Primarie PD | Renzi e il rendiconto spese molto light

Leggi la prima parte – https://yespolitical.com/2013/12/27/primarie-pd-alcune-curiosita-nei-rendiconti-spese/

Vi dicevo ieri che il rendiconto spese del Comitato Matteo Renzi meriterebbe una più ampia e attenta analisi. Perché? Per una serie di ragioni, la prima delle quali è che il totale spese dichiarato è appena al di sotto del limite, imposto per regolamento, stabilito a 200000 euro, ma è indicato Iva esclusa – almeno per le spese di “Comunicazione, Web e Servizi” di cui all’Allegato E. Ora, il Comitato Renzi non è soggetto giuridico che fiscalmente può scaricare l’Iva essendo esso stesso il terminale dell’interazione economica quindi non se ne comprende la omissione dal resoconto finale. Solo aggiungendo l’imposta prevista dalle prestazioni elencate in fattura nell’allegato suddetto (pari a 12000 euro), il totale spese supera già il tetto regolamentare.

Preciso un aspetto, onde evitare fraintendimenti: la vittoria di Renzi è netta e regolare. Non si vuol qui dire che Renzi abbia vinto violando le regole, bensì che abbia vinto e che abbia violato le regole (in materia di finanziamento). I due aspetti vanno tenuti disgiunti, altrimenti si commette un grave errore, diciamo così, svilendo la volontà elettorale espressa democraticamente da quasi tre milioni di elettori.

Ma Democrazia equivale a dire anche parità di condizioni e rispetto delle regole. In entrambe le voci, il Comitato Renzi si trova in una posizione delicata.

In termini di parità delle condizioni, ci sarebbe da dire qualcosa circa il ruolo della Fondazione Big Bang (oggi Fondazione Open). Renzi ha potuto cominciare la campagna congressuale sfruttando il volano finanziario ed organizzativo della sua struttura personale che gli ha consentito di coprire gli extra costi per circa 89000 euro e di organizzare la manifestazione “Leopolda 2013” senza per questo farla rientrare nelle manifestazioni correlate al congresso. I costi della Leopolda sono quindi stati espunti dal Resoconto Generale renziano e non sono nemmeno così chiari, non essendo ancora stati resi pubblici. Sul sito della Fondazione Open (fondazioneopen.it) si spiega – alla voce ‘Spese’ –  che “il totale e le voci di spesa della Fondazione, con i relativi importi, risultano dai bilanci di esercizio annuali”, per cui occorre attendere la chiusura del bilancio (a Gennaio?). In ogni caso, sul sito matteorenzi.it, che è il media ufficiale del sindaco-segretario e lo è stato per tutta la campagna elettorale, potete ancor oggi entrare nella pagina dedicata alla manifestazione della Leopolda come se fosse una iniziativa stessa del (ex) candidato. Innegabile che la Leopolda abbia consentito al sindaco una esposizione mediatica eccezionale: durata tre giorni, è stata l’apertura di quotidiani online e cartacei, nonché dei telegiornali. Un bel credito comunicativo che è stato sfruttato a dovere, non c’è che dire. Gli altri due candidati? Uno aveva dalla sua la macchina del partito (un po’ inceppata, ad onor del vero); l’altro – Civati – non aveva proprio nulla, a parte l’operosità dei propri volontari. La Commissione di Garanzia nazionale avrebbe, pertanto, dovuto adoperarsi affinché i candidati avessero parità di trattamento e di opportunità a livello comunicativo. Sorvoliamo?

Non del tutto. Perché di mezzo, appunto, c’è il rispetto delle regole. Veniamo al famigerato Allegato E. In esso, come anticipato poche righe più sopra, sono contenute le fatture dei servizi di Comunicazione e Web, fra cui quelle relative ai pagamenti verso Proforma, la nota agenzia di Comunicazione e Marketing politico. Si tratta di tre pagamenti fatturati da Proforma al Comitato Matteo Renzi che elenco qui di seguito: fattura n. 76 del 16/10/2013 per un importo totale di 27450 iva compresa; fattura n. 100 del 13/12/2013, con importo totale pari a 9150 euro; fattura n. 82 per 1342 euro. Niente di illecito, sia chiaro. Ma, ad un occhio più attento, sorgerebbe un dubbio. Il primo documento, il n. 76 del 16 Ottobre reca nel campo descrizione la frase seguente: “Quota acconto (pari al 50% del compenso totale concordato)”. L’importo netto è di 22500 euro; ne consegue che il totale pattuito con Proforma sarebbe di 45000 euro Iva esclusa. Purtroppo i pagamenti verso Proforma, come rendicontati dal Comitato Renzi, ammontato a sole 31100 (Iva esclusa), di cui 1100 di rimborso spese. Mancano 15000 euro più Iva che (insieme all’imposta omessa) impattano sul totale speso da Renzi spingendolo ben sopra quota 250000, sforando il tetto massimo di spesa consentito dal Regolamento congressuale di 50000 euro.

Riassumendo:

  1. il Comitato Renzi ha presentato un rendiconto spese per 197000 euro circa, ma in esso non ha conteggiato l’Iva;
  2. nel Rendiconto Spese – Allegato E, mancano almeno 15000 euro di versamenti verso Proforma;
  3. non è chiaro se la somma messa a disposizione da parte della Fondazione Big Bang/Open sia stata nelle disponibilità del sindaco-segretario sin dall’inizio della campagna o se sia stata ‘trasferita’ in forma di copertura degli extracosti (considerato il budget pari alla somma raccolta con i finanziamenti volontari); non è altrettanto chiaro se tale finanziamento rientra nelle finalità della fondazione medesima;
  4. la manifestazione Leopolda è stata espunta dal rendiconto ma era parte integrante del sistema comunicativo del candidato; non esiste rendiconto pubblico di entrate/uscite della Leopolda 2013.

Avete spiegazioni in merito?

Far finta che non sia successo

Ci sono ora due rischi sulla strada delle primarie del Partito Democratico. Il primo è quello più ovvio: che i giornali e le televisioni continuino con il consueto schema della arcinota e fin troppo sfumata contrapposizione fra discendenti dei Ds e discendenti dei Popolari. Per alcuni mesi sono state scritte paginate di giornali con il racconto di questa guerriglia più o meno simulata, sono stati progettati e realizzati sondaggi che fornissero la pezza d’appoggio statistica a tale rappresentazione.

Ieri questo schema è andato in pezzi. Per certi versi sembrava impossibile, era collaudato da quasi venti anni, forse troppi. Ma eventi di siffatta portata avvengono quando improvvisamente nella telecamera entra l’anomalia. La presenza di Giuseppe Civati ha avuto questo effetto. Le sue parole, in primis – chi lo segue giornalmente le ha oramai mandate a memoria – hanno colpito per la nitidezza, per l’assenza di ombre, di retropensieri, di secondi o terzi livelli di interpretazione. No, le parole di Civati volevano dire proprio quello e null’altro. Non c’era distinzione fra la parola e la voce: esse hanno lasciato una traccia univoca, visibile a tutti, comprensibile a tutti. Per la politica italiana, intrisa com’è di ipocrisia, di Giano Bifronte, di sotterfugi e strateghi delle ombre, è un enorme passo avanti.

E l’Apparato cosa starà pensando adesso? Avrà forse preparato la sua cervellotica exit strategy, così disperata e ingegnosa insieme, sopraffina e intelligentissima: gettare a mare il proprio candidato per privilegiare la logica del voto utile, del voto da dare al solo che può contrastare l’arrivo della realtà e della parola libera al vertice del principale partito della attuale maggioranza. La strenua resistenza passa per amare ciò che è stato odiato sino a ieri l’altro. Una nemesi beffarda, passare al nemico.

