Il 2013 in dodici terribili post

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#direngeziparki (Photo credit: A H T)

Che dire del 2013? L’anno delle elezioni politiche in Italia e in Germania, delle Larghe Intese, dello Shutdown e della Decadenza. Delle rivolte di piazza, di Gezipark e del Riot in Rio. Della deriva egiziana e della guerra civile siriana. Di Snowden e della NSA. Di Renzi e Civati e della fine di una classe politica in Italia.

Tutto quanto è accaduto davvero e lo potete ritrovare in questi dodici tremendi post che vi ricorderanno il meglio e soprattutto il peggio di quanto successo sinora. Come si è soliti dire in codeste occasioni: ad maiora.

Mali: infine arrivarono le bombe francesi

gennaio 12, 2013- Le aspettano da quasi un anno, a Timbuctu, le bombe francesi. L’immobilismo di Ecowas e dell’Onu (che scelse Romano Prodi come mediatore dell’area del Sahel) anche di fronte all’escalation della guerriglia jihadista era troppo anche per uno come Francois Hollande. Da ieri le truppe francesi, per aria e per terra, guidano l’offensiva contro Ansar El […]

Blocco totale

febbraio 25, 2013 – Non ci si può nascondere, questa volta. Non si potrà dire che è stata colpa dei 5 Stelle. La sconfitta è evidente, soprattutto se si guarda alla ex regione in bilico, la Lombardia, dove il centrodestra mantiene un 38% di consensi, nonostante tutto, nonostante questi anni terribili, dove si è visto e sopportato di tutto. […]

Crisi di Governo | Napolitano anestetizza la Repubblica Parlamentare

marzo 30, 2013 – Tecnicamente, con la scelta di oggi pomeriggio di ammettere la prorogatio di Mario Monti, Giorgio Napolitano ha fatto la più grande riforma istituzionale di sempre: ha modificato la Forma di Governo. La crisi del parlamentarismo (che attanaglia il nostro paese da almeno dieci anni, come è evidente dalla trasformazione della pratica della decretazione d’urgenza in iniziativa legislativa […]

In Francia il Matrimonio è per tutti

aprile 23, 2013 – La nuova legge che estende il matrimonio a tutti, e quindi alle coppie omoosessuali, dovrà ancora passare il vaglio del Consiglio Costituzionale. Il provvedimento è stato approvato dall’Assemblea Nazionale oggi pomeriggio, alle ore 17 05, con 331 voti favorevoli e 225 contrari. Naturalmente è una legge che divide l’opinione pubblica, così come ha diviso il […]

Finanziamento Partiti: la riforma Letta e il trucco dell’inoptato

maggio 31, 2013 – Secondo il progetto di riforma preparato dal Governo Letta, uno dei meccanismi che dovrebbe regolamentare il Finanziamento dei partiti politici sono il 2xmille e le detrazioni d’imposta per le cosiddette erogazioni liberali. Fondamentalmente lo schema del disegno di legge somiglia a quanto proposto dal democratico Walter Tocci ma con alcune sostanziali differenze. La prima, la più […]

Gezi Park, testimoniare le violenze – #DirenGeziParki

giugno 16, 2013 – Ancora immagini da Istanbul, immagini di rivolta e di repressione. Child overcome by tear gas in hotel near #GeziPark. @Reuters photo by Yannis Behrakis. reut.rs/17NYG96 http://t.co/NIhpaVuWx6— Jim Roberts (@nycjim) June 15, 2013 Tear gas in lobby of Divan Hotel in #Istanbul amid police move on #GeziPark. via @AkinUnver http://t.co/hv7g0KbYR9— Jim Roberts (@nycjim) June 15, 2013 […]

Civati ci candida a segretari del PD #wdays

luglio 7, 2013 – Giuseppe Civati ha annunciato, in conclusione del Politicamp a Reggio Emilia, la sua candidatura a segretario del PD. Lo aveva già fatto da tempo, lo ha ribadito oggi, dinanzi alla platea che ha partecipato ai lavori di questi ultimi tre giorni. Ha detto: #wdays #civati io non ho nessuno dietro, ma vedo molta gente davanti […]

Mai più candido

agosto 1, 2013 – La sentenza è definitiva. Lo spazio per le opinioni e le interpretazioni è finalmente ridotto a zero. Ci fu evasione fiscale con frode, organizzata da Berlusconi Silvio e messa in opera per il tramite dell’Avvocato David Mills e di un sistema di società off-shore che drenavano denari dalla medesima Mediaset verso conti in nero in […]

Siria, futuro plurale

settembre 15, 2013 – Siria, futuro plurale – di Vanna Pisa Il labirinto siriano è formato da numerosi percorsi che si intrecciano nello spazio e nel tempo. Questioni religiose, geopolitiche, economiche, sociali e culturali. Come sappiamo USA e Russia stanno spostando ingenti forze militari nello scacchiere siriano: Assad per certi versi è un pretesto, lo scontro è mosso anche da […]

Shutdown della politica

ottobre 6, 2013 –La crisi del governo federale degli Stati Uniti nasconde un lunghissimo braccio di ferro che alcune parti del partito Repubblicano conducono sin dal 2010, anno di approvazione dell’Obamacare, la riforma sanitaria. Il New York Times racconta, in un resoconto a firma di Sheryl Gay Stolberg e Mike McIntire, che immediatamente dopo la conferma del secondo […]

Arrampicata stile libero e caso Cancellieri

novembre 16, 2013 – A questo fanno pensare le dichiarazioni di Cuperlo e Renzi circa il caso dell’aiutino alla famiglia Ligresti. Il ‘tengo amici’ del Ministro dell’Interno pone in grande imbarazzo due dei tre (quattro..) candidati alle primarie per la segreteria del Pd. Cuperlo, riporta oggi Repubblica.it, pur essendo favorevole alle dimissioni della Ministro, tiene a precisare il suo […]

Il Porcellum non c’è più

dicembre 4, 2013 – Con il seguente comunicato, la Consulta questo pomeriggio ha dichiarato incostituzionali sia il premio di maggioranza che le liste bloccate della legge elettorale Calderoli. La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme della legge n. 270/2005 che prevedono l’assegnazione di un premio di maggioranza – sia per la Camera dei Deputati che per il Senato della […]

Disintossicarsi dal sampietrino

Ne ferì più la penna che la spada. Ce n’è da imparare da questa frase. Me la ripeto all’eccesso da sabato.

