Il Centro d’Ascolto dell’Informazione Radiotelevisiva, per bocca di Gianni Betto, ci fa sapere che dall’analisi del periodo Gennaio 2011 – Maggio 2012 delle notizie di Telegiornali, Giornali Radio e Trasmissioni, quelle relative ai suicidi per motivi economici sono state in totale 508. Con una concentrazione molto accentuata nell’ultimo mese di aprile 2012.
Quindi, 438 notizie per 38 suicidi di natura economica. Invece, nel periodo Gennaio 2011- Marzo 2012, le notizie sono state 70. Il numero dei suicidi non è noto in quanto le statistiche ISTAT sono aggiornate soltanto fino al 2009. Ma ammettiamo che la media al giorno di suicidi cosiddetti economici fosse almeno simile a quella attuale, ovvero 0,29 (in realtà nel 2009 era di circa 0,54 dato che da solo smentirebbe l’esistenza di una emergenza suicidi in atto). In 450 giorni avremmo avuto almeno 135 suicidi. Se verifichiamo il rapporto notizia su suicidio, per il periodo Gennaio2012-Maggio 2012 è stato di 11,5 notizie/suicidio; per il periodo Gennaio 2011- Marzo 2012 è stato di 0.52 notizie/suicidio. Ovvero, oggi la densità di notizie per evento suicidio è il 2200% più alta. Un dato sconcertante.
I telegiornali di Rai, Mediaset e La7 sono passati dalle 30 notizie in 15 mesi alle 82 in un mese.
Le notizie di tali eventi nei Giornali Radio sono aumentati di 11 volte passando dalle 26 notizie del 2011 alle 294 notizie dell’ultimo mese. Nell’ultimo mese le notizie dei suicidi occupano circa l’1% del tempo di TG e Giornali Radio mentre, nel periodo precedente non riuscivano a raggiungere neanche lo 0,1% (Gianni Betto – Centro d’Ascolto dell’Informazione Radiotelevisiva).
Qualcuno ancora pensa che la videocrazia sia veramente finita?
Con quella somma, il direttorissimo del TG1 è stato, nell’ordine, a:
Capri, Barcellona, Ischia, Cortina, Cannes, Sanremo, Venezia, Marrakesh, Dubai, Londra, Palma dei Maiorca, Monaco, Saturnia, Il Cairo. Colpisce più di tutti Saturnia. In secondo luogo, non convincono le modalità della restituzione del maltolto da parte di Minzolini.
Mi spiego.
Uno fa il direttore del TG1, ok. Avrà anche un buono stipendio. Molto buono. Il dubbio però è il seguente: come ha fatto a restituire i 65.000 euro dei 74 illegittimamente (sembra) estratti dalla carta di credito aziendale in circa tre mesi – da Marzo a Maggio 2011 – con ben tre assegni da ventimila l’uno?
Spesso anche pagava per due, e la gentile compagnia non era a libro paga della Rai. Nessuno, nemmeno la Finanza, è riuscito a sapere con chi si accompagnava, in stanza da letto, in lussuosi alberghi, il formidabile direttorissimo.
“Sono state interrotte le trattative con Michele Santoro a causa di inconciliabili posizioni riguardo alla gestione operativa dei rapporti tra autore ed editore”. Lo comunica, in una nota, Telecom Italia Media. Dopo la conclusione del rapporto con la Rai, si era avviata una trattativa tra il giornalista e la società per la conduzione di un programma su La7.
Onore al senatore Sergio Zavoli. Il presidente della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai ha dichiarato inammissibili gli emendamenti sui talk show proposti da Pdl e Lega: se non l’avesse fatto, il bavaglio sarebbe stato votato a maggioranza […]
Quella di Zavoli era in realtà una scelta obbligata: la Corte costituzionale (con una sentenza del 2002), il Tar (l’anno scorso) e nei giorni scorsi anche l’Agcom hanno chiarito che le trasmissioni di informazione e approfondimento non devono seguire le stesse regole di quelle di comunicazione politica (le vecchie “tribune politiche”). Dunque non hanno gli stessi limiti: non sono tenute a invitare tutti i candidati (che sarebbe impossibile, visto che si vota in 26 comuni e 11 province), né a cronometrare i singoli interventi per dare gli stessi identici spazi a tutti quelli che intervengono. Certo, dev’esserci (l’ha ribadito ieri il Garante per le comunicazioni) particolare rigore nella tutela del pluralismo, dell’imparzialità e dell’obiettività. Obiettivo che si può raggiungere senza snaturare i talk show, che nel prossimo mese e mezzo dovranno fare più informazione politica, e non meno. Come avviene tra l’altro in tutti gli altri Paesi europei (e non solo) […]
L’Agcom aveva già chiarito che il bavaglio non si poteva applicare alle televisioni private, che l’anno scorso avevano fatto ricorso al Tar, vincendo, proprio contro l’estensione del silenziatore anche a loro oltre che alla Rai.