Congresso PD | I sondaggi prematuri

Attenti a parlare di sondaggi circa il congresso. Innanzitutto c’è da superare prima la soglia del 5% dei voti nei congressi di circolo. In secondo luogo, la base elettorale delle primarie è variabile ed è quindi difficilmente ‘campionabile’. Diciamo che si compone sulla base del profilo identitario dei candidati. Esempio: un candidato di sinistra motiverà di più quel segmento dell’elettorato del PD ad andare ai gazebo e a votarlo; viceversa, un candidato di area cattolica selezionerà un elettorato diverso, più centrista, forse meno giovane. A giocare a favore o contro l’una o l’altra tendenza, inoltre, sarà la migliore esposizione informativa che questo congresso avrà se paragonato a quello del 2009. C’è un precedente illustre: l’esperienza delle primarie di Novembre è significativa perché ha fatto uscire il dibattito dalla cerchie chiuse del partito e l’ha reso di rilevanza nazionale (d’altronde si sceglieva il candidato premier della coalizione data per vincente). Quest’anno, le primarie godranno di una nuova ulteriore centralità per via del fatto che da esse dipenderà il destino del governo delle Larghe Intese (conclusione della legislatura o definizione di un programma minimo e poi urne a Marzo). Forse, anche del paese.

Mannheimer ha pubblicato ieri un sondaggio sui candidati alle primarie. Forse il tempo è un po’ prematuro. Lo scorso anno, il celebre sondaggista centrò il bersaglio (aveva previsto Bersani-Renzi 52% vs. 40%) ma condusse il sondaggio pochi giorni prima del 18 Novembre (a circa dieci giorni dalla consultazione), quando uno dei due confronti tv si era già svolto. Questo mese, lo stesso istituto ha divulgato due diversi sondaggi sui candidati alle primarie per la segreteria. Nel primo, datato 9-10 Settembre, Civati risultava poco superiore al 3%. Nell’ultimo sondaggio, questa percentuale è salita al 9%. Ipotizzando una base di un milione di voti espressi, i consensi per Civati passerebbero in una settimana, da 30000 a 90000. Di fatto, si sono triplicati. Espressa in una percentuale: +300%. Sicuramente è un dato significativo. Ma potrebbe voler anche dire che la campionatura eseguita nel primo sondaggio era sbagliata. Può voler dire che l’opinione nell’elettorato è così fluida che i sondaggisti riescono soltanto a intravedere delle istantanee ma non a illustrarne il movimento. 

Diciamo che non è ancora il momento di guardare ai numeri. E nemmeno di ragionare sulle tendenze.

Articolo correlato:

http://www.youtrend.it/2013/09/18/sondaggi-primarie-pd-renzi-civati-cuperlo-2/

Piccolo breviario dell’Assemblea PD di oggi

Letture preliminari: AutoboicottaggioLa Follia Totale.

Saprete che non s’è deciso nulla. Ma non sapete come ci si è arrivati, a questo nulla. Comincia tutto alle 2.20 (ante meridian) di sabato. La commissione Regolamento, dopo lunga e penosa malattia, approva all’unanimità un pacchetto di regole che non implicano modifiche statutarie. Si trattava di semplici indirizzi che però sono stati votati uno ciascuno e tutti insieme come pacchetto. Le revisioni riguardanti l’articolo 3 (suddivisione delle figure di segretario e candidato premier) incontrano sin dall’inizio l’opposizione di Morassut e Miotto, che votano contro.

Di fatto è stato deciso che:

  1. il voto finale sul segretario nazionale si terrà l’8 dicembre (il voto finale, se non erro, è previsto, Statuto alla mano, che ratifichi l’esito delle primarie attraverso il voto dei delegati in Assemblea Nazionale, ragion per cui le primarie dovranno esser fatte prima dell’8 Dicembre);
  2. a ciascun candidato sarà collegata una sola lista di candidati all’assemblea nazionale (quindi gli endorsement di Franceschini e soci verso Matteo Renzi non potranno trovare degna esplicitazione in una lista collegata);
  3. i segretari provinciali verranno eletti prima del segretario nazionale, ma quando le candidature nazionali saranno già state depositate;
  4. gli organismi regionali verranno eletti dopo, entro la fine di marzo;
  5. non ci saranno pre-registrazioni e chi vuole votare per il segretario nazionale o per i segretari regionali si potrà presentare il giorno stesso del voto (cosa già chiara nello statuto);
  6. le candidature per gli organismi territoriali non dovranno esibire collegamenti espliciti con le candidature alla segreteria nazionale.

Potete ben comprendere che la discussione si era impantanata proprio – e solo – sull’articolo 3 dello Statuto. Con le modifiche previste si intendeva rendere la premiership contendibile, sempre, anche da parte di iscritti al Partito Democratico. A Novembre 2012, molti si erano battuti per una deroga all’articolo 18 che consentisse proprio a Matteo Renzi di competere contro Perluigi Bersani. Su questa modifica nessuno ha sollevato obiezioni. Mentre la modifica all’articolo 3 avrebbe di fatto eliminato la corrispondenza fra segretario e candidato premier: in aula si sono dichiarati contro anche Bindi e Morando.

Quindi è successo il pasticcio. Che ciò sia stato voluto dagli stessi che si sono opposti in Commissione e in Aula alla modifica dell’articolo 3, non è dato a sapere. In ogni caso, gli indirizzi sono stati approvati a maggioranza semplice; le modifiche di natura statutaria necessitavano di una maggioranza qualificata, ma il numero totale dei presenti era circa uguale al numero minimo di voti necessari a qualsiasi modifica statutaria. Dulcis in fundo: sono stati sospeso i lavori. Epifani ha detto che senza certezza del quorum, non si potevano votare le modifiche.

Se non è un fallimento questo. Per mesi è stato detto che il Congresso non si poteva fare con queste regole statutarie. Ergo, serviva una Kommissione (sì, con la k) che studiasse le nuove mirabolanti norme. Si sono naturalmente dimenticati di discuterle. Già la scorsa volta l’Assemblea era dimezzata, almeno rispetto alle dimensioni originarie. Non poteva questo aspetto essere valutato, prima di sbattere come mosche contro una finestra chiusa?

Non pronunciare il suo nome

Lungo tutta la diretta televisiva di Matteo Renzi da Enrico Mentana, il nome di Pippo civati è stato pronunciato una sola volta, e non dal sindaco di Firenze bensì da Travaglio (nel preambolo della domanda sullo strapotere del Quirinale, suggerendo fra l’altro che si trattasse di una debole opposizione, la sua).

Se non stupisce che il cosiddetto Apparato ignori platealmente la candidatura di Civati, invece lascia interdetti (fino a che punto?) che Renzi si sia prontamente adeguato alla prassi generale. Eppure si può dire che è grazie a Civati che Renzi ha costruito quel modus operandi della comunicazione politica che viene messo in scena circa ogni anno alla Leopolda. Senza la sua influenza, molto probabilmente, mai ci sarebbe stato il Renzi rottamatore.

Non si tratta solo di calcolo probabilistico della vittoria. La vulgata generale, oserei dire ‘scanziana’, è quella che descrive Civati come di un battitore libero ma senza speranza. Non potrà mai essere segretario. Questa convinzione è in realtà figlia di una asserzione secondo cui mai ci potrà essere alcun cambiamento. L’apparato del Partito si è scelto Renzi come avversario, anzi, come nemico. Con questa scelta ha preteso di chiudere lo spettro delle possibili combinazioni: d’ora in poi nel mondo di vita del Partito Democratico esisterà solo Renzi vs. l’apparato, l’apparato vs. Renzi. E se, dal lato della comunicazione politica, la coppia dicotomica è diventata egemone sin dalle primarie di Novembre 2012, da un punto di vista della mera occupazione di cariche, le grandi manovre sono in corso e l’apparato è persino in grado di riprodurlo, il nemico, laddove non c’è. Per uno strano fenomeno di trasformismo (molecolare?) i bersaniani delle province si scoprono renziani. E il gioco è fatto. Dove non esisteva alternativa, ora l’alternativa è la regola (e pregusta la vittoria, anche se non si conosce bene cosa vincerà).

