Io NON sto con la Vanna Marchi del Nucleare – Screditare la Peggiore SERVA delle Lobby Mafiose del Nucleare.

fonte dati:

Rapporto Terna

Rapporto ISTAT 6 Luglio 2010

L’apocalisse giapponese spingerà gli USA alla guerra in Libia?

Per qualche ragione, due mari lontanissimi, il Mediterraneo e l’Oceano Pacifico, diventano stranamente “comunicanti” e non già perché si possa navigare da uno all’altro senza passare per terra, bensì perché la storia e la geologia hanno deciso così. E tutto per colpa della necessità degli uomini di avere energia a buon prezzo per le proprie attività e per le proprie abitazioni. Sì, diciamolo, per colpa del petrolio.

Da un lato, il Giappone con la sua inimmaginabile apocalisse, la distruzione di intere città e di industrie, in primis quella energetica che sta portando al melt down due o tre reattori della centrale di Fukushima. Domani è annunciato il razionamento dell’energia elettrica: per Tokyo sarà il black out. Parliamo di una città di 13 milioni di abitanti. In tutta l’area metropolitana vivono circa 35 milioni di persone. Ergo, il governo giapponese dovrà rivedere la propria politica energetica con misure emergenziali, la prima delle quali sarà incrementare la produzione di elettricità attraverso quella parte di infrastruttura che impiega combustibile non nucleare, ovvero gas e petrolio. Ma mentre per il gas è difficile incrementare la produzione in tempi brevi – sono necessari nuovi gasdotti, nuovi rigassificatori – per il petrolio il problema non sussiste: faranno arrivare qualche petroliera in più. L’energia elettrica di provenienza nucleare in Giappone è circa il 30% di quella prodotta. Considerando che gli impianti coinvolti dal sisma-tsunami sono circa sette, in funzione ne restano almeno undici delle diciotto attualmente funzionanti. Ne consegue – e questo è certo un calcolo spannometrico poiché non conosco la potenzialità degli impianti né il numero di reattori spenti – circa il 10-15% di energia in meno.

Alla riapertura dei mercati sapremo se il rally del prezzo del petrolio di questi giorni si tramuterà in una tendenza chiara al rialzo. L’incremento di fabbisogno di oro nero del Giappone produrrà una scossa sui listini dei mercati. E di riflesso avremo uno shock petrolifero in piena regola. Il sistema produttivo è in grado di reagire alla nuova domanda? I paesi OPEC incrementeranno le attività estrattive? Gli USA metteranno mano alle famigerate riserve?

Qui entra in campo il ‘problema Libia’. L’Europa se n’è lavata le mani, con Italia e Germania su una linea prudente mentre Sarkozy spingeva già per la guerra totale (o Total) al dittatore libico. Gli Stati Uniti sono divisi fra amministrazione Obama desiderosa di cacciare il brutale Gheddafi e gerarchie militari tiepide sull’ipotesi di aprire un terzo gravoso conflitto. In mezzo gli interessi petroliferi degli inglesi – Bp e le sue dannate trivelle – già a far da grancassa agli insorti, speranzosi di trovare il nuovo link per inserirsi nel paese, mentre russi e cinesi, pronti a sostituire i ‘traditori italiani’ con le loro imprese e i loro soldi, restano freddini essendo in buoni rapporti con il Raiss. Questo scenario di blocco potrebbe essere risolto in un batter d’ali se domani i mercati dovessero aprire con il barile sopra i 105 dollari:


A fine Febbraio, infatti, all’apice della crisi libica, quando sembrava che Gheddafi dovesse abbandonare il paese da un momento all’altro, il greggio è volato sopra i 100 dollari. In un solo giorno era aumentato di dodici dollari. E allora la catastrofe giapponese potrebbe far rivedere i piani degli americani: il greggio dell’Arabia Saudita potrebbe non essere sufficiente. Le truppe mercenarie di Gheddafi stanno marciando su Bengasi senza trovare resistenza. Sta a vedere che ora andrà bene anche una No Fly Zone, fatta anche male.