I palinsesti e i programmi di informazione Rai potranno andare in onda previa approvazione del Direttore Generale. Parola di Mauro Masi. L’hanno definita Circolare-Bavaglio, in special modo per il punto 2 della medesima, ove si minaccia la chiusura del programma qualora la sua realizzazione si discosti anche solo parzialmente dalla scheda programma proposta, la quale deve essere preventivamente approvata da Masi stesso. I Direttori di Rete sono esautorati, i conduttori posti sotto tutela. Tanto più che, d’ra in poi, il pubblico in sala – vale per Ballarò, per Annozero (che spesso pesca nel pubblico persone per interventi in diretta), per Porta a Porta, non potrà avere parte attiva alla trasmissione. Trattasi di un vero e proprio divieto di applausi. Ieri Floris, durante la prima puntata di Ballarò, si è prontamente adeguato annunciando l’assenza degli applausi, la fine delle cosiddette claque che contraddistinguono il pubblico in sala, spesso equamente diviso in quote fra i diversi politici presenti. Che dire: anche il pubblico televisivo è lottizzato.
Si parla intanto di un voto – inedito, molto inedito – di sfiducia contro Masi:
«L’Assemblea dei Cdr -si legge nel documento- dà mandato all’esecutivo di valutare, sulla base dell’esito di una illustrazione più dettagliata del piano industriale e degli atti di gestione delle prossime settimane, l’operato del Direttore Generale Masi, sottoponendolo – se del caso – a un inedito voto di fiducia» (La Stampa.it).
Eppure dovrebbe esistere una Commissione di Vigilanza Rai. Che fine ha fatto?
Le reazioni? Solo da IDV, PD e FLI. Vanno da “atto intimidatorio” (Rosa Calipari, PD) all’invocazione di Flavia Perina ad ascoltare Masi in Commissione Vigilanza. Dal Direttore Generale nessun commento. Il documento doveva essere probabilmente tenuto – se non segreto – almeno in un certo grado di riservatezza. Invece è divenuto di pubblico dominio.
Questa è infatti la lettera di Masi nel suo testo completo. Un documento esclusivo che viene da NonLeggereQuestoBlog:
APPUNTO PER: DIRETTORI DI RETE
DIRETTORI DI TESTATA
e p.c Avv. Gianfranco COMANDUCCI
Vice Direttore Generale per gli Affari Immobilliari, gli approvvigionamenti e i servizi di funzionamento Dott.ssa Lorenza LEI
Vice Direttore Generale per l’Area
produttiva e gestionale Dott. Giancarlo LEONE
Vice Direttore Generale per lo transizione
al Digitale Terrestre e le Strategie multipiattaforma Dott. Antonio MARANO
Vice Direttore Generale per il Coordinamento
dell’Offerta radiotelevisiva
Signori,
1. Sono a significare che si registra con sempre maggiore frequenza il mancato inserimento nelle schede proposta programmi degli elementi costitutivi e, in particolar modo, si registra l’incompletezza relativa alla sinossi ed alle connesse informazioni editoriali sul progromma da realizzare e/o da acquistare.
In tale contesto, al fine di consentire alla Direzione Generale ed alle Vice Direzioni Generali competenti l’approvazione delle schede proposta programma avendo piena conoscenza di tutti gli elementi editoriali, si invitano le Direzioni in indirizzo a predisporre le schede in questione complete dei dati e delle informazioni necessarie, con l’obiettivo di evitare che l’incompletezza o l’assenza delle informazioni richieste possa comportare la mancata approvazione delle medesime.
E’ inutile sottolineare che le schede devono essere puntualmente ed integralmente coerenti con i palinsesti approvati (peraltro all’unanimità) dal Consiglio di Amministrazione.
2. E’ inoltre da precisare che la realizzazione concreta dei programmi dovrà poi essere integralmente corrispondente alle schede approvate. In caso contrario il programma potrà essere sospeso d’ufficio.
3. Si richiama inoltre ad una concreta e fattiva attenzione per il rispetto delle fasce orarie di tutela dei minori come da normativa vigente. Anche in questo caso nell’ipotesi di ripetute ed acclarate violazioni, si potrà procedere d’ufficio alla sospensione del programma interessato.