Che scrivere dopo gli scontri del 15 Ottobre? Val la pena commentare l’ennesimo fallimento del movimentismo? Val la pena rispolverare i testi di Rosa Luxemburg, capire il perché del ricorso alla violenza, immedesimarsi nell’anarchismo più puro e oscuro?

Dopo un lungo tergiversare, mi sono detto che no, non ne vale la pena. Il movimentismo, così come lo abbiamo visto sinora, così come lo abbiamo interpretato sinora, è fallito. Lo scontro di piazza è fine a sé stesso, non serve, come poteva servire in passato, a far cadere i regimi o i governi. E’ utile invece alla controparte, che ha così l’alibi per far approvare a un imbarazzato parlamento leggi illiberali e contro la libertà individuale. Grazie ai casseur di sabato, per esempio, la prossima manifestazione di FIOM, così come quella altrettanto legittima dei poliziotti, è ridotta a un miserevole sit-in. La protesta è stata utilissima a condannare al silenzio tutte le altre proteste. Un bel modo per fronteggiare il malcontento crescente della crisi.

A giugno, con la partecipazione ai referendum, abbiamo dimostrato che ne ferisce veramente più la penna che la spada. Qualcuno aveva osato scrivere della originalità della ‘primavera’ italiana, che partecipa in massa al voto referendario e amministrativo, non occupa o invade i ministeri o le piazze, ma spinge il cambiamento del metodo democratico della rappresentanza chiedendo più partecipazione e praticandola, la partecipazione.

Devo ammetterlo, eravamo sulla buona strada. Occuparsi, in maniera rivoluzionaria (e non violenta) del Noi, che è poi la quintessenza della politica, quell’interesse generale oggi calpestato dell’ego ipertrofico dell’interesse di uno solo.

Disintossicarsi, è la parola d’ordine, adesso. Disintossicarsi dal sampietrino. Ditelo anche a Di Pietro, così frettoloso nell’invocare manette e pistola facili. Occorre prendere una buona dose di buona politica. Invadere, nel senso buono del termine, ovvero praticare con la partecipazione, le istituzioni democratiche e le organizzazioni che sottendono alle funzioni istituzionali, che si chiamano ancora partiti.

Qualche giorno fa, Stefano Boeri, ha rivolto un appello ai semplici elettori del PD affinché essi non abbandonino il partito alle sue trame e alle sue nomine e alle sue gerarchie ma invece lo occupino, ritornino a confrontarsi con esso e a imporne la linea politica contribuendo a riportare il dibattito sul piano della concretezza e dei problemi reali. Si potrà non esser d’accordo, si potrà obiettare con il fatto che il PD è un partito omologo a quelli dell’attuale governo, si potrà dire tutto e il contrario di tutto, ma Boeri ha ragione quando dice quanto segue:

È triste dircelo, ma nonostante questo successo, il Partito che esiste oggi a Milano sembra un piccolo mondo chiuso, parallelo e indifferente a quanto succede nel governo della città. Il partito che di fronte alle vicende giudiziarie di un suo dirigente si produce in un complicato riassetto della sua Segreteria invece che affrontare con coraggio un serio approfondimento politico sul rapporto tra interessi, governo locale e trasformazioni del territorio; il partito che oggi discute e si divide parlando di riorganizzazione per componenti, di nomine equilibrate sulle correnti, è lontano mille miglia dalla tensione propulsiva della nostra campagna elettorale. E lo è in un momento in cui, lo ripetiamo, avremmo bisogno come ossigeno di quella tensione ideale. Noi che stiamo a Palazzo Marino, voi che ci avete eletto – e tutta la città intera.[…]

Iscrivetevi a una comunità che ha bisogno come il pane delle vostre idee e che per questo deve rigenerarsi, uscire dalle logiche piccole e ottuse delle consorterie legate alle leadership nazionali o locali. Iscrivetevi per rifondare una comunità di milanesi che sappia ripensare e rilanciare la propria identità di movimento collettivo di idee e progetti e – solo in conseguenza a questa identità rigenerata- sappia anche rimettere in discussione la propria formula organizzativa […]

Siamo in molti a volere questa invasione rigenerante. Cominciamo, oggi, a farla diventare realtà (Il Post).

Il cambiamento, io credo, deve passare per questo cambio di prospettiva. Non è solo questione di passato e futuro e non è vero del tutto vero che la violenza è una risposta vecchia a problemi nuovi poiché la violenza è sempre una opzione possibile – forse l’unica praticabile – nel quadro estremo di una resistenza all’ingiustizia, una resistenza alla violenza pubblica di un potere privato che si è fatto pubblico in maniera illegittima violando la sfera del diritto universale dell’individuo. Ma la nostra realtà è pur sempre una realtà democratica e il conflitto è combattuto con mezzi pacifici e nell’alveo del metodo democratico. Prender armi contro l’ingiustizia significa far prevalere il proprio argomento tramite la parola e l’azione, manifestandosi nella sfera pubblica, partecipando. Invadere in senso buono le istituzioni, pretendere da esse che si occupino del Noi e non di un Io Potente e prevaricatore. Questo dobbiamo fare. Prendersela con i bancomat e le camionette dei Carabinieri è inutile nonché dannoso.

Lasciate cadere il sampietrino e impugnate la penna. Non lasciatevi incasellare nell’astensionismo. Scegliete la vostra parte.

Internet batte televisione 4 (sì) a 0. Ma ora liberiamoci da Facebook

Miguel Mora su El Pais commenta il voto di domenica prendendo spunto da quel video parodia di ‘L’aereo più pazzo del mondo’. In volo sull’oceano, i berluscones di ritorno dal soggiorno di Antigua vengono avvisati dell’esito dei referendum. Hanno abolito il legittimo impedimento, dice l’hostess ai passeggeri. E scatta l’isteria. La “Primavera dei Cittadini”, scrive Mora, “è sorta e si espande ogni giorno attraverso internet”. Esattamente come sulla riva sud del Mediterraneo, ma in una forma più pacifica e ricorrendo più all’ironia e alla satira che alla rabbia, il territorio infinito senza censura della Rete sembra aver giocato un ruolo chiave nel nuovo vento politico che sferza l’Italia.

Ma sembra chiaro che il problema è che la destra italiana non è a conoscenza del crescente potere di Internet. Che le nuove tecnologie non sono il punto di forza del suo leader è emerso pochi giorni prima del voto, quando ha detto che qualcuno gli aveva passato una “cassetta” per vedere un programma che aveva perso. “Possibile che un primo ministro e magnate dei media del XXI secolo ignorari che il DVD è stato inventato nel 1995, proprio l’anno in cui l’ultimo referendum in Italia ha vinto il quorum? Sembra improbabile, ma il fatto è che il referendum è stata una sconfitta finale non solo per il governo, ma anche per l’ambiente in cui Berlusconi è stato un mago (Miguel Mora, El Pais).

Così sembra. Il voto ha testimoniato il cambio di paradigma mediatico: non più l’oligarchia televisiva, che esclude e impone i piani argomentativi alla discussione pubblica, di cui è rimasto celebre il caso della violenza contro una donna a Roma poche settimane prima del voto del 2006, fatto che infiammò il dibattito televisivo contro l’immigrazione clandestina e fece emergere un clima di paura convogliato dai media di casa Berlusconi verso Lega e PdL; tanto per rinfrescarvi la memoria, quelle elezioni politiche furono poi vinte ugualmente dal centrosinistra ma Berlusconi riuscì nell’impresa di recuperare a Prodi almeno 8 punti percentuali. Quel caso ha rappresentato l’apice della forza persuasiva della televisione. I fatti criminosi compiuti nel paese erano in calo, ma la percezione delle persone era di un aumento. Si viveva un’emergenza che non c’era, indotta dalla suggestione televisiva che ogni giorno riproduceva quel fatto all’infinito, trasmettendo le immagini di retate, di sgomberi di campi Rom, parlando di tolleranza zero e di ergastoli e di pena di morte.

No, quel tempo è finito. Così sembra. Al posto della tv, una discussione eterodiretta che si autoalimenta grazie al contributo di tutti, senza necessità di conduttori o di presentatori, di opinionisti o di registi. Si afferma l’argomento prevalente in un susseguirsi di piani argomentativi in libera competizione fra loro. Questo è consentito da un mezzo straordinario che è la rete, essa stessa piano altro in cui l’individuo si dispiega in una multipolarità di voci che altrimenti gli sarebbero negate. Se l’azione dell’individuo non è più direttamente coercita se non in casi eccezionali stabiliti dalla legge, la parola era (ed è) fortemente compromessa, sottaciuta, senza alcuna rappresentanza nel teatro degli specchi che va in onda ogni giorno nello schermo televisivo. Internet sembra restituire all’individuo la parola, e al contempo gli riassegna lo status di cittadino, ovvero di individuo partecipe alla vita della polis.

Ho usato il termine sembra perché neppure Internet è priva del rischio oligarchico. Anzi: la sua tecnologia è talmente complessa da creare sistemi che sfuggono alle parole che possediamo. Per esempio: lo spazio di Internet è pubblico o privato? Se la discussione è politica, allora Internet diventa condizione propedeutica alla discussione pubblica. Diventa naturale considerarlo un diritto poiché nel web l’individuo si esprime e esprimersi è una delle libertà civili fondanti della modernità. Peccato che tutto ciò avvenga a casa di Zuckerberg. Rendetevene conto: abbiamo lottato per sconfiggere il demone televisivo, per poter contare, per poter fare prevalere l’interesse pubblico contro quello privato. Lo abbiamo fatto attraverso un social network che è estremamente inclusivo ma che è privato. Facebook non è un bene comune, non è nostro: ho una pagina a casa di Zuckeberg. Zuckerberg detiene il mio profilo di utente di Facebook. Di fatto mi controlla. E controlla tutti noi. Controlla l’informazione che passa attraverso il suo social network. Volendo, la potrebbe condizionare. Potrebbe far prevalere un argomento piuttosto che un altro. Esattamente come il media televisivo, ma in maniera ancor più subdola. E globale. Un mostro ben peggiore della nostra piccola videocrazia.

Facebook, il McDonald’s del social networking (segnalazione de Il Nichilista).

Berlusconi si rifugia al TG1 ma domani la Camera decide sul suo destino

La controffensiva “politica” di Berlusconi – che raccoglie i saggi (?) consigli di quella vecchia volpe di Giuliano Ferrara – trova il TG1 come scenario naturale per una squisita scenetta come questo, un classico delle campagne elettorali di B. Lui, che della politica ha fatto terreno per la soluzione delle controversie personali, ha rispolverato il lessico delle origini, la mitologica “rivoluzione liberale” – quasi un mantra per un uso volto alla mera ‘distrazione di massa’. Lo spirito del ’94, insomma, viene giocato come fosse la carta infallibile, l’asso nella manica per Berlusconi. Spaventare con la storia della patrimoniale e sedurre con il “meno tasse per tutti”. Un copione trito e ritrito – presto aumenteranno gli sbarchi di clandestini, e il miracolo del PdL al 38% sarà compiuto. Solo degli stolti potrebbero nuovamente cascarci. E’ sempre l’eterno guasto della narrazione di questo paese che si ripropone e si ripropone senza che nessuno, al di là della barricata, sappia pronunciare parole diverse, parole non fittizie ma che risiedono nella terraferma della concretezza.

Lui è il primo e più abile affabulatore. Ora parliamo di economia, dice, come se detenesse il potere di stabilire ciò di cui dobbiamo discutere. Ecco, la nostra prima grande ribellione è parlare per conto nostro, escluderlo dalla discussione, discutere di ciò che ci interessa, e se parlare delle sue frequentazioni notturne e dello sdegno di un capo di governo che si circonda di ancelle a pagamento è ciò che ci interessa, noi possiamo farlo. Possiamo fare di questo argomento il centro della discussione pubblica, come se non ci possa essere discussione altra se prima Lui non si dichiara sconfitto e si dimette da tutte le cariche politiche, indi compresa anche quella da parlamentare. Solo con una sfera pubblica depurata dalla sua ingombrante sfera privata, si può tornare a parlare di politica, e quindi di economia. Ma un dato è imprescindibile: non si può andare oltre se prima Berlusconi non si fa da parte.

Oltre B.: domani le opposizioni hanno un’altra occasione, vediamo se la sprecheranno nuovamente.

I deputati dovranno decidere il da farsi rispetto alla richiesta dei pm di Milano di perquisire gli uffici del contabile del premier Giuseppe Spinelli a Milano 2. In particolare dovranno dire sì o no alla proposta della Giunta per le autorizzazioni di restituire gli atti alla Procura ritenendo competente il Tribunale dei ministri. Si vota a maggioranza semplice quindi basterà la metà più uno dei presenti. Il centrodestra conta già 314 deputati che potrebbero aumentare nel corso delle prossime ore (panorama italia).

Il voto è previsto per le ore 19. Diretta streaming su http://cubicatv.iobloggo.com

E ora più che mai: la carica delle poltrone. Quando l’eccezione si fa regola.

Ricevo e pubblico:

LA CARICA DELLE POLTRONE…

DIVIETI DI DOPPI MANDATI ED EMOLUMENTI: QUANDO L’ECCEZIONE SI FA REGOLA!

LA REGOLA: COSA PREVEDE LA LEGGE?

L’art. 62 del d.lg. n. 267 del 2000 (“Testo Unico degli Enti Locali”) prevede la “incompatibilità” tra la carica di sindaco o presidente di provincia e quella di deputato o senatore.

Più precisamente, si prescrive l’“automatica decadenza” dalla carica di Presidente della Provincia o di Sindaco (di un Comune con una popolazione superiore a 20 mila abitanti) nel caso di accettazione della candidatura a deputato o senatore.

Gli art. 1 e 2 della legge n. 60 del 1953 (sulle “incompatibilità parlamentari”), inoltre, prevedono il “divieto di doppi incarichi” per i parlamentari.

In particolare, si introduce il divieto di ricoprire cariche:

  • in enti pubblici o privati (per nomina o designazione del Governo o di organi dell’Amministrazione dello Stato);
  • o in associazioni o enti che gestiscano servizi per conto dello Stato o della Pubblica Amministrazione (o ai quali lo Stato contribuisca in via ordinaria).

La ratio è quella di evitare potenziali “conflitti d’interesse”, ossia l’abuso del proprio incarico al fine esclusivo di condizionare il voto di un pubblico vasto per un proprio tornaconto elettorale.

L’art. 3 della legge n. 1261 del 1965 (sul “trattamento economico dei parlamentari”), invece, prevede il “divieto di cumulo” delle indennità per i parlamentari.

In pratica, si stabilisce il divieto di cumulare le indennità parlamentari (di deputato o senatore, pari a circa “13 mila euro” mensili) con altri salari derivanti:

  • da incarichi di carattere amministrativo (conferiti dallo Stato, da enti pubblici, da banche di diritto pubblico, da enti privati concessionari di pubblici servizi, da enti privati con azionariato statale, da enti privati aventi rapporti d’affare con lo Stato o da Regioni, Province o Comuni);
  • o da rapporti di pubblico impiego (i dipendenti dello Stato, di altre pubbliche amministrazioni nonché di enti ed istituti di diritto pubblico, eletti deputati o senatori, sono collocati d’ufficio in aspettativa per tutta la durata del mandato parlamentare).

L’art. 83 del d.lg. n. 267 del 2000, infine, prevede il “divieto di cumulo” delle indennità per gli assessori ed i consiglieri di comuni e province.

Questi, qualora eletti al Parlamento europeo, al Parlamento nazionale o al Consiglio regionale, se mantengono la loro carica presso l’ente locale, hanno diritto solo al gettone di presenza per la partecipazione ai Consigli o alle Giunte comunali o provinciali.

LO “STATUS QUO”: QUANDO L’ECCEZIONE SI FA REGOLA!

L’attuale legislazione relativa alla compatibilità tra il ruolo di parlamentare e quello di sindaco o presidente di provincia presenta, però, una lacuna evidente:

  • mentre l’art. 62 del Tuel obbliga ogni sindaco o presidente di provincia, intenzionato a candidarsi alle elezioni politiche, a dimettersi dal proprio incarico di amministratore locale;
  • la legge non vieta espressamente il contrario, ossia ad un parlamentare in carica di candidarsi alle elezioni locali (oppure ad un politico a candidarsi, nella stessa tornata elettorale, contestualmente alle elezioni locali e politiche).

Nel corso della prima Repubblica tale anomala eccezione non si è posta, vista la consuetudine politica di considerare comunque “incompatibili” le due cariche.

Nel corso della legislatura Berlusconi del 2001/2006, invece, la maggioranza politica di centrodestra (con l’avallo “complice” dell’opposizione) ha deciso di stravolgere questa prassi consolidata riconoscendo il diritto di ogni parlamentare:

  • di candidarsi a sindaco (o presidente di provincia)
  • e di mantenere, contestualmente, il proprio incarico da parlamentare!

Questo quanto ha stabilito per la prima volta la giunta delle elezioni della Camera dei Deputati in relazione al caso di Diego Cammarata (onorevole di Forza Italia dal 2001 al 2006 e, al contempo, sindaco di Palermo).

L’“eccezione Cammarata”, così, ben presto è divenuta “regola”: nelle more di una legge silente e contraddittoria sul punto, la giunta delle elezioni della Camera ha dichiarato finora “compatibili” ben 15 onorevoli che hanno assunto il doppio incarico (di deputato e sindaco)!

Il caso di parlamentari-sindaci, però, rappresentano solo la punta dell’iceberg di un “malcostume politico” ben più ampiamente e trasversalmente radicato.

Sindaci, presidenti di provincia, assessori e consiglieri locali, amministratori delegati di aziende e società, presidenti di fondazioni, ministri, parlamentari…: ricoprendo contestualmente più cariche, i nostri politici cumulano ormai con disinvoltura incarichi (ed emolumenti):

  • anche quando ciò risulta “vietato dalla legge”
  • e pur in presenza di tangibili “conflitti di interessi”!

Mentre molti italiani hanno difficoltà a mantenere il proprio posto di lavoro, così, tale preoccupazione è ben lontana dai pensieri di molti politici “tuttofare” (o “fantuttoni”) che godono dell’unico posto “fisso e inamovibile” rimasto!

Forse perché il Parlamento, di fatto svuotato delle sue funzioni dal Governo, risulta un luogo sempre più monotono, i nostri “poveri” parlamentari preferiscono mantenersi attivi e vitali ricomprendo una svariata infinità di cariche e funzioni!

Secondo i dati forniti da Camera e Senato (e pubblicati dal settimanale “l’Espresso” lo scorso 25 febbraio), in Parlamento attualmente cumulano più incarichi:

  • 113 deputati (su 630);
  • e ben 150 senatori (su 315).

DOPPI (O TRIPLI) INCARICHI: ECCO ALCUNI NOMI ECCELLENTI…

In questi anni i cittadini italiani hanno beneficiato di un alleato in più nella lotta contro i “fannulloni” e gli incapaci della pubblica amministrazione: il ministro “fantuttone” Renato Brunetta, sempre pronto a stigmatizzare la condotta di quegli impiegati pubblici incapaci di restare incollati alla poltrona per tutto l’arco della giornata lavorativa…

I conti, però, sembrano non tornare più se è lo stesso Brunetta a rischiare di assentarsi parecchio dal proprio ufficio ministeriale per svolgere a tempo pieno un nuovo incarico che per lui si configura: quello di sindaco di Venezia!

Il “superministro” della Pubblica Amministrazione, infatti, si è reso disponibile a candidarsi a sindaco di Venezia solo a condizione di non rinunciare né al suo incarico di ministro né al ruolo di parlamentare, triplicando così i suoi impegni!

Il vero “unto dal Signore”, piuttosto che il Cavaliere, sembra essere proprio Brunetta: in confronto alla sua abilità nel moltiplicare incarichi e poltrone, infatti, Gesù Cristo apparirebbe oggi un dilettante nell’arte di moltiplicare soltanto pani e pesci!

Renato Brunetta sembra addirittura voler capitalizzare la propria influenza ministeriale:

  • ottenendo da ben otto ministri di Governo l’impegno a sostenerlo in prima persona nella sua campagna elettorale;
  • e servendo ai propri elettori su un piatto d’argento la promessa di ottenere ben “25 miliardi” di investimenti in favore della sua Città!

Alle critiche sulla sua “ingordigia di potere”, allora, il “ministrino” taglio corto, un po’ seccato e infastidito, ripetendo di essere un “superuomo” in grado di lavorare anche 18/20 ore al giorno…

Brunetta, però, non è affatto in cattiva compagnia nell’elenco dei i più noti “doppi poltronisti”.

Un esempio è il caso del collega Roberto Castelli, viceministro alle Infrastrutture:

  • pronto a candidarsi a sindaco di Lecco (dopo essere riuscito, appena lo scorso novembre, a far sbloccare dal Cipe “130 milioni” per la costruzione della Lecco-Bergamo);
  • ma indisponibile a rinunciare al proprio incarico di viceministro (specie allorquando al suo Ministero toccherà gestire ben “12 miliardi” di euro per l’affare “Expo 2015”!).

Altro caso noto è quello di Lucio Stanca, ex ministro per l’Innovazione e le Tecnologie del precedente governo Berlusconi e attualmente:

  • vicepresidente della Società “Expo 2015” (carica per la quale ha già percepito “450 mila euro” di emolumenti, ovviamente cumulati alla sua rendita da parlamentare);
  • e deputato (non a caso di frequente assente dai banchi parlamentari, visto i suoi ben più importanti impegni che lo bloccano a Milano!).

Altro eccellente “doppio poltronista” è Altiero Matteoli, attualmente:

  • sindaco di Orbetello (in Toscana);
  • e ministro dei Trasporti.

E che dire di Alfredo Messina:

  • senatore del Pdl;
  • e consigliere di amministrazione di Mediaset (la società che controlla interamente la Concessionaria Rti, la quale manda in onda Canale 5, Italia 1 e Rete 4)?

Formalmente nessun parlamentare potrebbe rivestire cariche o funzioni in società “concessionarie pubbliche”.

La giunta delle elezioni del Senato, però, ha giudicato “compatibile” il suo doppio incarico, essendo il sen. Messina formalmente consigliere di Mediaset e non della Rti (di fatto, una “società matrioska” creata per aggirare il divieto di legge!).

TRA “CONFLITTI D’INTERESSI” E “CONCENTRAZIONI DI POTERE”…

Lo scenario che questa “lotteria delle cariche” lascia trasparire è alquanto “desolante” e testimonia l’eccessiva “personalizzazione” della politica e i frequenti “abusi” cui il potere è avvezzo.

Il problema di fondo:

  • non è tanto (o non solo) economico (la cumulazione di più emolumenti in capo ad uno stesso politico);
  • bensì di legalità, efficienza, trasparenza della politica ed autonomia degli enti locali.
  1. un problema di “legalità”:

Come può la politica svolgere una funzione pubblica essenziale (la rappresentanza degli interessi della Comunità e la gestione della finanza pubblica) nel più assoluto “dispregio per le regole”?

Per quale ragione a un politico deve essere concesso un “privilegio” vietato a qualsiasi altro pubblico impiegato (parimenti retribuito con i soldi dei contribuenti), ossia la facoltà di svolgere un “doppio lavoro”?

Quale immagine di correttezza, moralità e serietà si trasmette alla pubblica opinione?

  1. un problema di “efficienza”:

Come si può umanamente immaginare che un politico possa contestualmente svolgere, con la massima “dignità” e dedizione possibile, una pluralità di incarichi così diversi (e “distanti”)?

E come possono i cittadini accettare l’idea di essere amministrati da sindaci “part-time”, pronti a mettersi e sfilarsi la fascia tricolore con la stessa sveltezza con cui le modelle si cambiano i costumi in camerino?

La ratio irrinunciabile del divieto di cumulo delle cariche di parlamentare e di sindaco è proprio quella di evitare il cumulo di funzioni che richiedono un impegno costante e totalizzante, specie per gli enti locali di grandi dimensioni che esigono una gestione a tempo pieno!

  1. un problema di “trasparenza”:

Com’è tollerabile questa eccessiva “concentrazione di potere” in poche mani?

Come si possono ragionevolmente evitare “conflitti di interessi”?

E com’è possibile che un solo personaggio divenga tanto indispensabile e “insostituibile” da essere chiamato a svolgere contestualmente diversi incarichi?

  1. un problema di “autonomia” degli enti locali:

E’ normale che un amministratore locale debba svolgere altri incarichi di Governo per aver qualche “chance” in più di aver accesso a finanziamenti pubblici da parte dello Stato?

Come si può “mortificare” l’autonomia e l’indipendenza degli enti locali, che hanno diritto ad esser messi in condizioni di parità tra di loro e a non essere discriminati in ragione dei doppi incarichi (più o meno prestigiosi) assunti dal proprio primo cittadino?

L’impressione non può che essere una sola: “si sta superando il limite della decenza. I doppi incarichi abusano della fiducia degli Italiani, che non hanno l’anello al naso!”.

Se questa fosse solo la mia impressione, probabilmente in pochi dovrebbero sentire la preoccupazione di curarsene…

Nel momento, invece, in cui queste sono parole testualmente riferite dal Presidente della Camera, Gianfranco Fini, credo che sia arrivato il tempo di sviluppare una riflessione più seria e profonda sul “malcostume politico italiano”.

Gaspare Serra

Blog “Spazio Libero”:

http://spaziolibero.blogattivo.com

Gruppo facebook “Riformiamo lo Stato, rinnoviamo la Politica, ravviviamo la Democrazia”:

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Il popolo viola, la diretta streaming dalle 14,30 su Yes, political!

La diretta è terminata.

Il popolo viola.

foto di Eleonora Aloise

popolo viola la legge è uguale pertutti

La politica che nasce dal conflitto: partito dell’odio e partito dell’amore.

La “filosofia” berlusconiana post piazza del Duomo è fondata su un errore di fondo: la retorica dell’amore che annienta l’odio è falsa, amore e odio si sustanziano a vicenda, eros e thanatos, le fruediane pulsione di vita e pulsione di morte, sono le grandi leve che muovono le cose del mondo e nessuna delle due prevarrà.
Tanta la letteratura in proposito, a cominciare da Carl Schmitt per arrivare ai pionieri della psicanalisi, Sigmund Freud e Carl Gustav Jung. Ed è proprio da Carl Schmitt che la politica berlusconiana trae – inconsapevolmente? – abbondante ispirazione: la campagna contro Prodi nel 2007, la propaganda anti-extracomunitario avviata dai suoi media prima delle elezioni del 2008, sono solo due dei tanti esempi di applicazione del meccanismo di formazione dell’identità negativa imperniata sulla dicotomia amico-nemico: se per Carl Schmitt, politico non è neutrale, allora in ottica berlusconiana, politico è stare dalla sua parte o stare contro. Il Berlusconismo e l’Antiberlusconismo sono amore e odio, nel senso di una coppia dicotomica le cui parti non esisterebbero l’una senza l’altra. Il Berlusconismo altro non è se non la proiezione dell’ombra del sé sull’altro, è vedere nello straniero, nell’altro, una minaccia, il male. Finché esisterà amore, esisterà odio, finché esisterà il Berlusconismo, esisterà l’Antiberlusconismo. Il conflitto nasce dalla divisione, dalla crisi e crisi è rottura dell’integrità dello spazio politico come spazio della neutralità: la sfera pubblica è occupata dal privato e – anziché essere condotta nell’interesse generale, quindi senza favorire nessun interesse particolare, in un campo di neutralità rispetto agli interessi particolari – diventa il campo della battaglia (quindi del sentimento?) dei singoli interessi, ovvero di amore e odio. La critica è manifestazione dell’odio e pertanto va denigrata ma non può essere eliminata poiché il sistema permane in equilibrio finché amore e odio continuano a alimentarsi a vicenda. Tanto amore richiamerà altrettanto odio: la politica del sentimento non è politica della ragione, bensì dei turbini dell’inconscio, e l’inconscio altro non è se non il territorio delle tenebre.

    • L’odio è un sentimento, come l’amore , come la gelosia, e nessuno Stato, nemmeno il più totalitario, ha mai osato mettere le manette ai sentimenti. Le ha messe alle azioni, le ha messe alle opinioni, non ai sentimenti. Tanto più questo dovrebbe valere in una democrazia. Io ho il diritto di odiare chi mi pare e anche di manifestare questo mio sentimento. L’unico discrimine è la violenza. Io ho il diritto di odiare chi mi pare ma se torco anche un solo capello alla persona, o al gruppo di persone che detesto per me si devono aprire le porte della galera.
    • Voler mettere le manette all’odio, come pare si voglia fare introducendo il reato di “istigazione all’odio”, significa in realtà mettere le manette alla critica. Perché l’odio è una categoria psicologica di difficilissima e arbitraria definizione.
    • istigo all’odio o esprimo una legittima opinione, giusta o sbagliata che sia?
    • Berlusconi è convinto, credo sinceramente convinto, che chi non lo ama “mi odia e mi invidia”. In termini psicoanalitici si potrebbe dire che “proietta la sua ombra”
    • Proprio la condizione d’estrema solitudine permette l’incontro con il lato oscuro di noi stessi. Ciò che abbiamo biasimato negli altri lo ritroviamo proprio dentro di noi (Jung consiglia, a chi volesse saperne di più sulla propria ombra (lato oscuro della personalità), di scrivere un elenco di cose che non gli piacciono negli altri).
    • Durante questo periodo d’intensa solitudine si possono produrre dei delirii e può verificarsi l’emersione d’immagini non solo personali ma anche collettive. I contenuti dell’inconscio personale (come l’ombra) sono collegati in modo indistinguibile con i contenuti archetipici dell’inconscio collettivo quindi, quando l’ombra diventa cosciente, essi in un certo qual modo portano a galla anche quelli.
    • L’incontro con il nero è la prima scoperta di ciò che non ci piace.
    • Tutto ciò che è ignoto e vacuo è riempito da proiezioni psicologiche.
    • E. T. A. Hoffman, nel suo racconto “Gli elisir del diavolo”, sembra anticipare il concetto junghiano di ombra. Il monaco

      Medardo proietta la sua parte malvagia, la sua ombra, su di un altro individuo. Solo dopo aver accettato le proprie colpe e reintegrato in sé l’ombra arriverà ad un grado di maggiore integrazione e sviluppo della propria personalità.

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I due principi fondamentali di Empedocle – philìa (amore, amicizia) e neikos (discordia, odio) – sia per il nome che per la funzione che assolvono, sono la stessa cosa delle nostre due pulsioni originarie Eros e Distruzione.»[3]

Ritorno alla politica. Rivoltare il paradigma autoritativo.

L’autorità non promana dall’alto. Preso atto di questo, si deve tornare a riaffermarlo nella dimensione pubblica. La sovranità appartiene al popolo. Non solo nell’atto meccanico del voto alle urne. Il popolo si deve fare partecipativo. Deve occuparsi della cosa pubblica. In primis, tornando a formarsi una opinione non in forma acritica bensì attraverso la mediazione dei diversi punti di vista che, liberamente, si confrontano.
Il congresso PD è una possibilità, le primarie sono il mezzo col quale riappropriarsi della politica. Ma quel che è necessario, non è solo un ricambio nella classe dirigente – del partito e del paese; risulta primaria l’esigenza di un cambio di modalità, di modus operandi, di etica politica.

Oggi non serve una persona nuova: serve una politica nuova e un nuovo metodo di concepire la politica (Ignazio Marino).

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    • Il regime nel quale viviamo fa schifo. È un regime corrotto a livelli africani, clientelare, nepotistico, arrogante, impunito, e anche violento, perché si sta attrezzando per sopprimere il dissenso.
    • Molti di noi scendono in campo, come facevano da giovani. Si costituiscono nuovi gruppi, e ciascun gruppo elabora un proprio libro dei sogni, fatto di lotte senza quartiere
    • In definitiva, ciascun gruppo propone se stesso come classe dirigente. Ergo, quei gruppi che prevarranno sono destinati per una legge di natura a tradire il proprio mandato. Lo dicono 30 secoli di storia. Come tutti i rivoluzionari della storia, anteporranno il mantenimento e la crescita neoplastica del proprio potere alle ragioni che in origine li spinsero a scendere in campo
    • Noi non vogliamo, non dobbiamo diventare classe dirigente. Vogliamo che gli eletti siano riportati alla loro dimensione originaria: semplici e umili funzionar
    • C’è una cosa semplicissima che nessuno considera, perché il regime ha cancellato questa semplice nozione dall’istruzione pubblica e dai mezzi di informazione. La nozione è la seguente: è lo stato che esiste per servire i Cittadini, non i cittadini per servire lo Stato
    • È talmente semplice che ci frustra e ci sbalordisce il fatto di non averci mai pensato e di non averlo mai sentito dire da nessuno
    • La stella polare è una, e da essa discendono tutti gli altri punti di repere sulla mappa, che si parli di protezione dell’ambiente, di sviluppo sostenibile, di lotta agli abusi edilizî o altro. Il punto cruciale si chiama SOVRANITÀ POPOLARE.
    •  

      C’è un tallone d’Achille nel regime. Dobbiamo sfruttarlo.

      Federiamoci e lavoriamo insieme per dare vita a questa sbalorditiva ovvietà.

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Antiberlusconismo sciocco è antipolitica? Le semplificazioni di Bersani.

Bersani osteggia l’antiberlusconismo sciocco. L’antiberlusconismo sciocco, in questo articolo comparso stamane su Il Riformista on line a firma di Caldarola, è equiparato all’antipolitica più becera, all’odio verso qualsiasi formazione politica.
In questo post dimostro che non è affatto così. L’antiberlusconismo è un dovere per un democratico. Poiché il berlusconismo è di fatto l’uso della macchina Stato per il perseguimento dell’interesse di uno solo, è il berlusconismo stesso a essere oltreché antidemocratico anche antipolitico, laddove politica è da interdersi nell’accezione aristotelica della polis, della comunità dei cittadini. Il berlusconismo osteggia la polis, pregiudica il perseguimento dell’interesse generale, di fatto è elemento che mette a pregiudizio l’assetto democratico di un paese. Per queste ragioni va combattuto, e un partito che aspira a essere un partito di governo e per giunta si definisce democratico, non può permettersi di abbandonare la lotta per la democrazia.

(Anche in Grillo qualcosa a proposito: http://www.beppegrillo.it/2009/08/bersanetor_e_il_nuovismo.html)

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    • È bastata una piccola frase di Pierluigi Beraani, «Basta con l’antiberlusconismo sciocco», per spingere alcuni quotidiani a scrivere che il candidato alla segreteria del Pd abbandonava il dipietrismo
    • Bersani poteva dire di più. Il problema di Di Pietro non è solo l’«antiberlusconismo sciocco» ma la volontà di rappresentare un’Italia che odia tutte le formazioni politiche e la politica in generale.
      • Troppo semplificatorio: è il berlusconismo l’odio verso la politca. Il berlusconismo pregiudica la politica, nel senso di polis, quindi della comunità dei cittadini, con la distruzione di una sfera pubblica critica sostituita da una sfera pubblica acclamativa, dove l’opinione altrui è annichilita e la critica è eversione. Questo deve essere messo in evidenza. In queste righe, si pratica un inversione, bollando come antipolitico qualsiasi movimento che richieda giustizia e libertà d’espressione. Un assurdo che si genera proprio dall’ignoranza del concetto di politica e di come il berlusconismo sia antipolitico. – post by cubicamente
    • C’è nel dipietrismo un’anima populista, anti-democratica e giustizialista che sottrae fasce importanti di elettori da una prospettiva di governo.
      • E chi mai ha detto che, per essere forza di governo, un partito debba abbandonare una politica di opposizione al berlusconismo in favore di un certo grado di acquiescenza? Anzi, un partito che si propone come “di governo” dovrebbe fortemente osteggiare la politica antidemocratica di Berlusconi. Dovrebbe, per essere veramente di governo, quel partito farsi portavoce e bandiera di tutte le istanze della società civile che rivendica il diritto a essere rappresentata e di veder garantiti i propri diritti nel perseguimento dell’interesse generale, che invece oggi è svilito in una bieca ricerca dell’interesse proprio particolare di un solo signore. – post by cubicamente
    • Mi aspetto dal candidato alla segreteria del Pd un ragionamento più profondo sui danni che una simile impostazione provoca all’immagine di una sinistra di governo.
    • Detto questo tuttavia la frase di Bersani è un buon primo passo e soprattutto una vera linea di confine verso il movimentismo nuovista e giustizialista del fronte franceschiniano.
      • Fronte nuovista e giustizialista franceschiniano? Ma questo è un racconto di fantasia! – post by cubicamente

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Primarie PD. Un sondaggio. Riprendiamoci la politica.

Un sondaggio effettuato nelle date del 7-10 Luglio dalla Simulation Intelligence su un campione di 1000 persone.

Questo sondaggio mostra una grande incertezza sulla decisione di andare o no al voto. Mostra anche che Bersani può contare su uno zoccolo duro difficilmente scalfibile.

Ignazio Marino si attesta su un 8%. La polemica de Il Foglio è datata 25-27 Luglio. Chissà se ha giovato. Marino non è conosciuto. Marino rappresenta l’unica alternativa valida a questo gruppo dirigente. Chi dice di votare Bersani ha nostalgia del vecchio PCI. Devono ricordarsi costoro le vicende Unipol. Bersani non ha mai detto una parola contro quelle strane simpatie con i banchieri. Il vecchio PCI non aveva nulla a che fare con i banchieri. Bersani non ha nulla a che fare con il vecchio PCI.

Tocca alzarsi in piedi e riprenderci la politica.

GLI ITALIANI E LE PRIMARIE DEL PARTITO DEMOCRATICO

Nei giorni 7-10 luglio abbiamo realizzato una ricerca telematica su un campione di 1.000 elettori rappresentativo della popolazione italiana a cui abbiamo chiesto, tra l’altro, quale candidato vorrebbero come segretario del PD. I nomi degli aspiranti segretari tra cui si poteva scegliere erano quelli delle “autocandidature” espresse in quel momento.

1. Pensa di andare a votare ad ottobre alle primarie del PD?

Al momento del sondaggio una percentuale abbastanza alta (l’11%) pensa di andare a votare ed una percentuale ancora superiore (il 40%) è incerta.

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2. Conosce il nome di qualche candidato? (risposte spontanee)

Al momento del sondaggio esistevano 5 “autocandidature” (Adinolfi, Bersani, Franceschini, Grillo, Marino) e una di queste (Grillo) fortemente avversata da importanti settori del PD. Il candidato più conosciuto era Franceschini. Non mancano quanti credono che esponenti del PD non candidati (Fassino, D’Alema, Veltroni) siano in corsa per la segreteria del partito.

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3. Le leggo i nomi degli attuali potenziali candidati. Lei (sia che abbia intenzione di votare o no) chi vorrebbe come segretario del PD?

Tra il totale degli elettori che pensano di votare o no per le primarie (al di là della maggioranza che non vorrebbe nessuno degli attuali candidati o è incerta) il candidato preferito era Bersani. Al secondo posto, alla pari, Franceschini e Grillo. Bersani è preferito soprattutto dagli uomini e dai titoli di studio superiori, Franceschini preferito dalle donne e Grillo il più gettonato tra gli under 35.

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4. Se si votasse domani…? (con i candidati al 10 luglio)

Circoscrivendo l’analisi a quanti sono orientati a votare alle primarie, con la tecnica del “se si votasse domani…” questi erano i risultati del periodo 7-10 luglio con cinque aspiranti segretari:

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5. Se si votasse domani…? (senza Adinolfi e Grillo)

Escludendo le candidature di Grillo e Adinolfi, i possibili risultati ad oggi potrebbero essere questi:

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  • Nota informativa
  • Titolo del sondaggio: Le primarie del Partito Democratico
  • Soggetto che ha realizzato il sondaggio: Simulation Intelligence, Milano
  • Committente e acquirente: http://www.simulationintelligence.com
  • Tipo di rilevazione: Indagine campionaria
  • Estensione territoriale: Nazionale
  • Universo di riferimento: campione rappresentativo dell’universo dei cittadini italiani dai 18 anni in su
  • Tipo di campionamento: 1.000 interviste telematiche effettive su campione casuale
  • Consistenza numerica del campione degli intervistati:
  • contatti realizzati: 1.824
  • interviste complete: 1.003
  • interviste convalidate e valide per l’analisi: 1.000
  • Periodo di realizzazione del sondaggio: 7-10 Luglio 2009
  • Metodo di raccolta della informazioni: Interviste telematiche con questionario strutturato
  • Rappresentatività dei risultati: margine di errore compreso tra + e – 3,5%; fiducia 95,5%
  • Sito su cui è riportata la nota informativa ai sensi della Delibera n. 153/02/csp del 25 luglio 2002: www.sondaggipoliticoelettorali.it