Fukushima verso l’inesorabile fusione del nocciolo nucleare

Per Il Giornale l’incidente nucleare di Fukushima sarebbe poca cosa rispetto alla catastrofe generale. Si sbagliano. Poiché ci sono tutti i segni di una imminente fusione:

  1. la presenza di Cesio nell’atmosfera circostante: il cesio è “un prodotto della reazione nucleare e non è solitamente presente nel vapore o nel circuito di raffreddamento, dove sono invece presenti altri isotopi a breve vita. La sua presenza indica che, con tutta probabilità LE BARRE DI COMBUSTIBILE NUCLEARE SONO STATE O SONO ESPOSTE ALL’ARIA“;
  2. l’esplosione è dovuta allo sviluppo di idrogeno, ma “l’idrogeno si forma quando il vapore surriscaldato a temperature vicine o oltre i mille gradi si dissocia. Se le cose stanno cosi il nocciolo del reattore ha già raggiunto queste elevatissime temperature e quindi, con ogni ragionevolezza, l’esplosione ha danneggiato anche la struttura di contenimento vera e propria, se non l’ha direttamente coinvolta. A temperature cosi elevate anche l’acciao ed il cemento armato piu robusti diventano assai poco resistenti”;
  3. l’impiego di acqua marina è l’estrema ratio: “e’ una misura assolutamente disperata che si fa quando è chiaro che la reazione non è più frenata dalle barre di controllo, cosa dle resto provata dall’esplosione stessa” (per l’analisi tecnica rimando al dettagliato post di Pietro Cambi su Crisis? What Crisis?).

Quel che qui preme di sottolineare è la risposta dei media italiani alla catastrofe nucleare imminente:

L’intervista al fisico Tullio Regge – scusate il fin troppo facile gioco di parole – non regge: il fisico afferma che le radiazioni se l’è portate via il vento, e ciò dovrebbe rassicurarci? Significa che sono sulla testa di qualcun altro. E poi conclude: “Ricordiamoci sempre che uccide di più il fumo di sigaretta che un incidente del genere. Temo una nuova esplosione di rabbia antinucleare, ma quello che serve, ora, sono analisi adeguate di quante radiazioni siano state assorbite e dove siano andate a finire”. E prosegue ricordando che Chernobyl fu una bomba, che le nuove centrali sono state costruite secondo criteri di sicurezza che l’impianto ucraino nemmeno lontanamente immaginava. Peccato che l’impianto di Fukushima sia non di nuova generazione e che la presenza di cesio nell’aria sia il segnale inequivocabile che il combustibile nucelare sia fuoriuscito dalla gabbia e che la gabbia non sia intatta così come dice il governo giapponese.

In un altro articolo sempre de Il Giornale la stoccata politica:

Specula la sinistra ma l’ordine perentorio da destra è: no allarmismi. Fate vedere che il nucleare è un simbolo di sicurezza. E tutto il resto no.

Esplode centrale nucleare in Giappone, una notizia che non andava letta


Un’esplosione si è verificata nella centrale nucleare Fukushima, a 250 km da Tokyo, dopo il sisma di ieri gravemente in crisi in termini di temperatura e pressione. Così oggi è esplosa in una fumata biancastra. Scrive il Corsera: “L’esplosione è stata molto più potente delle stime iniziali, al punto che si sarebbe polverizzata la gabbia di esterna di contenimento di uno dei reattori. Il tetto e parte delle mura dell’edificio sono crollate e alcuni operai sarebbero rimasti feriti”. I valori di Cesio sono mille volte e forse più superiori alla norma. Un giornalista di SkyTg24 ha rivelato che un gironalista giapponese è stato redarguito in diretta da un collega per aver rivelato di un fuggi fuggi generale da parte degli addetti della centrale. “Questo è una notizia che non andava letta”, gli è stato detto in diretta televisiva.

Questa la sequenza fotografica: osservate il fotogramma 2, pare elevarsi in cielo un’onda grigia:

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Parafrasando il noto ingannevole spot pubblicitario del Forum Nazionale sul Nucleare, presieduto dal nuclearista Chicco Testa, “Voi da che parte state?”. Chicco Testa era ieri sera a Otto e Mezzo, intervistato da Lilli Gruber. Testa ha fatto notare ai telespettatori l’incredibile sicurezza degli impianti nucleari. “Non è il livello delle radiazioni che sta salendo”, dice Testa – è soltanto mille volte più alto – “c’è un surriscaldamento, dovuto al black out elettrico”. Guardate che in fiamme è l’impianto petrolchimico e non la centrale nucleare, avverte Testa, quelle fiamme stanno diffondendo migliagia di tnnellate di gas serra nell’atmosfera! Ci stiamo preoccupando per qualcosa che non è successo ma che forse potrebbe succedere, dice saggiamente Testa. Che stupidi che siamo!

