Regionali 2010, in bilico insieme alle regioni in bilico. La diretta dello spoglio.

Su Yes, political! si sceglie di seguire in diretta lo spoglio delle due regioni più interessanti, quelle che si concluderanno al fotofinish: Piemonte e Lazio.

Per il Piemonte: http://www.radiogold.it/site/index.php

Per il Lazio: http://www.repubblica.it/static/speciale/2010/elezioni/regionali/index.html?refresh_cens

Alla fine la spuntano sia Cota che Polverini. Il PdL dà il via ai festeggiamenti, ma la sua è una vittoria di Pirro, la Lega sfonda poi sfonda solo nel Lombardo-Veneto, ed è partito di maggioranza relativa in Veneto. Bresso chiederà il riconteggio dei voti, ma per il PD c’è poco da contestare: finisce 7 a 6 (con la Lombardia sub judice per la questione del divieto di terzo mandato).

In Lombardia, eletto consigliere regionale Giuseppe Civati; medesia sorte per Giulio Cavalli per IDV; ce la fa anche Thomas Casadei in Emilia-Romagna (PD, area Marino); per il Mov 5 Stelle, eletto Favia in Emilia-Romagna in virtù del voto nelle liste circoscrizionali di Bologna e Modena; Luisa Capelli raccoglie solo 196 voti nella circoscrizione Roma; Abonante in Piemonte non va oltre le 2300 preferenze (pur un buon risultato, ma forse non basta). In Piemonte e Lazio, l’incertezza del risultato finale ha rallentato di molto la computa del voto di lista. Più tardi i risultati finali e le considerazioni di merito. Ma il risultato nazionale non è certo un premio per il PdL, il partito del (finto) premier: chiude con un risultato inferiore alle Europee di quasi l’8%.

23.05, in pratica Cota ha quasi vinto in Piemonte; si annuncia l’enplain della Lega: Piemonte, Lombardia e Veneto al Carroccio; qualcosa è cambiato;

23.05, Lazio, Polverini chiama a raccolta i suoi, per festeggiare?

23.00, Cota è davanti del 3% quando manca il 27% delle sezioni;

22.55, Lazio, ora la vittoria di Polverini è un oscuro fantasma, rimonta a meno 2000 voti, 80% l’avanzamento dello scrutinio

22.45, a Brescia il più votato è Renzo Bossi – viva la meritocrazia.

22.35, Piemonte, sostanziale parità fra PD e PdL, divise da circa un punto percentuale; piccola crescita della Lega, 1.36%; l’astensionismo punisce tutti;

22.30, Lazio, si riduce lo scarto fra Bonino e Polverini, ora pari a circa 4.500 voti

22.30, La Russa, le regioni vinte da PdL e Lega sono più popolose, ergo le eventuali elezioni mid-term confermano la maggioranza al governo (???? chi glielo spiega che non è così?)

22.25, Lombardia, Civati ce la fa in Brianza!

22.25, Proiezioni Rai danno Cota vincente;

22.15, Formigoni, “siamo al quarto successo consecutivo, mai visto da altre parti”; certo, da altre parti è illegale, e anche in Lombardia;

22.15, Piemonte, Bresso in difficoltà, circa 2 punti di svantaggio su Cota

22.15, Lazio, scrutinio al 67%, Bonino 49,9%

21.20, Lazio, 58% di sezioni scrutinate, Bonino avanti ancora, 50.38%, quasi 20.000 voti.

21.20, Piemonte, circoscrizione Torino, Bresso sotto la soglia del 55%, indispensabile per vincere. Bresso vince solo a Torino; le altre provincie del Piemonte votano tutte per Cota, con vantaggio massimo anche del 14% (Cuneo). Torino però vale metà vittoria (più popolosa).

21.10, Piemonte, dati Viminale, sono ora 7.700 i voti di vantaggio per Cota. Bresso in silenzio, si gioca tutto sul finale (il dato è relativo a poco meno del 50% delle sezioni).

21.04, per Bossi, la sinistra è sparita (e il PdL?).

21.04: altro off-topic sul Veneto: Lega al 35%, stacca di 11 punti il PdL e si pone come il partito del Veneto, il partito non del Nord, ma del Nord-Est; in Lombardia, parti invertite; PD appena sopra la soglia del 20% in entrambe le Regioni

20.54: Cota avanti di 3.500 voti, il sorpasso? Secondo Bossi, sì, Cota è vincente. E se vince Cota, festeggia anche Grassano, l’ex presidente del Consiglio Comunale di Alessandria sotto processo per truffa aggravata, truffa tentata e falso nei confronti del proprio Comune.

20.50: Piemonte, 0.1% il divario fra Bresso e Cota. Tensione alle stelle.

20.50: Lazio, Emma Bonino al 50.26%, lasciate perdere le percentuali delle proiezioni, saranno carta straccia con risultati così indecisi.

20.40: Piemonte, debole la crescita della Lega Nord, +0.62%

20.27: piccolo off-topic, Emilia-Romagna, Giovanni Favia vicino al 7%, incredibile exploit del Movimento 5 Stelle!

