Dopo il Porcellum la tentazione perversa del proporzionale puro

Le motivazione della sentenza della Corte Costituzionale hanno posto definitivamente la parola fine alla vita della legge elettorale Calderoli, nota al mondo come Porcellum. Ma se pensate che sia tutto risolto, vi sbagliate di grosso. La sentenza è giocoforza emendativa essendo la legge elettorale “costituzionalmente necessaria”, come ribadito in diverse sentenze e in ultimo nella suddetta n. 1/2014. Il Consultum, come è stato ribattezzato il rottame di legge elettorale rimasto, è un proporzionale corretto con soglia di sbarramento al 4% per le liste, al 10% per le coalizioni e voto di preferenza. Un ritorno al futuro della prima Repubblica e della preminenza della rappresentatività sulla governabilità con gli effetti che sappiamo in termini di potere dei partiti. Se le urne non sono in grado di esprimere un vincitore in grado di governare, allora il sistema parlamentare corregge il voto con la mediazione in aula. Saranno i capi partito a cercare un accordo politico fra forze diverse e finanche in opposizione fra di loro al fine di governare. Tutto ciò ha effetto altrettanto distorsivo di un premio di maggioranza, che sarà deprecabile, ma almeno favorisce la coalizione uscita maggioritaria dal voto popolare.

Con questo non si intende difendere i meccanismi premiali del Porcellum. Essi sono stati dichiarati incostituzionali dalla Consulta sulla base di due ordini di ragioni: 1) lo strumento del premio di maggioranza alla Camera era sproporzionato e comprimeva oltre il limite il principio costituzionale della eguaglianza del voto (art. 48 Cost., secondo comma) nonché della rappresentanza (art. 67 Cost.) il premio di maggioranza al Senato era ancorché irrazionale, ovvero contro la ratio stessa della norma poiché in grado di creare maggioranze differenti rispetto all’altra Camera e quindi di vanificare la governabilità dell’istituzione. Ma una legge elettorale che non fosse in grado, stante alla frammentazione del quadro partitico italiano, di operare una sintesi e quindi di favorire una chiara governabilità frutto della rappresentanza, non sarebbe certo migliore del Porcellum. Per tale ragione, chi in queste ore sta sostenendo la possibilità di andare alle urne con il Consultum, è da ritenersi al limite della follia. Poiché non ha in vista il bene del paese, a cui antepone evidentemente un mero calcolo di convenienza per sé o per il proprio gruppo.

Non è vero quindi che la Consulta, bocciando il premio di maggioranza del Porcellum, abbia altresì invalidato qualsiasi altro accorgimento correttivo nel senso della governabilità. Tuttavia, anche questi strumenti devono essere limitati per non comprimere altri principi costituzionali. Qualsiasi strumento di correzione e di sintesi non è in grado di produrre un sistema partitico diverso dall’attuale. In alcune ricostruzioni, per esempio in quella di Aldo Giannulli sul blog di Grillo, si fa passare l’idea che sia la legge elettorale a produrre il sistema partitico, per cui il maggioritario tenderebbe a favorire il bipartitismo mentre il proporzionale sarebbe più flessibile e “aperto alla società civile”. Nella realtà non è così: in Italia, la legge Mattarella – maggioritaria con correzione proporzionale alla Camera, maggioritaria al Senato – non è mai effettivamente stata in grado di semplificare il quadro partitico. Ha prodotto un indebolimento dei partiti a favore di personalità politiche, ma ha anche reso evidenti le relative responsabilità di governo e l’elettore ha avuto possibilità di capire chi fosse il parlamentare che lo ha rappresentato. Però i partiti sono sopravvissuti alla Mattarella. Si sono uniti in coalizioni politiche deboli che, alla prova del governo, hanno segnato il passo, specie dinanzi alla radicalità delle posizioni nel periodo duro del berlusconismo. D’altro canto, non è vero che il sistema proporzionale è più flessibile del maggioritario: la flessibilità del quadro partitico è determinata storicamente, non per via elettorale. Per i lunghi anni della prima Repubblica, il proporzionale non è mai stato in grado di bucare lo schema di governo della Democrazia Cristiana. La ragione è nota ed era legata anche a fattori esogeni (la contrapposizione fra i blocchi, la guerra fredda). Se un sistema politico è bloccato, la legge elettorale può fare ben poco. Le due grandi cesure elettorali, in Italia, sono avvenute con le politiche del 1992 e del… 2013. Nel ’92 si rompe lo schema del pentapartito; nel 2013 il bipolarismo debole orientato sull’asse berlusconismo – antiberlusconismo. In questi due cambiamenti, la legge elettorale ha operato in senso conservativo, limitando l’erosione di voti dai partiti prevalenti.

Certamente il maggioritario puro ha effetti distorsivi nei confronti della rappresentanza. Ma è possibile operare correzioni con il doppio turno di collegio. Il doppio turno consente l’accesso dei partiti di minoranza (non tutti, quelli più rilevanti e omogenei geograficamente) nell’istituzione. Esiste inoltre il cosiddetto ‘diritto di tribuna’ (nella proposta di Matteo Renzi è pari addirittura al 10%) per disporre comunque un certo numero di seggi alla necessità di rendere l’istituzione effettivamente rappresentativa del voto. In ogni caso, la nuova legge elettorale non dovrà sacrificare la governabilità per garantire una rappresentanza pura ma sterile. Né essere frutto del calcolo o dell’opportunismo di taluni, o piuttosto di volontà punitive nei confronti del partitismo. Dovrà – questo sì – garantire un giusto bilancio fra i diversi principi costituzionali.

Il 2013 in dodici terribili post

339 #direngeziparki

#direngeziparki (Photo credit: A H T)

Che dire del 2013? L’anno delle elezioni politiche in Italia e in Germania, delle Larghe Intese, dello Shutdown e della Decadenza. Delle rivolte di piazza, di Gezipark e del Riot in Rio. Della deriva egiziana e della guerra civile siriana. Di Snowden e della NSA. Di Renzi e Civati e della fine di una classe politica in Italia.

Tutto quanto è accaduto davvero e lo potete ritrovare in questi dodici tremendi post che vi ricorderanno il meglio e soprattutto il peggio di quanto successo sinora. Come si è soliti dire in codeste occasioni: ad maiora.

