Assalto Pdl alle Commissioni parlamentari

Tre commissioni chiave. Questo uno dei molti prezzi da pagare per i Democratici. Tre commissioni ai falchi del Pdl, fra le quali la Commissione Giustizia al Senato, che Berlusconi vuole assegnare a Francesco Nitto Palma, la Commissioni Esteri al Senato a Fabrizio Cicchitto,  gli Affari Costituzionali alla Camera a Paolo Sisto. La logica spartitoria prevede che il PD possa piazzare i propri dinosauri per far da contrappeso all’occupazione berlusconiana: Finocchiaro alla presidenza degli Affari Costituzionali alla Senato, Donatella Ferrante (ex magistrato) come controparte alla Camera per la Commissione Giustizia; la Commissione Lavoro vedrà invece contrapposti Damiano alla Camera e Sacconi al Senato. C’è posto anche per Rosy Bindi (Antimafia) ed Ermete Realacci (Ambiente). Messa così, avremo in pratica un parlamento paralizzato dalla guerra di trincea nelle commissioni. E il governo Letta potrà legiferare indisturbato (?) a colpi di decreti legge. Uno scenario terrificante.

I 5 Stelle si rassegnino. Se avranno mai il Copasir o la Vigilanza Rai, sarà perché qualcuno avrà pietà di loro. E in ogni caso non potranno ottenere nulla, poiché il Parlamento verrà completamente ostracizzato, impegnato nella finzione della contrapposizione totale. Se Alberto Airola otterrà, come si prevede, la presidenza della Vigilanza, al massimo potrà alzare la voce. La  prima linea sono la Commissione Giustizia e gli Affari Costituzionali. Laggiù si incontreranno i vecchi Generali del berlusconismo e dell’antiberlusconismo. Ma i 5 Stelle hanno abbandonato il campo troppo presto. Potevano presidiare la Costituzione dalla volontà ribaldesca di Berlusconi di restaurare l’immunità per i parlamentari, cioè per sé stesso. E loro non ci saranno. O saranno sottorappresentati.

Un governo neo democristiano. Con qualche furbizia

Nel governo Letta ci sono i rappresentanti di tutte le correntine del PD che hanno contribuito a formarlo: c’è un renziano (Del Rio), un dalemiano (Massimo Bray, membro della fondazione Italianieuropei), un franceschiniano (nella persona proprio di Dario Franceschini), un giovane turco (Andrea Orlando), e quindi i lettiani. Del PdL, Enrico Letta è riuscito a scegliere il meno peggio. Letta ha scelto in casa poiché, per esempio, Beatrice Lorenzin è iscritta a Vedrò, il think tank (che diamine, ci sarà un termine in italiano?) di Letta medesimo. Nunzia Di Girolamo è moglie di Francesco Boccia (che passerà alla storia per quella famosa frase: “chi non vota la fiducia al governo Letta è fuori dal PD”), pure lui un lettiano di stretta osservanza. Letta ha scelto fra i suoi simili. Ha scelto nella grande famiglia Letta, la cui rete di rapporti si estende al di là e al di qua del muro dell’antiberlusconismo.

Diranno che questo governo può piacere perché agli Esteri è stata nominata Emma Bonino. Diranno che non è male la presenza femminile. Che c’è un ministro donna e di colore. Che Josefa Idem è l’unica con una qualche legittimazione popolare, essendo stata eletta con le primarie per i parlamentari. Diranno che, nonostante tutto, l’attacco berlusconiano è stato sventato in quanto gli impresentabili non sono stati accettati, che i vari Brunetta, Gelmini e Brambilla non hanno ricevuto alcun ministero (ma restano in lizza per i posti da sottosegretario, eh).

Quel che non vi diranno più è che i vostri voti, espressi in un fine settimana di Febbraio, non contano più, che con i vostri voti si può fare un governo che durante la campagna elettorale veniva dipinto come il sogno di un pazzo. Che, a furia di grattare il fondo, si può ritrovare quel comune destino democristiano che nei corridoio del Transatlantico non si era mai completamente dissipato.

Il Non Giovane

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Enrico Letta è un giovane fin da quando era giovane e faceva il giovanissimo ministro nel primo governo Prodi. Che dire, è assolutamente irrilevante l’età per prestarsi ai papocchi di governo. Non è vero che, se sei giovane, i papocchi ti riescono meglio. Inoltre, da un giovane ci si aspetterebbe una visione meno allineata con le nascoste direttive della segreteria (dimissionaria) del PD. Un papocchio come il politicissimo governo PD-Pdl richiede una dote che, ai tempi della Democrazia Cristiana, si trovava abbondante in ogni parlamentare e specie negli angoli più remoti di ogni corrente e correntina: l’ipocrisia.

Letta si è prestato a questa operazione – perché il PD si assume le sue responsabilità, come se non avesse già dato – con un malcelato sospiro di sollievo e lo ha fatto pur avendo sostenuto, senza nemmeno mezza frase di critica, il suo segretario, Pierluigi Bersani, nei cinquanta giorni del dopo elezioni, dire come un ossesso che lui al governo con Brunetta e Gasparri giammai ci sarebbe stato. Ora, questa tremenda soluzione appare sul volto sornione di Letta come una cosa assolutamente normale e naturale.

Un giovane dovrebbe essere animato, io credo, da una volontà riparatrice verso il paese e non potrebbe mai – dico mai – immischiarsi in un esecutivo insieme agli stessi soggetti che lo hanno fatto precipitare nella crisi più profonda da quando esiste questa Repubblica.