Ascoltate con le vostre orecchie: http://www.la7.tv/richplayer/index.html?assetid=50205548

E dopo aver sentito rimbombare le sue parole nella vostra testa, parole vecchie di sole quattordici ore, rivedete l’esplosione di oggi a Fukushima. Sì, le centrali si sono arrestate automaticamente, è vero, ma non è mai sufficiente.

Nucleare, ricorsi delle Regioni respinti

La Corte Costituzionale ha oggi discusso i ricorsi delle Regioni contro la legge delega del 2009 sul Nucleare. Le questioni sollevate dalle Regioni sono alcune infondate, altre inammissibili. Le motivazioni verranno depositate la prossima settimana. Fino ad allora non potremo discutere dell’aspetto giuridico. Da un punto di vista politico, è un brutto periodo per le Regioni a Statuto Ordinario: da un lato la sentenza della Consulta, che le espone ora alle decisioni del governo sulla scelta dei siti, decisioni che in extrema ratio possono anche scavalcarle; dall’altro la manovra economica che vede i trasferimenti statali alle Regioni ridotti del 40%. Ma Tremonti ha avvisato tutti, da Formigoni a Errani: se si tocca la manovra, è il collasso.

Avviso per tutti i sostenitori del ritorno al nucleare: cliccate qui. Pronti a mettere un reattore nelle mani dei vostri politici?

Incostituzionale non il nucleare ma la procedura d’urgenza. Fine ultima di Protezione Civile spa

Sembrava la notizia del giorno: la Consulta blocca la legge sul Nucleare. E invece no. Ne ha parlato per primo il blog di Alessandro Tauro, nel silenzio generale. La Corte Costituzionale, con la sentenza 215/2010, ha cassato l’art. 4 del decreto legge 78/2009 – cosiddetto ‘anticrisi’ – convertito con modificazioni dalla legge 102/2009: ergo, il Nucleare non si fa. Ma il decreto anticrisi all’art. 4 si limitava a istituire una procedura emergenziale per opere urgenti, con la creazione della figura di un Commissario Straordinario “con poteri esclusivi e totali in tema di nuovi impianti energetici”. Formula volutamente generica. Secondo Tauro, la medesima procedura sarebbe contenuta nel decreto che sancisce il ritorno del Nucleare in Italia, ovvero il DL. 31/2010, all’art. 11 c. 5 e 6:

5. Il Ministro dello sviluppo economico, entro trenta giorni, sottopone ciascuno dei siti certificati all’intesa della Regione interessata, che si esprime previa acquisizione del parere del comune interessato.

6. In caso di mancata definizione dell’intesa di cui al comma 5 entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della richiesta dell’intesa stessa, si provvede entro i trenta giorni successivi alla costituzione di un Comitato interistituzionale, i cui componenti sono designati in modo da assicurare una composizione paritaria, rispettivamente, dal Ministero dello sviluppo economico, dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da un lato, e dalla Regione, dall’altro, che assicura la presenza di un rappresentante del comune interessato. Le modalita’ di funzionamento del Comitato interistituzionale sono stabilite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, previo parere della Conferenza unificata da esprimere entro trenta giorni dalla richiesta del parere stesso; il Comitato opera senza corresponsione di compensi o emolumenti a favore dei componenti. Ove non si riesca a costituire il Comitato interistituzionale, ovvero non si pervenga ancora alla definizione dell’intesa entro i sessanta giorni successivi alla costituzione del Comitato, si provvede all’intesa con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, integrato con la partecipazione del presidente della Regione interessata.

Il comma 6 prevede la costituzione di un Comitato interistituzionale, una sorta di comitato di conciliazione fra governo centrale e regionale, che provveda esso stesso alla composizione dell’accordo. In questa fase, sia chiaro, non si discute se stabilire un impianto nucleare, bensì della scelta del sito. La Regione non interviene nella decisione di aprire un impianto nucleare: interviene solo nella fase di approvazione del sito. Approvazione e non negazione. Di fatto, la procedura, qualora il Comitato fallisse nella sua formazione, prevede una riserva ultima, che è quella della decretazione d’urgenza, con la partecipazione al CdM del presidente di Regione interessato. Si capisce che tale partecipazione è meramente simbolica. Il Comitato deve solo provvedere a metter d’accordo governo e regione sulla scelta del sito. La sua costituzione è garanzia che un sito verrà comunque scelto. I suoi componenti opereranno sulla base di una deicsione irriversibile: l’apertura di un impianto di produzione di energia nuclare in quella regione. La Regione – in questa scelta – è completamente esautorata.