Mali: infine arrivarono le bombe francesi

gennaio 12, 2013- Le aspettano da quasi un anno, a Timbuctu, le bombe francesi. L’immobilismo di Ecowas e dell’Onu (che scelse Romano Prodi come mediatore dell’area del Sahel) anche di fronte all’escalation della guerriglia jihadista era troppo anche per uno come Francois Hollande. Da ieri le truppe francesi, per aria e per terra, guidano l’offensiva contro Ansar El […]

Blocco totale

febbraio 25, 2013 – Non ci si può nascondere, questa volta. Non si potrà dire che è stata colpa dei 5 Stelle. La sconfitta è evidente, soprattutto se si guarda alla ex regione in bilico, la Lombardia, dove il centrodestra mantiene un 38% di consensi, nonostante tutto, nonostante questi anni terribili, dove si è visto e sopportato di tutto. […]

Crisi di Governo | Napolitano anestetizza la Repubblica Parlamentare

marzo 30, 2013 – Tecnicamente, con la scelta di oggi pomeriggio di ammettere la prorogatio di Mario Monti, Giorgio Napolitano ha fatto la più grande riforma istituzionale di sempre: ha modificato la Forma di Governo. La crisi del parlamentarismo (che attanaglia il nostro paese da almeno dieci anni, come è evidente dalla trasformazione della pratica della decretazione d’urgenza in iniziativa legislativa […]

In Francia il Matrimonio è per tutti

aprile 23, 2013 – La nuova legge che estende il matrimonio a tutti, e quindi alle coppie omoosessuali, dovrà ancora passare il vaglio del Consiglio Costituzionale. Il provvedimento è stato approvato dall’Assemblea Nazionale oggi pomeriggio, alle ore 17 05, con 331 voti favorevoli e 225 contrari. Naturalmente è una legge che divide l’opinione pubblica, così come ha diviso il […]

Finanziamento Partiti: la riforma Letta e il trucco dell’inoptato

maggio 31, 2013 – Secondo il progetto di riforma preparato dal Governo Letta, uno dei meccanismi che dovrebbe regolamentare il Finanziamento dei partiti politici sono il 2xmille e le detrazioni d’imposta per le cosiddette erogazioni liberali. Fondamentalmente lo schema del disegno di legge somiglia a quanto proposto dal democratico Walter Tocci ma con alcune sostanziali differenze. La prima, la più […]

Gezi Park, testimoniare le violenze – #DirenGeziParki

giugno 16, 2013 – Ancora immagini da Istanbul, immagini di rivolta e di repressione. Child overcome by tear gas in hotel near #GeziPark. @Reuters photo by Yannis Behrakis. reut.rs/17NYG96 http://t.co/NIhpaVuWx6— Jim Roberts (@nycjim) June 15, 2013 Tear gas in lobby of Divan Hotel in #Istanbul amid police move on #GeziPark. via @AkinUnver http://t.co/hv7g0KbYR9— Jim Roberts (@nycjim) June 15, 2013 […]

Civati ci candida a segretari del PD #wdays

luglio 7, 2013 – Giuseppe Civati ha annunciato, in conclusione del Politicamp a Reggio Emilia, la sua candidatura a segretario del PD. Lo aveva già fatto da tempo, lo ha ribadito oggi, dinanzi alla platea che ha partecipato ai lavori di questi ultimi tre giorni. Ha detto: #wdays #civati io non ho nessuno dietro, ma vedo molta gente davanti […]

Mai più candido

agosto 1, 2013 – La sentenza è definitiva. Lo spazio per le opinioni e le interpretazioni è finalmente ridotto a zero. Ci fu evasione fiscale con frode, organizzata da Berlusconi Silvio e messa in opera per il tramite dell’Avvocato David Mills e di un sistema di società off-shore che drenavano denari dalla medesima Mediaset verso conti in nero in […]

Siria, futuro plurale

settembre 15, 2013 – Siria, futuro plurale – di Vanna Pisa Il labirinto siriano è formato da numerosi percorsi che si intrecciano nello spazio e nel tempo. Questioni religiose, geopolitiche, economiche, sociali e culturali. Come sappiamo USA e Russia stanno spostando ingenti forze militari nello scacchiere siriano: Assad per certi versi è un pretesto, lo scontro è mosso anche da […]

Shutdown della politica

ottobre 6, 2013 –La crisi del governo federale degli Stati Uniti nasconde un lunghissimo braccio di ferro che alcune parti del partito Repubblicano conducono sin dal 2010, anno di approvazione dell’Obamacare, la riforma sanitaria. Il New York Times racconta, in un resoconto a firma di Sheryl Gay Stolberg e Mike McIntire, che immediatamente dopo la conferma del secondo […]

Arrampicata stile libero e caso Cancellieri

novembre 16, 2013 – A questo fanno pensare le dichiarazioni di Cuperlo e Renzi circa il caso dell’aiutino alla famiglia Ligresti. Il ‘tengo amici’ del Ministro dell’Interno pone in grande imbarazzo due dei tre (quattro..) candidati alle primarie per la segreteria del Pd. Cuperlo, riporta oggi Repubblica.it, pur essendo favorevole alle dimissioni della Ministro, tiene a precisare il suo […]

Il Porcellum non c’è più

dicembre 4, 2013 – Con il seguente comunicato, la Consulta questo pomeriggio ha dichiarato incostituzionali sia il premio di maggioranza che le liste bloccate della legge elettorale Calderoli. La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme della legge n. 270/2005 che prevedono l’assegnazione di un premio di maggioranza – sia per la Camera dei Deputati che per il Senato della […]

Il Porcellum non c’è più

Con il seguente comunicato, la Consulta questo pomeriggio ha dichiarato incostituzionali sia il premio di maggioranza che le liste bloccate della legge elettorale Calderoli.

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme della legge n. 270/2005 che prevedono l’assegnazione di un premio di maggioranza – sia per la Camera dei Deputati che per il Senato della Repubblica – alla lista o alla coalizione di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e che non abbiano conseguito, almeno, alla Camera, 340 seggi e, al Senato, il 55% dei seggi assegnati a ciascuna Regione. La Corte ha altresì dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che stabiliscono la presentazione di liste elettorali “bloccate”, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza. Le motivazioni saranno rese note con la pubblicazione della sentenza, che avrà luogo nelle prossime settimane e dalla quale dipende la decorrenza dei relativi effetti giuridici. Resta fermo che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali.

Di fatto, la legge elettorale è diventata un mero proporzionale puro. Subito si sono sentiti volare appelli alle dimissioni dei parlamentari. Altri chiedono le urne. Tutto questo dopo otto anni e mezzo e tre legislature. Altri fanno accordi con Letta per fantomatiche leggi elettorali che replichino il modello a doppio turno per i sindaci. Non ho parole.

Con la crisi ritorna la retorica di Beppe Grillo: subito al voto con il Porcellum

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Ha parlato in pubblico, a Paderno Dugnano, Beppe Grillo. La sua posizione non è cambiata:

  1. tornare subito al voto con il Porcellum;
  2. vinciamo e facciamo un governo a 5 Stelle;
  3. se non ci votate, siete dei cog..oni (non ha usato questo termine ma il senso è quello, ed è un senso pienamente berlusconiano; cito testuale, per gli amanti del genere: “Io voglio parlare ai venti milioni di personaggi che hanno votato ancora il Pd e il Pdl. Se continuate così il Movimento se ne va. Se non ci votate io mi tiro fuori);
  4. quando governeremo noi, potrete con un click decidere se restare o meno nell’Euro.