4. Inoltre, come già richiamato più volte, sia dalla scrivente Direzione, che dal Direttore Generale Cappon che dal Direttore Generale Cattaneo, a partire dal prossimo palinsesto autunnale nei programmi di approfondimento non dovrà essere consentito l’utilizzo del pubblico presente in salo come “parte attiva” del programma stesso.
Cordiali saluti (Mauro Masi)
Operazione Memoria, parte seconda: quando B. voleva far chiudere Annozero, nessuno ne ha mai chiesto le dimissioni, certo non dalle colonne de Il Giornale, che oggi parla di ‘par condicio’. Lui, B., presidente del Consiglio, telefona al commissario Agocom Giancarlo Innocenzi, suo fedelissimo dai tempi della prima Finivest, per sollecitare interventi da parte del presidente Calabrò in forma preventiva contro la trasmissione di Santoro, che si accingeva a parlare del processo Mills, a fare – secondo B. medesimo – un processo mediatico senza contradditorio.
Naturalmente Berlusconi non vuole che si parli del processo Mills. Fa pressione su Innocenzi al fine di agire su Mauro Masi, il dg Rai, il quale alla fine sbotta, “queste cose neanche nello Zimbawe”. Berlusconi non ha mai spiegato questo particolare interessamento per Santoro, ma ha giustificato in pubblico le sue azioni. Non contento, ha chiesto al Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, di inviare gli ispettori a Trani (ispettori guidati allora da un certo Arcibaldo Miller, un signore che cena con Flavio Carboni, Dell’Utri, Verdini e Alfonso Marra, architettando come intervenire sulla Consulta in procinto di pronunciarsi sul lodo Alfano).
A vostro giudizio, tutto quanto descritto sopra, è più grave o meno grave di una casa a Montecarlo?
“Nell’inchiesta di Trani è stato intercettato il presidente del Consiglio ed è scandaloso che questo possa accadere in un Paese come il nostro. Dovete dirmi in quale altra democrazia questo accada, in quale tv di Stato si possa essere sottoposti a processi senza dare la possibilità di difendersi di fronte alle terribili accuse del signor Travaglio”, è “barbarie, un’inciviltà, che si possa essere processati in una qualunque tv, ma soprattutto in una tv pubblica pagata con i soldi di tutti”.
Con queste frasi un (finto) premier arrabbiato, nervoso, ha condito l’infelice serata al padiglione della Fiera del Levante di Bari. L’uomo trema. E’ accerchiato dai suoi, prima che dai giudici. La Lega Nord tracimerà, facendo del PdL un sol boccone, nel Veneto e in Lombardia e forse anche in Piemonte.
E lui, che fa? Attacca la magistratura. Attacca Travaglio. Attacca l’informazione. Nonostante essa sia stata messa a tacere. Studiava da tempo come mettere il bavaglio ai “chiacchieroni” di Annozero. Ci è riuscito, a forza di pressioni, a forza di telefonate. L’alibi, il regolamento della Vigilanza Rai. I complici, il CdA, la Vigilanza, di nuovo il CdA, il direttore generale, e via discorrendo.
Ma il 25 Marzo, la libertà d’informazione risorgerà. I nuovi media stanno preparando una imboscata alla televisione, la vecchia antiquata, elitaria televisione. Con una manifestazione completamente finanziata grazie alla raccolta delle donazioni dei cittadini (ieri sera l’annuncio di Santoro del raggiungimento dei 50.000 contribuiti richiesti per allestire l’evento), FNSI, USIGRai, la redazione di Annozero daranno vita a una storica alleanza fra blog, tv indipendenti, giornali contro la concentrazione del potere mediatico nelle mani del Padrone. Un vero e proprio attacco al cuore del sistema Berlusconi, il controllo dei mezzi di informazione.
Lui, che ha occupato in questa ennesima campagna elettorale tutti gli spazi televisivi disponibili, telefonando in diretta a Uno Mattina, piuttosto che a Mattino Cinque, riempiendo di dichiarazioni la stampa, ricevendo in grazia dal fedele Minzolini le aperture degli ultimi quattro Tg1 delle 20.
Yes, political sceglie di divulgare la diretta streaming di Rai per una notte. Sceglie di far parte di questa alleanza senza capi, di questo popolo senza volto (ma dal colore viola), che cerca di resistere alla terribile macchina della propaganda berlusconiana.
Non ce l’ha fatta a resistere dall’andare in video. Lui, Minzolini, il direttore dimezzato – a sentire le indiscrezioni sulle ultime intercettazioni, il vero direttore del TG1, il direttore ombra, è Berlusconi – parla della gogna mediatica a cui è stato sottoposto, ingiustamente, poiché nell’inchiesta di Trani, lui, non è mai stato iscritto nel registro degli indagati. E’ normale, dice il metà-direttore, che egli parli al telefono con il Presidente del Consiglio. E’ normale, funziona così, per i giornalisti. Parlano al telefono con i politici. E che cosa diranno mai? Parlano del più e del meno. Delle previsioni meteo. Del Milan.
Minzolini non entra – volutamente – nel merito dell’inchiesta. Non dice, Minzolini, che al telefono, Berlusconi – come altri, del resto – richiede particolari trattamenti. Richiede, come altri, come la bisca della Protezione civile, di non parlare di alcune notizie, o di dare sfumature a certe altre. Non ve ne siete accorti, voi tele-ascoltatori del Tg1. Poiché sono molti bravi. Lo dice Minzolini stesso, quella del Tg1 è la redazione più prestigiosa. Il Tg1 delle 20 è il principale canale attraverso cui il pubblico si informa, attraverso cui si forma un’opinione. Un mezzo così importante che – da anni, oramai – è eterodiretto dal (finto) premier attraverso le nomine coordinate di direttori generali, direttori di rete e direttori di telegiornale. Lo dimostrano, ahimé, ancora una volta, le intercettazioni. Quelle del caso Saccà (2007-2008), quelle odierne. Lo dimostra lo stesso Tg1, ogni maledetta sera.
L’uso sistematico che viene fatto del servizio pubblico al fine di orientare l’opinione pubblica è lampante, sotto gli occhi di tutti: oltre a dedicare la maggior parte del tempo alla “nota politica”, confezionata ad arte in modo da inserire le dichiarazioni degli oppositori in mezzo a due blocchi consistenti dedicati ai vari portavoce del governo e della maggioranza (prima governo e ministri, dopo portavoce, capigruppo, l’immancabile Gasparri – insomma, il cosiddetto “panino”). Non solo: sempre più spesso vengono dedicati servizi giornalistici che paiono fatti apposta per costituire una risposta indiretta alle inchieste delle trasmissioni considerate scomode. Santoro mostra le macerie de L’Aquila tutte ancora al loro posto? Il TG1, a metà giornale, parla dell’incessante lavorio di Vigili del Fuoco e Esercito nella rimozione delle stesse macerie, che al giovedì erano là, ancora nelle vie, nelle piazze de L’Aquila, mentre ora sono caricate a bordo di camion e trasportate in discarica dove vengono accuratamente setacciate per recuperare il recuperabile, oggetti personali, libri, denaro, tesi di laurea, ma anche le storiche pietre dei palazzi aquilani. E quanta burocrazia che blocca questa delicata, lunga, operazione!
Non è giornalismo, è politica. Il TG1 è stato trasformato in un organo di partito, alla stregua de L’Unità o de La Padania. Tanta parte del giornale – una parte sempre maggiore – viene dedicato alle non-notizie di cronaca, al gossip, alle condizioni meteo. In secondo piano la crisi economica; nemmeno citate le proteste degli operai cassaintegrati di Termini Imerese.
Il culmine della falsificazione del reale è stato raggiunto con la divulgazione della notizia della assoluzione dell’avvocato David Mills, anziché della prescrizione del reato. Il Direttore dimezzato non ha mai provveduto a rettificare l’immensa menzogna creata dal suo giornale. Il caso non è neppure stato considerato meritorio di uno dei suoi famigerati editoriali. Il Direttore non ha voce per questa materia. Si è censurato da solo. In completa autonomia e libertà.
L’abisso che corre fra la sua figura e quella, da lui stesso evocata, di Giovanni Amendola è incommensurabile: “Amendola era fautore di una linea politica liberal-democratica e si schierò decisamente contro il fascismo, non accettando le posizioni di compromesso che, sin dal 1921, avanzarono altri esponenti della classe dirigente come Giolitti e Salandra[…] Le sue posizioni critiche verso il regime gli valsero frequenti intimidazioni e aggressioni, fino a giungere all’aggressione fisica, quando fu bastonato da quattro fascisti e ferito alla testa, il 26 dicembre 1923 a Roma. […] Diventa, insieme a Filippo Turati, il massimo esponente dell’opposizione aventiniana e promuove una linea non violenta di opposizione al fascismo, confidando che, dinanzi alle responsabilità del fascismo nella morte di Matteotti, il re si decida a nominare un nuovo governo. […] Il deputato liberale fu aggredito dagli squadristi a Serravalle Pistoiese il 20 luglio 1925 e non si sarebbe più ripreso dalle percosse subite. È considerato l’ispiratore del Manifesto degli intellettuali antifascisti” (fonte Wikipedia).
L'”aggressione” mediatica che Minzolini lamenta di aver ricevuto è in realtà, nella realtà tanto scomoda e da mascherare, l’opera diegetica del parresiastes, della parola libera, che nella sua funzione disvelatrice, leva la maschera e sottopone alla luce della opinione pubblica l’uomo Minzolini con la sua “vera” storia. La verità è ribaltata in gogna, la libertà di parola – la stessa libertà di parola che Amendola osava esibire al cospetto del potere totalitario fascista – in aggressione. L’opera del ribaltamento di senso è così compiuta.
Il Tar del Lazio ha accolto la richiesta di sospensiva del provvedimento AGCOM che estendeva il regolamento della par condicio alle emittenti private, che di fatto eliminava dalla televisione italiana ogni spazio di approfondimento giornalistico politico.
Sky e Telecom Italia (che controlla La7) erano immediatamente ricorse al Giudice Amministrativo contro il provvedimento AGCOM. AGCOM aveva deciso di applicare le più restrittive norme sulla par condicio anche al settore privato come diretta conseguenza della interpretazione data dal CdA Rai al regolamento sulla par condicio, deliberato dalla Commissione di Vigilanza (sospensione di un mese di tutti i Talk-show a carattere politico).
Nella fattispecie, il Giudice Amministrativo ha sospeso l’articolo 6 c. 2 del regolamento, che recita:
"i notiziari diffusi dalle emittenti televisive e radiofoniche nazionali e tutti gli altri programmi a contenuto informativo… si conformano con particolare rigore ai principi di tutela del pluralismo, dell’imparzialità, dell’indipendenza, dell’obiettività e dell’apertura alle diverse forze politiche, nonché al fine di garantire l’osservanza dei predetti principi, allo specifico criterio della parità di trattamento tra i soggetti e le diverse forze politiche".
Il Giudice ha ritenuto fondate le "censure dedotte attraverso la delibera impugnata". L’udienza di merito è fissata per il 6 Maggio. Intanto, i talk show potranno tornare a ospitare politici e a occuparsi delle imminenti elezioni regionali. Il CdA Rai ha convocato per lunedì un consiglio di amministrazione urgente: il presidente Garimberti aveva anticipato che, se il verdetto del Tar fosse stato una sospensiva del regolamento, la Rai avrebbe dovuto necessariamente rivedere la propria decisione. Santoro stamane, alla notizia della sentenza, ha detto "ora andiamo in onda". Ma le intenzioni dei consiglieri di maggioranza sono ben chiare: per Butti (PdL) "non cambia niente, la decisione riguarda solo il provvedimento dell’AGCOM". Sulla stessa lunghezza d’onda, il radicale Beltrandi, il relatore del famigerato regolamento.
Intanto, stamane Il Fatto Quotidiano apre con alcune intercettazioni a margine di un’inchiesta della procura di Trani: Berlusconi avrebbe fatto pressioni sul membro dell’AGCOM, Giancarlo Innocenzi, per ottenere la chiusura della trasmissione. Anche Minzolini intercettato, a colloquio con il (finto) premier, avrebbe gentilmente accolto le richieste di un intervento televisivo per smorzare la "bomba" Spatuzza (leggi tutto: http://antefatto.ilcannocchiale.it/2010/03/12/cos%C3%AC_berlusconi_ordino_chiudet.html)
Il bavaglio è anche non dare le notizie. E’ anche fare un telegiornale zeppo di serivizi para-giornalistici alla maniera di Studio Aperto. E’ parlare del record di salto con la Harley Davidson e dei rischi per la schiena che questo “famoso” sport produce ai dilettanti che si decidessero a praticarlo. Questo il TG1 stasera. La vergogna continua. Mentre si fa sempre più assordante il silenzio sulla falsa notizia della assoluzione di David Mills, il TG1 seguita ad applicare il sistema della “distrazione di massa” collaudato per anni in Mediaset. Un quarto d’ora scarso di notizie filtrate, il resto gossip, spettacoli, soubrette e previsioni meteo. La calma piatta, mentre fuori dalla porta, in via Teulada 66, prende vita il “girotondo” contro il bavaglio, con Santoro e i giornalisti dissidenti. Solo al TG2, in coda al giornale, un servizio con il parere della redazione sulle censure dei programmi di informazione.
Di seguito il comunicato USIGRai:
E siamo al bavaglio!