Come si inserisce la sentenza 215/2010, che interviene sulle procedure d’emergenza istituite con il DL. 78/2009, in questo quadro normativo? Semplicemente non si inserisce. E questo per due motivi:

  1. con le norme di cui all’art. 4 DL. 78/2009, si procede a un vero e proprio spostamento di competenze dalla periferia al centro ‘in caso d’urgenza’ solo per interventi inerenti al trasporto e alla distribuzione di energia:  “la disposizione richiede la necessità dell’intesa con la Regione solo per l’individuazione degli interventi relativi alla produzione e non anche per quelli concernenti il trasporto e la distribuzione” (Corte costituzionale, sentenza 215/2010);
  2. la norma in sé non espropria le Regioni della competenza nella realizzazione degli interventi, bensì della scelta della tipologia di impianto – nucleare o rinnovabile? – e tende al superamento del contrasto in fase di decisione del sito. Tali aspetti saranno oggetto di ulteriore pronuncia della Consulta sul ricorso presentato da dieci (prima di Cota alla presidenza del Piemonte, erano undici) regioni contro il DL. 31/2010.

Ma l’effetto più importante della sentenza CC. 215/2010 resta la fissazione di due importanti principi in tema di opere urgenti:

  • “ogni motivo d’urgenza dovrebbe comportare l’assunzione diretta, da parte dello Stato, della realizzazione delle opere medesime” mentre “la disposizione impugnata stabilisce che gli interventi da essa previsti debbano essere realizzati con capitale interamente o prevalentemente privato, che per sua natura è aleatorio“; ne consegue che “la previsione, secondo cui la realizzazione degli interventi è affidata ai privati, rende l’intervento legislativo statale anche sproporzionato”, essendo la disponibilità del capitale privato per definizione non garantita (CC. 215/2010, cit.);
  • “le presunte ragioni dell’urgenza non sono tali da rendere certo che sia lo stesso Stato, per esigenze di esercizio unitario, a doversi occupare dell’esecuzione immediata delle opere, non c’è motivo di sottrarre alle Regioni la competenza nella realizzazione degli interventi” (ibidem).

Queste quattro righe sono la pietra tombale alla formula delle opere d’urgenza che doveva prender forma nella Protezione Civile s.p.a. Con tanti cari saluti alla cricca.

Ne parlano:

5. Il Ministro  dello  sviluppo  economico,  entro  trenta  giorni,
sottopone ciascuno dei  siti  certificati  all'intesa  della  Regione
interessata, che si esprime previa acquisizione del parere del comune
interessato.
  6. In caso di mancata definizione dell'intesa di  cui  al  comma  5
entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento  della  richiesta
dell'intesa stessa, si provvede entro i trenta giorni successivi alla
costituzione di un Comitato interistituzionale, i cui componenti sono
designati  in  modo  da  assicurare   una   composizione   paritaria,
rispettivamente,  dal  Ministero  dello   sviluppo   economico,   dal
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e  del  mare  e
dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,  da  un  lato,  e
dalla  Regione,  dall'altro,  che  assicura   la   presenza   di   un
rappresentante del comune interessato. Le modalita' di  funzionamento
del  Comitato  interistituzionale  sono  stabilite  con  decreto  del
Ministro dello sviluppo economico,  previo  parere  della  Conferenza
unificata da esprimere entro trenta giorni dalla richiesta del parere
stesso;  il  Comitato  opera  senza  corresponsione  di  compensi   o
emolumenti a favore dei componenti. Ove non si riesca a costituire il
Comitato interistituzionale,  ovvero  non  si  pervenga  ancora  alla
definizione dell'intesa  entro  i  sessanta  giorni  successivi  alla
costituzione del Comitato, si provvede  all'intesa  con  decreto  del
Presidente della Repubblica, previa deliberazione del  Consiglio  dei
Ministri,  integrato  con  la  partecipazione  del  presidente  della
Regione interessata.

Nucleare, il giallo del decreto sblocca centrali.