20.15: Piemonte, prosegue il testa a testa fra Bresso e Cota, su 37% delle sezioni, Bersso 47.69, Cota 47.11

20.15: Lazio, davanti c’è Emma! 43% delle sezioni, 50.7 vs 48.8

20.10: nel Lazio, il PdL è al 4.5%, ma il Tg1 trucca il risultato suddividendo il numero ei voti per i votanti escuso Roma (certo Roma e provincia non hanno potuto votarlo, ma quei voti sono confluiti nel listino della Polverini);

20.00: il Tg1 titola “finirà 7 a 5”, ma argomenta sulle proiezioni comparandole con il risultato delle regionali 2005 (PD paragonato all’Ulivo).

19.00, Lazio: Bonino davanti, ma la lista della Polverini incamera il voto disperso del PdL romano (PdL solo 4%).

18.55, Piemonte: un dato su tutti, lampante, sebbene iniziale, PDL circa 25%, dato regionale, -7% dalle europee; ma la Lega non sfonda (sez. scrutinate meno del 10%). PD in lieve flessione; Movimento 5 Stelle sfonda il 3%.

La conferenza stampa di Berlusconi. L’insofferenza verso le domande e la verità.

Per Berlusconi, i dirigenti del partito non hanno sbagliato. Il pasticcio delle liste è colpa dei Radicali e dei giudici. Della sinistra complottista. La conferenza stampa di stamane ci ha mostrato un (finto) premier in crisi, nervoso (“chiudete la porta”, sbraita ad un certo punto per la corrente d’aria che lo investe). Ha la voce arrochita e tesa. Il giornalista free lance Rocco Carlomagno viene brutalmente accompagnato fuori dalla sala stampa, con l’aiuto energico del Ministro della Difesa (ad personam), Ignazio La Russa:

Questo il video dell’intervento di La Russa, finito in prima pagina sul Novelle Observateur con il titolo “Il Ministro della Difesa Italiano mette a tacere un giornalista”. Il video è già cliccatissimo su Youtube. “Adesso vieni con me”, gli intima La Russa, mentre Carlomagno  gli dà del picchiatore fascista:

Il sondaggio pubblicato da La Repubblica di oggi mostra che il gradimento del Governo è sceso al 38%, mentre quello del Berlusconi al 44%, con uno scarto negativo rispetto allo scorso mese del 2%. Un ulteriore sondaggio elettorale parla di aumento degli astensionisti: la crisi delle liste rischia di diventare per il PdL un danno ingentissimo.

Questi i video tratti da Sky e ripresi da La Repubblica.it.

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Lista PdL Roma, nuovo stop. Ancora ricorsi al Consiglio di Stato. Berlusconi vuole la Piazza il 20 Marzo. Legittimo Impedimento al voto di fiducia.

Il caso della lista PdL romana si aggroviglia su sé stesso. Il Tar del Lazio ha pubblicato oggi le motivazioni della prima esclusione: il decreto è inapplicabile nella fattispecie poiché il Lazio ha esercitato la propria competenza legislativa concorrente in materia di elezioni attribuitagli in forza dell’art. 122 della Costituzione con la legge 13 Gennaio 2005. Il decreto fa invece, giocoforza, riferimento alla vecchia legge elettorale statale 17 febbraio 1968, n. 108 e alla legge 23 febbraio 1995, n. 43. Molto probabilmente, l’Ufficio Centrale Elettorale della Corte d’Appello di Roma, nella sofferta decisione di oggi di respingere nuovamente la lista PdL ripresentata ieri ai sensi dell’art. 1 comma 4 del decreto salvaliste n. 29/2010, non ha potuto che constatare l’inapplicabilità della norma e respingere la richiesta di riammissione.
Ora tenteranno la via del Consiglio di Stato. Berlusconi preme per portare i propri sostenitori in piazza il 20 Marzo. Oggi l’iter in Senato del ddl sul Legittimo Impedimento, prima ingolfato dagli innumerevoli emendamenti ostruzionistici del PD e di IDV, ha subìto una accelerazione che passa però per due voti di fiducia, poi nella delibera finale del provvedimento. L’aula voterà domani a partire dalle ore 17. Il governo non teme imboscate da alcunché. I finiani stanno tutti in riga per la figuraccia romana.
Diverso il caso del listino Formigoni, riammesso dal Tar lombardo. Oggi sono state depositate le motivazioni:

“Nel merito – scrivono ancora i giudici amministrativi – i ricorsi sono stati ritenuti fondati ed accoglibili alla luce dell’articolo 10 della legge 17 febbraio 1968 n.108 e successive modifiche, che regola l’attività dell’Ufficio centrale elettorale presso la Corte d’appello”. Il Tar spiega che questa norma “regola altresì in modo preciso e puntuale i termini per gli eventuali ricorsi contro le sole eliminazioni di liste o candidati, che i delegati delle liste o dei candidati esclusi possono effettuare entro e non oltre le 24 ore (termine decadenziale)”.