Negare l’esistenza di una qualsivoglia forma di opposizione a questo schema ben calibrato è utile a sostanziare la coppia Renzi-apparato. Il sistema ha trovato modo di sopravvivere e ciò che lo può disturbare nemmeno può essere pronunciato per nome. Quando si manifesta, nel dissenso di una astensione, viene minacciato di espulsione. Vengono mandati alle stampe dichiarazioni che ribaltano il senso della realtà (come nel caso del senatore Esposito), che attribuiscono al dissenso un valore disgregativo quando invece esso muove dalla preoccupazione per la disgregazione portata dalle scelte suicide dell’apparato nella difesa del governissimo.

Attenti a chi vi dice che Civati non ha futuro, che dovrebbe ora e adesso fondare un nuovo partito a sinistra (i più simpatici dicono che dovrebbe aggregarsi con Barca, Rodotà e i fuoriusciti dei 5 Stelle, come se bastasse metter insieme ingredienti diversi e mescolare). Sono gli stessi che vogliono che tutto rimanga così com’è: un PD da occupare da un lato, e un PD da impiegare come paradigma negativo dall’altra, nella perpetua reiterazione del sentimento dell’indignazione. La Politica, in questo disegno perverso, resta sempre quell’ambito della segretezza e dell’inganno, dell’astuzia e del malaffare. Qualcosa che mai potrà occuparsi di Noi.

La Riforma dei partiti del PD è ora diventata legge anti-movimenti – commentate il testo

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Così titola La Repubblica

Per dire dell’isteria che ci perseguita: la proposta di legge Finocchiaro-Zanda è vecchia di un anno. Il 16 Febbraio 2012 il medesimo disegno di legge, identico nel contenuto e nella struttura, era stato presentato da Bersani. Già conteneva la norma della discordia, all’articolo 6:

Art. 6
(Partecipazione alle competizioni elettorali e accesso al finanziamento pubblico)

1. L’acquisizione della personalità giuridica e la pubblicazione dello statuto sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’articolo 8 della presente legge costituiscono condizione per poter partecipare alle competizioni elettorali.
2. Accedono ai rimborsi delle spese per le consultazioni elettorali e a qualsiasi ulteriore eventuale forma di finanziamento pubblico esclusivamente i partiti politici che rispettano i requisiti di democrazia interna e di trasparenza di cui alla presente legge e che abbiano ottenuto l’elezione sotto il proprio simbolo di almeno un rappresentante nelle relative consultazioni.
3. I rimborsi per le spese elettorali riconosciuti dalla legislazione vigente sono ridotti del 25 per cento per i partiti politici che non prevedano nel loro statuto l’adozione in
forma stabile, eccezionalmente derogabile solo a maggioranza di almeno i tre quinti dei componenti degli organismi dirigenti collegiali del livello territoriale corrispondente, della procedura di cui all’articolo 4 della presente legge per la selezione dei propri candidati a sindaco e a presidente di regione, delle proposte di candidatura, nel rispetto dell’articolo 92 della Costituzione, alla carica di Presidente del consiglio dei ministri e per la selezione dei propri candidati alle assemblee rappresentative per le quali sia prevista l’elezione nell’ambito di collegi uninominali e l’assegnazione dei seggi tra le forze politiche con formula maggioritaria.

Ne avevo parlato in un post in cui avevo sottolineato il silenzio generale della proposta che pure aveva indubbi meriti, specie perché poneva l’accesso al finanziamento pubblico alla democraticità della selezione delle cariche (leggasi: https://yespolitical.com/2012/02/16/il-pd-vuol-cambiare-i-partiti-e-istituzionalizzare-le-primarie/).

Si può non esser d’accordo? Sì, ma la proposta non è completamente da buttare. Leggetela e commentatela qui di seguito. Mi chiedo che cosa vieti ai 5S di acquisire una personalità giuridica e di pubblicare lo statuto in Gazzetta ufficiale;  cosa gli vieti di assumere lo strumento delle primarie per selezionare le proprie cariche elettive.

Scaricate il testo: https://yespolitical.files.wordpress.com/2012/02/pdl_riforma_partiti.pdf

E loro stracciano il congresso

Immagine

[Se voi stracciate le tessere] – Un post scritto per Giovine Europa Now, Linkiesta.

Mentre il paese è economicamente allo sbando ed affronta la peggiore recessione di sempre, almeno da quando esistono le serie storiche; mentre Bruxelles preme per chiudere la procedura di infrazione per deficit eccessivo ma al contempo concede deroghe generose a Parigi e persino a Madrid, operando quindi una discriminazione palese nel silenzio generale delle istituzioni; mentre l’incertezza e la paura della miseria si stanno mutando in disagio psicoanalitico di massa, il Partito Democratico non è in grado né di raccogliere la domanda sociale, né di tradurla in politiche economiche e perciò rischia, in quanto partito di governo, di dover assistere alla trasformazione della domanda di politiche in rabbia per l’assenza di politiche.

Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/blogs/giovine-europa-now/congresso-pd-restaurazione-o-rivoluzione#ixzz2TjwUAPqy

Pippo Civati dice le medesime cose, con un po’ di humor nero: http://www.ciwati.it/2013/05/19/lo-scotch/

Il 2012 in dodici tremendi post

2012-roadblock

Le dimissioni di Mario Monti e il decreto di scioglimento delle Camere – che presumibilmente verrà emesso dal Presidente della Repubblica domenica prossima – sono gli atti che chiudono questo tremendissimo 2012, il primo anno post berlusconismo (e antiberlusconismo). Ma la Nuova Era per la politica italiana si è aperta non certo nel migliore dei modi. Già ad inizio Gennaio era parso a molti che il ricorso alle urne era l’ultima delle carte che “la Casta” si sarebbe giocata in questo frangente. Il referendum sul Porcellum si rivelò una chimera poiché fu prevedibilmente bocciato dalla Consulta:

Referendum Legge Elettorale, i dubbi sull’ammissibilità

gennaio 5, 2012 di 

Le urne non erano l’unico fantasma che agitava i sonni dei deputati e dei senatori italiani. In Europa infuriava la crisi del debito e mentre lo spread Btp-Bund tendeva a scendere restando però  una pistola puntata alla tempia, la Trojka Commissione-BCE-FMI sottoponeva la Grecia ad un esperimento di economia politica che la poneva sul crinale di una rivolta sociale:

Grecia, sangue in piazza Syntagma

febbraio 12, 2012 di 

Il Mediterraneo è rimasto per tutto il 2012 un mare “caldo”. Dalla Grecia distrutta, ai problemi della Spagna, il movimentismo si manifestava in forme civili (in Spagna soprattutto, organizzandosi mediante i social network e chiamando a raccolta con gli hashtag #25s e simili). Il sud del Mare Nostrum invece continuava a vivere guerre e rivoluzioni sulla scia della Primavera Araba del 2011. La Siria è ancor ora in fiamme; l’Egitto si rivolta con il neo presidente eletto Morsi. Il Sahel è diventata una polveriera jihadista: la guerra dei Tuareg contro il governo del Mali veniva presto condizionata da gruppi armati afferenti ad Al Qaeda, gli stessi gruppi che tenevano imprigionata Rossella Urru, cooperante italiana. Quando a Marzo alcune testate giornalistiche africane titolavano della sua liberazione, la stampa italiana sul web andava in corto circuito fra fact checking falliti e entusiasmi irresponsabili. La liberazione andò in fumo e Rossella visse altri tre mesi di prigionia, mentre il Mali esplode.

