Legge elettorale, Violante: il milione del referendum? Sono firme, non cittadini

 

Legge elettorale. Si aprono prospettive positive, dice Luciano Violante dalle colonne del Corriere della Sera. La spiegazione di questa affermazione è molto semplice: il PdL si sta convincendo a cedere sulla questione del premio di maggioranza, uno degli aspetti più deleteri del Porcellum. Non c’è da stupirsi che proprio ora il PdL voglia fare a meno del bonus aggiuntivo di seggi: se venisse meno l’alleanza con Bossi, non sarebbe più in grado di vincere le elezioni e rischierebbe di essere confinato in una nicchia dell’opposizione, ridotto a comparsa in un parlamento prossimo venturo diviso sul duopolio PD-Udc. Anzi, sembra proprio che la tendenza sarà quella di una saldatura al centro fra due dei partiti sostenitori di Monti, con isolamento a destra di PdL e Lega divisi, in collera fra di loro e dentro di loro, e con isolamento a sinistra dei vendoliani e di Di Pietro. Eccolo il futuro. Si presenta con il volto mascherato di una nuova/vecchia Democrazia Cristiana.

La prospettiva deve proprio piacere a Violante, al punto da lanciarsi in una previsione: la Lega senza PdL non trarrà alcun beneficio dal Porcellum. Idem il PdL senza Lega non trarrà nessun beneficio dal Porcellum. Se ne deduce che, a meno di successive redenzioni del popolo leghista, essendo impraticabile il vecchio legame dei leghisti con i berlusconiani, i tempi per la revisione del Porcellum sono più che mai maturi. Strano, poiché solo una settimana fa tutto taceva, in attesa del giudizio della Consulta sui quesiti referendari.

E che dire, la formula proposta sarà quella del doppio turno di collegio, come afferma Violante? ” Se si volesse invece il sistema proporzionale”, dice Violante, “bisognerebbe correggerlo con due misure fondamentali” (Corsera, 16.01.12, p. 21). Quali? La soglia di sbarramento al 5% e una norma costituzionale sulla sfiducia costruttiva. Per quei partiti che si trovano sotto la soglia minima del 5% ma che superano il 3%, verrebbe assegnato loro un ‘diritto di tribuna’ pari a tre seggi ciascuno.

E il bipolarismo? E il maggioritario? E soprattutto quel milione e duecentomila firme? “Sono firme, non cittadini”. Firme. Non cittadini.

Superato lo sgomento dinanzi a una frase del genere, apprendiamo che Violante è pure contro al reintegro delle preferenze per adottare un sistema come quello ‘spagnolo’ (che funziona con restrizioni al numero di candidati per collegio – 2, 3 – e con collegi dalle dimensioni molto piccole) oppure con primarie per la scelta del candidato da proporre nel singolo collegio.

Il PdL non vorrebbe che venisse meno l’opportunità per gli elettori di scegliere il candidato premier. Cosa che di fatto non avviene nemmeno ora. Alfano ha le idee confuse dallo stereotipo berlusconiano della elezione diretta del premier. Il Porcellum non prevede esattamente questo. La vulgata dell’indicazione del premier nasce dall’incapacità della classe politica di riformare il sistema istituzionale. Questi politici non hanno mai avuto il coraggio di riformare davvero, e si sono accontentati di una parvenza di riforma come quella che si è prodotta con la modifica della legge elettorale del ’93.

E’ pur chiaro che senza una vera riforma dei regolamenti parlamentari, una qualsivoglia riforma elettorale avrebbe ben pochi effetti sui fenomeni del trasformismo e del micropartitismo. Nemmeno agevolerebbe la governabilità del paese e la stabilità dei governi. Dalle parole di Violante emerge che allo studio ci sarebbero delle modifiche dei regolamenti parlamentari. In particolare, l’ex magistrato del PD prevede:

  1. abolire alcune fasi inutili della fase legislativa, come la discussione generale;
  2. fissare l’obbligo delle Camere di discutere le leggi di iniziativa popolare entro 90 giorni;
  3. diritto del premier di chiedere il voto in una data fissa per taluni provvedimenti del governo;
  4. fissare un range dei senatori fra 200 e 250; dei deputati fra 400 e 450.

Sul Corsera danno per certo l’avvio di una riforma triplice: modifiche dei regolamenti parlamentari; riduzione del numero dei parlamentari; superamento del bicameralismo perfetto. Ancora non si sa come, ma – come sembra dire Gasparri (Corsera, 16.01.12, p. 21, “è un complesso di leggi che vanno fatte”) – queste riforme sono inderogabili. Viene chiaramente da ridere poiché tutto ciò sembrava impossibile fino alla scorsa settimana, e ora viene dato per imminente. Sarà la solita strategia usata più volte in passato affinché non cambi assolutamente nulla.