Cominciamo dal punto 1).

Saprete che il Porcellum apporta due importanti distorsioni al voto: da un lato, le liste sono bloccate, decise dal partiti/movimenti, non dagli elettori; dall’altro, attribuisce un premio di maggioranza per entrambe le Camere ma con differente criterio. L’effetto è quello della ingovernabilità massima: perché gli eletti rispondono, in buona parte, a logiche di sopravvivenza personale; perché il sistema non è in grado di creare maggioranze al Senato, specie quando il pendolo politico  torna verso sinistra.

Punto 2)

Qui viene il bello: con il Porcellum, e il sistema tripartito emerso dalle urne dello scorso Febbraio, non è possibile avere un monocolore (che sarebbe fortemente distorsivo del criterio della rappresentanza), pertanto, per la formazione di un governo, non si può prescindere dal negoziare una coalizione post-elettorale con chi è arrivato secondo.

Punto 3)

Lascio al lettore la possibilità di interpretare a proprio piacimento la frase di Grillo. In ogni caso, se venti milioni di elettori non ti votano, non è corretto chiamarli ‘personaggi’, poiché equivale a dire che essi sono persone bizzarre, strane, forse un po’ matte. ‘Dovete essere proprio matti’ se votate ancora Pd e Pdl. E’ una vulgata che spesso circola, anche a sinistra. Dovete essere proprio matti se votate ancora Berlusconi. Eppure, vi informo che ci sarà ancora qualcuno che lo farà. E qui viene il bello: per convincere la maggioranza a fare il contrario, ci vogliono argomenti, ci vuole la Politica. Poiché se continuiamo a tenere il dibattito circoscritto alla contrapposizione fra berlusconismo e antiberlusconismo, o tanto peggio, fra casta e anti-casta, ci dimenticheremo ancora una volta che il paese è allo sfascio e che serve gente capace e orientata al bene comune e non alla curatèla di interessi personali.

Ultimo, il punto 4)

Uscire o meno dall’Euro è una faccenda seria. Una faccenda che implica la perdita di migliaia di posti di lavoro, inflazione galoppante, forse anche il default dello Stato. E mi rifiuto di pensare che si possa trattare una cosa del genere, una scelta dirompente e di portata storica, con un click. L’adesione all’Euro è, in primis, adesione al sogno europeo federalista. Che, è vero, si è evoluto in un sistema di integrazione prettamente di tipo economico-burocratico. Ma rinnegarlo ora significa rinnegare la politica di pacificazione delle relazioni internazionali che il continente ha intrapreso a partire dal 1957 in poi. Bisognerebbe battersi per l’abbandono del rigido monetarismo della Buba (Bundesbank). Battersi per avere maggior voce nelle scelte del Consiglio. Per avere istituzioni europee autonome rispetto al giogo degli egoismi dei governi nazionali.

Per queste ragioni, proprio perché l’Euro è elemento di quella politica di pacificazione del dopoguerra, l’adesione a questo progetto non può essere votata con un click, da casa, affondati nel divano. Tanto più che nella nostra Costituzione, che è – a detta di chi l’ha difesa sinora (ma Grillo, pur essendosi molto esposto nella campagna contro la modifica dell’articolo 138, ha vagheggiato esso stesso modifiche al testo costituzionale) – la più bella del mondo, i trattati internazionali non possono essere sottoposti a referendum abrogativo. La nostra adesione all’Euro, sappiatelo, è avvenuta proprio in virtù di un trattato internazionale, il Trattato di Maastricht.

inoltre, molto ci sarebbe da dire sulla cosiddetta democrazia diretta elettronica. Ci piacerebbe molto che il signor Grillo iniziasse ad adottarla per le decisioni sulla linea politica del proprio partito (movimento). Per esempio, il signor Grillo dovrebbe raccontarci di quella volta, quella in cui ha discusso con i propri iscritti ed elettori sull’opportunità o meno di riformare la legge elettorale. Chi di voi avesse partecipato, è pregato di scrivere nei commenti a questo post il resoconto dettagliato di queste deliberazioni elettroniche. Che sicuramente ci sono state. Sicuramente. Ci. Sono. State.

Civati: tornare a votare con il Porcellum non è umano

Pippo Civati ha ripreso oggi l’attività politica in vista del Congresso ed è stato a Cesenatico, in Romagna, spalle alla spiaggia e dinanzi ad un folto gruppo di ascoltatori. E’ triste, ha detto, aprire un dibattito senza aver ancora aperto le consultazioni congressuali nei circoli. Quello che segue è un piccolo storify che sintetizza quanto detto da Pippo oggi.

No, non è stato in vacanza ma nel duro ritiro di Novosibirsk.

civati

Grillum

La legge elettorale Calderoli è antidemocratica: impedisce all’elettore di scegliere i deputati ed i senatori ma soprattutto contiene un meccanismo fortemente distorsivo della rappresentatività, il premio di maggioranza, che è persino differentemente attribuito fra Camera e Senato. E’ alla base della situazione di ingovernabilità che si è creata sia nel 2006, sia nel 2013.

Per cambiare questa legge sono state raccolte migliaia di firme in giro per il paese da più comitati ed in tempi diversi. Ma i referendum che sono sinora stati proposti sono finiti nel nulla poiché puntavano alla reviviscenza della vecchia legge elettorale, il Mattarellum, aspetto che rendeva i quesiti non ammissibili poiché tale effetto – la reviviscenza, appunto – poteva sussistere solo in seguito ad una effettiva espressione della sovranità popolare in tal senso, naturalmente per il tramite di un voto parlamentare. E’ questo il punto focale, il Parlamento. Un Parlamento di nominati (salvo i casi delle candidature espresse per mezzo di consultazioni primarie) potrà mai votare contro la legge che ne ha permesso la selezione e l’elezione? La volontà politica di riformare il Porcellum non si è mai radicata pienamente e senza l’indicazione chiara da parte di uno dei due partiti della attuale maggioranza, nessuna riforma è possibile. Enrico Letta ha recentemente affermato che la riforma della legge elettorale è prioritaria ed in conseguenza di ciò, una delle due Camere (il Senato) ha decretato la procedura d’urgenza per una bozza di legge di cui nessuno parla (l’ennesima riedizione della bozza Violante) ma che crescerebbe sulla mala pianta del Porcellum con l’assegnazione del premio di maggioranza alla coalizione maggioritaria solo in seguito al voto del secondo turno.

E Grillo? Oggi ha dettato la linea politica dal suo blog: ai 5 Stelle deve piacere il Porcellum. La spiegazione di questo ravvedimento (che è tale solo in parte, a Grillo piace l’idea di possedere il 51% dei seggi con il 20% dei voti)? Forse Grillo pensa di salvaguardare il governissimo, fonte inesauribile di indignazione, mostrando i denti e facendo intendere che qualora cadesse il governo Letta, il Movimento continuerà a stare per proprio conto, sulla Montagna, ignorando qualsiasi appello alla responsabilità verso il paese.