Rossella Urru, ucciso un intermediario. E nel nord del Mali infuria la guerra dei Tuareg

marzo 12, 2012 di 

In italia non avvengono rivolte, ma la classe politica per come l’abbiamo conosciuta negli ultimi venti anni ha dato avvio ad un processo di autodistruzione che pochi si sarebbero aspettati. L’apice di questa decomposizione si registrò ad Aprile, quando gli scandali fanno crollare l’antico architrave dell’alleanza politica di centrodestra: la Lega Nord. Che viene coinvolta nei suoi personaggi chiave: Renzo Bossi detto il Trota, suo padre Umberto Bossi, e soprattutto l’odiatissimo Cerchio Magico presieduto dalla melliflua Rosy Mauro:

Rosy Mauro e il Sindacato Padano che non era un sindacato

aprile 10, 2012 di 

Il cambiamento degli scenari politici sembrava esser minato da una parte dal prestigio dei Tecnici, da Mario Monti in testa, forte del suo prestigio internazionale. Dall’altra parte i partiti temevano l’arrembante pattuglia degli sconosciuti del Movimento 5 Stelle. I signori Qualunque, alle elezioni amministrative di Maggio, vincono alcuni piccoli comuni e ne diventano sindaci, ma soprattutto stravincono a Parma, città emblema degli scandali e del default politico e non del PdL:

La Comune di Parma

maggio 21, 2012 di 

Il governo Monti ha avuto certamente una influenza sulle dinamiche europee. A metà Giugno pareva che i tecnocrati di Bruxelles e i falchi berlinesi fossero in grado di estendere l’egemonia del metodo Buba (Bundesbank) e del rigorismo finanziario attraverso l’approvazione del Trattato MES, alias il Meccanismo europeo di stabilità, un complesso di norme che avrebbero imprigionato il nostro paese dentro rigidissime regole di bilancio. L’azione mediatrice di Monti e di Mario Draghi ha permesso di smontare alcuni aspetti controversi del trattato, e il meccanismo automatico si è trasformato poco a poco in una scelta opzionale da parte degli Stati Membri:

Il Trattato MES è antidemocratico ma non è un complotto degli Illuminati

giugno 17, 2012 di 

L’Europa non è solo tecnocrazia bancaria. Non è solo Germania e Merkel e Mario Draghi e Barroso. Fortunatamente il Parlamento Europeo, che pur eleggiamo direttamente, ha per la prima volta nella storia fatto pesare il proprio parere contro la Commissione in materia di politica commerciale, cassando il blindatissimo e antilibertario Accordo anti contraffazione. E sempre per la prima volta, un movimento d’opinione che ha attraversato l’Europa (e che ha visto l’Italia ai margini) quasi esclusivamente per i canali dei social network, ha potuto incidere su una decisione comunitaria.

Il Parlamento Europeo cancella #ACTA

luglio 4, 2012 di 

Ad Agosto la cronaca italiana deve fare i conti con una sentenza su un delitto rimasto insoluto, quello del giornalista de L’Ora, Mauro De Mauro. Un delitto che tiene insieme i misteri d’Italia, dalla morte di Mattei a quella di Pasolini, passando per libri misteriosi cancellati e politici democristiani e comunisti della Sicilia degli anni Cinquanta e Sessanta. Un filo rosso che giunge sino ai giorni nostri, laddove ci si finge sgomenti alla scoperta dei traffici dell’ENI quando invece l’ENI è da quarant’anni un serbatoio di denari e di corruttela.

De Mauro, l’ENI e la morte di Mattei nel profondo gorgo della Sicilia

agosto 11, 2012 di 

Se la decomposizione del centrodestra è avvenuta in maniera caotica e per mano di inchieste giudiziarie, in special modo sull’uso dei rimborsi dei gruppi consiliari nelle regioni Lazio, Lombardia, Emilia-Romagna, il centrosinistra ha avviato a inizio Settembre la stagione delle primarie (che si deve concludere ancor ora, con le primarie parlamentari, il 29 o il 30 Dicembre). Quella che Bersani prefigurava come una investitura senza problemi si trasforma in una guerra balcanica appena dopo l’annuncio di Matteo Renzi di correre per la candidatura a premier. Alla fine, il segretario capitalizzerà questa scelta con un bagaglio di voti insperato, che nei sondaggi ha fatto balzare il PD al 33%-36%. La sfida (e gli errori) dell’avversario è stata per lui un trampolino di lancio che l’ha riconciliato con mezzo partito.

La balcanizzazione delle primarie

settembre 17, 2012 di 

Ma gli elementi di democrazia diretta che il PD giocoforza ha dovuto introdurre nel suo meccanismo di selezione di leadership (fondamentale è stata la deroga allo Statuto del PD nella parte in cui ascrive al segretario la candidatura a premier) non sono un discriminante decisivo. Il movimento 5 Stelle, nato sulla promessa di una partecipazione dal basso per mezzo di strumenti di democrazia diretta via web, sfiora il 20% nei sondaggi e diventa in Sicilia il primo partito. Ma la montagna di voti mette le vertigini anche a Grillo, il quale inizia a metter fuori dalla porta tutti coloro che osano criticare il metodo. Fra confuse idee di parlamentarie a numero chiuso e ipotesi di mandato imperativo (non costituzionali!), il Movimento si avvita su sé stesso e di fatto dà l’avvio ad una fase di controllo verticistico in aperto contrasto con gli ideali delle origini.

M5S / Dimissioni in bianco e divieto di Mandato Imperativo

ottobre 28, 2012 di 

Mentre la maggiore tassazione mette il freno all’economia, mentre la crisi morde altri posti di lavoro, mentre l’Ilva di Taranto è soggiogata dal trade-off fra legalità e rispetto della salute umana e dell’ambiente e lavoro per gli operai, il governo stringe accordi con le parti sociali per quanto concerne la contrattazione secondaria di livello aziendale. La sola CGIL non firma. L’accordo rimane per ora un pezzo di carta, una traccia che il prossimo governo si ritroverà nei cassetti come sorta di “agenda”, un’agenda questa non voluta dall’Europa ma scritta di proprio pugno dalla tecnocrazia montiana, oramai sempre meno tecnica e sempre più politica.

Produttività, i punti cruciali dell’accordo Governo-Parti sociali

novembre 21, 2012 di 

La sedicesima legislatura sta per finire. Il peggior parlamento della storia repubblicana non riesce a votare una legge che permetta di non replicare la sua stessa mediocrità. Nel 2013 si voterà ancora con il Porcellum. Che novità. Il 2012 si era aperto con questa consapevolezza, che non è mai sembrata in dubbio. E l’Improponibile, l’uomo che rovinato il paese e che costituisce “una minaccia per l’Europa” (Martin Schulz), vale a dire Berlusconi, dapprima afferma di volersi ricandidare, mandando a soqquadro le primarie del centrodestra,  sbertucciando il suo segretario, Angelino Alfano, mandato allo sbaraglio in parlamento ad annunciare la sfiducia a Monti, sfiducia che non c’è mai stata; poi investe lo stesso Mario Monti della responsabilità di “federare” il centrodestra, senza peraltro ottenere alcuna risposta. Infine, cerca di rallentare la fine della legislatura, onde evitare la tagliola della par condicio televisiva che gli impedirebbe di passare ore fra Canale 5, Raiuno, Rete 4, Radiouno eccetera, a blaterare di soluzioni alla crisi economica che non stanno né in cielo né in terra. Lui, il Cavaliere, si presenterà alle urne ma ciò che lo aspetta, a meno di improvvise amnesie collettive, sarà una sconfitta memorabile.

 

Il suicidio del Samurai (ma #giorgiopensacitu)

 

dicembre 6, 2012 di 

 

 

 

 

 

 

#Primariecsx, una analisi del fallimento di Renzi

A mente fredda, e soprattutto con in mano i dati definitivi (sebbene quelli del primo turno siano scomparsi, ne ho tenuto una copia anche se si trattava di dati parziali), ho dato uno sguardo alla performace di Renzi e a come è cambiata fra primo e secondo turno. Ebbene, il sindaco di Firenze non è minimamente riuscito ad incrementare i voti del primo turno se non in sole 31 province (su 111). Messe su una cartina, corrispondono alle bandierine blu:

renzi_incrementi

E’ interessante vedere come le bandierine blu si siano concentrate al sud, laddove al primo turno Renzi aveva preso meno voti. Al nord, Renzi incrementa i propri voti solo a Torino e stranamente no a Firenze. Inutile dirvi che Bersani incrementa i voti un po’ dappertutto. Tutte le province che nel precedente articolo indicavo come ‘contese’ (quelle in cui Bersani al primo turno aveva solo il 5% di voti di vantaggio) sono state vinte tutte da Bersani.