Avrete ascoltato in queste ore Brunetta avanzare le proprie richieste al neo incaricato: dovete applicare tutti i punti del nostro programma, ha detto. Fra cui, ovviamente, la restituzione dell’Imu. Se queste sono le premesse, allora abbandoniamo subito le etichette di larghe intese o simili: il PD è annichilito e questi signori prenderanno il sopravvento, definendo loro medesimi l’Agenda politica del governo. Di fatto sarà un governo del centrodestra sotto mentite spoglie. E potranno realizzare tutte le più immonde porcate legislative, tanto la colpa sarà affibbiata in toto alla parte avversa. Una soluzione più comoda non ci poteva essere. Un governo di irresponsabilità nazionale.

E’ immaginabile una elezione di Rodotà? No, non ci sono i numeri

Non ci sono i numeri, ok? Come spiegarlo, cari 5 Stelle? Il PD è spaccato in due, e quell’altra metà non voterà mai Rodotà, è chiaro? Non lo voterà semplicemente perché guarda al Pdl per un governo condiviso con quella (maledetta) parte. Quindi, la vostra ostinazione a portare avanti una candidatura che non unisce è sciocca, non serve al paese, e sicuramente vi farà perdere.

Questa in sintesi la situazione. Che potete leggere anche su Ciwati.it. Molto semplicemente.

Il vostro grido ‘a casa, a casa!’ a cosa sarà servito se fate vincere Berlusconi?

Conflitto di interessi, analisi della proposta del PD

berlusconi_occhiale

In una discussione avuta su Twitter oggi mi è stato ricordato che il PD non ha alcuna volontà di cambiare, che sta organizzando un papocchio con Berlusconi, eccetera. Qui un sunto:

http://twitter.com/DanteofSparda/status/313593534664044544

D’altronde non mi è mai effettivamente chiaro se i vari commentatori sul web che parteggiano per i 5 Stelle abbiano la cura di verificare quel che dicono. Nella fattispecie, è stato fatto riferimento alla critica di Marco Travaglio – durante l’ultima puntata di Servizio Pubblico – agli otto punti proposti durante la Direzione Nazionale del PD circa dieci giorni fa. Travaglio critica pesantemente tutti gli otto punti ma si concentra, con il consueto acuminato linguaggio, che la proposta del PD riprenderebbe la legge del 2006 la quale, a sua volta, prevedeva che «il conflitto di interesse se sei parlamentare non esiste. Inizia ad esistere se vai al governo. Che significa? Che se Berlusconi rimane capogruppo può tenersi tutte le televisioni che vuole».

Travaglio commentava una proposta che non era ancora stata presentata. E’ vero che era stata annunciata l’intenzione di voler riprendere parte del progetto di legge approvato dalla I Commissione della Camera dei deputati l’11 maggio 2007 (http://www.senato.it/leg/15/BGT/Schede/Ddliter/26112.htm).

Proprio oggi sul sito del Partito Democratico sono state pubblicate due proposte di legge correlate fra di loro che sono il frutto della sintesi del progetto di legge del 2007 e della proposta Elia-Onida-Cheli-Bassanini e altri (www.astrid.eu/ASTRID-La-disciplina-del-conflitto-d-interessi.pdf). Si tratta di un doppio disegno di legge che regola i casi di conflitto di interesse nonché i casi di ineleggibilità e incompatibilità.

La critica di Travaglio si fonda sull’assunto che il dispositivo di legge entrerebbe in funzione solo nel caso di attribuzione di cariche di governo mentre non accadrebbe nulla nel caso in cui Berlusconi rimarrebbe semplice ‘capogruppo’. Ma tale critica parrebbe infondata poiché il PD avrebbe previsto di inserire una sorta di filtro preventivo nella clausola di ineleggibilità e incompatibilità cosiddette ‘di affari’:

II) Irrigidimento delle previsioni in materia di ineleggibilità e incompatibilità “di affari”
Si stabilisce che, nel caso di soggetti legati allo Stato, alle Regioni o agli enti locali da particolari rapporti concessori o di finanziamento, l’ineleggibilità (o incompatibilità) opera anche indipendentemente dalla qualità formale di concessionario, ovvero dalla carica sociale rivestita dal soggetto interessato, dovendosi guardare anche al dato sostanziale della proprietà o del controllo della società o dell’impresa interessata (https://s3.amazonaws.com/PDS3/allegati/incompatibilita_incandidabilita.pdf).

Tale norma supererebbe i limiti della vecchia norma del 1957 (DPR. 30 Marzo 1957, n. 361) secondo la quale non sono eleggibili:

1) coloro che, in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private, risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l’obbligo di adempimenti specifici, l’osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o l’autorizzazione è sottoposta […].

Naturalmente la questione della ineleggibilità di Berlusconi fu posta sin dal lontano 1994 e all’epoca la Giunta per le Elezioni accettò la formula secondo la quale Berlusconi non aveva responsabilità diretta della gestione dell’impresa che era invece già stata conferita a Fedele Confalonieri. Berlusconi, in quanto mero proprietario, fu escluso dall’applicazione di quella norma. Una questione di lana caprina, di giuridichese stretto. Quello fu l’errore storico che si è protratto sinora. La correzione proposta dal Partito Democratico rende la norma di ineleggibilità definitivamente efficace. Andrebbe letta e votata domani, senza indugio alcuno.

Resto dell’idea quindi che i due provvedimenti siano una buona base di partenza e chi sostiene l’idea dell’inciucio Pdl-PDmenoL dovrebbe iniziare a leggerli e a studiarli seriamente. Capito, DanteofSparda? Ecco, questa è una delle ragioni per cui il M5S dovrebbe rivedere le sue posizioni sulla formazione del nuovo governo.