Referendum, inammissibili entrambi i quesiti

TUTTI I POST IN CUI ANTICIPAVAMO LA DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE

Come volevasi dimostrare. I referendum erano un imbroglio. Chi li ha proposti ora spieghi perché ha truffato un milione di italiani.

Tratto da il Fatto Quotidiano leggi l’articolo:

La Corte costituzionale ha detto no ad entrambi i quesiti per l’abrogazione (parziale e completa) della legge elettorale, il famigerato Porcellum firmato dal leghista Roberto Calderoli nel 2006. I giudici della Corte Costituzionale chiamati a decidere sull’ammissibilità dei quesiti referendari erano riuniti in camera di consiglio da questa mattina. Dopo l’udienza partecipata a porte chiuse di ieri mattina nella quale sono stati ascoltati i legali rappresentanti del comitato promotore del referendum e i rappresentanti dell’Associazione giuristi democratici, i giudici della Consulta hanno ritenuto di proseguire oggi l’esame delle due questioni loro sottoposte. Con la prima veniva chiesto loro di dichiarare ammissibile il quesito con cui si chiede l’abrogazione totale della legge elettorale studiata dall’ex ministro, che prevede liste bloccate e dunque toglie la facoltà agli elettori di esprimere una preferenza. Il secondo quesito chiedeva di eliminare, ad una ad una, le novità introdotte dalla stessa legge Calderoli alla precedente legge elettorale abrogata nel 2005, il cosiddetto ‘Mattarellum’, secondo un’espressione coniata dal politologo Giovanni Sartori.

Ecco la nota diffusa dalla Consulta al termine dell’udienza: “La Corte costituzionale, in data 12 gennaio 2012, ha dichiarato inammissibili le due richieste di referendum abrogativo riguardanti la legge 21 dicembre 2005, n. 270 (Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica). La sentenza sarà depositata entro i termini previsti dalla legge”.

[…]

La legge elettorale verrà riformata in ogni caso in Parlamento, continuano intanto a ripetere Pdl, Pd e Terzo polo, sfidando chi ritiene che senza la ‘miccia’ referendaria non si farà niente. Ma il dialogo si presenta in partenza complicato, se solo si considera lo scontro già emerso tra Pd e Idv. Fa infuriare infatti il partito di Di Pietro la proposta di Enrico Letta di “costituire molto rapidamente un forum” sulla riforma elettorale tra “i partiti della maggioranza”. Leoluca Orlando si appella a Napolitano e tuona: “Vogliono escluderci”. Riecheggiando così una preoccupazione già espressa dalla Lega.

Ma c’è anche chi lancia un allarme di altro tipo: “Se oggi venisse approvato il referendum e ci fosse il via libera all’arresto di Cosentino – dice Luciano Sardelli, mettendo in relazione due appuntamenti importanti della giornata – ci sarebbe un’innegabile accelerazione verso il voto anticipato in primavera”. La Consulta ha disinnescato il primo allarme. Resta da vedere se Montecitorio farà il resto.

Referendum elettorale, le colossali sviste nell’editoriale di Panebianco

Ho letto l’editoriale di stamane di Panebianco sul Corriere, intitolato ‘Un Referendum, due tesi errate’. Pensavo di trovarci una analisi lucida di quanto si rischia mercoledì sui quesiti del referendum contro il Porcellum. Invece è un articolo deludente. Se non fosse che è realmente pubblicato sul Corsera a firma Panebianco, l’avrei creduto un fake, un tarocco. Invece.

Coloro che temono il referendum, e pertanto si augurano che la Corte dichiari la non ammissibilità del quesito, hanno messo in circolazione due argomenti di cui è facile constatare la fragilità.

Il primo è quello secondo cui, se la Corte si pronunciasse per l’ammissibilità e gli italiani votassero l’abrogazione della legge elettorale in vigore, ne verrebbe fuori un vuoto legislativo, ci troveremmo senza legge elettorale. È falso. Sarebbe come dire che se nel 1974 gli avversari del divorzio avessero vinto il referendum abrogativo, non avremmo più avuto un matrimonio regolato per legge, ci saremmo ritrovati nella Repubblica del libero amore. Naturalmente no (per fortuna o per sfortuna). Se fosse stata cancellata la legge istitutiva del divorzio ne sarebbe automaticamente seguito il ripristino della legge precedente. Punto e basta. E così accadrebbe anche se gli italiani scegliessero di abrogare l’attuale legge elettorale (G. Panebianco, Corriere della Sera del 08.01.12, prima pagina).