Ora io vorrei parlare con Luigi Di Maio. Di Maio è un deputato dei 5 Stelle, vicepresidente della Camera. Il primo di Agosto ha pubblicato questa frase sul suo profilo Facebook (non saprei dire quanto di quel che vi era scritto fosse espresso a titolo personale e quanto a titolo di rappresentante dei pentastellati):

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Questa schizofrenia del Movimento tornerà ad allietare i nostri giorni man mano che la crisi di Letta e la decadenza di Berlusconi si faranno avanti. Qualche giorno fa, Andrea Scanzi, esperto in fenomenologia del grillismo, ha avanzato l’ipotesi per cui l’unica mossa strategica in mano ai ‘fautori del governissimo’ sarebbe un governo di scopo con i 5 Stelle. Il programma: una sola legge, la legge elettorale.

L’unica contromossa dei pasionari del governicchio Letta, quando ricevono critiche, è: “Se cade finisce tutto, non ci sono alternative”. La solita litania del meno peggio.
Invece un’alternativa c’è. Ed è anzi l’unica decente. A settembre il governicchio cade, con buona pace di Re Giorgio. Pd, Sel e Movimento 5 Stelle si mettono d’accordo per fare solo la legge elettorale, ipotesi già prospettata da Vendola e Di Battista ma credo gradita anche ai renziani. 
Fanno la legge elettorale, alla svelta e senza troppi duropurismi o tentennamenti. Magari un bel doppio turno, la prospettiva più odiata dal centrodestra. O comunque qualsiasi cosa migliore del Porcellum, cioè tutto.
La approvano in tempi brevi.
E poi si va al voto (profilo Fb di Andrea Scanzi).

Questa ipotesi, che Scanzi ricorda esser prospettata da Vendola ma non ricorda affatto che era la via d’uscita proposta da Civati nei terribili cinquanta giorni prima di Letta, come si può collocare nel quadro politico odierno, vista e considerata l’ennesima chiusura ventilata dal loro sponsorizzatissimo Capo Comico?

Il caso della mozione Giachetti

Intempestiva. Così Anna Finocchiaro ha etichettato la mozione Giachetti (potete leggerla qui, è un mero atto di indirizzo che vincola la Camera, non il governo) che pure era nota da settimane, oggi è diventata dirimente per la prosecuzione dell’esperienza di governo con il Pdl. Sarà l’effetto incoraggiante della “rivincita” di Bersani avvenuta nelle urne domenica e lunedì? Ai posteri l’ardua sentenza. A me, mero osservatore, è parso che le cariatidi del PD, categoria che a sua volta quasi certamente comprende i misteriosi 101, intendono spostare in là nel tempo, e con la soluzione blindatissima delle primarie fra soli iscritti, il congresso e la risoluzione del grande equivoco che ci perseguita dal 24-25 Febbraio. Per resistere, indomiti, e condizionare le dinamiche parlamentari al fine di prolungare la vita amara del governo Letta.

E’ bene ribadire che non vi è stata alcuna rivincita, che il PD è stato salvato localmente solo dalla bontà dei suoi candidati sindaco, che l’astensionismo ha falcidiato maggiormente i partiti liquidi e i movimenti liquidissimi. Detto ciò, l’accordo di ieri sul cronoprogramma delle riforme istituzionali ha palesato ancor di più la dipendenza di Letta dai desiderata di Berlusconi, Brunetta e soci, i quali hanno nuovamente operato per posticipare nel tempo, e forse stralciare, la riforma della legge elettorale. Qualcosa che abbiamo già sperimentato un anno fa, durante il governo dei tecnici. Sappiamo tutti come è andata. Lo sa anche Roberto Giachetti, il quale è andato ostinatamente per la sua strada, perdendo alcuni sostenitori, fra cui Civati (che dapprima ha appoggiato una risoluzione dubitativa sull’accordo di ieri circa la costituzione della Commissione dei 40, poi, consapevole dalla presa di posizione di Letta – ritirate la mozione! – ha votato conformemente alle indicazioni del gruppo). Ma bisogna sottolineare che il voto di oggi era abbastanza insignificante. Un atto di indirizzo verso l’aula, che il PD ha deciso di osteggiare. E senza il voto dei democratici, alla Camera non passa nulla.

Va da sè che stupiscono le impennate della Finocchiaro e l’inconsapevolezza di Epifani. Oramai si rasenta l’ipocrisia. Il vertice del Partito è ancor più indisponente e quella piccola vittoria di domenica, vittoria che si sono frettolosamente intestati (ricordate che Ignazio Marino aveva contro il partito, che lo voleva persino sostituire, tre settimane prima del voto), li ha ancor più ringalluzziti.

E stupisce pure il ritardo con cui il Movimento 5 Stelle si è allineato alla mozione Giachetti. Non sono riusciti a incidere in un dibattito parlamentare che per un giorno si è trasferito tutto all’interno di uno stesso partito.

Niente illusioni sul Porcellum: la via di riforma è parlamentare

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza 12060, ha affermato che la legge elettorale comunemente detta Porcellum, in vigore dal 2005 e che ha influenzato la formazione di ben tre legislature (XV, XVI e XVII), presenta profili di incostituzionalità, specie per la sproporzione del premio di maggioranza, che viene assegnato a coalizioni elettorali senza requisiti minimi di consenso elettorale (esempio sotto gli occhi di tutti, il caso di Italia Bene Comune, la coalizione di centro-sinistra di PD, Sel e Psi, vincente alla Camera dei Deputati nel Febbraio 2013 per un miserrimo 0.3%). Il premio di maggioranza del Porcellum ha evidenti effetti distorsivi, tanto più che opera come un meccanismo che favorisce non il vincitore ma la più grande minoranza.

Tutto ciò è ampiamente noto. La Consulta si è pronunciata già diverse volte su questa legge. E non ha mai mancato di segnalare al legislatore i medesimi aspetti di criticità fatti emergere oggi dalla Suprema Corte della Cassazione.

Ma la persistenza della legge elettorale di Calderoli è dovuta a una semplice regola che la stessa Consulta ha consolidato in anni di giurisprudenza sulla base di precedenti ricorsi e di pronunce di ammissibilità dei referendum. La regola recita chiaramente che una pronuncia in via giudiziale non può produrre una vacatio legis in materia elettorale. Il Porcellum non può essere dichiarato tout court incostituzionale dalla Consulta per la semplice ragione che tale pronuncia non determina la reviviscenza della precedente normativa, abrogata mediante legge dal Parlamento. Cito testuale Cesare Salvi in un saggio pubblicato su Il Riformista nel lontano Settembre 2011: “Fin dalla sua prima sentenza (29/1987), che riguardava la legge elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura, la Corte Costituzionale affermò che «l’organo, a composizione elettiva formalmente richiesta dalla Costituzione, non può essere privato, neppure temporaneamente, del complesso delle norme elettorali contenute nella propria legge di attuazione. Tali norme elettorali potranno essere abrogate nel loro insieme esclusivamente per sostituzione con una nuova disciplina, compito che solo il legislatore rappresentativo è in grado di svolgere”. Che la funzione abrogativa sia esercitata mediante referendum o mediante pronuncia della Consulta, la faccenda non cambia: sempre di vacatio legis si tratterebbe.

L’unica scappatoia sarebbe una abrogazione parziale di singole norme della legge elettorale. Ma l’opera del Giudice delle Leggi potrebbe produrre una cosiddetta novella legislativa laddove la censura prefigurasse una legge elettorale profondamente differente da quanto voluto dal legislatore, configurando in tale opera un vero e proprio atto innovativo e pertanto sproporzionato rispetto ai poteri della Consulta medesima. Potrà la Consulta, per esempio con la sola abrogazione delle liste bloccate, non ricadere nella fattispecie descritta? L’attesa per il giudizio sarà ovviamente lunga.

Politiche 2013 / Liste PD e #primarieparlamentari, Bersani ha rispettato i patti

Non lo dico sulla base di una sensazione. No. Ho preso carta e penna, anzi un foglio di calcolo, e ho importato tutti i nominativi delle liste del PD come uscite dalla direzione nazionale di inizio settimana. Bersani aveva promesso che il risultato delle primarie sarebbe stato rispettato. E’ andata grosso modo così e ora ve lo dimostro. Anche se il segretario ha parlato di una quota di nominati non oltre il 10%, era parso chiaro che fra le nomine dei capilista e il recupero di parte dei parlamentari uscenti, la quota di candidati non espressi dalle primarie sarebbe salita intorno al 20-25%. Ma procediamo con ordine.

1. Ricandidati e nominati vs. eletti dalle primarie

All’inizio della XVI Legislatura (2008-2012), la composizione dei parlamentari democratici era la seguente:

XVI Legislatura
Donne PD camera 61
Deputati 217
% 28,11%
Donne PD Senato 34
Senatori 118
% 28,81%

La quota di donne in aula era comunque intorno al 28% mentre l’obiettivo che i democrats si sono dati per la prossima legislatura è quello di rispettare almeno quota 40%. Rispetto alle liste presentate alla stampa mercoledì scorso, solo una parte dei parlamentari uscenti verrà ricandidato:

Deputati
Ricandidati Camera 72
Senatori uscenti candidati alla Camera: 8
Totale 80
Tasso sostituzione Camera 63,13%
Senatori
Senatori ricandidati 29
Deputati uscenti candidati al Senato 17
Totale 46
Tasso sostituzione Senato 61,02%

Almeno il 60% dei parlamentari della XVI Legislatura non verrà riproposto. In media, i parlamentari uscenti ricandidati sono stati inseriti in lista intorno all’ottava posizione, pertanto sono in buona parte rieleggibili. Alcuni di essi sono passati per le primarie: 33/46 senatori e 57/80 deputati. Sono quindi 36 i rimanenti parlamentari ricandidati non legittimati dalle primarie che concorrono, insieme ai capilista e al listino del segretario, a comporre la pattuglia dei ‘nominati’, distinta – per modalità di selezione – dagli ‘eletti delle primarie’.

I capilista sono stati decisi direttamente dal segretario. Si tratta di 24 posizioni alla Camera e 19 al Senato: per la Camera solo 11 di esse sono state espresse dalle primarie (37%) mentre i capilista del Senato sono ‘eletti’ solo in 7 casi su 19 (33%). La percentuale di eletti dalle primarie per le seconde posizioni invece cresce quasi al 70% in entrambi i casi. Ho provveduto a definire cinque categorie di posizionamenti in lista: dalla 1 alla 5; dalla 6 alla 15; dalla 16 alla 25; dalla 26 alla 35; dalla 36 alla 45 (non esistono liste più lunghe di 45 nominativi; le più lunge sono quelle di Lombardia II e dell’Emilia-Romagna alla Camera). La percentuale dei nominati è più alta nelle fasce 1-5 e 36-45. In sostanza, agli eletti delle primarie non sono state riservate le primissime posizioni, ma almeno quelle centrali, in buona parte eleggibili:

Posizione Percentuale Nominati Camera Percentuale Nominati Senato
<=5 38,1% 35,2%
6-15 22,8% 18,3%
16-25 15,2% 19,4%
26-35 22,6% 12,5%
36-45 51,6% 75,0%

nominatilistepdE’ interessante notare come la percentuale degli eletti per le tre fasce centrali delle liste (6-15, 16-25, 26-35) sia intorno all’80%. I nominati tendono a concentrarsi nella fascia 1-5; esiste evidentemente una categoria di nominati cosiddetta di ‘seconda scelta’ che è stata collocata in coda (Camera 36-45, 50% nominati; Senato, 70% nominati). In questo conteggio non sono state considerate le caselle concesse ai candidati del Partito Socialista.

2. La questione femminile

L’obiettivo iniziale era di riservare almeno il 40% dei posti alle donne. Se guardiamo alle prime posizioni delle liste, l’obiettivo non è stato rispettato. Alla Camera, solo 6 capilista su 24 sono donne (25%). Al Senato la percentuale è più alta (9/19, 47%). Le seconde posizioni sono state riservate a donne solo in 6 casi su 24 (ancora un 25%) alla Camera e solo in 3 casi su 18 al Senato. Dalla terza posizione in poi, la presenza di donne aumenta e supera l’obiettivo del 40%.

Posizione Percentuale Donne Camera Percentuale Donne Senato
<=5 33,9% 36,4%
6-15 46,5% 54,8%
16-25 40,2% 53,7%
26-35 48,4% 43,8%
36-45 51,6% 75,0%

Da notare che le liste del Senato per le fasce 6-15 e 16-25 hanno percentuali di presenze femminili superiori al 50%. Un buon risultato, essendo queste posizioni in buona parte eleggibili.

donnelistepd3. Conclusione

In buona parte, Pierluigi Bersani ha rispettato i patti delle primarie per i parlamentari. Al di là della questione degli ‘impresentabili’, due fattori importanti di rinnovo della pattuglia dei parlamentari sono stati messi in atto: 1) l’obiettivo del 40% di presenza femminile in entrambe le Camere verrà molto probabile raggiunto se non superato; 2) il rapporto fra nominati e eletti alle primarie non è diverso rispetto alle aspettative della vigilia (75% vs. 25%) e comunque in ogni caso gli eletti sono stati collocati quasi tutti in posizioni eleggibili.

Sondaggi Politiche 2013 (2) – Rivoluzione Civile toglie seggi a M5S e PdL

rivoluzione-civile

[Continua dalla prima parte]

In un primo momento, nel mio foglio di calcolo trasandatissimo (nel quale come saprete ho raccolto i sondaggi eseguiti da http://www.scenaripolitici.com), avevo trattato Italia dei Valori, Federazione della sinistra, i Verdi e la lista Ingroia – la cosiddetta “foglia di fico” – come liste singole anche se coalizzate fra di loro. Chiaramente non è così: al Senato, i micropartiti della sinistra e Di Pietro, ridotto al 2% su scala nazionale, presenteranno una lista unica che riuscirà, in taluni casi, a superare lo sbarramento. Infatti risulta più agevole per Igroia e soci superare la soglia dell’8% nelle seguenti Regioni:

Regione % Seggi
Lazio 9 2
Campania 11 2
Basilicata 11 1
Liguria 11 1
Piemonte 9,5 2

Si tratterebbe quindi di una lista che, in termini percentuali, diventa concorrenziale di M5S, Scelta civica (centro) e M5S. Prendete ad esempio in Lazio: il sondaggio di Scenari Politici assegna la vittoria al centrosinistra con circa il 35.5% che permetterebbe a PD e Sel di incassare il premio del 55% (15 seggi su 28 disponibili). Guardate cosa succede con la lista Ingroia in forma di lista unitaria: in pratica porta via i due seggi ai più forti perdenti, ovvero PdL e M5S.

Lazio Seggi: 13
Perdenti:
PdL 5 4
centro 4 3
Riv. Civile 2
M5S 5 4

Anche in Campania, il sito Scenari Politici prevede la vittoria del Centrosinistra con il 33.5% (il centrodestra si fermerebbe al 27, mentre la lista Monti prenderebbe un modesto 12%). Si tratta questa di una nuova configurazione in cui la presenza di Rivoluzione Civile nella forma di lista unitaria di Idv, Fds e Verdi, porta via seggi ai 5 Stelle:

Campania Seggi: 13
Perdenti:
PdL 6 5
centro 3 3
M5S 4 3
Riv. Civile 2

Il Piemonte offre invece un caso inverso. I perdenti si attestano intorno al 11-18 %.  Il Movimento 5 Stelle sarebbe il primo fra i perdenti, seguito da PdL e Lega Nord. La presenza di Rivoluzione Civile, in questo caso, non punisce il primo bensì gli altri due partiti:

Piemonte Seggi: 10
Perdenti:
PdL 3 2
Lega Nord 3 2
M5S 4 4
Riv. Civile 2

Complessivamente (ho indicato il caso 1 come il caso in cui Idv, Fds e Verdi presentino liste coalizzate ma non unitarie; nel caso 2, invece, il caso in cui la lista Ingroia sia unitaria):

Partiti Caso 1 Caso 2 Diff
PdL 56 53 -3
Lega Nord 31 30 -1
centro 19 18 -1
PD 121 121 0
Sel 23 23 0
SVP 3 3 0
Mov Autonomie 2 2 0
M5S 53 50 -3
Sen V. Aosta 1 1 0
Riv. Civile 8 +8

[parte seconda]

Bersani vuole #primarieparlamentari per soli iscritti?

 

Non commettiamo l’errore di Beppe Grillo, per favore. L’errore di chiudere il recinto e di oscurare tutto il procedimento di selezione dei candidati alle politiche 2013. Se il PD vuol vincere queste elezioni, ebbene, l’unica strada è quella che passa attraverso le primarie aperte. Ci sono problemi organizzativi? Probabile. Ma si sono organizzate primarie di coalizione con 3 milioni di partecipanti e tutto o quasi è filato liscio. Chi si lamenta vuol dire che non le vuole.

 

E invece no. Noi dobbiamo poter contare. Visto e considerato che la promessa di cambiare il Porcellum è rimasta inevasa, visto che i referendum sono stati (e lo erano sin dall’inizio) armi di distrazioni di massa – “una pistola sul tavolo“, disse Bersani, come ad intendere che se non erano ammissibili erano perlomeno uno strumento per convincere la ex maggioranza di centrodestra a modificare la legge Calderoli. Noi dobbiamo poter contare. Poiché nulla di tutto ciò è accaduto. Il Porcellum è ancora al suo posto. Intonso. Con il suo carico di prepotenza inalterato. Per disinnescarlo – il Porcellum è il primo se non il principale alimento di cui si nutre il temibilissimo mostro dell’Antipolitica – basta poco. Un regolamento c’è già, è stato scritto a Quarto, un anno fa, da Civati, Prossima Italia e i tipi di WiProgress. Giuseppe Civati e Salvatore Vassallo oggi sono usciti con una petizione online. Al momento in cui scrivo sono 2700 circa le adesioni. Potete firmare voi stessi a questi indirizzo: http://chn.ge/T5txV1.

 

A quanto sembra i punti fermi sono due:

 

  1. Bersani vuole a tutti i costi un qualche meccanismo di selezione delle candidature;
  2. Bersani non prenderà una decisione se non dopo aver ascoltato le segreterie regionali.

 

I ‘garantiti’ dovrebbero essere una percentuale ridotta. Attorno al 10 per cento. Chi saranno? “Facciamo l’esempio classico: il capogruppo della commissione Finanze. Ecco queste sono esperienze e professionalità utili e che vanno salvaguardate. Questo e’ il criterio”, si spiega. Altra questione sara’ quella delle deroghe per chi e’ da più di 15 anni in Parlamento. I casi Bindi e Fioroni, per intendersi. Di questo si inizierà a discutere nella Direzione che si terra’ la prossima settimana (online-news.it).

 

Ecoo, la Direzione Nazionale. Sperando che non diventi occasione di divisioni.

 

La nuova legge elettorale è una fregatura

Sono passati otto mesi dal pronunciamento della Consulta sul referendum anti Porcellum. All’inizio dell’anno vi raccontavo come fosse pronta una nuova legge porcata, una via di mezzo fra un proporzionale tedesco innestato di collegi uninominali e listini bloccati di due/tre candidati per lista, alla maniera spagnola. La nuova Porcata prese il nome di Provincellum poiché i collegi uninominali sarebbero stati ritagliati sulla misura delle province. Da qui non ci si è più mossi poiché la prospettiva di nuove elezioni era ben lontana negli orizzonti brevi – brevissimi – del mondo politico italiano, messo per così dire in naftalina dall’avvento dei tecnici.

In questi giorni si ritorna a parlare di scioglimento anticipato, di un piano di Napolitano di chiudere con la XVI Legislatura a metà novembre, un anno dopo Monti e la fine del berlusconismo, o di un piano bis che preveda lo scioglimento anticipato a Gennaio, castrando gli ultimi due mesi di governo dei tecnici.

Però manca la legge elettorale. Le riforme istituzionali che sono state raffazzonate per intasare l’iter di approvazione del Porcellum bis, saranno presto infilate sul più classico dei binari morti, magari in commissione riforme costituzionali alla Camera. Pare che già dal 29 Agosto, alla ripresa delle attività parlamentari, i deputati prenderanno la bozza Violante e piegheranno gli ultimi spigoli con l’obiettivo di varare la nuova fiammante legge entro la fine di Ottobre, appena in tempo per mettere in atto il piano A di Napolitano. Naturalmente i politici italiani non sono in grado di prevedere scenari politici che non siano quelli nazionali. A Settembre la Corte Federale tedesca deciderà sul Trattato MES e, se lo dichiarerà contrario alla legge costituzionale tedesca, in Europa si aprirà una nuova profondissima crisi dell’Euro, con una potenza deflagrante mai vista sinora. Cosa farà la politica italiana? Spingerà sull’acceleratore di una legge elettorale che va contro la volontà popolare espressa dal milione di firme che accompagnò in Cassazione i quesiti referendari poi cassati dalla Corte? Oppure manterrà in vita Monti affinché faccia da parafulmine contro la fine dell’Euro?

La probabile mancata approvazione del MES da parte della Germania potrebbe deviare significativamente le trattative sul Porcellum bis. Se ne sono accorti? E’ per questa ragione che Enrico Letta, che è ancora il vice di Bersani, oggi ha annunciato l’imminenza di un accordo con la controparte (PdL e UDC) ? Soprattutto ci si chiede da che parte stia il PD, quale sia la sua proposta in tema di legge elettorale se l’ultima dichiarazione di Bersani in merito faceva riferimento ancora alla formula del doppio turno sconfessata invece dalle colombe Violante e Letta?

In ogni caso, due punti rimarranno fermi: la maggior parte dei deputati e dei senatori sarà scelto dai partiti, inserito in liste bloccate, messo ai voti senza che questi vengano fatti coincidere con nomi di persona. Cioè si vuole evitare che gli eletti siano espressione di un elettorato, che è poi il fondamento democratico di una legge elettorale. I voti di ogni collegio verrebbero quindi gettati in un unico calderone, una mega circoscrizione che racchiuda molteplici collegi, al punto da comportare l’effetto perverso che un collegio non abbia candidati eletti e altri collegi ne abbiano due o più di due, secondo una logica che è tutto tranne che proporzionalistica. Anzi, il Porcellum bis contiene in sé elementi fortemente distorsivi del voto degli elettori.

Si prevede infatti un premio di maggioranza di circa il 15% dei seggi, da attribuire non alla colazione ma al partito che prende più voti. Il sistema è costruito in modo tale da non premiare coalizioni elettorali. Il premio in termini di seggi assegnato al partito di maggioranza relativa diventa di fatto un deterrente a costituire coalizioni prima del voto. Le coalizioni non verrebbero dichiarate in trasparenza ma sarebbero frutto di trattative post voto. Di fatto, il premio di maggioranza diventa il fattore che seleziona il partito leader della coalizione, ma non la coalizione stessa. Stando ai sondaggi, il PD è oggi partito di maggioranza relativa. Guadagnerebbe così il premio del 15% ma non avrebbe comunque abbastanza seggi per poter governare da solo. A questo punto, però, ci sarebbe la fila dei partiti fuori dal Nazareno pronti a vendersi al PD per avere qualche dicastero. E il PD potrà avere campo libero per fare le alleanze che più aggradano non agli elettori ma al suo gruppo dirigente, che come è noto vive su Marte. Non è diabolico?

Il Grande Papocchio non è un inciucio, è un accordo. Che però nessuno conosce


Insomma, l’incontro fra Violante, Zanda e Bressa da una parte e Quagliarello, (udite, udite) La Russa e tale Bruno Donato dall’altra, sembra aver avuto l’effetto sperato per il PD. Pazienza se non si è capito affatto in nome di chi e sulla base di quale proposta politica i tre delegati democratici stessero trattando, pazienza se la proposta politica del PD in fatto di legge elettorale si è modificata nel tempo, passando da un ritorno al Mattarellum sostenuto coi denti stetti durante il periodo referendario a una proposta di maggioritario a turno unico con correzione proporzionale di difficile comprensione. Alla fine, dicono le cronache, la sintesi con la proposta del PdL è compiuta: un coacervo di sistemi elettorali che qualcuno stamane – forse sul moribondo Manifesto – ha ribattezzato Italiesco, un format tedesco in salsa italiana, una porcata meno evidente della precedente, ma pur sempre porcata.
Quindi? Una vittoria per il PD? Violante avrebbe detto che il risultato dell’incontro è andato “oltre le più rosee aspettative”. Il che vuol dire: si aspettavano di raccogliere zero, hanno raccolto uno. Tutto questo incessante trattare con l’ex nemico è stato poi riassunto in un comunicato che dice più o meno nulla, ovvero “siamo d’accordo sul fatto di fare le riforme istituzionali” – bicameralismo, numero dei parlamentari, ridefinizione dei poteri del governo, riforma dei regolamenti parlamentari, roba grossa che questo Parlamento non farà mai in tempo a votare, visto che sono necessarie riforme di portata costituzionale e il clima del pacifismo pro-Monti non può durare troppo, causa campagna elettorale imminente. Ergo, è necessario stabilizzare la Casta con un ritocco alla fase di ingresso: una sforbiciata all’indecente premio di maggioranza, una alzatina alla soglia di sbarramento, per far tremare gli alleati riottosi – leggasi Di Pietro e Lega ed ex alleati come FLI – e per tener lontani vecchi e nuovi guastafeste come i reduci di Rifondazione e i nuovi del M5S (ma questo ce lo siamo già detti – la lista degli indesiderabili l’ha compilata lo stesso Berlusconi) in barba a qualsiasi criterio di rappresentanza.
E le preferenze? Troppo costose, sentenzia Violante. La soluzione un finto maggioritario a turno unico, il che vuol dire che ogni collegio, magari ridotto al solo territorio provinciale, potrà scegliere fra tre/quattro nomi, rigorosamente imposti dai partiti. Tutto risolto. Con buona pace dei referendari, quelli veri, quelli che avevano a cuore la democrazia italiana e il buon funzionamento del parlamento. Non un cenno sul limite di mandati elettorali, né sulla questione del parlamento pulito. Potremo scegliere fra il meno corrotto, questo è un successo. Alzate i calici.

Legge elettorale, al via il Grande Papocchio per far fuori il M5S

Nel silenzio ovattato della neve di questo inverno 2012 così retrò da far impazzire i meteorologi, i sindaci e pure la Protezione civile, si aggira un pupazzo, che non è di neve ma di putrescente carne e ossa di politico-ex imprenditore nostrano. Sì, lui. L’uomo defenestrato a Novembre torna con il calumet della pace e attira verso di sé quelli che a sinistra sono più inclini a giustificarne l’esistenza. Eccolo, Berlusconi, novello ex della politica tornare a dettarne i tempi con una proposta di legge elettorale – irricevibile soltanto perché è lui a proporla – volta a limitare gli effetti perversi del Porcellum. Lui chiama e – udite, udite – Violante risponde. Tutto ciò accade sulle colonne dei giornali di questa mattina.