Una curiosità.

Nel fare questa analisi, mi sono imbattuto in quello che credo sia un errore di compilazione (?) della tabella dei dati definitivi. La provincia di Padova, se non vado errato, al primo turno aveva fatto segnare una affluenza di circa 14417 persone. Al secondo turno votano in… 35394! +300%. Inimmaginabile. Uno dei due dati è errato. Mi auguro. Anche il dato di Ogliastra e Lucca è anomalo. Qualcuno controlla prima di divulgare le tabelle?

Primarie M5S, voci dietro al muro di gomma

voto_online_m5s

Le primarie del Movimento 5 Stelle sono iniziate oggi. Con il crash del sito http://www.beppegrillo.it/movimento/elezioni-politiche-2013.html ma soprattutto con qualche altra sottaciuta polemica che emerge a stento da dietro il muro di gomma che lo staff ha creato intorno alla competizione. Prendete per esempio la testimonianza, postata sulla pagina Facebook di Valentino Tavolazzi, di Davide Gionco, candidato per la circoscrizione estero:

Davide Gionco (di LOSANNA – candidato per M5S per il collegio internazionale!!!!) scrive TESTUALE!!!!
In ogni caso oggi ho deciso di ritirare la mia candidatura, anche se naturalmente dal punto di vista informatico la cosa è impossibile (non l’hanno previsto…). Ho preso questa decisione sia perché negli ultimi giorni mi è stato posta come condizione il riconoscere il capo politico, che io invece non riconosco come capo. E poi perché mi trovo a dovere scegliere fra decine di candidati che non conosco (collegio Internazionale: non ci conosciamo), avendo solo poche ore per leggere il loro CV, e solo durante le ore di votazione (che coincidono con le ore di lavoro, o quasi). Infatti i CV non risultano accessibili al di fuori delle ore di votazione. Mi chiedo che senso abbia votare per persone che non si conoscono senza avere neppure a disposizione il tempo per conoscerle. (link fonte).

AdnKronos riporta questo commento ripreso dal blog di Grillo: “C’e’ anche chi segue M5S da 5 anni, virtualmente e “fisicamente”, come scrive Antonino di Roma, eppure resta fuori dalla corsa. “Caro Grillo e’ frustrante! E non e’ neanche bello vedere che i votanti abilitati sono poco di piu’ dei candidati”, lamenta il grillino”. Da che se ne deduce una verità: i votanti sono poco più che i candidati, ergo si voteranno fra di loro. Un disguido, certamente.

Poi ci sono i problemi tecnici, molti a quanto pare. Sul blog, Grillo ha scritto in testa ad un articolo in cui si parla di tutt’altro (L’era della scarsità – Lester Brown) che alcuni indirizzi di posta @gmail non hanno ricevuto la e-mail di accettazione, pertanto questi iscritti hanno dovuto accedere al proprio account e modificare la e-mail di riferimento. Qualcuno tenta di dare una spiegazione:

  • Se sono solo ALCUNI indirizzi di gmail a non ricevere, probabilmente i messaggi sono finiti nella casella dello spam. Soluzione: aggiungere l’indirizzo da cui proviene l’email alla lista contatti di gmail.
  • Se sono TUTTI gli indirizzi gmail a non ricevere allora l’indirizzo da cui proviene la mail e’ stato messo in una black list. Soluzione: l’amministratore del blog deve contattare google e chiederne il perché e quindi la rimozione.

il problema è tanto comune che è un diluvio di commenti del genere, diluito dal solito commentare fuori tema degli animatori del blog. Brois V. scrive di essere iscritto al portale da tanto tempo e di essere pure certificato. Ma anche lui non ha ricevuto alcuna email e nel profilo non trova alcun riferimento alla pagina di modifica.

Caro Boris, sono nella tua stessa identica situazione.
Ho provato e riprovato, alla fine sono riuscita a fare il login e a trovare le votazioni quando appare la scritta che dice che LE VOTAZIONI SONO AL MOMENTO SOSPESE E RIPRENDERANNO TRA 15 ORE E 50 min.
Forse le connessioni sono troppe, ma da stamattina non sono riuscita a fare nulla… non è possibile!!!

alessandra c., roma 03.12.12 18:46

Vorrei porre lo stesso quesito perché non riesco a votare e perché non mi è arrivata la mail punto primo punto secondo sono settimane che chiedo mi venga gentilmente reso possibile scrivere con il mio nome su questo blog visto e considerato che sono anche inscritto al movimento a 5 stelle con documento il mio nome è Davide Franchin cari dello staff almeno un e mail che mi chiarisca il motivo perché non scrivo più con il mio nome.

francesco f., Treviso  03.12.12 19:23

SCUSATEMI, MA ANCHE VOI AVETE AVUTO DIFFICOLTA’ A VOTARE? MI PARE UN INFERNO STA VOTAZIONE

INCAZZATOO NERO, Mazara del Vallo  03.12.12 19:08|

e da mo’ che provo,non parte nemmeno la mia richiesta di istruzioni per votare. Grazie a chi mi aiutera’.

franco f., gradara  03.12.12 18:55|

Sarebbe interessante sapere quale è stata “l’affluenza” virtuale, essendo questo il primo esperimento in Italia di consultazione elettorale online. Sarebbe stato bello che si fosse potuto leggere tutti, anche i non appartenenti al movimento, in maniera trasparente e in tempo utile, i curricula dei candidati. Le cose stanno andando diversamente e l’esito finale verrà spacciato per un grande esempio di democrazia dal basso. Nulla di tutto ciò sta avvenendo. Il tentativo è più pasticciato che altro. Quello che segue è un altro commento che spiega bene il livello mediocre delle presentazioni, i curricula raffazzonati, incompleti, quasi in stile lavorativo:

Oggi mi sono riservato l’analisi delle auto-presentazioni dei candidati della Circoscrizione 1 della Lombardia per poter votare domani con calma.
Devo dire che alcune candidature, mi hanno deluso.
A parte quelli che non hanno messo neache la faccia (cioè non c’è neanche la loro foto…), alcuni hanno saltato la propria presentazione (niente CV, niente carta d’intenti).
Ma sopratutto non mi sono piaciuti coloro che si sono auto-presentati con un CV di tipo “lavorativo”.
Come se la candidatura fosse un colloquio di lavoro.

No, non è lavoro. Anche se i candidati diventeranno “dipendenti”, come vuole la retorica di Grillo, anche se ci si mette a posto, almeno per una legislatura. E si guadagna pure di più di quelli che ora fanno i consiglieri regionali.

Tavolazzi sulle primarie del M5S: “metodo indecente”

“Domani iniziano le Parlamentarie del M5S. 1400 candidati. 4 giorni di votazioni ad orario di ufficio.

Oggi, il giorno prima, domenica, giornata non lavorativa, in cui si ha un pò di tempo libero, non trovo ancora tutte le informazioni di questo esercito, che si dovrebbe mettere a disposizione dei cittadini e farsi conoscere, sul Portale Ufficiale del MoVimento. Tutte le informazioni reperibili sono in ordine sparso, in un caos totale, sui social network di altra proprietà.

Nonostante il metodo indecente (sia dal punto di vista della “trasparenza” che della “partecipazione”, parole con cui ci sciacquiamo la bocca tutti i giorni) con cui lo Staff di Beppe Grillo e Casaleggio ha gestito questo primo giro di “democrazia dal basso” a livello Nazionale, faccio l’ “in bocca al lupo” a tutti i cittadini di buona volontà che ci credono e ci mettono anima e corpo per cambiare questo paese.Voi, e non il logo del MoVimento 5 Stelle, siete da sempre la sola ed unica speranza rimasta. Con qualsiasi giacca corriate”

L’ex consigliere dei 5 Stelle si riferisce a queste regole.