Il Governo ha approvato in data 10 Febbraio 2010 il cosiddetto Decreto Sblocca Centrali, come previsto dall’art. 25 della legge delega che reintroduce in Italia la produzione di energia elettrica nucleare, la legge 99/2009. Il medesimo articolo dava al Governo sei mesi di tempo per scrivere il decreto:

Art. 25 L. 99/2009, comma 1: Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto delle norme in tema di valutazione di impatto ambientale e di pubblicità delle relative procedure, uno o più decreti legislativi di riassetto normativo recanti la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare […]

Il giallo riguarda la pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale, che non è ancora avvenuta. Pertanto il testo non ha alcun effetto: è come se non fosse mai stato deliberato.

La legge delega parla espressamente di sei mesi di tempo che scadevano appunto il 15 febbraio, dal momento che essa è in vigore dal 15 agosto 2009. Viene da chiedersi dunque se quel decreto abbia ancora validità o se per superamento dei tempi debba ritenersi decaduta la stessa legge delega. Sarebbe davvero un bell’autogol (fonte: Clamoroso! La legge delega sul nucleare decaduta per scadenza dei termini?).

Ma la mancata pubblicazione sulla Gu non sarebbe l’unico aspetto discutibile del decreto sblocca centrali. La legge 99/2009, al medesimo art. 25, prevede un iter preciso sul cui rispetto da parte del Governo ci sono parechi dubbi:

Art. 25 L. 99/2009, comma 1: I decreti sono adottati, secondo le modalità e i princìpi direttivi di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nonchè nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui al comma 2 del presente articolo, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e successivamente delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario. I pareri delle Commissioni parlamentari sono espressi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione degli schemi dei decreti legislativi.

La Conferenza Unificata chiamata in causa è la Conferenza Stato-Regioni. Le Regioni però hanno dato parere negativo e la risposta del Governo, per bocca del sottosegretario allo sviluppo economico Scaglia, “Il parere delle regioni non è vincolante, noi andiamo avanti”. Le Regioni si erano espresse negativamente, lo scorso 28 Gennaio, votando a maggioranza – unici voti favorevoli quelli delle Regioni Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Di fatto, l’atto del Governo viola la competenza concorrente delle Regioni in materia di energia, nonché il principio della leale collaborazione.

    • Il Decreto legislativo viene approvato dal Consiglio dei Ministri contro la quasi totalita’ delle Regioni (con la sola eccezione di Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia) che hanno contestato nel loro documento il mancato rispetto dei poteri concorrenti delle Regioni in materia di certificazione dei siti, autorizzazione unica degli impianti nucleari e autorizzazione unica per il deposito nazionale […] (II Decreto sarebbe) contro il Titolo V della Costituzione ed elude l’obbligo di acquisire il parere della Conferenza unificata stabilito dalla cosiddetta Delega nucleare, legge 99/2009, che all’art. 25 stabilisce che i decreti attuativi della delega siano adottati ‘su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il ministro dell’Ambiente e con il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata e successivo parere delle Commissioni parlamentari competenti”

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A Natale puoi (mettere il Nucleare dove vuoi).

Questo il regalo del governo: un bel decreto legislativo in cui si sono decisi i criteri per la designazione delle aree che ospiteranno gli impianti nucleari. Da segnalare che la Valutazione Ambientale Strategica sarà preminente sulla Valutazione di Impatto Ambientale, ovvero se l’implementazione del sito nucleare sarà considerata strategica, può anche devastare l’ambiente circostante. Poco importa.
Ecco allora il dono natalizio del nostro governo. Ringraziamo tutti Babbo Scajola.

    • ieri a Palazzo Chigi nel corso della riunione che ha dato il via libera al provvedimento c’è stato un serrato confronto su alcuni punti del decreto. Prestigiacomo aveva presentato circa 60 richieste di modifica al testo, la maggior parte delle quali sono state accolte con la mediazione di Letta. Non si è invece riusciti a trovare un accordo sull’articolo 13, tanto che il decreto è stato approvato «salvo intesa».
    • Oggetto del contendere, in particolare, sarebbe il comma 7, il quale prevede che le autorizzazioni Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale) e Via (Valutazione d’Impatto Ambientale) «non possono avere ad oggetto questioni già sottoposte a valutazione ambientale strategica (Vas) o alla valutazione dell’Agenzia nell’ambito della localizzazione del sito».
    • In termini generali, il decreto prevede che dapprima vengano individuate le aree geografiche idonee ad ospitare le centrali nucleari attraverso la Vas. Successivamente gli operatori indicheranno il sito prescelto e ricevano, se sussistono i requisiti richiesti, l’autorizzazione da parte dell’Agenzia per il Nucleare.
    • Una volta ottenuta quella autorizzazione, gli operatori potranno richiedere al Ministero dell’Ambiente la Via che, secondo quanto dispone il comma in discussione, non potrà però rimettere in discussione la Vas.
    • le aree idonee devono rispondere ai seguenti parametri:

      a) popolazione e fattori socio-economici;

      b) qualità dell’aria;

      c) idrologia e risorse idriche;

      d) fattori climatici;

      e) biodiversità;

      f) geofisica e geologia;

      g) valore paesaggistico;

      h) valore architettonico-storico;

      i) accessibilità.

      l) sismo-tettonica;

      m) distanza da aree abitate e da infrastrutture di trasporto;

      n) strategicità dell’area per il sistema energetico e caratteristiche della rete elettrica;

      o) rischi potenziali indotti da attività umane nel territorio circostante.

    • Riguardo alle compensazioni economiche, viene previsto un beneficio economico onnicomprensivo annuale commisurato alla potenza elettrica nominale dell’impianto in fase di cantiere, pari a 3 mila euro per megaWatt. Una volta che l’impianto nucleare sarà entrato in esercizio, in benefico economico sarà commisurato all’energia elettrica prodotta ed immessa in rete, pari a 0,4 euro per MWh da corrispondere ad imprese e cittadini sulla base dei criteri definiti dagli enti locali. Il 10% dei benefici saranno attribuiti alle province in cui è ubicato l’impianto; il 55% ai comuni e per il 35% ai comuni limitrofi, fino ad un massimo di 20 km. Nella fase della realizzazione, invece, i benefici saranno destinati per il 40% agli enti locali e per il 60% alle persone residenti e alle imprese presenti sul territorio e si tradurranno in una riduzione della spesa energetica, della tarsu, delle addizionali Irpef, Irpeg e Ici.

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La Centrale nel giardino. Metti la scoria nell’indifferenziata.

L’articolo del giornale free-press Metro che rivela la lista dei siti scelti per ospitare le centrali nucleari è stato pubblicato venerdì scorso, 11 settembre, ma la notizia, con l’eccezione della rivista stampa su Sky, è li senza trovare spazio sui maggiori quotidiani nazionali. A questa divulgazione, il ministro dello sviluppo Economico Claudio Scajola ha risposto dalla Fiera del Levante di Bari con un secco e berlusconiano linguaggio: “Sciocchezze, solo sciocchezze messe in giro da chi non vuole il nucleare. Solo monnezza che nel

Paese sta prendendo troppo spazio”. Per poi aggiungere: “se un’area vicino casa mia fosse scelta per la realizzazione di una centrale, perché dovesse averne i requisiti, io farei comizi in piazza a favore della centrale, perché porterebbe progresso e noi non dobbiamo essere contro il progresso”.

Per Scajola i giornali raccontano solo bugie, solo lui è credibile, confonde le parole per vuotarle del loro senso e creare confusione: il problema del nucleare sono le scorie, la monnezza nucleare, e nessuno lo ignora – anche Scajola lo sa. Nella mente pavloviana degli aficionados berluscones, il rinvio rovesciato al “non nel mio giardino” è un’opera di distrazione: la centrale nucleare non sarà nel tuo giuardino no, e poi “io farei comizi in piazza”, il che equivale a dire: le manifestazioni contro l’insediamento delle centrali sono stupide e chi si oppone alle centrali è un un reazionario che si oppone al progresso.

Tutto questo utilizzo (rovesciato-svuotato-martellato-impoverito) del linguaggio e delle parole è una messa in pratica della disinformazione (un decimo di verità, nove decimi di bugie).

di Stefania Divertito, Metro, 14-09-2009

Di ufficiale c’è poco. Di ufficioso, praticamente tutto: chi è stato incaricato dal governo di realizzare lo studio di fattibilità per individuare le dieci città “prescelte” per ospitare le centrali nucleari, ha realizzato una lista di massima. Tra queste dieci ne dovranno essere scelte quattro: saranno loro ad ospitare gli impianti di terza generazione che il governo ha intenzione di costruire in Italia. La notizia viene confermata a Metro da uno dei tecnici che ha partecipato allo studio. Esiste una bozza, allo studio del governo. Tre le caratteristiche del territorio prescelto: assenza di sismicità, minore densità abitativa, vicinanza all’acqua, preferibilmente al mare, perché i fiumi rischiano di straripare. Mentre i tecnici cercano le aree, il governo ha già incassato il parere favorevole di Veneto e Sicilia.