“Consumati tali termini – spiegano ancora i giudici – anche l’Ufficio centrale non ha più alcun autonomo potere di procedere ad un riesame di profili già oggetto di verifica e non censurati dai soli soggetti legittimati (delegati di liste o di candidati eliminati)”. “Pertanto – sottolineano  – nel caso della lista ‘Per la Lombardia’, che era già stata ammessa alla competizione elettorale del 28 marzo del 2010, l’Ufficio centrale aveva ormai esaurito i suoi poteri di controllo e di decisione”.Elezioni, il Tar lombardo conferma riammissione della lista Formigoni | Milano la Repubblica.it

Il Tar non ha considerato il decreto salvaliste, ma ha rilevato che il ricorrente, nella fattispecie, era il delegato di una lista avversa al listino Formigoni che a sua volta contestava il ricevimento della lista medesima. In sostanza, il ricorso era irricevibile. Doveva essere presentato al Tar, immediatamente. L’art. 10 disciplina solo i casi di ricorso contro decisioni di esclusione. L’Ufficio Centrale Regionale non ha escluso la lista Formigoni, l’ha invece accolta in prima istanza. Era pertanto incompetente a giudicare sul ricorso dei Radicali, i quali, a loro volta dovevano ricorrere al Tar.
Il caso dimostra come la giustizia, pur con i suoi lunghi tempi, è autocorrettiva. E che il decreto salvaliste, almeno nel caso lombardo, era assolutamente superfluo.
Questo il testo dell’articolo:

Legge 17 febbraio 1968, n. 108

“Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale.”
TITOLO III – Procedimento elettorale
  • art. 10. Esame ed ammissione delle liste – Ricorsi contro l’eliminazione delle liste o di candidati.
    • Contro le decisioni di eliminazione di liste o di candidati, i delegati di lista possono, entro 24 ore dalla comunicazione, ricorrere all’Ufficio centrale regionale. Il ricorso deve essere depositato entro detto termine a pena di decadenza, nella cancelleria dell’Ufficio centrale circoscrizionale. Il predetto Ufficio, nella stessa giornata, trasmette, a mezzo di corriere speciale, all’Ufficio centrale regionale, il ricorso con le proprie deduzioni. L’Ufficio centrale regionale decide nei due giorni successivi. Le decisioni dell’Ufficio centrale regionale sono comunicate nelle 24 ore ai ricorrenti ed agli Uffici centrali circoscrizionali. (fonte: Legge 17 febbraio 1968, n. 108 “Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale.”).

Il decreto non salva la lista PdL a Roma. Polverini senza partito. Per Formigoni ancora aperta la questione ineleggibilità.

Il Tar del Lazio respinge il ricorso del PdL contro la sua esclusione per la mancata presentazione della lista nei termini temporali consentiti. Secondo il Tribunale Amministrativo, non c’è prova che l’incaricato per la presentazione delle liste PdL della Provincia di Roma avesse con sé la necessaria documentazione. Il decreto? Non è servito a nulla.

L’articolo 1, comma 1, infatti, reca scritto che “il rispetto dei termini orari di presentazione delle liste si considera assolto quando, entro gli stessi, i delegati incaricati della presentazione delle liste, muniti della prescritta documentazione, abbiano fatto ingresso nei locali del Tribunale”. Sempre al primo comma, si specifica che “la presenza entro il termine di legge nei locali del Tribunale dei delegati puo’ essere provata con ogni mezzo idoneo”. Si sono dimenticati della documentazione. Ovvero di fornire prove certe al Giudice Amministrativo che il delegato alla presentazione liste portasse con sé i documenti al momento in cui entrava nei locali del Tribunale.

Niente paura, però. L’art. 1 comma 4 lascia comunque aperta la possibilità per il PdL romano di presentare le proprie liste “dalle ore otto alle ore venti del primo giorno non festivo successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto”. Vale a dire entro domani. Questa norma equivale a una vera e propria riapertura dei termini. Ma qualche dubbio “interpretativo”, il comma 4 lo apre. Rivediamolo:

Per le medesime elezioni regionali i delegati che si siano trovati nelle condizioni di cui al comma 1 possono effettuare la presentazione delle liste dalle ore otto alle ore venti del primo giorno non festivo successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto.

Le condizioni del comma 1 quali sono? I delegati sono entrati negli uffici preposti con la necessaria documentazione. Ma la sentenza del Tar dice che non c’è prova. Domani l’Ufficio Elettorale Centrale che deve fare? Come deve considerare il delegato PdL che riporta la lista al suo cospetto? Rientra o no nel comma 1? Per il Tar no. Quindi la lista PdL è nuovamente impresentabile. Un bel pasticcio. Chi se ne è accorto è Maroni: “il decreto non serve a niente”, ha dichiarato oggi. C’è aria di posticipazione delle elezioni per far in modo che l’iter giudiziario si concluda con il giudizio definitivo al consiglio di Stato.

Intanto, in Lombardia, un certo stupore proviene dalla Corte d’Appello per le motivazioni del Tar sul ricorso Formigoni-PdL: l’ufficio elettorale che domenica scorsa aveva ritenute valide le firme del listino Pdl non poteva modificare la sua decisione. Di fatto, il Tar ha applicato il comma 3 del decreto salva-liste: “le decisioni di ammissione di liste di candidati o di singoli candidati da parte dell’Ufficio centrale regionale sono definitive, non revocabili o modificabili dallo stesso Ufficio”. Pazienza se finora si sia proceduto diversamente. Sono decine ogni anno le occasioni in cui le Corti d’Appello apllicano il cosiddetto principio di autotutela: “il principio di autotutela è chiarissimo: vuol dire che fino a quando l’ufficio elettorale non si spoglia della sua funzione, ha tutto il diritto di rivedere le proprie decisioni. E questo è successo, senza scandali, tantissime volte” (fonte: La Repubblica.it – Milano).