Liveblogging Ballottaggio Primarie #Pday

Vi rimando alla homepage di questo blog (http://yespolitical.com) nonché all’account twitter http://twitter.com/yes_political per seguire insieme a me l’andamento del voto e lo spoglio di questa sera.

Questo post verrà aggiornato sino alle 21.30 con le notizie provenienti dallo spoglio.

A domani per i risultati definitivi e una analisi del voto, provincia per provincia.

Sulle partecipazioni negate: lo staff di Adesso partecipo è stato oggi tempestato di domande sulla possibilità di essere ammessi al voto senza il cedolino del primo turno. Sono gli effetti perversi della campagna – errata – posta in essere durante la settimana tramite la mail bombing, la quale ha avuto l’esito di male informare l’elettore. Leggete questo scambio di idee che ha avuto luogo su twitter:

https://twitter.com/MauroNaAlessia/status/275236245658025985

“Nella mail c’è scritto che si può partecipare”. Sulla mail, quella mandata da Renzi.

Un video di Repubblica.it testimonia le centinaia di telefonate ricevute dai comitati per le primarie di Milano:

E poi c’è la questione dell’affluenza. Berlinguer sostiene che alle 12 si sia già raggiunto il risultato del primo turno. madelle 13 (un milione di partecipanti):

Lo staff Renzi dice invece che si è verificato un calo netto, fatto che attrae un certo tipo di giornalisti, pronti ad affibbiare etichette:

Sempre lo stesso giornalista, che sta pensando al titolo per domani:

Qualche problema su Trending topics di twitter fa pensare immediatamente a un calo dell’interesse sul ballottaggio:

Ore 18.10: un po’ di delusione fra le fila dei sostenitori di Renzi. L’affluenza è data ancora una volta in calo. Meno 150 mila votanti.

Ore 20: attesa per i dati finali sull’affluenza. A Firenze, in mattinata, vi era stato un mezzo incidente che Renzi ha evitato diventasse un caso politico/elettorale senza soluzione:

C’è un altro hashtag di riferimento per lo psoglio su twitter: #ballottred

Ore 20.07 primi dati su Twitter:

Ore 20.12: affluenza occhio e croce meno 25% rispetto al primo turno:

Ore 20.30: Instant Poll, Bersani 61.5%, Renzi 38.5% – Diretta Unità

Stasera sarà festa romana per il segretario:

Renzi invece sarà alla fortezza da basso verso le ventidue:

renzi

Renzi sotto al 40% non avrebbe neanche conservato tutto il proprio elettorato.

Incubi:

Chiudo qui questa lunga ma intermittente diretta. Lo faccio prendendo in prestito le parole di Civati.

Confronto Bersani-Renzi, cinque aspetti degni di critica

Già mentre ieri sera ero in ascolto e cercavo di tenere una diretta Bog/Twitter, mi sorgevano alcuni dubbi sulla veridicità di quanto detto da entrambi i candidati. Di seguito provo a farne un elenco con tanto di verifica dei fatti:

  • Ritiro dall’Afghanistan e F35

In seguito ad una domanda della conduttrice su cosa direbbero i due in occasione di un eventuale incontro con Barack Obama, Bersani risponde così: “Innanzitutto, l’Afghanistan: il 2013 deve essere l’anno di chiusura di questa avventura; poi, gli F35: con questa crisi non mi sembra il caso…”. Renzi ha accusato il segretario di demagogia. Ha detto che il ritiro dall’Afghanistan è già previsto per il 2013 e che per quanto riguarda gli F35 è più un problema nostro, “dipendono da noi, non da loro”.

In realtà, il ritiro dall’Afghanistan delle truppe italiane è ancora tutto da definire. Qualche settimana fa, il presidente del Consiglio Mario Monti ha incontrato il presidente Karzai. La visita aveva lo scopo forse di decidere le modalità del ritiro, ma in ogni caso si parlava del 2014, non del 2013. Resta da chiarire se la sede più opportuna per discutere del ritiro sia Kabul o Washington.

Monti, confermando l’impegno italiano a ritirare le truppe entro il 2014, ha detto che è “importante che il rapporto tra l’Afghanistan e la comunità internazionale si modifichi per riflettere le nuove condizioni ma non si arresti”, sottolineando come in futuro la presenza della comunità internazionale sarà “meno basata sul contributo militare” e “sempre di più sulla cooperazione economica” (TMNews).

Invece sugli F35, Bersani incappa davvero in un Epic Fail? Si può dire di sì, anche se lo stanziamento dei denari per acquistare i 127 aerei F35 risale al Settembre 2011, nel pieno del caos del governo Berlusconi e della deriva dello spread. Questo modello di aereo da guerra è frutto di un progetto di Bill Clinton, il JAST (Joint Advance Strike Tecnology, poi JSF) e l’Italia vi partecipa sin dal 1996 (governo Prodi I, voto bipartisan di centro-sinistra e centro-destra). L’Italia è partners di livello 2, fatto che ha comportato un impegno economico pari a 1 miliardo di dollari (circa il 5% del costo previsto dalla Fase 1) – vedi Investire oggi|Finanza.

Questo dovrebbe, dunque, essere considerato un aereo italoamericano, perchè le ali e tutta la parte della fusoliera ad esse collegata – che rappresentano una grande parte dell’aereo – vengono realizzate in Italia, su disegno e progettazione in parte sviluppati in Italia dai circa 150 ingegneri di Alenia aeronautica […] “L’uscita del nostro Paese dal programma dei cacciabombardieri F-35 JSF (Joint Strike Fighter) non comporterebbe oneri ulteriori rispetto a quelli già stanziati e pagati per la fase di sviluppo e quella di pre-industrializzazione; infatti il Memorandum of Understanding, ovvero l’accordo fra i Paesi compartecipanti, non prevede il pagamento di alcuna penale in caso di rinuncia all’acquisto“) Investireoggi|Finanza.

Chiarito che se ne può uscire senza incappare in clausole contrattuali, che il problema è “tutto nostro”, come dice Renzi, visto il coinvolgimento di Finmeccanica e Alenia in questo affare che si è trasformato in un fiasco. Bersani farebbe bene a dire che il problema è un altro. Il problema è Finmeccanica.

  • Il voto all’Onu sull’ammissione della Palestina

E’ Bersani ad aver introdotto il tema del voto Onu sull’ammissione della Palestina come paese osservatore nel dibattito di ieri. Renzi ha reagito alla “provocazione” del segretario affermando un po’ pericolosamente che il problema non è la Palestina ma l’Iran. La politica estera è forse l’elemento che contraddistingue di più i due contendenti. Bersani è filoarabo, così come nella tradizione della sinistra italiana; Renzi invece ha ieri manifestato una posizione più “atlantica”. Quando Renzi afferma che il problema è l’Iran, cita l’Onda Verde, quella sorta di anticipo di primavera araba che attraversò Teheran alla fine del 2009. E facendolo dice che è scandaloso che una “ragazza in Iran non possa andare a ballare”. La frase in sé e per sé mi ha sconvolto. Essa contiene tutto un retroterra fatto di ideologia democratica dell’universalismo dei diritti umani. Quell’ideologia che giustifica le guerre chiamandole umanitarie. Per dirla come Elie Wiesel, la “religione secolare planetaria”. E’ davvero preferibile al pragmatismo bersaniano? Una volta che abbiamo individuato nell’Iran il problema, quale è la soluzione? La libertà dei suoi cittadini passa per il suo annientamento militare? Le carte dei diritti non si impongono ma si conquistano. Il popolo iraniano saprà come fare a conquistare la libertà che cerca. Così come le donne iraniane. Il nostro compito, il compito di un paese occidentale, non è quello di trapiantare il diritto ma al contrario di farlo crescere in via spontanea. Qualcosa che crea problema e ostacolo a questo processo sono certamente i rapporti economici che il nostro paese ha con la burocrazia teocratica iraniana. Si potrebbe cominciare da qui. E chissà perché, ritorno a parlare di Finmeccanica (e di Eni, obiuviously).   

