Lega Nord e i ladroni delle Quote Latte

Quasi in sordina, il Tribunale di Milano, giovedì scroso, ha condannato sedici persone per la frode delle Quote Latte. Fra di essi il cosiddetto “Robin Hood” delle quote latte, tale Alessio Crippa, presidente della cooperativa «La Lombarda» di Melzo. Una società molto dinamica che fu persino in procinto di acquisire la centrale del latte di San Marino. Insieme al Crippa, è stato condannato il consigliere della Provincia di Piacenza in quota Carroccio, Giampaolo Maloberti.

Il sistema era improntato a una sistematica elusione dei prelievi da parte di Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura, sostitutiva della storica AIMA), che si “appoggiava anche su una serie di ricorsi il cui scopo era quello di ottenere da un giudice la sospensione urgente dei versamenti dovuti all’Agea” (Il Fatto Q).

Le Quote Latte vengono introdotte dalla Comunità Europea al fine di evitare che l’ eccesso di offerta faccia crollare i prezzi sul mercato. Gli splafonatori sono coloro i quali sforano il tetto massimo di produzione. Le sanzioni sono salatissime, direttamente proporzionali al latte che è stato prodotto in più.

Gli splafonatori italiani sono poche centinaia. All’incirca 675, che messi in relazione con la totalità dei produttori di latte italiani (circa 31.000) equivalgono al 2%. Se poi fra di essi eliminiamo quelli che hanno pagato e che si sono messi in regola, la percentuale dovrebbe scendere al 2 per mille. Vale a dire i truffatori del sistema delle cooperative. Percentuale che identifica addirittura un bacino elettorale, per i leghisti.

Davvero bisogna credere ai leghisti quando essi, in merito alle quote latte, dicono di difendere gli interessi del proprio elettorato di riferimento? Secondo Paolo Zoggia, responsabile enti locali del Pd, “pagano delle persone che hanno sbagliato, ma i primi responsabili delle pene comminate sono i vertici della Lega che, in questi anni, hanno di fatto dato copertura politica a chi pensava che fosse possibile sottrarsi al rispetto delle regole” (AgenParl – Agenzia Parlamentare per l’informazione politica ed economica). Possiamo davvero credere che la responsabilità leghista in fatto di Quote Latte sia solo politica?

La cooperativa di Alessio Crippa, nella qualità di pubblico ufficiale per conto di Agea, avrebbe dovuto riscuotere sanzioni per 91 milioni di euro. Così, mentre altri agricoltori pagavano, alcuni di questi hanno splafonato impunemente e continuato a produrre e vendere latte ai prezzi calmierati dell’Unione, incamerando gli utili per mezzo della frode. La Lega Nord ha difeso tutto questo in nome di che cosa? Non certamente della legalità.

Ci sono decine di Tribunali nel Nord che hanno inquisito i titolari di queste cooperative. A Torino è già stato condannato in primo grado Giovanni Robusti, leader storico dei Cobas del latte, già senatore leghista. Robusti entrò nel consiglio di amministrazione della Credieuronord, la Banca padana, poi finita in bancarotta. In Credieuronord transitavano le somme di denaro in pagamento delle quote latte in eccesso, nascoste ad Agea:

le cooperative compravano per intero la produzione delle stalle clienti, compresa la quantità in eccesso rispetto ai tetti fissati dalla legge, per poi girarla ai trasformatori, cioè le imprese casearie. A questo punto, per aggirare i controlli, il latte extra quota veniva comunque pagato dalle cooperative prime acquirenti ai produttori sotto forma di corrispettivo per altri servizi, ovviamente fittizi (latte nero).

Ma nel 2003 il decreto Alemanno rovina i piani e le cooperative devono essere sostituite con mezzi più sofisticati: le finanziarie e il meccanismo della ‘cessione crediti’: “la società controllata dall’ex senatore leghista si era specializzata in quella che, nella relazione di bilancio, veniva definita «anticipazione di crediti sul latte” (ibidem). Attraverso Credieuronord “sarebbero stati riciclati fiumi di soldi da decine di cooperative agricole che avrebbero truffato le leggi comunitarie: soldi in nero accumulati con intermediazioni, ritenute fittizie, tra gli allevatori-produttori e i distributori finali del latte” (Corriere della Sera – Banca della Lega, 70 milioni e il sospetto di riciclaggio). Credieuronord si era fortemente sbilanciata verso Robusti con prestiti milionari: “fu un’ispezione di Bankitalia a indicare Robusti come uno dei «soggetti in sofferenza» premiati dai «crediti facili» di Credieuronord” (Lega e quote latte: l’ombra della Credieuronord dietro i favori di Bossi?).

E guardate, l’intreccio non è mica finito qui. Credieuronord viene rilevata dalla Bpl di Fiorani prima che quest’ultimo venga disarcionato dallo scandalo della scalata Antonveneta. Fiorani, al fine di salvare la poltrona di Fazio in Bankitalia, foraggiò sia Aldo Brancher che Calderoli (anche se la posizione di quest’ultimo fu archiviata per insufficienza di prove). Il salvataggio di Credieuronord sarebbe stata una delle contropartite alla Lega.