E’ uno dei momenti piu’ bui per la liberta’ di stampa in Rai da quando esiste il Servizio pubblico radiotelevisivo. Il Cda a maggioranza ha voluto il bavaglio piu’ soffocante, applicando nella maniera maggiormente restrittiva il gia’ pessimo regolamento della Vigilanza, con la chiusura di tutti i talk show e i programmi di approfondimento giornalistico. Speriamo che il Direttore Generale e i Consiglieri d’amministrazione della Rai, insieme ai commissari della Bicamerale, si rendano conto della responsabilita’ che si sono assunti. A meno di un mese dalle elezioni, anche in presenza di una serie di gravissime vicende di cui l’opinione pubblica vuole sapere, cala il silenzio. Negare gli approfondimenti costituisce una penalizzazione enorme per i cittadini e dunque per la democrazia, che fa passare in secondo piano persino il pur rilevantissimo danno economico per un’azienda come la Rai, che gia’ sta ipotizzando tagli. L’Usigrai intende reagire nel modo piu’ fermo. La legge sui servizi pubblici essenziali ci impedisce di scioperare in tempi utili, nonostante siano state esperite le procedure di conciliazione. Stiamo quindi preparando un video-comunicato ed una manifestazione pubblica. Sullo scandalo del silenzio non c’e’ bavaglio che possa impedirci di gridare.
Il CdA Rai ieri si è spaccato sulla decisione di come applicare il Regolamento della Vigilanza Rai, il tanto discusso bavaglio per le elezioni regionali 2010, una revisione della legge della par condicio con ampi profili di illegittimità. Il CdA ha votato cinque a quattro: Masi per la sospensione di tutti i talk show, da Porta a Porta ad Annozero, mentre il Presidente Garimberti si è dichiarato contro tale interpretazione. Secondo Masi la sospensione dei programmi è l’unico modo di evitare sanzioni all’azienda per la mancata applicazione del Regolamento. Tutti i consiglieri di maggioranza hanno votato su indicazione di Masi. Lo stop delle trasmissioni giornalistiche produrrà alla Rai un danno da 3 milioni di euro per mancati introiti pubblicitari. Per Paolo Gentiloni (PD) viene così realizzato il piano della maggioranza di “affidare al filtro dei soli tg l’attualità in campagna elettorale”. Zavoli, presidente di Commissione Vigilanza, ha ricordato come ora i notiziari debbano essere improntati al più “scrupoloso pluralismo”.
Santoro ha annunciato di voler fare uno sciopero bianco, ovvero di andare lo stesso in onda, tre giorni prima delle elezioni, il 25 Marzo, con una puntata di Annozero fatta non in Rai, ma non si è sbottonato sulle modalità di trasmissione: “La potrebbero trasmettere tutti quelli che la volessero raccogliere per diritto di cronaca”.
Il problema informazione ora si fa molto serio. In mancanza di una presa di posizione chiara sulle menzogne del Tg1 – la notizia fasulla dell’assoluzione di Mills attende ancora una smentita – il rischio è che, in occasione delle elezioni regionali, non ci sia affatto divulgazione di notizie. Una censura soft, necessaria per nascondere i casi di corruzione e malaffare che hanno investito la maggioranza nelle ultime settimane. Un silenzio a cui soltanto il web può far fronte. Santoro venga su internet, troverà posto sui blog. E i bloggers facciano fronte compatto: il 25 Marzo streaming di Annozero, embed pubblico e discussioni in diretta sulle chat. Proviamo a scalfire la “videocrazia”.
Trasmissioni politiche RAI a rischio: che guaio il regolamento della Vigilanza Rai. Con aspetti di contrasto con la stessa legge che pretende di applicare, rischia di tagliare tutta l’informazione Rai per il prossimo mese di campagna elettorale, un evento quanto meno nefasto e preoccupante.
Già la Consulta, nella Pronuncia 155/2002, si era espressa relativamente ai programmi di informazione:
non è esatto ritenere che in questo modo si pervenga – come sostiene l’ordinanza di rimessione – ad “espropriare in toto di ogni manifestazione “politica le emittenti private”. Ed infatti l’art. 2, comma 2, della legge censurata (legge 28/2002, ndr.), stabilendo espressamente che le disposizioni che regolano la comunicazione politica radiotelevisiva “non si applicano alla diffusione di notizie nei programmi di informazione”, preclude che in questi programmi, che certamente costituiscono un momento ordinario, anche se tra i più caratterizzanti dell’attività radiotelevisiva, all’emittente possano essere imposti limiti, che derivino da motivi connessi alla comunicazione politica. L’espressione “diffusione di notizie” va pertanto intesa, del resto secondo un dato di comune esperienza, nella sua portata più ampia, comprensiva quindi della possibilità di trasmettere notizie in un contesto narrativo-argomentativo ovviamente risalente alla esclusiva responsabilità della testata (fonte Consulta Sentenza 155/2002).
La Corte Costituzionale si era cioè pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale della legge 28/200 detta “Par Condicio” limitatamente al quesito della “esporpriazione della manifestazione politica delle emittenti”, riconoscendo che l’art. 2 della legge 28/200 ha escluso dalla disciplina le trasmissioni di informazione evidenziando come il concetto della diffusione di notizie debba essere considerato nella accezione più ampia, che comprende la possibilità di trasmettere e diffondere notizie in un contesto argomentativo autonomamente delineato, ai sensi dell’art. 21 della Costituzione.
Il Regolamento voluto dal deputato dei Radicali, Marco Beltrandi, e dalla maggioranza, invece equipara trasmissioni di informazione e trasmissioni di comunicazione politica, assoggettando l’intero palinsesto informativo RAI alla disciplina della parità di trattamento in termini di tempo e spazi delle varie forze politiche. Di fatto, con questo approccio, si profila quello che la legge 28/200 tendenva a scongiurare, ovvero la “funzionalizzazione” dell’emittente televisiva, cioè renderebbe il mezzo radiotelevisivo funzionale all’interesse per il quale è stato posto il limite, e di “espropriazione” della identità politica dell’emittente, sospendendone la possibilità di formare autonomamente la propria linea editoriale.
Alla Commissione Parlamentare di Vigilanza non è consentito di stabilire che alle trasmissioni di informazione debbano applicarsi le regole poste per le trasmissioni di comunicazione politica. Infatti la legge n. 28/2000, dopo avere disciplinato con l’art. 2 le trasmissioni di comunicazione politica, dettando tra l’altro le regole per l’accesso, prevede all’art. 5 che la Commissione Parlamentare e l’Autorità Garante definiscano i criteri specifici cui devono informarsi la concessionaria pubblica e le emittenti televisive private nei programmi di informazione, al fine di garantire la parità di trattamento, l’obiettività, la completezza e l’imparzialità dell’informazione. Con le parole “criteri specifici” il legislatore ha indicato alla Commissione Parlamentare e all’Autorità Garante che esse devono stabilire, per i programmi di informazione, regole diverse da quelle applicabili alla comunicazione politica, regole cioè che tengano conto delle esigenze dell’attività di informazione, che è profondamente diversa da quella di comunicazione politica. Per questo la disposizione impartita dalla Commissione di Vigilanza con l’art. 6 par. 4 del regolamento per le elezioni regionali, secondo cui le trasmissioni di informazione sono disciplinate dalle regole proprie della comunicazione politica, non rientra nei poteri attribuitile dal legislatore.
Conseguentemente questa disposizione non deve essere applicata né dalla Rai né dalle emittenti private. Chi la applicherà si assumerà gravi responsabilità nei confronti del pubblico e dei giornalisti addetti alle trasmissioni di informazione, i quali hanno il diritto-dovere di svolgere la loro attività nell’interesse del Paese (fonte Articolo 21 – La volontà del legislatore? Non è stata rispettata).
Che clima in Rai. Ora persino delle sciocche battute su Berlusconi creano un clima di caccia alle streghe. L’Era Glaciale, il programma di Daria Bignardi, transfuga da La7, era all’ultima puntata, venerdì scorso. Ma qualcuno ha dato l’ordine di bloccarlo, almeno di ritardarlo. Si sono agitate delle poltrone. Qualcuno ha fatto delle telefonate. Alla fine il programma è andata in onda dopo un’ora, ufficialmente per “problemi tecnici”. Si dà il caso che al suo interno ci fossero due interviste scomode: una a Morgan e l’altra a Fiorella Mannoia. Morgan parla del suo ruolo nel programma musicale di Raidue e delle difficoltà in termini di share. A quel punto Morgan dice che è colpa di Berlusconi, degli uomini di Berlusconi in Rai. Poi fa capire di scherzare. Ma in coda all’intervista riorna a parlare di politica, dice di voler diventare “presidente del consiglio”, di non scender in capo, ma di salire in quota. E stila un “patto della Concordia”, basato su surreali dieci punti. E’ chiaramente un gioco. Improvvisa una imitazione di Prodi, dice “bisogna rivalutare Prodi”, “Prodi è veramente l’unico che lavorava, quindi è impopolare”. “Berlusconi è il problema della sottocultura della televisione”, “è il problema della P2 che parte negli anni settanta”, “Tina Anselmi sarebbe presidente della Repubblica in un paese normale”. Hanno tremato. Tutto questo ha agitato a tal punto i vertici di Raidue da far posticipare la messa in onda della trasmissione. Questi i passaggi “incriminati”:
La Mannoia invece parla del No B Day, che se il presidente del consiglio ha dei problemi sono affari suoi e deve risolverseli non con l’uso privato della cosa pubblica; dice che il PD si deve dare una mossa e fare vera opposizione. Parla di bene della collettività, di Fini e della lettera che Fiorella gli ha scritto, del suo presunto futuro partito, che se fosee in grado di poterci sottrarre a questo pantano, lo potrebbe anche votare.