Savino Pezzotta, candidato Governatore in Lombardia per l’UDC, ricorda a tutti che Formigoni, ai sensi della legge 165/2004, art. 2, comma 1, lett. f, è ineleggibile. Il Tar deciderà sui ricorsi UDC e Radicali non in tempo per le elezioni. Formigoni verrà eletto sub judice. Ieri flash mob del Gruppo Facebook “No Formigoni Day”, coordinato da Fausto Renzi, ex Coordinatore Nazionale Popolo Viola e ora candidato consigliere regionale nella lista Italia dei Valori circoscrizione di Milano e Provincia, per le vie di Milano. L’evento ha trovato spazio persino sulla prima pagina di La Repubblica Milano.

Napolitano apre al de-cretino interpretativo, ma si rischia lo scontro istituzionale. Verso la sospensione della legalità.

  • art.2 si stabilisce che ci sono 24 ore di tempo, a partire dall’accettazione delle liste, per sanare le eventuali questioni di irregolarità formale

  • art.1 che il diritto all’elettorato attivo e passivo sia preminente rispetto alle formalità

  • Una norma transitoria stabilirebbe che – solo ed unicamente per quanto riguarda le elezioni regionali che si terranno in Lazio e Lombardia – lo start delle 24 ore sia da intendersi non dal momento di accettazione delle liste, ma da quello di attuazione del decreto

  • art.3 si stabilisce che con ogni mezzo di prova si potrà dimostrare di essere stati presenti nell’ufficio competente al momento della chiusura della presentazione delle liste (fonte: Regionali, ecco i contenuti del decreto legge – Associate – ANSA.it).

Non c’è nulla di emergenziale nella situazione che si è venuta a creare, tanto che ad ogni elezione si contano decine di casi di giudizi delle Corti d’Appello sulla ammissimibilità o l’inammissibilità di liste elettorali. In alcuni casi si è giunti sino a rimandare il giorno delle elezioni. Come giustamente è stato fatto notare da Pierluigi Mantini dell’UDC:

  • ‘Formigoni parla di orpelli e cavilli, ma la competenza in materia elettorale e’ sua, della Regione, e se non ha fatto una legge elettorale, al contrario di altre regioni, e’ perche’ sa di essere ineleggibile per il terzo mandato a suffragio diretto. E’ questa la pura e semplice verita’. Ora i superfederalisti Bossi e Formigoni vogliono che ‘mamma Stato’ faccia una leggina di sanatoria per le loro colpe. Ma a tutto c’e’ un limite”. Lo dice Pierluigi Mantini dell’Udc

  • ”Quando l’Udc fu esclusa dalle elezioni in Trentino per l’assenza di una delega nessuno ha protestato ne’ invocato leggi speciali. Piuttosto l’Ufficio circoscrizionale ed il Prefetto di Milano procedano alla stampa dei manifesti elettorali e agli adempimenti per legge dovuti”, conclude. (fonte: Regionali: Mantini (Udc), Formigoni e Bossi invocano sanatoria – Libero-news.it).

Formigoni contro i giudici. Polverini riammessa, ma la piazza è “nera”. Nella notte, Consiglio dei Ministri d’urgenza.

Bersani ha messo le mani avanti: “qualsiasi decreto in corso d’opera è inaccettabile”. Napolitano, a Bruxelles, nicchia: “se qualcuno mi spiega cos’è la via politica…”.
Ma il governo è in allarme. Berlusconi è rimasto in contatto con i suoi per tutto il giorno. Ministri allertati: stasera probabile Consigio dei Ministri d’urgenza in cui verrà approvato o il de-cretino anti Corte d’Appello con la riapertura dei termini di presentazione delle liste, o la sospensiva per le elezioni in Lombardia e in Lazio, via decisamente più legittima della prima.
Il listino Polverini, in serata, è riammesso dal medesimo Ufficio Centrale della Corte d’Appello di Roma. Evidentemente, la mancanza della firma di Alfredo Pallone è stata considerata come mera irregolarità formale, non tale da impedire l’accoglimento della lista.


Oggi, però, il PdL romano ha raccolto i suoi fans a Piazza Farnese: presenti Gasparri, Cicchitto, la ministra Meloni, Polverini. Qualche braccio teso, qualche camicia nera, slogan contro “il complotto dei comunisti”. La Polverini, dal palco, arringa la folla – si fa presto a riempire Piazza Farnese – invocando “democrazia”. Alcuni scritte sugli striscioni ricordano certa estetica destrorsa.
Anche a Milano il PdL, come ha detto Bersani, manifesta “contro se stesso”. A Piazza della Scala è stata organizzata una raccolta firme pro Formigoni. Assolutamente simbolica. Lui, il Governatore Seriale, stamane, ha sbottato: la sua esclusione è una manovra ordita da ignoti per danneggiare il centrodestra e impedire la presentazione del listino. I giudici avrebbero “commesso gravi irregolarità”. L’ufficio centrale regionale ha prima accolto le liste e il listino del centrodestra e solo successivamente, compiendo un’irregolarità, ha accolto il ricorso dei radicali. I giudici avrebbero dato ai radicali “la piena disponibilità delle nostre liste”, che naturalmente, secondo il complottismo made in Formigoni, avrebbero passato il loro tempo a cancellare timbri e firme. “Dal punto di vista teorico avrebbero potuto compiere qualsiasi attività manipolatoria compresa la sottrazione dei documenti”. Teorie: nella pratica Formigoni deve attendere non il giudizio del Tar, ma – è opportuno ricordarlo – “i giudizi” del Tar: sul ricorso proprio contro l’esclusione del listino; sulla sua ineleggibilità ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. f della legge 165/2004 che introduce il principio fondamentale che regola il sistema della elezione diretta del Presidente di Regione, ovvero il divieto di terzo mandato. Principio cardine delle leggi elettorali che le Regioni avrebbero dovuto adottare, e che la Lombardia ha pensato bene di non fare.
Ma il Governatore Seriale, disinteressandosi di tutto ciò, pensa anche di fare a meno dell’intervento del Governo: qui in Lombardia, sbotta, non abbiamo bisogno di nulla. Un attimo dopo sembra ripnsarci. “Se il Consiglio dei Ministri farà sue valutazioni – ha detto -, se le più alte cariche dello Stato faranno valutazioni, noi non possiamo che guardare con rispetto alle loro decisioni”. Potrebbe fare altrimenti?

PdL, il pasticcio della lista romana. Polverini infuriata si appella a Napolitano.

La Provincia di Roma, per il momento, non potrà votare la candidata PdL alla presidenza di Regione, Renata Polverini. Questo a causa di un clamoroso autogol della stessa dirigenza capitolina del partito:

La possibile eliminazione sarebbe legata ad una presunta irregolarità nella consegna della documentazione delle liste elettorali […] In sostanza il rappresentante della lista della Pdl, Ignazio Abrignani, non avrebbe consegnato in tempo le firme a sostegno della lista […] il presentatore di lista per la Pdl Alfredo Milioni avrebbe tentato di consegnare parte della documentazione necessaria fuori tempo massimo […] «Il responsabile Pdl per la presentazione delle liste ha tentato di entrare nell’ufficio elettorale del Tribunale di Roma alle 12:45, a tempo abbondantemente scaduto», accusa Atlantide Di Tommaso, segretario romano del Psi […] (Secondo il PdL romano) Milioni, al momento di rientrare, è stato bloccato dai rappresentanti di altre liste» (fonte: Regionali, firme presentate in ritardo Ora a Roma il Pdl rischia l’esclusione – LASTAMPA.it).
Il “presentatore” di lista, Milioni, avrebbe commeso un incredibile errore, poi, una volta accortosene, avrebbe cercato di presentare la documentazione mancante a tempo scaduto. Ne è nato un parapiglia fra Milioni, altri rappresentanti di lista, poliziotti e messi del Tribunale. Il PdL ha presentato immediatamente ricorso al Tribunale medesimo, ma è stato respinto. E’ stata accertata la mancnaza della documentazione. Inevitabilte il ricorso alla Corte d’Appello. Se fosse confermato il giudizio del Tribunale, la Polverini non potrebbe contare sui voti dell’intera provincia romana e difficilmente potrebbe vincere la Regione.
«Non sono preoccupato anche perchè non posso farci niente…». Ha risposto così il presidente della Camera, Gianfranco Fini ai giornalisti che gli chiedevano un parere sul caso. L’irritazione nel partito è estesa. Anche al governo non l’hanno presa bene. Il ministro Rotondi non risparmia le critiche:
«Non è colpa dei dirigenti locali, ma è la dimostrazione dell’incapacità complessiva del Pdl»: lo afferma il ministro per l’Attuazione del programma Gianfranco Rotondi […] l’incapacità a cui mi riferisco è un dato complessivo della gestione delle liste del Pdl (fonte: Regionali, respinto ricorso Pdl a Roma – LASTAMPA.it).
La Polverini lancia un appello al presidente della Repubblica: “Garantisca che gli elettori possano trovare la lista del Pdl sulle schede elettorali per le regionali nella Provincia di Roma”. Come se dipendesse da lui. E come potrebbe? Forse suggerendo un decreto ad partitum al governo?
“Riteniamo che vada in ballo la democrazia se si ostacola la presentazione di una lista che falserebbe tutti i risultati delle elezioni regionali”: queste invece sono le parole del capogruppo alla Camera, Cicchitto. Roba senza senso: la democrazia è – innazitutto –  rispetto delle regole. Emma Bonino  questa mattina ha auspicato che non ci siano provvedimenti ad listam e la Polverini ne è rimasta delusa. “Ho sempre sostenuto le battaglie dei radicali”, ha detto, “mi ricredo sulla loro democrazia”. Stamane, il Messaggero.it titolava così:
Non c’è altro titolo più azzeccato.

La Polverini nel polverone.


La Polverini nel polverone: nell’arco di tre giorni, emersi altrettanti scandali.

  • il primo giorno di campagna, cominciato con al fianco Storace e donna Assunta Almirante, accolta dal pubblico in sala con il braccio teso e il grido di “Giorgio, Griogio”, in memoria del marito, storico leader missino;
  • il caso dell’appartamento acquistato come prima casa quando prima casa non era, con evasione fiscale per migliaia di euro:

Renata Polverini ha comprato a prezzo stracciato dallo Ior nel dicembre del 2002 (272 mila euro per sei stanze tre bagni e due box vicino all’Aventino) e non soddisfatta dell’affarone ha anche mentito al notaio per avere l’agevolazione prima casa e pagareil 3 per cento di tasse invece del 10. La sindacalista, infatti, aveva già comprato 9 mesi prima un’altra casa dall’Inpdap, a un prezzo ancora più basso: 148mila euro per sette vani catastali e un box al Torrino, vicino all’Eur (fonte: Il Fatto Quotidiano);

  • il caos del sito internet aperto il 27 Gennaio, sulla falsa riga del modello della campagna elettorale 2.0 inaugurato da Obama, ma con commenti datati 24 Gennaio, sito poi preso di mira – dopo la pubblicazione della notizia dell’evasione fiscale da parte de Il Fatto Quotidiano – dalle critiche e dalle ire degli internauti che chiedono a gran voce una risposta della candidata in merito alla questione immobiliare/fiscale;
  • le plemiche per il simbolo elettorale, che reca scritto il suo nome in caratteri bianchi su sfondo rosso, con un tratto sfumato tipo pastello del tricolore italiano, simbolo copia a quello realizzato da Claudio Velardi (deus ex machina di D’Alema quando questi era al governo) anni addietro per Sinistra Democratica (vedi foto La Polverini e gli attacchini di Forza Nuova – l’Unità.it);
  • e per concludere in bellezza, la presenza di Martin Avaro, 29 anni, ex militante di Forza Nuova, uno dei protagonisti degli scontri alla Sapienza di Roma e fra i più facinorosi nei giorni della rabbia dei tifosi laziali conseguente alla morte di Gabbo, il tifoso morto per un proiettile sparato da un poliziotto nell’area di sosta dell’autostrada: è lui a curare l’attacchinaggio dei manifesti della Renata. Insomma, manodopera qualificata.

E la politica? Promette di risanare il deficit in tre anni e di eliminare i ticket. Sostegno alle famiglie per i figli a carico. Per gli anziani. Meno tasse per le imprese che assumono. Il Lazio al primo posto per ricerca e innovazione. Ovvero: la solita sbobba da sindacalista destrorsa.

Emma Bonino e il dono dell’ubiquità: candidata nel Lazio e in Lombardia. “Anche Silvio lo fece”. La Polverini invece veste di “nero”.

Tempi di saldi. Si svendono i posti in lista. E Bonino che fa? Dopo aver strappato la candidatura a Governatore del Lazio al PD, è anche capolista in Lombardia per la propria lista autonoma, "Bonino-Pannella". Anna Paola Concia e Ileana Argentin, PD, le hanno chiesto di restare a disposizione del solo Lazio e di concentrare su di esso il suo sforzo elettorale. Peccato che Bonino abbia giustificato in questi termini la sua scelta:

    • «La mia candidatura come capolista in Lombardia? Questi segnali politici lo stesso Berlusconi li ha usati candidandosi ovunque alle Regionali: se chi fa le leggi le fa così, poi non può chiedere a chi le ha combattute di non applicarle o non usarle», si è giustificata Bonino in una intervista a Mattino 5. «Le liste Bonino-Pannella – ha spiegato – vanno autonome in Lombardia: crediamo così di poter dare una possibilità ai tantissimi elettori di centrodestra che anche recentemente alle Europee ci hanno dato fiducia, e il candidato è Marco Cappato. Con questa candidatura ho voluto dare una forza e un appoggio importante a una campagna liberale, laica, federalista che possa contrastare in modo più efficace un blocco di potere che si è creato nell’ultimo decennio e in cui poco è rimasto di liberale, o di laico».

Intanto la Polverini è al centro di un mezzo scandalo sulle tessere UGL gonfiate – se ne era già parlato: in sostanza UGL, un sindacato di quattro gatti, entra nelle contrattazioni al fianco della triade confederale senza averne i numeri. Il caso è stato oggetto di interrogazione parlamentare a firma di Tiziano Treu e Lionello Cosentino; Ileana Argentin avvierà una iniziativa analoga alla Camera. Lei ha replicato, gelida: "non mi pare che gli altri abbiano sistemi di misurazione diversi". Nella realtà, il vero caso politico riguarda la sua futura squadra di governo, nella quale faranno comparsa nomi noti della destra radicale. La figliol prodiga di Gianfranco Fini sarà utile a serrare le fila all’ala estrema, dopo la defenestrazione della Santanché, nuovamente apparentata al carrozzone berlusconiano e in attesa di nomina quale sottosegretaria per meriti "sul campo" (Palazzo Grazioli). Che ci sia nell’aria un sentore di riappacificazione fra i finiani e Storace?

    • appare chiaro che, se la segretaria Ugl conquisterà il Lazio, la sua giunta avrà più d´una somiglianza con quella guidata da Storace. La prima presenza certa è proprio l´ex governatore

    • Storace ha strappato per sé la guida del Consiglio regionale, ma la cosa non va giù ai "colonnelli" di An che si chiedono: «Pensate voi che un ex presidente "retrocesso" sarà capace di stare al suo posto?»

    • il rebus Udc si dovrà aspettare domani, ma se l´accordo sarà confermato, Luciano Ciocchetti ha già opzionato la vicepresidenza e una delega pesante: forse l´urbanistica, più che la sanità che potrebbe davvero finire al discusso parlamentare di Fondi Claudio Fazzone. Sempre dall´Udc, Anna Teresa Formisano (per Storace si occupava di famiglia) potrebbe lasciare il Parlamento e riavere un assessorato. Tra i rientri scontati, oltre a quello di Robilotta, interessato alla Sanità, altri due ex assessori, Francesco Saponaro e Bruno Prestagiovanni.

    • a occuparsi della lista civica della Polverini c´è anche l´ex democristiano e ora europarlamentare Pdl Potito Salatto

    • le trattative più complesse riguardano i 14 nomi del listino, che assicura l´elezione in caso di vittoria del presidente collegato

    • la fetta più grossa toccherà agli ex Forza Italia, seguiti dagli ex An

    • tre sarebbero i posti per l´Udc, mentre la candidata governatrice si sarebbe accontentata di due

    • in quale di queste quote conteggiare Isabella Rauti, la moglie del sindaco Alemanno? Gli ex An stanno lavorando, senza troppa eleganza, per "accollarla" alla Polverini

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Regionali, ecco dove l’UDC sarà determinante.

Un sondaggio pubblicato da il Fatto Quotidiano fotografa i rapporti di forza fra i partiti in vista delle regionali, quando ancora non sono chiare né le alleanze né le candidature. Ecco dove l’UDC sarà determinante.
In Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, l’apporto di voti dell’UDC al centrodestra non sarebbe sufficiente per far perdere la regione al PD: in bilico solo le Marche, ma laggiù il PD parte in testa. Per contro, Piemonte, Liguria e Lazio sono fortemente contese, e la scelta dell’UDC di propendere per la coalizione di centro-sinistra in Piemonte potrebbe non essere sufficiente. Poi, Campania, Puglia e Calabria, dove l’UDC vince sempre, ovunque vada.

In Campania pesa ancora l’incertezza determinata dal caso Cosentino:

  • Diciamo subito e con sicurezza che nel Pdl non si muoverà niente, assolutamente niente, prima della pronuncia della Corte di Cassazione. La Suprema Corte, in verità, avrebbe dovuto già decidere il 30 Dicembre scorso riguardo il ricorso dell’onorevole Nicola Cosentino avverso il provvedimento cautelare. E siccome ha constatato che il provvedimento della Procura di Napoli non era supportato da fatti inoppugnabili, allora, in attesa di nuove carte, aveva rinviato il verdetto che dovrebbe essere emanato tra il 10 ed il 15 prossimi.
  • Cosentino è ancora in corsa. Un eventuale verdetto a suo favore lo rimetterebbe in pista. Ecco perché tutto il vertice regionale e provinciale del Pdl ha deciso di sospendere ogni iniziativa in tema di candidature. Da fonte autorevole trapela la notizia che l’ultima parola spetterà a Berlusconi e questi si è impegnato a non procedere alla nomination a Governatore regionale della Campania prima della sentenza della Corte di Cassazione (Provinciali Caserta, Dell’Aquila (Sdi): “Oliviero unico candidato vincente” )

Ma, la candidatura della Polverini nel Lazio, con lo sponsor dell’UDC, e quindi la garanzia di un successo in quella regione, può permettere ai berluscones di “rischiare” Cosentino in Campania, e questo per due ragioni:

– in primis, con il Lazio si accontenta Fini e in un certo senso si “compra” il suo silenzio-assenso sulla Campania, una sorta di accordo di non belligeranza per il periodo elettorale;
– in seconda battuta, si capitalizza il bagaglio di voti di Cosentino rendendo superfluo l’accrocchio con l’UDC.

I berluscones non si sono stracciati le mutende per il Lazio, anzi, hanno lasciato che Fini facesse il suo gioco e schierasse la sindacalista “invisa” a Berlusconi. Lei, la ex leader dell’UGL, è ancora poco popolare essendo conosciuta solo dal 30% degli intervistati (fonte Europa): a quanto pare Renata non divide solo a destra, ma anche a sinistra, dove può trovare alcuni estimatori, come l’Unità, che ha ben titolato sulla neo-candidata, sottolineando come molti elettori di sinistra potrebbero votarla, e anche alcuni detrattori, come la testata Europa (ex area Rutelli, ora dalemiana?) che invece ne indaga la figura e ne evidenzia la carriera politica fulminante, agevolata dalle apparizioni televisive a Ballarò e dalla straordinaria e persino un po’ sospetta ascesa del suo sindacato di “quattro gatti” alla triade confederale CGIL-CISL-UIL.