ECCO LE DIECI AREE INDIVIDUATE PER LE 4 CENTRALI DA COSTRUIRE

1) Monfalcone (Gorizia). Uno degli elementi decisivi: la presenza del mare
2) Scanzano Jonico (Matera). Già individuato per il deposito delle scorie
3) Palma (Agrigento): la Regione Sicilia si sarebbe detta favorevole
4) Oristano: da sempre la Sardegna è nella top ten per i siti.
5) Chioggia. I cittadini stanno già organizzando le proteste.
6) Caorso. È uno dei siti che già ospita le centrali.
7) Trino Vercellese. Anche qui c’è un impianto in decommissioning.
8) Montalto di Castro: vicino al mare e un sito già individuato in passato
9) Termini Imerese. Pioggia di smentite ufficiali, ma i residenti temono.
10) Termoli: uno studio ne elenca le caratteristiche favorevoli al progetto

Tra gli addetti ai lavori la lista è un foglio che scotta. Che non deve diventare ufficiale, perché scatenerebbe le proteste dei cittadini. Eppure c’è. E contiene i nomi delle dieci città dove dovrebbero sorgere 4 delle centrali nucleari promesse dal governo. Per la maggior parte si tratta dei vecchi siti dove già ci sono gli impianti, ormai in dismissione. Ma ci sono anche delle novità: come Palma nell’Agrigentino o Termini Imerese, scelte figlie della disponibilità annunciata dalla Regione Sicilia. A sbarcare in Italia sarà l’European pressurized reactor di tecnologia francese, figlio della joint venture tra Enel ed Edf che hanno affidato la realizzazione degli studi di fattibilità alla neonata Sviluppo Nucleare Italia srl. Numerosi sono i laboratori coinvolti in questa fase per realizzare la mappa delle città papabili. «È la conferma che la scelta verrà presa con una dittatura nucleare. I siti saranno presidiati militarmente e non sarà possibile avere informazioni», denuncia il senatore Pd Roberto della Seta che sta preparando un’interrogazione parlamentare.

di Stefania Divertito, Metro, 14-09-2009

Non bastano le parole tranquillizzanti del ministro dello Sviluppo Scajola: i molisani riempiono i blog di proteste anti nucleari, da Monfalcone arriva la notizia della formazione di un comitato cittadino contro le centrali. A Termini Imerese il sindaco smentisce che ci sia un interessamento del governo, ma secondo fonti interne all’Enel è proprio la Sicilia una delle regioni deputate a ospitare i primi impianti. A Chioggia, Scanzano Jonico e Montalto di Castro sono stati annunciati consigli comunali sul tema. Da quando Metro venerdì ha pubblicato la lista delle città per l’individuazione dei siti nucleari, si sono scatenate le proteste. Ma Scajola risponde che la lista non è pronta: «Il governo sta ancora individuando i criteri dei siti dove collocare le centrali». Alcuni tecnici, interpellati da Metro, confermano che tra le bozze del decreto ci sono le indicazioni delle aree più adatte secondo le caratteristiche geomorfologiche. Poi saranno le imprese a scegliere i luoghi precisi. Anche contro il parere delle Regioni.La definisce “dittatura nucleare” il senatore Roberto Dalla Seta, Pd. Si riferisce alla possibilità data al governo di decidere dove costruire le centrali anche contro la volontà delle istituzioni locali. Al ministero dello Sviluppo stanno lavorando ai decreti che conterranno le indicazioni dei siti. «Poi – ha detto il ministro Scajola – le imprese proporranno la localizzazione ». Un doppio passaggio che prevede la consultazione delle Regioni. E se dovessero dire di no? Il governo potrà agire anche contro la loro volontà. «Le parole del ministro confermano che l’auspicato dialogo sarà di facciata – dice a Metro Della Seta – ma dubito che potrà scattare il braccio di ferro, a meno di innescare una guerra sociale». In questi giorni comunque tra i tecnici del dicastero e quelli dei laboratori delle imprese energetiche coinvolte circola la lista di massima che contiene le dieci ipotesi elencate da Metro. Entro febbraio, assicura Scajola, i nomi definitivi. «Certo non prima delle regionali, c’è da scommetterci », ribatte Della Seta che annuncia interrogazioni parlamentari.