Sondaggi Politiche 2013 (2) – Rivoluzione Civile toglie seggi a M5S e PdL

rivoluzione-civile

[Continua dalla prima parte]

In un primo momento, nel mio foglio di calcolo trasandatissimo (nel quale come saprete ho raccolto i sondaggi eseguiti da http://www.scenaripolitici.com), avevo trattato Italia dei Valori, Federazione della sinistra, i Verdi e la lista Ingroia – la cosiddetta “foglia di fico” – come liste singole anche se coalizzate fra di loro. Chiaramente non è così: al Senato, i micropartiti della sinistra e Di Pietro, ridotto al 2% su scala nazionale, presenteranno una lista unica che riuscirà, in taluni casi, a superare lo sbarramento. Infatti risulta più agevole per Igroia e soci superare la soglia dell’8% nelle seguenti Regioni:

Regione % Seggi
Lazio 9 2
Campania 11 2
Basilicata 11 1
Liguria 11 1
Piemonte 9,5 2

Si tratterebbe quindi di una lista che, in termini percentuali, diventa concorrenziale di M5S, Scelta civica (centro) e M5S. Prendete ad esempio in Lazio: il sondaggio di Scenari Politici assegna la vittoria al centrosinistra con circa il 35.5% che permetterebbe a PD e Sel di incassare il premio del 55% (15 seggi su 28 disponibili). Guardate cosa succede con la lista Ingroia in forma di lista unitaria: in pratica porta via i due seggi ai più forti perdenti, ovvero PdL e M5S.

Lazio Seggi: 13
Perdenti:
PdL 5 4
centro 4 3
Riv. Civile 2
M5S 5 4

Anche in Campania, il sito Scenari Politici prevede la vittoria del Centrosinistra con il 33.5% (il centrodestra si fermerebbe al 27, mentre la lista Monti prenderebbe un modesto 12%). Si tratta questa di una nuova configurazione in cui la presenza di Rivoluzione Civile nella forma di lista unitaria di Idv, Fds e Verdi, porta via seggi ai 5 Stelle:

Campania Seggi: 13
Perdenti:
PdL 6 5
centro 3 3
M5S 4 3
Riv. Civile 2

Il Piemonte offre invece un caso inverso. I perdenti si attestano intorno al 11-18 %.  Il Movimento 5 Stelle sarebbe il primo fra i perdenti, seguito da PdL e Lega Nord. La presenza di Rivoluzione Civile, in questo caso, non punisce il primo bensì gli altri due partiti:

Piemonte Seggi: 10
Perdenti:
PdL 3 2
Lega Nord 3 2
M5S 4 4
Riv. Civile 2

Complessivamente (ho indicato il caso 1 come il caso in cui Idv, Fds e Verdi presentino liste coalizzate ma non unitarie; nel caso 2, invece, il caso in cui la lista Ingroia sia unitaria):

Partiti Caso 1 Caso 2 Diff
PdL 56 53 -3
Lega Nord 31 30 -1
centro 19 18 -1
PD 121 121 0
Sel 23 23 0
SVP 3 3 0
Mov Autonomie 2 2 0
M5S 53 50 -3
Sen V. Aosta 1 1 0
Riv. Civile 8 +8

[parte seconda]

Sondaggi Politiche 2013: Senato, a rischio governabilità

Aggiornato il 08/01/13: ho inserito Rivoluzione Civile come lista unitaria (prenderebbe, stando agli attuali sondaggi, ben 8 senatori) ed ho corretto alcuni errori.

Il sito http://www.scenaripolitici.com ha – dalla fine di dicembre 2012 – condotto una serie di sondaggi a base regionale per comprendere cosa accadrà il 24-25 Febbraio prossimi per quanto concerne il voto del Senato. Non mi sono chiare le modalità di conduzione del sondaggio – è probabile che sia stato veicolato in rete, o direttamente sul sito sopra indicato. Inoltre, la sequenza di liste proposte al visitatore-elettore non comprendeva ancora la lista “Con Monti per l’Italia”. Quindi ho qualche dubbio sulla scientificità della consultazione, ma ho trovato i risultati abbastanza coerenti con le Regioni relative o con quanto ci si aspetterebbe, anche se secondo me alcune liste, come IDV, Fds e Rivoluzione Civile sono un po’ sopravvalutate, specie nel Lazio.

Ho però provveduto a raccogliere questa mole di informazioni, di percentuali e di nomi di liste, copiandola su un foglio di calcolo; ho applicato le regole previste dal Porcellum, ovvero riparto proporzionale con il metodo dei quozienti interi e dei più alti resti, applicando le soglie di sbarramento del 20% per le coalizioni (3% per ottenere seggi all’interno di una coalizione), dell’8% per i partiti non coalizzati. Alla coalizione vincente ho attribuito il premio del 55%, arrotondando al numero superiore (es. Sardegna, n. seggi 8 per 0.55 equivale a 4.44, arrotondato a 5; i rimanenti tre seggi sono divisi per le liste perdenti che superano l’8%). Al termine della ricopiatura dei dati, il foglio di calcolo ha raggiunto 393 righe.

Vi anticipo che la decisione di oggi di PdL e Lega di presentarsi in coalizione era inevitabile. Nessuno dei due partiti avrebbe trovato giovamento a correre da solo al Senato. In particolare, l’obiettivo di Berlusconi, senza la Lega, di impattare al Senato era irraggiungibile. Invece, la rinnovata alleanza del Nord incrementa di molto le possibilità di non avere una maggioranza certa a Palazzo Madama. E posso aggiungere che, o la Lista Monti ottiene seggi a discapito del centrodestra, oppure la maggioranza sarebbe a rischio anche in caso di alleanza post-voto fra Bersani e il centrino. Ora vi spiego perché.