Analizziamo il teorema argomentativo di Panebianco:

  • ci sono dei nemici del referendum (è vero, lo sono praticamente tutti i partiti politici);
  • questi signori avrebbero messo in circolazione due argomenti che propendono per l’inammissibilità dei quesiti.

Il primo argomento: la vacatio legis. Dice Panebianco che questo è un argomento falso. La spiegazione? Cita l’esempio del referendum sul divorzio. Dice il celebre editorialista, se nel ’74 avesse vinto il sì ci saremmo ritrovati senzauna legge che regolasse il matrimonio. A me sembra che Panebianco non abbia studiato. Avesse letto almeno Wikipedia:

Il Referendum abrogativo del 1974, meglio conosciuto come Referendum sul divorzio, si svolse nei giorni 12 e 13 maggio 1974, quando gli italiani furono chiamati a decidere se abrogare o meno la legge 1 dicembre 1970, n. 898 – “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio” (la cosiddetta legge Fortuna-Baslini, dal nome dei due promotori Loris Fortuna e Antonio Baslini), con la quale era stato introdotto in Italia l’istituto del divorzio (Wikpedia alla voce Referendum abrogativo sul divorzio).

Il referendum del ’74 abrogava la legge sul divorzio, quindi se avesse avuto effetto, avrebbe abrogato quella legge e non la parte di normativa che regola il matrimonio. Questa è una grossa svista. Grossissima. Poi c’è un altro aspetto. Panebianco vi dice che queste voci – voci! – sono state messe in giro dai nemici del referendum. In realtà il divieto di vacatio legis in materia elettorale è stato definito dalla medesima Corte Costituzionale, come più volte detto, nella sentenza n. 29 del 1987: un “organo, a composizione elettiva formalmente richiesta dalla Costituzione, non può essere privato, neppure temporaneamente, del complesso delle norme elettorali contenute nella propria legge di attuazione” (cit.).

Panebianco nemmeno ci prova a prendere in esame la questione della reviviscenza. Il bello di questo referendum è che abroga una legge (Porcellum) che abroga un’altra legge (Mattarellum). E’ possibile quindi che la precedente legge abrogata torni a rivivere, o a ‘ri-espandersi’? Panebianco gira a largo da un quesito così complesso che forse metterà in crisi la Consulta. Infatti neanche lo menziona. Ma in realtà un referendum abrogativo non ha la stessa portata di una norma di legge che abroga una legge vigente. Tutto ciò per una serie di ragioni, che sicuramente la Consulta prenderà in esame, fra cui:

  • Non è possibile nel referendum abrogativo individuare alcuna altra volontà se non quella di delimitare l’efficacia di una norma (il Porcellum);
  • Un quesito che voglia al tempo stesso abrogare il Porcellum e ripristinare il Mattarellum è a rischio di eterogeneità – ovvero l’elettore si troverebbe a esprimere, con un solo voto, due volontà, e già solo questo aspetto dovrebbe esasere considerato dalla Corte come invalidante;
  • Il Mattarellum non è ‘normativa di risulta’ (quel che resta dopo le abrogazioni referendarie) bensì è normativa abrogata;
  • E’ necessario un atto esplicito per la riqualificazione della normativa abrogata – per esempio, non è sufficiente per il legislatore ridare effettività ad una norma abrogando la successiva norma che la abroga, deve scrivere un articolo in cui specifica la propria volontà di rivalidare quanto precedentemente abrogato, facoltà negata in caso di referendum.

Non vi ho parlato del secondo argomento degli anti-referendari: la destabilizzazione del quadro politico. Concordo con Panebianco sul fatto che la Corte non invaliderà i due quesiti per una questione di opportunità politica. Lui la mette in termini economici – la durata di Monti la detta il mercato. Io vi dico che invece ciò che guiderà la Corte in questo giudizio è solo la volontà di mantenere l’armonia del quadro normativo costituzionale.

Detto ciò, come si fa a scrivere un articolo del genere?

Tutti i dubbi sull’ammissibilità dei referendum elettorali.

Il referendum abrogativo del Porcellum è inammissibile. A che servono le firme?

La teoria bersaniana del referendum abrogativo del Porcellum come di “una pistola sul tavolo” rischia di essere la bufala del secolo. Fallito il tentativo di Passigli, che tendeva ad abrogare le norme del Porcellum contenenti il cosiddetto abnorme ‘premio di maggioranza’ e quindi a ripristinare un proporzionale puro con le indicazioni di preferenza, il PD ha sposato non senza tentennamenti i quesiti abrogativi – in toto e parziali – di Arturo Parisi. Peccato che la giurisprudenza costituzionale in merito implichi l’inammissibilità di quei quesiti referendari sulle leggi elettorali poiché è inammissibile la vacatio legis in materia elettorale. Lo spiega bene Cesare Salvi su Il Riformista di qualche giorno fa. Articolo che vi ripropongo qui di seguito. Una domanda, però, vorrei rivolgere a Bersani e ai “nostalgici” del Mattarellum: a che servono le firme?

Per qualche approfondimento: Sentenza corte costituzionale n. 47/1991

Il Riformista 09-09-2011

 L’inammissibilità dei referendum elettorali

di Cesare Salvi

La serietà nell’iniziativa politica, in un momento nel quale purtroppo cresce la sfiducia dei cittadini nei confronti dei partiti, è più che mai necessaria. Vorrei quindi sottoporre ai sostenitori del referendum, che dicono di voler abrogare l’attuale legge elettorale per sostituirla con la precedente legge Mattarella, se hanno riflettuto sulle conseguenze che si determineranno tra i cittadini, chiamati in questi giorni a firmare, quando la Corte Costituzionale dichiarerà inammissibili i quesiti.

Allo stato attuale della giurisprudenza della Consulta, questo esito negativo sarà infatti inevitabile.

Fin dalla sua prima sentenza (29/1987), che riguardava la legge elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura, la Corte Costituzionale affermò che «l’organo, a composizione elettiva formalmente richiesta dalla Costituzione, non può essere privato, neppure temporaneamente, del complesso delle norme elettorali contenute nella propria legge di attuazione. Tali norme elettorali potranno essere abrogate nel loro insieme esclusivamente per sostituzione con una nuova disciplina, compito che solo il legislatore rappresentativo è in grado di svolgere».

Questo principio è ribadito da tutta la giurisprudenza successiva.

Il primo dei due quesiti sottoposto in questi giorni alle firme dei cittadini, che prevede l’abrogazione in toto della legge Calderoli, dunque palesemente inammissibile. Né si può sostenere, come pure ho avuto purtroppo occasione di leggere, che l’abrogazione dell’attuale legge fa rivivere quella precedente. Come dovrebbe essere noto, «la natura del referendum abrogativo nel nostro sistema costituzionale è quello di atto-fonte dell’ ordinamento dello stesso rango della legge ordinaria». E, come si insegna al primo anno di giurisprudenza, «l’abrogazione di una norma, che a sua volta aveva abrogato una norma precedente, non fa rivivere quest’ultima» (cito dal noto manuale che adotto per i miei studenti, il Torrente-Schlesinger).

Naturalmente, se uno studente rispondesse all’esame sostenendo il contrario, sarebbe subito bocciato.

Probabilmente non ignari di ciò, i promotori hanno proposto anche un secondo quesito, che abroga solo parzialmente la Legge Calderoli. La Corte costituzionale ha affermato, infatti, che il referendum in materia elettorale è ammissibile se dal “ritaglio” della legge vigente emerge una normativa immediatamente applicabile: se cioè si può andare a votare senza bisogno di ulteriori interventi legislativi. In passato, proprio perché questo esito non era garantito dal quesito, la Corte costituzionale (sent. 47/1991) dichiarò inammissibile il referendum sulla legge elettorale del Senato; mentre, avendo i promotori riformulato il quesito, la Corte lo ritenne questa volta ammissibile (sent. 32/1993) appunto perché la normativa di risulta avrebbe consentito l’operatività del sistema elettorale, senza alcun ulteriore intervento del legislatore.

Per cercare di infilarsi in questo spiraglio, i promotori hanno provato a ritagliare la legge Calderoli, per far emergere una normativa direttamente applicabile.

Ma non ci sono riusciti. Diversi punti del quesito numero 2, infatti, contengono abrogazioni di legge abrogate (mi si scusi il bisticcio). Il quesito prevede in particolare l’abrogazione delle norme della legge vigente, che a loro volta avevano abrogato i decreti legislativi sulla determinazione dei collegi uninominali della Camera e del Senato. Ma, come si ricordava, l’abrogazione non può far rivivere norme abrogate, e quindi l’eventuale approvazione del quesito produrrebbe una legge priva della normativa che riguarda il suo punto centrale, cioè l’adozione dei collegi uninominali. Ne risulterebbe una legge non immediatamente operativa, in contrasto con quanto richiesto dalla Corte costituzionale.

Chiedo scusa per i tecnicismi. Sono anch’io contrario al “porcellum”, e comprendo le ragioni di un’iniziativa referendaria. Per esempio, quella promossa da Passigli (il quesito sull’abolizione del premio di maggioranza è sicuramente ammissibile). Ma, come dicevo all’inizio, il problema è un altro: quando nei talk show televisivi sento promettere che con i referendum si tornerà alla legge elettorale Mattarella, mi indigno, come si dice adesso. Da giurista e da politico di altri tempi.