Tutto ciò è una miscela di antiberlusconismo che per i vertici Rai era meglio passare al vaglio di un controllo preventivo. Nessun taglio, è vero, ma un tentativo di azzoppare l’ascolto del programma c’è stato. Chi va in Rai è avvisato.
Ancora poca eco sui giornali e siti esteri: il Times titola su Amanda Knox, ma non su Spatuzza, così il NYT, mentre il The Washington Post non pare interessato alle vicende nostrane, a parte qualche cenno sull’Afghanistan e l’invio di 1000 soldati italiani.
Invece il The Guardian titola a grandi lettere, “Berlusconi colluso alla mafia in una corte di giustizia”, e parla vagamente delle dichiarazioni di oggi del pentito Spatuzza, senza un grande approfondimento, a onor del vero. Invece El Pais esce con un articolato commento sulla vicenda e titola: “Spatuzza coinvolge Berlusconi e Dell’Utri negli attentati mafiosi del 1993” e cita il passaggio chiave delle dichiarazioni del pentito, l’incontro con il boss Giuseppe Graviano al bar Doney a Roma:
Spatuzza ricorda un incontro nel 1994 con il suo capo diretto a Roma: “Ho incontrato Giuseppe al bar Doney di Via Veneto, era felice come se avesse vinto la lotteria. Ci siamo seduti e disse che dovevamo uccidere un po’ di poliziotti per dare il colpo di grazia. Quello che abbiamo ottenuto era tutto quello che volevamo. E questo grazie alla serietà di quelle persone (Berlusconi e Dell’Utri, citati poco dopo) che avevano portato avanti questa storia, e non come quei quattro socialisti cornuti che avevano preso i nostri voti nel 1988 e 1989 e poi ci hanno fatto la guerra “, ha detto.[…]
I giudici vogliono confrontare ora la credibilità della testimonianza. Il processo d’appello di Dell’Utri continua a Palermo il giorno 11 di dicembre con le dichiarazioni del teste Giuseppe e Filippo Graviano tramite video conferenza.
La Rai, invece, nonostante il clamore per la vicenda, non ha apprestato né edizioni straordinarie, né dirette dall’aula bunker. Il vero servizio pubblico oggi lo ha fatto SkyNews24. L’UsigRai, in una nota del segretario Carlo Verna, si domanda perché il CdA si ostini a tenere RaiNews24 senza risorse. Perché oggi non hanno nemmeno dedicato un pezzo di trasmissione di approfondimento. addirittura il Tg1 delle 20 mette la vicenda Spatuzza come secondo titolo, dopo l’Afghanistan e l’invio di nuove truppe (notizia di ieri).
«Un evento di cronaca giudiziaria cruciale anche per la politica. La deposizione di Spatuzza, l’intervista a Dell’Utri, che lo smentisce, i commenti sulla vicenda abbiamo potuti seguirli in diretta e/o in tempo reale sui siti dei più importanti quotidiani e sulla tv a pagamento. Dove era il servizio pubblico? Ad aspettare l’ora dei tg?»
segretario Usigrai Carlo Verna. «Essendo l’interrogatorio dibattimentale del pentito di mafia atteso da giorni, come mai non si è pensato ad allestire uno studio con ospiti in contraddittorio e diretta sulle tre reti generaliste – chiede ancora Verna -? Perchè a Rainews24, non vengono forniti mezzi e budget adeguati per poter svolgere la propria funzione di canale all news ed essere volano per le altre testate? Può essere la rete dedicata alle notizie 24 ore su 24 solo una foglia di fico per dire che la Rai è presente su eventi come il No B day previsto domani a Roma e snobbato dalle principali reti? Da una seria risposta a queste domande dipende, con la legittimazione o meno del servizio pubblico, anche il suo stesso futuro»