1. Lega Nord e PdL: una alleanza inevitabile

Innanzitutto vediamo quale sarebbe stata la composizione del Senato con PdL e Lega divise:

PdL 45
Lega Nord 15
centro 18
PD 140
Sel 25
SVP 3
Mov Autonomie 2
M5S 52
Sen V. Aosta 1
Riv. Civile 8

La coalizione Italia Bene Comune avrebbe raggiunto la maggioranza relativa con ben 170 seggi (PD+Sel+SVP+Mov. Autonomie – Friuli). La Lega Nord si ritroverebbe minimizzata  con un numero di senatori inferiore a quello del centro di Monti-Casini-Montezemolo-Fini. Notate i 5 Stelle con una corposa pattuglia di 52 senatori. E’ plausibile che i sondaggi di Senari Politici non abbiano fatto in tempo ad intercettare il calo di consensi per il partito di Grillo, in ogni caso si tratterebbe della seconda delegazione più folta, dopo quella del PD.

Composizione Senato: ipotesi PdL e Lega separati

Composizione Senato: ipotesi PdL e Lega separati

La tabella che segue, invece, mostra la composizione del Senato con Lega e PdL apparentati:

PdL 53
Lega Nord 30
centro 18
PD 121
Sel 23
SVP 3
Mov Autonomie 2
M5S 50
Sen V. Aosta 1
Riv. Civile 8

In sostanza, la Lega vedrebbe incrementare i propri seggi da 15 a 30(+93%);  il PdL da 48 a 53 (+8%). Innegabile che fra i due chi ci guadagna di più è il Carroccio, che può così anche contare sull’appoggio di Berlusconi a Maroni in Lombardia. Ma il PdL ha un altro obiettivo: far saltare il Senato. Il centrosinistra non avrebbe la maggioranza relativa. Italia Bene Comune si fermerebbe a 149 seggi. L’eventuale alleanza post elettorale con il centrino di Monti – stando alle rivelazioni dei tipi di Scenari Politici che, come ho detto, non hanno apprezzato a dovere la neonata Lista Monti per una mera questione temporale – creerebbe un gruppo di 167 senatori: la maggioranza richiesta al Senato è di 158 voti.

Composizione Senato con PdL e Lega alleati

Composizione Senato con PdL e Lega alleati

2. L’Effetto Lombardia

Notate come il PD, rispetto alla prima condizione perda ben 27 senatori. Ciò accade perché l’alleanza PdL-Lega vincerebbe sia la Lombardia che il Veneto:

Lombardia PdL//Lega PdL+Lega
PdL 6 11
Lega 9 16
PD 23 12
Sel 4 2
M5S 7 8
Veneto PdL//Lega PdL+Lega
PdL 2 5
Lega 3 8
centro 2 2
PD 13 5
M5S 4 4

Facendo due conti, il PD – considerando una vittoria di misura in Sicilia –  tra Lombardia e Veneto si gioca 19 seggi al Senato. In poche parole, se il PD dovesse miracolosamente confermare i sondaggi sulla contesa Ambrosoli-Maroni per Palazzo Lombardia, potrebbe scongiurare l’instabilità e il rischio della ripetizione della consultazione elettorale. Ambrosoli è un punto percentuale sopra Maroni (che sconta la presenza della candidatura dell’ex sindaco di Milano, Albertini); la sua eventuale vittoria potrebbe valere un effetto traino per le politiche. Porterebbe la coalizione di centrosinistra intorno ai 159 seggi, ancora non sufficienti a governare il paese. Detto in poche parole: vincere la Lombardia non permetterebbe di evitare un’alleanza post voto con il centrino.

Aggiornamento:

Claudio Cerasa, su Il Foglio, ha pubblicato una tabella in cui spiega le possibili condizioni affinché il centrosinistra ottenga il maggioranza al Senato:

cerasa

Il caso che vi ho presentato è similare a quello che Cerasa chiama “Wins all Region but 2, Lombardy+1”, con un risultato soltanto un po’ sottovalutato (per esempio, il Veneto secondo Cerasa consegnerebe al PD 6 seggi, secondo il mio calcolo 5).

[parte prima]

Politiche 2013, le tendenze del voto nei sondaggi

Ho raccolto i risultati dei sondaggi degli ultimi 30 giorni circa (periodo 10/12/12-02/01/13) in questa tabella:

tabella

Ho determinato la percentuale della cosiddetta Lista Monti sommando le percentuali delle varie liste separate (UDC, Montezemolo alias Italia Futura o Liste Monti e Fli). Nel grafico, ho inserito sia la curva del PD che del Centrosinistra al completo. L’analisi è eseguita tramite curve di tendenza lineare: il Csx cresce se cresce il PD; Sel fornisce alla coalizione un apporto statico, ancora inferiore allo zoccolo duro che fu di Rifondazione comunista nel 1996 (8-10%). E’ interessante notare come l’agenzia SWG e Euromedia tendano a stimare il PD intorno al 30%, mentre tutti gli altri lo posizionano intorno al 33% (media PD:32.5%; senza SWG e Euromedia: 33.85%).

grafico_sondaggiLa Lista Monti risulta in crescita, ma la percentuale registrata da Piepoli (12%) non è dissimile dalla somma delle varie componenti e sottocomponenti come rilevate dai sondaggi precedenti, quando la decisione del Senatore di partecipare alle elezioni come candidato premier del ‘centrino’ era ancora di là da venire. La fotografia dei sondaggi rivela il calo del M5S, un calo consolidato almeno dal 19 dicembre, mentre sembra che il ritorno in campo di Berlusconi abbia ridato vigore al derelitto PdL. La Lega Nord è stabile: oscilla intorno al 5% ma senza un’allenza con il PdL, il Carroccio uscirà dalle politiche 2013 fortemente ridimensionato.

Nel grafico che segue ho cercato di raffiguarare l’effetto che la candidatura di Ingroia avrebbe avuto sulle liste oramai marginali di IDV e di Federazione della Sinistra. La somma di IDV+FDS confrontata con il risultato della Lista Ingroia (apprezzato sinora solo da Piepoli) risulta inferiore ma non di molto: l’ex pm di Palermo aggiungerebbe un magro 1.5% circa.

idv_sel_ingroiaI sondaggi sono stati ripresi dal sito www.sondaggipoliticoelettorali.it/

Monti: intendo rassegnare le dimissioni

[In aggiornamento]

Così il presidente del Consiglio, Mario Monti, stasera, dopo l’incontro con il presidente della Repubblica. Il presidente del consiglio accerterà quanto prima se le forze politiche non intenderanno proseguire l’esperienza di governo dei tecnici, il che significa che si presenterà alle Camere, dopo il voto sulla legge di stabilità, per chiedere il voto di sfiducia. Quanto detto da Alfano l’altro giorno è stato inteso come una sfiducia di fatto.

Ore 22.00: il Comunicato della Presidenza della Repubblica.

Il Presidente del Consiglio intende rassegnare le dimissioni dopo aver verificato se è possibile approvare in tempi brevi le leggi di stabilità e di bilancio

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha stasera ricevuto al Quirinale il Presidente del Consiglio dei Ministri, Senatore Mario Monti.

Il Presidente della Repubblica ha prospettato al Presidente del Consiglio l’esito dei colloqui avuti con i rappresentanti delle forze politiche che avevano dall’inizio sostenuto il Governo e con i Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati.

Il Presidente del Consiglio ha dal canto suo rilevato che la successiva dichiarazione resa ieri in Parlamento dal Segretario del PdL on. Angelino Alfano costituisce, nella sostanza, un giudizio di categorica sfiducia nei confronti del Governo e della sua linea di azione.

Il Presidente del Consiglio non ritiene pertanto possibile l’ulteriore espletamento del suo mandato e ha di conseguenza manifestato il suo intento di rassegnare le dimissioni. Il Presidente del Consiglio accerterà quanto prima se le forze politiche che non intendono assumersi la responsabilità di provocare l’esercizio provvisorio – rendendo ancora più gravi le conseguenze di una crisi di governo, anche a livello europeo – siano pronte a concorrere all’approvazione in tempi brevi delle leggi di stabilità e di bilancio. Subito dopo il Presidente del Consiglio provvederà, sentito il Consiglio dei Ministri, a formalizzare le sue irrevocabili dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica.

Ed ecco l’hashtag ufficiale:

Il suicidio del Samurai (ma #giorgiopensacitu)

Avrei titolato questo post in maniera diversa fino a due ore fa. Poi ho sentito parlare Angelino Alfano, ricordarci che il suo padrone è il “detentore del titolo”, e ho compreso tutto il dramma di questo strano segretario, di questo manichino che non sa più da che parte voltarsi, che un giorno su due è smentito da chi lo ha messo in quel posto. Berlusconi detentore del titolo! La frase più ridicola della terra.

Le pantomime di questi mesi sono nulla dinanzi alla ipotesi di una nuova candidatura di Berlusconi. Lui, il premier per eccellenza (nella vulgata giornalistica tutti gli altri sono semplici Presidenti del Consiglio, un po’ a indicare che lui è il Primo, il più importante), fu deposto dalla crisi dello spread per manifesta incapacità. Ha avuto un anno per uscire definitivamente dalla politica. Ma invece no. Ha tenuto il coltello puntato al collo di Mario Monti. Ha assistito all’autodistruzione del suo partito minacciandone la dismissione. Ridotto ai minimi termini in fatto di consenso popolare, il Cavaliere, Mr B, il signor Bunga Bunga, pretende, alla fine di questa delirante legislatura, di annunciare il suo ritorno come fosse per questo paese l’annuncio della soluzione di tutti i guai. E’ chiaro che non è così. E’ chiaro che la riproposizione del passato sia tradotto all’estero come segno di instabilità, di inaffidabilità: in poche parole, come un raggiro in piena regola. Il ritorno di B., il solito Italian Job. Lo spread Btp-Bund è la miglior misura di questo sentimento. E da oggi sino al giorno delle elezioni questo indicatore non potrà che disegnare una ripida salita.

B. poteva dunque destinarsi al buen retiro keniano ma invece ha deciso di ributtarsi nella mischia, con quel corpo politico malandato che si ritrova. Non è solo il partito ad essere marcescente. La sua titubanza, la sua indecisione, il suo perenne scostamento dal paese reale, il suo codice fatto di populistica riproposizione del fantasma del comunismo, dello straniero delinquente, della insicurezza dei cittadini, del giogo insopportabile delle tasse, della magistratura che vuole distruggerlo e che è il primo problema del paese, lo fanno apparire ora come un vecchio rimbambito, schiavo delle sue ossessioni, che va dicendo cose non vere come per esempio “sono in molti a chiedermi di tornare” quando fuori da palazzo Grazioli non vi erano che un paio di figuranti con bandiere inedite di una Nuova Forza Italia e recanti scritte puerili, della serie “Silvio for president”:

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Ecco, la sua ricandidatura è un suicidio. Avrebbe potuto dimenticarsi di noi e andare a stare altrove, con tutti quei suoi dannati soldi. Invece vuol perire sul campo. Dategli questa soddisfazione, non votatelo. Soltanto noi elettori possiamo liberarci di lui e di tutti i suoi Colonnelli. E’ una occasione storica. Il nostro paese è vaccinato al berlusconismo, abbiamo avuto una febbre lunga venti anni. Permettergli di perdere con disonore, è l’ultima richiesta accettabile.