  • Trasparenza partiti e Freedom of Information Act

Bersani sulla materia dei costi della politica ha mostrato di essere un po’ a corto di idee. Trincerandosi l’idea che la politica non la possono fare soli i ricchi, ha ribadito ancora una volta che il PD si è fatto portavoce della campagna per l’abolizione dei vitalizi, ha ammesso che certe cumulazioni di diversi trattamenti retributivi sono da evitare. Di fronte aveva Renzi, che ha fatto della rottamazione un’arte retorica. Renzi ha solleticato il segretario sulla questione del finanziamento pubblico della politica, ha detto che lui ha messo online ogni fattura e ha tracciato ogni donazione ricevuta. Così dovrebbe funzionare la politica, secondo il sindaco. Ed ha nuovamente citato il Freedom of Information Act. Su questa improvvida citazione, si è espresso Fabio Chiusi, su Il Nichilista, e Guido Romeo, su il diritto di sapere:

«Metteremo tutto online con il Freedom of Information Act», dice Renzi alla Leopolda. Peccato che con il mettere tutto online il FOIA non c’entri nulla: c’entra con le richieste dei cittadini (di accesso a documenti/dati di interesse pubblico), non con le decisioni delle amministrazioni pubbliche di rendere trasparenti i loro documenti/dati. Come spiega, molto chiaramente, Guido Romeo: http://www.dirittodisapere.it/2012/11/13/matteo-renzi-e-quel-pericoloso-malinteso-sulla-trasparenza/. Confondere trasparenza ‘reattiva’ e ‘proattiva’ è segno, a mio avviso, che Renzi di FOIA non capisce un bel niente. In guardia: errori di questo tipo si moltiplicheranno. Non facciamoci trovare impreparati. (Il Nichilista).

  • La riforma Fornero

Sia Bersani che Renzi hanno ammesso di non poter cancellare la riforma Fornero sulle pensioni. Ma con due sfumature diverse: Renzi, “la riforma per me va bene. Sarebbe facile dire sì, torneremo indietro, si andrà in pensione prima. Io dico di no. Qualcosa va rimesso a posto, non solo sugli esodati, ma non puoi pensare di metterla in discussione”. Bersani ha invece aggiunto che si possono inserire meccanismi di gradualità, oltre a risolvere definitivamente la questione esodati. Poi Renzi ha ribattuto, “la riforma delle pensioni del centrosinistra è costata nove miliardi, denari che ora potremmo utilizzare”. Il sindaco si riferisce forse allo spezzettamento dello ‘scalone-Maroni’, l’atto del governo Prodi II (cosiddetta Riforma Damiano) con cui nel 2006 si snaturò la riforma del ministro Maroni (all’epoca si passava a 57 a 60 anni di età e, almeno, 35 anni di contributi, e veniva fatto in modo drastico, subito, dal 2008, senza un inutile rinvio a date future, cfr. Daw-blog).

In ogni caso, Cesare Damiano, attuale deputato del PD, ha presentato lo scorso mese un disegno di legge che introdurrebbe modifiche alla riforma Fornero nel senso voluto dal segretario Bersani, ovvero di una maggiore gradualità dell’innalzamento dell’età pensionabile.

Il progetto che ha un costo complessivo ancora non facilmente stimabile (si parla di almeno 5 milardi di euro), prevede diverse modifiche sulla Riforma Fornero per rendere meno brusco l’innalzamento dell’età pensionabile almeno sino al 2018 e per salvaguardare rispetto alle nuove norme di pensionamento una ulteriore fetta di lavoratori esodati (oltre ai 120 mila) […] Sul Ddl damiano si è espressa di recente la ragioneria generale sostenendo che “abbassa significativamente l’età media di accesso al pensionamento, determina oneri di rilevante entità compromettendo gli effetti della riforma e dei precedenti interventi in materia” (Businnessvox.it).

In ogni caso, vi invito a leggere questo documento di Carlo Mazzaferro, del Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Bologna. In esso è contenuto il grafico che vi sto per mostrare e che spiega come la disquisizione sull’innalzamento dell’età pensionabile riguardi solo il periodo della fase transitoria dal metodo retributivo a quello contributivo:

Dopodiché prevarrà il meccanismo dell’aggancio alle aspettative di vita, che come è noto, nel sempre maggior progresso umano, sono crescenti. Tant’è che nel 2050 l’età pensionabile sarà inequivocabilmente di 69 anni. Ciò che viene detto ora sulla eventuale correzione della riforma Fornero ha valore soltanto per i prossimi sei-otto anni.

  • 2547 giorni

Sono i giorni di governo dell’Ulivo (quindi i governi Prodi I, D’Alema e Amato) sommati ai giorni di governo dell’Unione (Prodi II). Bersani è stato ministro con il governo Prodi I (Ministro dell’Industria, del Commercio, dell’Artigianato e del Turismo nel Governo Prodi I, 1313 giorni) Dal 23 dicembre 1999 al 3 giugno 2001 ricopre la carica di Ministro dei Trasporti e della Navigazione (528 giorni). Bersani è stato ministro anche con il governo Prodi II, per circa 720 giorni. E’ divenuto deputato per la prima volta con la XIV Legislatura (elezioni politiche del 2001. E’ stato deputato al Parlamento Europeo nel corso della VI Legislatura. In totale fanno 2561 giorni [articolo modificato il 30/11/2012].

Scheda personale di Bersani sul sito della Camera.

Bersani vs. Renzi in diretta #1csx2

Fra pochi minuti su Rai1 il faccia a faccia fra Bersani e Rennzi. Seguite in diretta su Yes, political!

Comincia Renzi su economia e crisi. “Parto dal rafforzare il sistema dei comuni”, “sono come lo sceriffo di Nottingham”, nel senso di esattore delle tasse per lo stato centrale. La stato ha detassato il gioco d’azzardo. Rimettiamo quelle tasse.

(sheriffo?)

Bersani parla di patrimoniale senza nominarla. Far girare il credito alla piccola impresa, con la Cassa Depositi e Prestiti. Si paga molto perché non pagano tutti. E’ per umanità che gli mandiamo l’ambulanza (all’evasore fiscale). Fare una Maastricht della fedeltà fiscale? (Cos’è?).

Bisogna armonizzare i sistemi fiscali in Europa, altrimenti uno se ne va dove conviene.

Renzi sulle responsabilità del csx sull’evasione fiscale. Avevo i pantaloni corti quando se ne parlava. Perché non abbiamo fatto niente? Sembra che veniamo da Marte. Gli strumenti non sono stati all’altezza. Non facciamo l’accordo con la Svizzera.

C’è un po’ di disordine. Troppi applausi.

(sul tetto!)

Bersani dice che bisogna far pagare alla finanza ciò che ha causato. Europa, continente più forte, ora problema del mondo. Tutta l’Europa batta un colpo, s’è sedimentata l’idea che il più forte si salva da solo, come abbiamo fatto noi con il Nord con il Sud.

Bersani: votare sì al seggio all’ONU per la Palestina.

Renzi afferma che il voto di domani all’ONU non è importante. Bersani lo redarguisce, vorrei che il PD su questi temi importanti avesse una posizione unica.

Renzi: non ho preso molti voti al Sud. O il Sud cambia o non andiamo da nessuna parte. Riprende Bersani e lancia il secondo colpo alla Destra, che non è Renzi.

Fact Checking:

Renzi: Firenze luogo per Start-up. E poi sfodera un articolo dell’Economist del 2005. Bersani chiede replica: basta andare a vedere un po’ di risultati. Gli unici due anni in cui si è ridotta la forbice sono quelli in cui abbiamo governato noi.