di eptor10, Agoravox, 12-09-2009

Sono dieci i siti prescelti dal governo per la realizzazione delle quattro centrali nucleari, senza contare i depositi delle scorie. Il tutto avviene nel silenzio più assoluto.
Il tutto e il niente si ripropongono continuamente in Italia. Come dire: sappiamo tutto e non sappiamo niente. O meglio, non vogliamo rivelarvelo, non ancora. L’argomento in questione è il programma nucleare italiano, gestito da una joint venture tra Enel e Edf francese, che consegneranno alla società Sviluppo Nucleare Italia srl gli studi di fattibilità; il governo avrebbe scelto dieci località per la costruzione delle quattro centrali nucleari previste (il cui costo di costruzione è di 5 miliardi l’euro l’una). I siti sarebbero:

1) Monfalcone (Gorizia)
2) Scanzano Jonico (Matera)
3) Palma (Agrigento)
4) Oristano
5) Chioggia
6) Caorso
7) Trino Vercellese
8) Montalto di Castro
9) Termini Imerese
10) Termoli

I requisiti per l’insediamento delle centrali sono diversi, tra cui la vicinanza al mare, l’assenza di sismicità (anche se individuare un sito nucleare in un territorio ad alto rischio sismico come la Sicilia è decisamente un azzardo) e la bassa densità abitativa. In alcuni di questi siti, inoltre, sono già presenti vecchie centrali dismesse, ad esempio a Caorso; oppure Scanzano Jonico, teatro in passato di veementi proteste contro la decisione nel 2003 di impiantarvi un deposito di scorie nucleari. Ora, per somma gioia degli abitanti, la località potrebbe ottenere direttamente una bella centrale atomica.
Veneto e Sicilia hanno già dato l’ok per la costruzione di centrali di terza generazione, si attende ora la decisione delle altre regioni prescelte, ovvero il Lazio, la Sardegna e la Puglia. Ma le comunità locali stanno già mobilitandosi per opporsi ai progetti governativi, nel tentativo di creare un fronte antinucleare in grado di vincere solo se rimarrà compatto e unito pur nella distanza e nella diversità dei contesti in cui verranno insediate le centrali.
Con tutta probabilità il governo applicherà le stesse disposizioni attuate in Campania per il decreto rifiuti: esercito nei cantieri delle centrali e leggi speciali, massiccia presenza di polizia e carabinieri in assetto antisommossa. Per nascondere alle comunità locali la presenza dei depositi di scorie, il governo si servirà del Segreto di Stato all’energia, approvato con tutta fretta durante gli ultimi giorni della moribonda legislatura di Romano Prodi, segno questo che i grandi gruppi economici non hanno colore politico e si servono della classe politica per attuare i propri piani.
Ora c’è da chiedersi, quale garanzia o opportunità si sta offrendo all’Italia col nucleare? Gli enormi costi di costruzione, la manutenzione, le scorie, la limitata produzione energetica, l’esaurimento dell’uranio e il progressivo aumento dei costi di estrazione. Nonchè il grave rischio di infiltrazioni delle organizzazioni criminali nel business del nucleare. Nella civilissima Francia, infatti, sono stati censiti tantissimi siti in cui sono stati sversati illecitamente rifiuti radioattivi. In Italia, tenendo conto che le mafie fondano buona parte della propria ricchezza sul traffico illecito di rifiuti, cosa potrebbe accadere? Non è un prezzo troppo grande da pagare sia in termini economico-sociali sia ambientali, considerato che con un mix di energie pulite e con un serio piano di risparmio energetico si potrebbero ridurre considerevolmente il fabbisogno e la dipendenza da altri Paesi?
Sono molti, troppi i dubbi e i sospetti che gravano sul programma nucleare del governo, che in poco tempo ha triturato il referendum abrogativo del 1987 che stabiliva la denuclearizzazione della penisola, contravvenendo ad un’espressa volontà popolare e senza che fosse mai stato fatto un sondaggio serio delle opinioni favorevoli o contrarie sul ritorno del nucleare. Ma non dobbiamo preoccuparci! A garantire la nostra sicurezza ci pensa lui, il miglior premier che l’Italia abbia mai avuto in 150 anni di storia! Fate largo a Silvio Berlusconi.