Emilia-Romagna: anche i 5 Stelle pagano le interviste in Tv

Nella sostanza si tratta di contratti “regolari”: si firma, si fattura, ed è tutto in regola. Ma figuratevi, si parla di denaro pubblico impiegato per ottenere visibilità presso trasmissioni tv locali di emittenti quali 7Gold e ‘ètv’. Giovanni Favia, è scritto su alcuni siti web (link sulla foto), avrebbe “candidamente” rivelato di aver firmato uno di questi contratti. Presso 7Gold si devono pagare 200 euro per andare in trasmissione. Si capisce: 7Gold è una tv privata, dice il conduttore Dario Pataccini, e non riceve finanziamento pubblico (sarà vero?).

Così, parafrasando Favia, dal momento che l’informazione non è libera, la paghiamo affinché sia ancor meno libera. E’ proprio questo il punto focale del problema: la tv dovrebbe esser libera di non intervistare i 5 Stelle, invece li intervista e si fa pagare. Pertanto qualsiasi intento critico di tale presunta informazione viene meno. Non ci sarà mai nessun Pataccini che, intervistando un 5 Stelle, o un PdL o un UDC, o un SeL – perché così fan tutti, meno che quelli del PD, a quanto pare- gli farà mai una domanda. Dal momento in cui il politico paga lo spazio televisivo, quest’ultimo si trasforma da informazione a pubblicità del prodotto politico. E la pubblicità è notoriamente acritica, veicola messaggi preconfezionati, tende a procedere per slogan e ad ignorare la realtà.

E’ secondario che a tal scopo siano impiegati i denari dei gruppi consiliari. I 5 Stelle si difendono dicendo che è tutto trasparente, basta controllare sul loro sito. Infatti, nel bilancio 2011, compaiono ben due voci del tipo “Pubblicazioni” denominate “Acquisti spazi su Punto Radio e Rete 7” per una somma complessiva di euro 2223.50. Pochi denari e messi in chiaro. Quel che non è chiaro è la linea politica: da un lato si afferma che la tv è il diavolo, che i 5 Stelle non devono andare in televisione, pena la scomunica del duo Grillo-Casaleggio. Poi si firmano contratti per ottenere spazi pubblicitari veri e propri nelle tv locali. “Il problema sono i talk show nazionali, dove non riesci ad esprimere un concetto, condotti ad arte per disinformare”. Favia preferisce al contraddittorio la possibilità di un mini comizio in tv, senza le fastidiose interruzioni dei giornalisti. In questo aspetto è pienamente allineato con Grillo.

Ma la domanda delle domande è la seguente: che fine ha fatto la presunta superiorità del Web? Il 5 Stelle era un movimento che si sviscerava dalla interazione online più che dalla pubblicistica a pagamento. A questo punto, per i 5 Stelle dell’Emilia-Romagna, il web è un media come un altro, esattamente come per i partiti della vecchia Casta. In quest’ottica, esiste un solo modello informativo unidirezionale, che dai 5 Stelle procede verso gli utenti-elettori, e non viceversa. Già da questi aspetti si deduce che l’orizzontalità è smarrita e il “bisogno” di gerarchia e burocratizzazione si affaccia anche su questa nuova- nuovissima – organizzazione politica.

Alessandria, a processo il sindaco del Default

E’ il primo Comune italiano a fare Default dopo la riforma “tremontiana” della normativa che ha messo i bilanci degli enti locali sotto il controllo della Corte dei Conti. Alessandria, capoluogo piemontese ricco ma discreto, mette a processo il suo ex sindaco, Piercarlo Fabbio (PdL, ora capo dell’opposizione di centro-destra dopo la vittoria della candidata del PD, Rita Rossa, lo scorso Maggio), il suo ex assessore alle Finanze, Luciano Vandone (soprannominato “Svendone” per aver dilapidato, svendendolo, il patrimonio comunale tramite due società partecipate) e il ragioniere capo Carlo Alberto Ravazzano, già arrestato lo scorso Dicembre con l’accusa di falso in bilancio, abuso d’ufficio e truffa ai danni dello Stato, gli stessi capi d’accusa che sono valsi ai tre il rinvio a giudizio. La prima udienza si terrà il 21 Novembre. Su di essi grava la relazione della Corte dei Conti che ha certificato la falsità del bilancio 2010 e le pesanti, ripetute irregolarità sui documenti di spesa relativi al 2011. Una azione scientifica e reiterata, volta a truccare sistematicamente i conti. “Il bilancio 2010 è palesemente falso”, ha detto il pm Ghio in tribunale, davanti al Gup Bertolotti.

In realtà il dissesto è iniziato dal 2007. Da quell’anno si sono ripetuti disavanzi di amministrazione in pratica per ogni anno successivo, sino al 2011. L’amministrazione era però vincolata al patto di stabilità interno: così, anziché tagliare le spese, ha truccato i conti. Ha finanziato la spesa corrente con i prestiti delle banche; ha impiegato in maniera “cronica” e non più eccezionale come dovrebbe essere, l’anticipazione di tesoreria. Nonostante questo, il governo Fabbio ha avuto le seguenti prestazioni:

Anno 2007: Disavanzo di amministrazione – 4.524.210

Anno 2008: Disavanzo di amministrazione  -2.399.828

Anno 2009: Disavanzo di amministrazione  -6.156.740

Anno 2010: Disavanzo di amministrazione -10.095.361

(Documento Corte dei Conti, 21 Marzo 2012).

Mentre tutto andava in malora, lui, Fabbio, il sindaco del fare, decideva di decorare la città con 100.000 rose dalla Moldavia. Si racconta che le rose quest’anno siano fiorite come non mai, gli spartitraffico erano colorati e vivaci ad Alessandria, città della bruma e delle stoppie di grano. Alessandria che non è abituata ai colori.

Ripercorrete la storia del default del Comune di Alessandria:

1 – Il Comune di Alessandria è fallito.

2 – Amministrative 2012: Alessandria, un comune diviso fra bilanci in rosso e ‘ndrine 

3 – Io, tu e le rose

Il comune di Alessandria è fallito

Diciannove virgola quattro milioni di euro di disavanzo, anticipo di cassa impiegato sistematicamente dal 2008, finanza creativa per mezzo di partecipate che dovevano vendere il patrimonio comunale e invece l’hanno svenduto, fallendo sistematicamente ogni obiettivo minimo, 0.95 centesimi di euro di disponibilità di cassa al 21 Giugno 2012. Dopo la pronuncia della Corte dei Conti che ha stabilito il dissesto del comune (è il primo caso dopo la riforma di settembre 2011), il consiglio comunale di Alessandria stasera vota la delibera, passaggio obbligato per evitare il commissariamento. La precedente amministrazione PdL-Lega ha distrutto uno dei comuni più facoltosi del nord d’Italia. Una associazione a delinquere che ha affossato tutto, cominciando dalle multiutility, avviate al medesimo destino fallimentare del comune, violando il patto di stabilità per due anni consecutivi e cercando di mascherarlo, con sospetti fondati di collusione con l’ndrangheta: ora la nuova amministrazione di centro-sinistra dovrà alzare al livello massimo tutte le imposte, per almeno 5 anni e pregare che il ciclo economico torni in positivo:

(http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFarticolo.asp?currentArticle=1GYS73)

Stasera il sindaco Rita Rossa (PD) ha pronunciato, davanti al consiglio comunale, questo durissimo discorso:

Siamo arrivati al dunque. Ci apprestiamo a scrivere una pagina nera per questa città. Lo faccio con la pena nel cuore che questa fase comporta. Con la certezza e la coscienza che nostro malgrado dobbiamo scriverla. Dopo la liberazione per l’Italia democratica forse è il passaggio storico forse più memorabile per Alessandria. Perché è necessario deliberare il dissesto del Comune. La delibera della corte dei conti è un macigno per la città. Sugli sviluppo, sui suoi investimenti, sulla sua manutenzione. Cinque anni di malgoverno della giunta Fabbio. Il dissesto non si presta a opinioni. I numeri erano li e qualcuno li aveva denunciati per tempo. Il dissesto è nei fatti. E’ la conseguenza di atti di responsabilità che avrebbero dovuti essere compiuti giá nel settembre 2010. La mancata responsabilità per una gestione oculata che non è mai stata compiuta. Le 66 pagine di delibera sono un lungo elenco di atti dichiarati illegittimi. L’anticipo di tesoreria utilizzato per 365 giorni dal 2008 è il sintomo di una situazione non corretta per tempo. È il sintomo di una gestione dissennata. Si è scoperchiato il vaso di Pandora. Si sono costruiti enormi castelli di parola cui non corrispondeva nessun fatto. Abbiamo subito l’onta de taglio della luce e del telefono per morosità. Siamo arrivati ai tentativi pacchiani di finanza creativa. Qualcuno in questi giorni mi ha fermato e mi ha scritto: ‘perchè dobbiamo pagare noi?’ Alessandria è pronta a fare sacrifici, ma non di meno il senso di ingiustizia coglie in modo indistinto tutti. In un quadro giá compromesso per la crisi, gli alessandrini dovranno compiere altri sacrifici. Sacrifici imposti dalla scorsa giunta. Voglio provare a vedere oltre per scovare un po’ di ottimismo. E aprire una sfida di enorme complessità. Si potrà attuare se tutte le forze sapranno unirsi per trovare una soluzione. Nella vita non si puo tornare indietro. La rabbia è tanta ma ne usciremo insieme. Posso fare una promessa che rivolgo a questa città. Io, la giunta, il consiglio, lavoreremo giorno dopo giorno intensificando se è il caso le ore di lavoro per contenenere al massimo questa tragedia. Questo dissesto porta il nome di Piercarlo Fabbio [l’ex sindaco PdL] – Radio Gold News.

Rita Rossa ha messo in liquidazione le società partecipate usate per la svendita del patrimonio comunale, ha posto un tetto agli stipendi dei dirigenti comunali, ha deposto i vertici  responsabili del dissesto della multiutility acqua e gas AMAG. Un sindaco coraggioso, circondato di assessori schiettamente di sinistra, alle prese ora con una città annichilita.

L’inaccettabile minaccia di Cicchitto sul DL Anticorruzione

Così inizia il discorso alla Camera di Fabrizio Cicchitto, ieri, durante la discussione preliminare al voto (poi favorevole) sul DL Anticorruzione:

Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio innanzitutto sgombrare il campo da un dato. Noi, nel corso di tutti questi anni, siamo stati in prima fila nella lotta contro la corruzione e contro la mafia […] Nella lotta alla mafia il Governo Berlusconi dal 1994 ha condotto una battaglia, sia per quello che riguarda l’articolo 41-bis, la sua estensione, senza nessun compromesso, ragion per cui noi consigliamo al dottor Ingroia, che la mattina fa il magistrato, il pomeriggio il politico e adesso si sta avviando a fare anche il romanziere, di frequentare la scuola di scrittura creativa di Alessandro Baricco, a Torino, così potrà anche arricchire il suo bagaglio culturale.