E ora: vitalizi e costi della politica. Renzi: io sono per l’abolizione del finanziamento dei partiti. C’è stato un referendum. Se fai il bidello.. (battuta nota, la ripete sempre).

Bersani: abbiamo fatto passare l’abolizione dei vitalizi (idem, già sentito). Dobbiamo studiare un tetto all’accumulo di pensioni, vitalizi, eccetera. E che i manager non abbiano buoneuscite milionarie. Renzi, secondo me non basta. Bisogna abolire il finanziamento. Avere il coraggio di dire stop. Mettere online le fatture, secondo la logica del Freedom of Information Act.

Fact Checking:

Freedom of Information Act

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Il Freedom of Information Act (FOIA), “atto per la libertà di informazione”, è una legge sulla libertà di informazione, emanata negli Stati Uniti il 4 luglio 1966 dal presidente Lyndon B. Johnson, che impone alle amministrazioni pubbliche una serie di regole per permettere a chiunque di sapere come opera il Governo federale, comprendendo l’accesso totale o parziale a documenti classificati.

[sempre lo stesso errore, Renzi]

Sul tema del conflitto di interessi, Bersani si trova in difficolta’. Renzi sfodera lo spirito del rottamatore: e’ la grande sconfitta del centrosinstra.

Invece ho trovato Bersani piu’ convincente sulle liberalizzazioni (“quella dei treni l’ho fatta io”); Renzi continua a leggere senza freni sull’iphone. In tema di alleanze e’ tornato alla ribalta il dilemma dell’Udc e di Sel. Bersani cita Crocetta. Renzi ricorda nuovamente che Vendola ha votato per far cadere il primo governo Prodi.

Bersani: stai attento a non usare gli argomenti dell’avversario. Noi oggi abbiamo il PD e dobbiamo dare evidenza che siamo capaci di governare.

Compare Vespa per dire addio alle primarie del centrodestra.

Ultima domanda. Lotta alla mafia: Renzi, ho fatto i Cento passi di Peppino Impastato. Intervenire con mezzi alle forze dell’ordine. Sequestro dei beni. E quindi, istruzione. Bersani: problema nazionale, al nord nell’economia legale. Rafforzare le norme. Informatizzare sistema giustizia. Ricrda Vassallo. Basta stereotipi, diamogli una mano, rivolto al nord.

Renzi, il programma e’ quello di chi vince le primarie. No all’Udc, soprattutto quella siciliana.

Il primo provvedimento: cittadinanza, anticorruzione, dice Bersani. Renzi: lavoro, meno leggi, digitale. Subito le Civil partnership. Bersani, unioni civili secondo la legge tedesca, legge contro l’omofobia.

La buffonata del Buffone sui futuri denari del M5S

La democrazia dal basso scopre il brivido della gestione centralizzata. Dell’organizzazione. Si dirà: è per tutelare il cittadino che così vedrà in trasparenza come sono spesi i soldi pubblici. I parlamentari del Movimento 5 Stelle ancora non esistono. Sono una opzione per il futuro parlamento. Una opzione che vale circa il 20% dei seggi. Questo venti per cento significano milioni di euro di denari pubblici, non solo promananti dal sistema dei rimborsi ma anche di quello del finanziamento dei gruppi parlamentari. Come pensano di gestire la faccenda i teorici della politica a basso costo via “internet”? Ma è ovvio: facendo una società che fa transitare i denari dalle mani dei futuribili parlamentari a quelli della Casaleggio Associati.

In sostanza, lo staff di Grillo ha chiesto ai candidati parlamentari, selezionati le scorse settimane per mezzo di primarie chiuse, di sottoscrivere un impegno (o un contratto?), letteralmente, per “abilitare la propria candidatura”. La richiesta reca in oggetto il seguente titolo: “Costituzione di “gruppi di comunicazione” per i parlamentari del M5S di Camera e Senato”. Questi gruppi di comunicazione avrebbero la funzione di gestire i contributi destinati agli scopi istituzionali riferiti all’attività parlamentare, nonché alle “funzioni di studio, editoria e comunicazione ad essa ricollegabili”. Eccoli, i denari pubblici. Che nella vulgata grillina dovrebbero essere restituiti allo Stato, qui invece vengono attribuiti a gruppi la cui organizzazione verrà definita da Beppe Grillo medesimo. I candidati parlamentari devono solo firmare, altrimenti sono fuori. Così Valentino Tavolazzi su Facebook: “Qualcuno può chiarirmi per favore se questo impegno richiesto ai candidati sia o no un modo come un altro per convogliare nelle casse della Casaleggio ed associati i soldi pubblici destinati alla comunicazione istituzionale dei gruppi M5S alla Camera e al Senato? Spero di aver capito male” (https://www.facebook.com/valentino.tavolazzi/posts/382821771794922).

Tavolazzi si augura di aver capito male ma, dopo la sua segnalazione, è scoppiato il putiferio. Articoli sono comparsi su Pubblico Giornale, su Repubblica e Il Fatto Q. I membri dei gruppi di comunicazione saranno scelti da Grillo. L’organizzazione sarà scelta da Grillo. Pure la destinazione dei soldi sarà scelta da Grillo. Il fine della creazione di questi gruppi gestionali di denaro pubblico è duplice:

  • da un lato, garantire una gestione professionale e coordinata di detta attività di comunicazione;
  • dall’altro, evitare una dispersione delle risorse per ciò disponibili.

Soprattutto l’istituzione di questi gruppi prevede una novità sostanziale per il M5S, direi quasi in opposizione alle sue regole medesime: l’adozione di uno Statuto:

La concreta destinazione delle risorse del gruppo parlamentare ad una struttura di comunicazione a supporto delle attività di Camera e Senato su designazione di Beppe Grillo deve costituire oggetto di specifica previsione nello Statuto di cui lo stesso gruppo parlamentare dovrà dotarsi per il suo funzionamento (M5S Salerno).

Il partito liquido diventa solido? Perché i gruppi parlamentari devono dotarsi di statuto e il Movimento no? Domande destinate a restare irrisolte. Che poi il denaro pubblico fornito dalle Camere dovrebbe essere speso per precise finalità. Si tratta di attività di comunicazione, quindi evidentemente di produzione editoriale. E naturalmente nel gruppo che sottende i 5 Stelle e il blog di Grillo, c’è una casa editrice (Chiarelettere) e una società di marketing (Casaleggio Associati). Chi meglio di loro potrebbe impiegare quei denari? Così Tavolazzi, due giorni dopo, lascia intendere: “Quanto si dividono i soci del Fatto Quotidiano. Tra loro anche Chiare Lettere, editore di Casaleggio” (https://www.facebook.com/valentino.tavolazzi/posts/531673310195341). In coda al post di Tavolazzi compare il seguente commento (che inserisco per darvi l’idea di che aria tira):

A voler comprender bene, dicendo e predicando che i soldi pubblici sono il male, si organizza prima un giornale, poi un partito e quel partito lo si manda in parlamento facendo incetta di seggi. Quindi, una volta che si deve gestire il denaro pubblico derivante dalla elezione in parlamento, che si fa? Si creano dei “gruppi di comunicazione” per spogliare il parlamentare del diritto di gestire quel denaro (al di là del fatto che può gestirlo bene o male) e anziché dire “quei finanziamenti non li vogliamo, non li utilizziamo, li restituiamo, ecc.”, ci si organizza per gestirli in maniera autonoma e oculata, in maniera “da non disperderli”. Non è strano tutto ciò? Soprattutto se pensiamo che la democrazia interna del M5S non esiste, che delle primarie del M5S non c’è traccia (forse in qualche chat fra qualche decina di persone) e che quando altri le fanno per davvero le primarie e vi partecipano in milioni, allora sono un trucco demagogico, una buffonata:

Alcune delle migliori risposte a questi tweet di Grillo:

E poi, quel post sulla violenza sulle Donne, dopo il punto G e la defenestrazione della Salsi: