Bestiario Nuovo sull’abolizione dei vitalizi dei parlamentari

Appuntatevi questi nomi.

Antonio Borghesi, IDV, sull’istituzione del metodo contributivo: “Più che una mannaia, questa riforma è un temperino, che nell’immediato rischia di costare più di prima ai contribuenti” (riferito al fatto che la spesa per i contributi pensionistici della Camera salirebbe sopra i 25 mln annui).

Renzo Lusetti, UDC, “ Non lo farò, ma a me, che ho 53 anni, converrebbe lasciare lo scranno oggi stesso, altrimenti il vitalizio lo prenderò a 60 anni”.

Antonio Mazzocchi, PdL: “Se le regole cambiano in corsa e un deputato fa causa allo Stato, credo che possa vincere”.

Alessandra Mussolini, PdL: “pronta a sacrifici solo se prima i membri del governo forniscono informazioni sui loro conflitti di interesse”.

Francesco Boccia, PD (!), è contro le discriminazioni dei deputati più giovani: “Siamo furibondi. Fini e Schifani non pensino di fare questa operazione sulla testa delle nuove generazioni”.

Maurizio Pepe, ex Popolo e Territorio: “Ridurre deputati e senatori alla fame vuol dire rendere il Parlamento schiavo dei poteri forti” […] “Se a uno come Bertinotti togliete il vitalizio, cosa gli resta?”.

Gianluigi Pini, Lega Nord: “è una proposta demagogica per indorare la pillola agli italiani che dovranno subire i tagli alle pensioni”.

E, dulcis in fundo…

Maurizio Grassano, Responsabili, condannato a quattro anni in primo grado per truffa: “I diritti acquisiti non si toccano, ci dovrebbero dare indietro i soldi, altrimenti è come se ci avessero truffati”.

La lettera di Berlusconi all’Europa fatta a pezzi

La lettera di Berlusconi all’Europa ridotta in 1000 tags. Guardate com’è piccola la parola giustizia. Soprattutto, fra le prime 100 parole di 1209 totali, non c’è la parola lavoro. Figuriamoci se c’è salario. A sorpresa anche la parola ‘pensioni’ non compare fra le prime cento.

Naturalmente vincono le parole ‘entro’ e ‘legge’ poiché quella era l’ossessione della vigilia: promettere di fare leggi urgenti entro una certa data. Poi spicca la parola riforma, la parola mercato, la parola concorrenza, ovvero tutto ciò che non è stato fatto in diciassette anni. Più in basso si scopre il disegno segreto di questa lettera: ‘riduzione’ e ‘servizi’. E la promessa che tutto ciò ‘verrà’ fatto. Domani, nel 2112.

Il testo originale qui.

Pensioni, immediato dietrofront. Il governo teme la class action

Secondo il Tg La7, che cita a sua volta un rilancio dell’ANSA, il ministro del Welfare Sacconi, sentiti i vertici degli organi previdenziali, starebbe optando per stralciare e cassare la norma ipotizzata ieri nel super vertice di Arcore – il patto dei rigatoni – che elimina la possibilità del riscatto ai fini del calcolo dell’età pensionabile degli anni di laurea o di leva. E’ stata evidentemente posta in evidenza l’inconsistenza del risparmio sul bilancio pubblico apportata – la modifica interesserebbe soltanto 100.000 lavoratori e apporterebbe un beneficio di solo un miliardo di euro a partire del 2013 – nonché la concreta possibilità che questi centomila lavoratori mettano in essere una class action contro lo Stato – e con buone possibilità di vincerla.

Roma, 30 ago. (TMNews) – Malumore per il polverone sollevato, timore degli effetti e di eventuali controindicazioni giuridiche. E’ già nel mirino di molti, nel Pdl e nel governo […] Nel mirino di una parte del Pdl ci sarebbe soprattutto Maurizio Sacconi, indicato come ‘mente’ dell’iniziativa, che avrebbe gestito la partita – secondo alcune fonti di governo – insieme a Roberto Calderoli e Giulio Tremonti. […] Sempre in casa Pdl trapela un giudizio non del tutto positivo del premier Silvio Berlusconi rispetto a questo capitolo. C’è addirittura chi giura che solo al termine del vertice di Arcore si sarebbe discusso di sfuggita della vicenda e che l’averla inserita nel comunicato sarebbe frutto di un blitz di fine vertice sotto la regia di Sacconi. (via TMNews).

Anche Libero titola “Pensioni, monta la rivolta”:

mercoledì mattina, si è appreso, il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, inconterà Sacconi con i tecnici del ministero dell’Economia e con quelli del ministero del Lavoro. L’obiettivo è approfondire la materia previdenziale, sia dal punto di vista finanziario sia (e soprattutto) da quello dell’impatto sociale della norma. L’incontro è stato reso pubblico da una nota di Calderoli (via Libero-News).

Davanti alla paura di una rivolta sulle pensioni (ah! ricordate il 1994? ricordate la manifestazione contro il primo primissimo attacco alle pensioni di anzianità? il governo Berlusconi I cadde anche per questa ragione), i ministri corrono a gambe levate.

Vittoria! Vittoria! Balli e canti sul cadavere della manovra

Ha vinto Berlusconi. Viva la revolucion! Peccato che questa ridicola messa in scena del governo causerà un buco di venti miliardi di euro rispetto ai 45 del saldo iniziale previsto dal decreto di ferragosto (via Il Sole 24 ore). L’azzeramento della manovra correttiva di Tremonti è avvenuto ad Arcore, a pranzo, in assenza di Bossi, uscito da palazzo alla chetichella, infilandosi immediatamente nella sua auto blu, senza incontrare i giornalisti. Mancava anche Maroni: era dovuto andare all’incontro con i sindaci. Restava il solo Calderoli, e non si può dire che egli sia la miglior rappresentanza per la Lega, viste le divergenze di veduta fra lui, Bossi e Maroni medesimi. Calderoli ha quindi ceduto sulle pensioni, ma solo per quella minima parte di contribuenti che hanno riscattato gli anni di leva o di laurea, una percentuale residua dell’elettorato leghista, avrà pensato. Ai fini elettorali, nessun danno. Il danno è per coloro i quali hanno pagato somme di denaro all’INPS e ora si vedono quegli anni di contributo inutili al calcolo degli anni di anzianità (rimangono invece nel computo dell’assegno). Dicono che questo sia il primo passo verso l’abolizione delle pensioni di anzianità. Di fatto la norma proposta trasforma in appropriazione indebita quei contributi già versati (di massima, il riscatto della laurea o della leva si fa per lavorare qualche anno in meno). E poi: via le province, ma solo per legge costituzionale. Significa posticipare nel tempo e rendere del tutto incerta la loro riforma, quindi rendere incerti anche i risparmi di bilancio relativi.

Il patto dei rigatoni, così passerà alla storia la cancellazione delle promesse fatte in sede europea – ma la manovra d’agosto non era dettata dalla BCE tramite quella famosa lettera di Trichet? – è stato siglato nella sala del pianoforte: la stessa dove si svolge(va) il bunga-bunga.

Sappiate che tutto quanto è stato deciso in quella sala, dovrà passare per il vaglio delle Camere. Dovrà essere tradotto in emendamenti e depositato in Commissione referente entro le 20 di.. ieri. Ieri. Ne consegue che il parlamento dovrà giocoforza riaprire i termini per la presentazione degli emendamenti affinché il relatore di maggioranza presenti un maxi-emendamento governativo che comprenda tutte le modifiche annunciate in serata. L’ennesima forzatura delle regole parlamentari.

Pensioni, la norma fantasma che blocca la rivalutazione automatica

Un comma solo, scritto nel Decreto Legge della Manovra Finanziaria, su cui Tremonti ha sorvolato ma che è stato scovato dalle redazioni del Sole24Ore e da La Repubblica. Una norma che ha l’effetto di dimezzare il meccanismo di rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici per gli importi medi (1.000 – 1.400 euro lordi):

1. A titolo di concorso per il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, per il biennio 2012 – 2013, alla fascia di importo dei trattamenti pensionistici superiore a cinque volte il trattamento minimo di pensione Inps la rivalutazione automatica, secondo il meccanismo stabilito dall’art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non è concessa. Per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra tre e cinque volte il predetto trattamento minimo Inps, l’indice di rivalutazione automatica delle pensioni è applicato, per il periodo di cui al comma 1, secondo il meccanismo stabilito dall’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, nella misura del 45 per cento.

Cercate anche voi le norme fregatura contenute nella manovra:

Bozza Decreto Legge 30 Giugno 2011 Manovra Finanziaria

 

Pensioni donne, tutti in coro: “innalzamento!”

Sì, ce lo impone l’Europa. E’ scritto nelle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Viviane Reding, commissiaria alla Giustizia afferma che “le sentenze si rispettano” e che “l’Italia ha avuto venti anni per fornire risposte in tal senso”. Allora, il coro è unanime: l’età pesionabile per le donne del pubblico impiego deve essere equiparata a quella dei colleghi maschi. Sessantacinque anni per tutti. Non c’è margine di trattativa. Un po’ di titoli…

    • Nuovo ultimatum della Commissione Ue all’Italia: se non equiparerà immediatamente l’età pensionabile tra uomini e donne nel settore pubblico sarà nuovamente deferita alla Corte di giustizia europea
    • la sentenza della Corte europea di giustizia[…] già nel 2008 intimava all’Italia di innalzare l’età pensionabile delle dipendenti pubbliche, portandola a 65 anni anni, lo stesso livello previsto per i colleghi maschi.
    • la completa equiparazione rimane fissata al 2018, mentre la Commissione Europea insiste sul termine del 2012
    • L’Ue infatti non ammette sconti: l’eta pensionabile di vecchiaia delle dipendenti statali italiane deve essere portata a 65 anni dai 60 attuali a partire dal 2012 e non più dal 2018 come prevede la normativa attuale
    • «Mi sembra ragionevole dare all’Italia tempo fino al primo gennaio 2012» per portare a 65 anni l’età pensionabile delle donne nel pubblico impiego: ha detto la vicepresidente della Commissione Ue, Viviane Reding, dopo l’incontro avuto col ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi
    • «In una democrazia – ha aggiunto Reding – le sentenze di una Corte si rispettano sempre». «L’Italia ha avuto 20 anni, da quando sono state adottate le direttive Ue (sulla parità retributiva tra uomini e donne, ndr), per rispettare il diritto comunitario, ora dovranno mettere in ordine il loro sistema» ha aggiunto la Reding
    • Viviane Reading: L’età pensionabile per le donne del settore pubblico in Italia deve essere portata a 65 anni entro il 2012. È l’avvertimento della vicepresidente della commissione Ue, Viviane Reding, al ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, durante il faccia a faccia a Lussemburgo per cercare un compromesso sulla questione. «Il cambiamento nella legislazione italiana – ha spiegato il portavoce della commissaria Ue – potrebbe essere combinato con le misure di consolidamento di bilancio».

Va da sé che la sentenza della Corte di Giustizia causa C-46/07 afferma un principio chiaro, intelleggibile, non direttamente prescrittivo di un aumento dell’età pensionabile delle donne del pubblico impiego. La sentenza parla di discriminazione – in pensione più tardi, pensione più povera – e di parità retributiva – equipara infatti il trattamento pensionistico a una retribuzione:

l’art. 141 CE vieta qualsiasi discriminazione in materia di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile, quale che sia il meccanismo che genera questa ineguaglianza. Secondo questa stessa giurisprudenza, la fissazione di un requisito di età che varia secondo il sesso per la concessione di una pensione che costituisce una retribuzione ai sensi dell’art. 141 CE è in contrasto con questa disposizione (v. sentenze Barber, cit., punto 32; 14 dicembre 1993, causa C-110/91, Moroni, Racc. pag. I-6591, punti 10 e 20; 28 settembre 1994, causa C-408/92, Avdel Systems, Racc. pag. I-4435, punto 11, nonché Niemi, cit., punto 53) – (Corte di Giustizia UE- C 46/07).

L’argomentazione spesso impiegata – anche in ambienti di sinistra – della differenza di età pensionabile fra i sessi è legata all’obiettivo di eliminare discriminazioni a danno delle donne in fatto di lavoro. Questa norma sarebbe diretta a evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali delle donne. La Corte, nella sentenza del 2007, si esprime in senso opposto a questo quadro argomentativo:

la fissazione, ai fini del pensionamento, di una condizione d’età diversa a seconda del sesso non è tale da compensare gli svantaggi ai quali sono esposte le carriere dei dipendenti pubblici di sesso femminile aiutando queste donne nella loro vita professionale e ponendo rimedio ai problemi che esse possono incontrare durante la loro carriera professionale (Corte di Giustizia, cit.).

Anzi, la norma in questione è generatrice di disparità in termini di retribuzione pensionistica fra i sessi. Eppure la sentenza non si conclude con alcuna intimazione della Corte a innalzare l’età pensionabile delle donne. La sentenza impone solamente allo Stato Italiano di pagare le spese del dibattimento. La Commissione ha poi aperto una procedura di infrazione nei confronti del nostro paese, che finora ha mancato di intervenire per eliminare questa norma discriminatoria. La Commissione chiede di rispettare la sentenza e di adeguare la nostra normativa alle specifiche comunitarie in fatto di parità di trattamento fra uomo e donna. Allo Stato Italiano è lasciata la scelta di decidere come: è bene ricordarselo. Il governo ha possibilità di scelta. Può riformare la norma innalzando l’età di uscita dal lavoro delle donne a 65 anni, la soluzione più in voga e di cui i giornali italiani attribuiscono la paternità alla commissaria europea Viviane Reding. Potrebbe viceversa – ma verrebbero meno i risparmi considerevoli derivanti dalla prima ipotesi – equiparare le due età a 62 anni. Non lo dicono, ma il risparmio di spesa che si genererebbe con la riforma si aggira sui circa 2 miliardi di euro in 7 anni. E due miliardi usciti così, dal cappello magico della Commissione UE non sono da buttare via. Non è finita: l’innalzamento dell’età pensionabile delle lavoratrici del settore pubblico spianerà la strada alla medesima riforma nel settore privato. Il coro univoco dell’innalzamento è talmente offuscante che il sindacato è sprofondato. Non una voce in opposizione a questo carico di mezogne. La norma è discriminatoria, è vero, quanto è vero che l’assenza di dibattito, il silenzio del PD, il fallimento del sindacato, il coro unanime di governo e Confindustria è quanto di più bieco e deviante ci possa essere.

La Sentenza della Corte di Giustizia UE- C 46/07