Cicchitto tenta quindi di fare una ricostruzione storica e insieme antropologica della corruzione in Italia, dalla vicenda di Tangentopoli alla situazione attuale, fatta di capobastone, di corruzione diffusa e parcellizzata, “trasversale”, dice lui. Lui e il suo gruppo politico avrebbero voluto parlare di tutto ciò, avrebbero voluto parlare di quella parte politica e imprenditoriale che è stata salvata da Tangentopoli. Dell’uso politico della giustizia. Del traffico di influenza. Avrebbero voluto parlarne, per ore ed ore, fino alla fine della Legislatura. Ma:

le diciamo francamente, onorevole Ministro (si riferisce al Ministro Severino), che noi avremmo voluto liberamente dibattere e discutere su questi due punti senza che lei fosse venuta qui in Parlamento a metterci le manette ed impedirci di fare un confronto libero, quale sarebbe dovuto essere e quale un Governo tecnico, privo di una sua maggioranza nel Paese, avrebbe dovuto consentirci. Allora, onorevole Ministro, le dico due cose: in primo luogo che noi faremo di tutto in Senato per cambiare in questi punti questo disegno di legge; in secondo luogo, che occorre sempre un bilanciamento di poteri, ce lo insegnano i padri costituenti; ed essi avevano creato un bilanciamento di poteri nell’articolo 68: nel momento in cui si dava alla magistratura un potere ed un’autonomia inusitata si doveva dare anche al potere politico una garanzia istituzionale […] al Senato noi sosterremo la responsabilità civile dei giudici e le diamo un elemento di riflessione: non ci venga a proporre emendamenti con l’esercizio da parte del Governo della fiducia, non venga ad esercitare questo perché noi, in questo caso, non voteremo la fiducia su questo punto, perché non vorremmo essere ulteriormente strangolati. Come si suol dire e come dice il proverbio, uomo o donna avvisati, sono mezzo salvati…

Ecco, niente fiducia se il governo mette il becco sull’Anticorruzione come ha fatto nell’iter di approvazione alla Camera. “Non vorremmo essere ulteriormente strangolati”!, dice Cicchitto. Ci avete “messo le manette”. Ergo, il DL Anticorruzione verrà parcheggiato al Senato, laddove è stato partorito dalle fervidi menti del precedente governo. Il governo Monti è avvisato, se impedirà ai senatori del PdL di stravolgere il disegno di legge verrà sacrificato e addio risanamento dei conti pubblici. La corruzione non può essere regolata da mani estranee. La corruzione è roba per gente del mestiere, non so se mi spiego.

Il PdL? “Ha ottenuto il 28,6%”

Secondo un comunicato divulgato poco fa dal Coordinamento Nazionale del Popolo della Libertà, il partito di Berlusconi avrebbe ottenuto circa il 28,6% su proiezione nazionale, quindi solo il 2% in meno rispetto alle precedenti elezioni. Surreale:

”Nessuno nel Pdl ha negato la delicatezza della situazione che emerge dai risultati elettorali. In particolare, l’aumento dell’astensionismo, il premio a liste quali quella di Grillo (comunque limitata al 4,9% su base nazionale) e la frammentazione in centinaia di civiche ha penalizzato tutti i partiti presenti in Parlamento. Il Pdl inoltre ha pagato la mancata tradizionale alleanza con la Lega, sacrificata sull’altare della responsabilità verso il governo di emergenza, mentre la sinistra, pur divisa a Roma, e’ rimasta quasi sempre unita sul territorio. Ciò premesso, va tuttavia segnalato che la lettura dei dati elettorali, come emerge dai media va decisamente approfondita e corretta” (AdnKronos).

Il comunicato continua sottolineando la sorprendente prestazione del PdL che avrebbe ottenuto su 26 capoluoghi di provincia ben 4 sindaci vincitori già al primo turno (Catanzaro, Gorizia e Lecce al Pdl; Verona alla Lega) contro i soli 3 del centrosinistra (La Spezia, Brindisi, Pistoia). Originale lettura quella di includere Verona, che non sarebbe da considerarsi nemmeno una vittoria leghista, ma una vittoria di Tosi e basta. Restano 19 capoluoghi in cui si terrà il ballottaggio. Tenetevi forte:  il Pdl sara’ presente in 11 città.

Se poi separiamo i comuni sopra i 15.000 abitanti con votazione a doppio turno (che è noto loro odiano) per chissà quale recondita ragione, 168 comuni (compresi i 26 capoluogo) sopra i 15.000 abitanti, pari a 3.571.798 votanti (pari al 67,69% degli aventi diritto): il Popolo della Liberta’ ha preso 417.766 (11,70%) a cui – scrivono – “vanno ovviamente sommati i voti delle liste civiche ufficialmente predisposte da esponenti del Pdl, pari a 316.575 voti  (8,86%), fanno un totale di 20.56%”.

”A tale dato, e’ corretto accostare anche il risultato delle altre liste civiche, emanazioni di realtà locali ma alleate con il Pdl e spesso capitanate da uomini del nostro partito. Tali liste hanno riportato 225.709 voti (6,32%). Sommando tale dato si arriverebbe al 26,88%. Vale la pena segnalare, inoltre che in tale computo non sono stati prudentemente compresi i voti di partiti sicuramente alleati del Pdl, quali il Pid (52.053 voti pari all’1,46%) e l’Alleanza di Centro di Pionati (0,32%). Questo 1,78% porterebbe il totale dei voti riferibili al Pdl al 28,66%.
”In conclusione, pur senza sminuire il significato del messaggio che arriva dagli elettori ai partiti, respingiamo con dati obiettivi la lettura catastrofica che alcuni media hanno voluto riferire al Pdl. Per maggiore completezza, teniamo a disposizione dei media la tabella completa dei dati disaggregati di tutti i partiti’.

Signori, fermatevi un momento. Fermatevi. Perché per ricordare chi siano il Pid e l’Alleanza di Centro c’è bisogno di una buona dose di concentrazione. La matematica elettorale creativa del PdL è degna di un testo teatrale, di un Mistero Buffo. Questa è arte.