Dulcis in fundo, il commissariamento di Agea, guidata dal leghista legalitario Dario Fruscio, defenestrato dal ministro Romano. Fruscio sarebbe stato colpevole di troppo zelo nei confronti degli splafonatori:

Il credito di Romano è molto forte perché, allo scopo di compiacere Bossi, ha commesso due ingiustizie. La prima è stata quella di commissariare un’ agenzia che stava tagliando i costi (dal 240 a 147 milioni) e dava una mano all’ Agenzia delle Entrate (la mappatura satellitare del territorio che individua tutti gli edifici, accatastati e non). Un commissariamento così arbitrario che la stessa direzione generale del ministero non ha potuto offrire la documentazione che l’Avvocatura dello Stato sperava di ottenere per contrastare la causa intentata da Fruscio. La seconda ingiustizia è la fine della collaborazione tra Agea e Agenzia delle Entrate che dovrebbe riscuotere le multe, quasi 2 miliardi di euro, dai 657 allevatori che resistono alla legge e da quanti dei 1504 allevatori hanno fermato la procedura di regolarizzazione (Il ministro inquisito e il voto della Lega).

Romano ha designato commissario di Agea il generale di corpo d’armata Mario Iannelli. Il commissariamento non nasconderà di certo il nuovo scandalo che sta per emergere:

alcuni funzionari di Agea (agenzia per le erogazioni in agricoltura), responsabili del Sian (Sistema informativo agricolo Nazionale), avrebbero modificato l’algoritmo utilizzato per il calcolo del numero dei capi da latte e dei numeri di giorni di lattazione, in modo tale da far risultare un numero di capi compatibile con il livello produttivo dichiarato dalla stessa agenzia europea […] un sistema che attraverso l’Agea, peraltro forte di un potenziale economico e di una ramificazione societaria non trascurabili, nel tempo avrebbe proceduto ad alterare i dati produttivi nazionali del latte arrecando un danno per  singoli allevatori, ai quali sono state comminate pesantissime sanzioni (alcune costrette alla chiusura) sebbene le loro produzioni non avessero mai complessivamente superato la quota nazionale (PrimaDaNoi.it).

Chi gestisce l’anagrafe bovina? Il Sin “composto per il 51% da parte pubblica (Agea) e per il 49%  da un raggruppamento temporaneo di imprese scelte con un bando di gara” (ibidem). Le imprese sono Almaviva (capomandataria con il 20,2% di quote), Auselda, Sofiter, Tele3pazio, Cooprogetti, Agricolnsulting, Ibm Italia e Agrifuturo.

Il Cda del Sin è composto dal presidente Francesco Baldarelli e dai consiglieri Ranieri Mamalchi, Ernesto Carbone, Alberto Tripi e Marcello Maranesi nonché il direttore generale Paolo Gulinelli, ex responsabile dell’Ufficio monocratico di Agea, ora commissario straordinario per le quote latte […] Il caso poi vuole che Baldarelli, Gulinelli, Mamalchi, Maranesi, Carbone e Tripi compongano anche il Cda di Co.An.An, il consorzio anagrafe animale, un ente strumentale del Ministero della salute che ha acquistato nel 2010 partecipazioni da Agea e dall’Istituto Zooprofilattico di Teramo (attuale gestore dell’anagrafe bovina) (ibidem).

Bossi, in Aprile, pretendeva il commissariamento di Agea, ma Romano non era del medesimo parere. Alla fine la testa di Fruscio è caduta – metaforicamente – nel cesto. Cosa ha fatto cambiare idea a Romano? La salvezza di Romano è valsa la testa di Fruscio, che pure era un buon amico di Bossi?

Lega Nord, piangere sul Parmalat versato

Inutile piangere sul (Parma)lat versato. La Lega Nord poteva inserire qualche uomo di fiducia nella proprietà Parmalat e così far assorbire il latte padano, fuori mercato da tempo immemore e spesso irrispettoso delle quote di produzione decise a Bruxelles. Gli allevatori verranno invece schiacciati dalla concorrenza, sebbene Parmalat faccia già da tempo riferimento al mercato dell’Est europeo per il latte a lunga conservazione – vero core businness dell’azienda. L’offerta di Lactalis è un premio per gli azionisti e i risparmiatori che hanno nel proprio portafolgio i titoli Parmalat, dei coraggiosi dopo la fregatura targata Tanzi. L’azienda è sana, produce utili: i francesi arriveranno e faranno degli investimenti – che diamine, per una volta abbiamo attirato del capitale estero e manca poco che lo mandiamo via. Forse addirittura faranno crescere l’occupazione. Un evento storico.

Quindi l’intervento maldestro di Tremonti, in accordo con il Carroccio, era del tutto antitetico al mercato. Tremonti, il liberista, si è scoperto un nazional-statalista della peggior specie. E la sconfitta francese per la Lega si potrebbe ritorcere contro. Il settore agricolo soffre la concorrenza dei prodotti polacchi, cechi, sloveni. Il mercato unico non premia la nostra agricoltura, poco efficiente e poco propensa alle riconversioni produttive. Vedremo forse i trattori bloccare le autostrade? Tradizionalmente la Lega pesca molti voti nel settore, e il settore fa lobbing da anni sulla Lega. Un rapporto che potrebbe uscire malconcio dopo questa vicenda.

Ora, volendo mettere sul piatto della bilancia la Libia e Parmalat alla Lactalis, certamente nell’ottica leghista pesa decisamente di più la seconda voce. La Libia è il casus belli per premere su B., reo di aver mollato la presa con Sarkozy per privilegiare gli interessi dell’ENI in Cirenaica. Le bombe non interessano a nessuno. Nemmeno interessa se sono effettivamente precise e se sono giunte a destinazione senza aver prodotto danni collaterali. Conta il proprio orticello, e quello leghista sta per essere invaso da vacche da latte inferocite.