Già domani, dice il Cavaliere, parte il primo incontro. Ma chi lo ha autorizzato? Bersani? L’Assemblea Nazionale? Chi? Vogliamo nomi e cognomi. Anche perché, dice Violante, il PD ha già fatto passi importanti verso l’accordo con la controparte.

Così apprendiamo da Il Mattino (06/06/2012, p. 7) che il PD avrebbe già messo da parte il doppio turno. Cosa che contrasta con la proposta depositata lo scorso Settembre e tuttora consultabile sul sito del PD a questo link. In sintesi la proposta PD era: per la Camera 70% seggi è attribuita agli eletti in collegi uninominali maggioritari a doppio turno; il 28% è attribuita con metodo proporzionale su base regionale o pluriprovinciale; una quota di seggi pari a 12 (diritto di tribuna) è attribuita con metodo proporzionale alle liste nazionali corrispondenti ai partiti che non siano riusciti ad eleggere candidati né nei collegi uninominali né nelle liste circoscrizionali collegate. Per il Senato, a) collegi uninominali, per una quota pari al 70% del totale dei seggi in palio (216 seggi); b) una quota proporzionale distribuita su base circoscrizionale (Camera) per una quota pari al 30% del totale (93 seggi).

La domanda è: Violante per chi lavora?

Lui vuol rendere ‘solido’ il sistema. Ed evitare cioè che in Parlamento entrino forze politiche scomode come potrebbe esserlo il Movimento 5 Stelle. La clausola di sbarramento al 4% a livello nazionale alla Camera potrebbe essere letale per il movimento di Grillo. Ma la proposta di Berlusconi, di cui Violante sembra il procuratore, è quella di uno sbarramento al 7%. Una soglia così alta avrebbe il medesimo effetto distorsivo del Premio di Maggioranza del Porcellum. Addio rappresentanza.

E poi dicono che l’iniziativa berlusconiana di disgelo con il PD sia in funzione anti Carroccio. In verità la formula che uscirà da queste consultazioni sarà solo una esasperazione della soglia di sbarramento. Massimo filtro all’ingresso e massima libertà nei gruppi parlamentari e nella gestione dei rimborsi elettorali. Ovvero, non cambierà assolutamente nulla, salvo il fatto di blindare la Casta.

Legge elettorale, Violante: il milione del referendum? Sono firme, non cittadini

 

Legge elettorale. Si aprono prospettive positive, dice Luciano Violante dalle colonne del Corriere della Sera. La spiegazione di questa affermazione è molto semplice: il PdL si sta convincendo a cedere sulla questione del premio di maggioranza, uno degli aspetti più deleteri del Porcellum. Non c’è da stupirsi che proprio ora il PdL voglia fare a meno del bonus aggiuntivo di seggi: se venisse meno l’alleanza con Bossi, non sarebbe più in grado di vincere le elezioni e rischierebbe di essere confinato in una nicchia dell’opposizione, ridotto a comparsa in un parlamento prossimo venturo diviso sul duopolio PD-Udc. Anzi, sembra proprio che la tendenza sarà quella di una saldatura al centro fra due dei partiti sostenitori di Monti, con isolamento a destra di PdL e Lega divisi, in collera fra di loro e dentro di loro, e con isolamento a sinistra dei vendoliani e di Di Pietro. Eccolo il futuro. Si presenta con il volto mascherato di una nuova/vecchia Democrazia Cristiana.

La prospettiva deve proprio piacere a Violante, al punto da lanciarsi in una previsione: la Lega senza PdL non trarrà alcun beneficio dal Porcellum. Idem il PdL senza Lega non trarrà nessun beneficio dal Porcellum. Se ne deduce che, a meno di successive redenzioni del popolo leghista, essendo impraticabile il vecchio legame dei leghisti con i berlusconiani, i tempi per la revisione del Porcellum sono più che mai maturi. Strano, poiché solo una settimana fa tutto taceva, in attesa del giudizio della Consulta sui quesiti referendari.

E che dire, la formula proposta sarà quella del doppio turno di collegio, come afferma Violante? ” Se si volesse invece il sistema proporzionale”, dice Violante, “bisognerebbe correggerlo con due misure fondamentali” (Corsera, 16.01.12, p. 21). Quali? La soglia di sbarramento al 5% e una norma costituzionale sulla sfiducia costruttiva. Per quei partiti che si trovano sotto la soglia minima del 5% ma che superano il 3%, verrebbe assegnato loro un ‘diritto di tribuna’ pari a tre seggi ciascuno.

E il bipolarismo? E il maggioritario? E soprattutto quel milione e duecentomila firme? “Sono firme, non cittadini”. Firme. Non cittadini.

Superato lo sgomento dinanzi a una frase del genere, apprendiamo che Violante è pure contro al reintegro delle preferenze per adottare un sistema come quello ‘spagnolo’ (che funziona con restrizioni al numero di candidati per collegio – 2, 3 – e con collegi dalle dimensioni molto piccole) oppure con primarie per la scelta del candidato da proporre nel singolo collegio.

Il PdL non vorrebbe che venisse meno l’opportunità per gli elettori di scegliere il candidato premier. Cosa che di fatto non avviene nemmeno ora. Alfano ha le idee confuse dallo stereotipo berlusconiano della elezione diretta del premier. Il Porcellum non prevede esattamente questo. La vulgata dell’indicazione del premier nasce dall’incapacità della classe politica di riformare il sistema istituzionale. Questi politici non hanno mai avuto il coraggio di riformare davvero, e si sono accontentati di una parvenza di riforma come quella che si è prodotta con la modifica della legge elettorale del ’93.

E’ pur chiaro che senza una vera riforma dei regolamenti parlamentari, una qualsivoglia riforma elettorale avrebbe ben pochi effetti sui fenomeni del trasformismo e del micropartitismo. Nemmeno agevolerebbe la governabilità del paese e la stabilità dei governi. Dalle parole di Violante emerge che allo studio ci sarebbero delle modifiche dei regolamenti parlamentari. In particolare, l’ex magistrato del PD prevede:

  1. abolire alcune fasi inutili della fase legislativa, come la discussione generale;
  2. fissare l’obbligo delle Camere di discutere le leggi di iniziativa popolare entro 90 giorni;
  3. diritto del premier di chiedere il voto in una data fissa per taluni provvedimenti del governo;
  4. fissare un range dei senatori fra 200 e 250; dei deputati fra 400 e 450.

Sul Corsera danno per certo l’avvio di una riforma triplice: modifiche dei regolamenti parlamentari; riduzione del numero dei parlamentari; superamento del bicameralismo perfetto. Ancora non si sa come, ma – come sembra dire Gasparri (Corsera, 16.01.12, p. 21, “è un complesso di leggi che vanno fatte”) – queste riforme sono inderogabili. Viene chiaramente da ridere poiché tutto ciò sembrava impossibile fino alla scorsa settimana, e ora viene dato per imminente. Sarà la solita strategia usata più volte in passato affinché non cambi assolutamente nulla.