    • ultimo rapporto Censis. Lì è riportato il numero degli iscritti ai sindacati nel 2007 e 2008. Ebbene, l’Ugl è l’unico che in controtendenza perde colpi: –4,2 per cento, passando dai 2 milioni e 145mila del 2007 ai 2 milioni e 54mila dell’anno successivo
    • i due milioni di cui si parla (che portano l’Ugl a giocarsi la terza piazza con la Uil) non trovano riscontri concreti nei numeri ufficiali. I dati sulle tessere infatti sono autodichiarati dalle singole sigle, che spesso li gonfiano ad arte
    • Tuttavia ci sono due indicatori, uno nel pubblico e uno nel privato, tramite cui ricavare i rapporti di forza fra i sindacati e il reale numero degli iscritti.
    • pubblico impiego.
      In questo settore la rappresentatività sindacale è certificata ufficialmente dall’Aran perché possono partecipare alla contrattazione solo quelle organizzazioni che superano il 5 per cento dei voti.
    • Per sanità, scuola, ministeri e tutto quello che è pubblico impiego il sindacato della Polverini è sotto. Quindi rappresenta quattro gatti.
    • circa lo 0,7 per cento, ovvero più o meno diecimila persone su un totale di due milioni di lavoratori sindacalizzati
    • Per quanto riguarda il privato, un buon indicatore è il numero di trattenute sindacali che pensionati e disoccupati delegano all’Inps. Ebbene, anche in questo caso i numeri per l’Ugl sono impietosi. «Può contare su 67mila pensionati e duemila disoccupati, più o meno l’uno per cento del totale», ci dice Marco Paolo Nigi, segretario della Confsal
    • un leader che è riuscito a strappare una candidatura pesante grazie ad altre doti. Come un’intelligenza tattica nello stringere alleanze: prima con Epifani che la sdogana e poi, adesso, con Bonanni e Angeletti con cui fa da sponda a Sacconi
    • capacità di mettersi sotto l’ombrello finiano, ritagliandosi il ruolo di donna di destra ma antiliberista e, cosa che conta di più, antiberlusconiana

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Regionali Lazio: L’UDC verso la Polverini. Il PD ora faccia le primarie.

Chi ha paura delle primarie? L’UDC approda a lidi migliori, scegliendo di appoggiare la Polverini – loro, banderuole guidate solo dal vento della probabile vittoria, non dalle idee. Ma chi ha paura delle primarie, ha paura delle persone. Ha paura delle idee. Di confrontarsi con le idee.

In mattinata accelerazione. Pressing informale Vaticano su Udc […] il via libera definitivo dell’Udc a Renata Polverini c’è stato stamattina, nel corso di un incontro riservato fra la candidata, Fini e Casini alla Camera […] Per Fini, inoltre, l’accordo può rappresentare il viatico per nuove intese. Polverini vantava dal canto suo un rapporto cordiale con Casini. Proprio su questo ha fatto leva per superare le resistenze di quella parte dell’Udc che non vedeva di buon occhio un patto con il Pdl nel Lazio […]

si è trattato di un accordo “più personale con Fini e Polverini che politico tra Udc e Pdl”

la partita Udc-Polverini ha subito nelle ultime ore un’accelerazione. Un po’ perché l’esplorazione di Nicola Zingaretti non ha portato frutti, un po’ perché Fini era già forte di un accordo di massima con Casini sulla candidata siglato ormai diverse settimane fa […] Un po’ anche perché dal Vaticano la preferenza per l’ex leader sindacale non è stata certamente nascosta alla dirigenza del partito di Casini
(APCom – Regionali/ Fini vede Casini, poi via libera finale a Polverini

Trattasi di un accordo “personale”, un anticipo del futuro progetto di Kadima Italiana, il partito centrista di Casini-Rutelli-Fini. Con queste persone il PD doveva allearsi per ottenere la presidenza di Regione, stando ai sondaggi. Che sinora non hanno ancora rilevato l’impatto di una possibile candidatura di Emma Bonino, o di Loretta Napoleoni (che purtroppo pochi conoscono): l’ultimo sondaggio disponibile di Ipr Marketing metteva a confronto Nicola Zingaretti, l'”esploratore” nonché presidente della Provincia di Roma, e Renata Polverini, nelle due condizioni possibili, UDC a centro-sinistra oppure UDC a centro-destra.

L’indecisione, non è la prima volta che lo sottolineo, danneggia il PD perché i cittadini non la capiscono e non la condividono. E’ già accaduto in passato e sarebbe utile non ripetere gli stessi errori. Coloro che si oppongono ad un virtuoso strumento di maturità democratica lo fanno per il timore di scelte che sfuggono al loro controllo. Esemplare è stato il caso della Puglia nel 2005: Nichi Vendola si è imposto alle primarie e poi ha vinto le elezioni e ha governato la regione per cinque anni. Bene? Male? Ancora una volta il giudizio non può spettare a pochi notabili pugliesi, o romani, spetta ai cittadini valutare l’operato della persone che hanno eletto. Se lo hanno apprezzato lo rivoteranno, altrimenti lo bocceranno […]

In questi giorni ho l’impressione che il PD si stia impantanando in meccanismi che non portano a nulla di utile per i cittadini. E’ invece il momento di liberarsi dalle paure, liberarsi dai vecchi modi di affrontare le sfide politiche, osare e agire come auspicano i nostri sostenitori, come un vero Partito Democratico.

Ignazio Marino

Loretta Napoleoni è e resta il candidato ideale. Loretta parla di “primarie”, queste sconosciute, di restituire la parola alle persone, di spegnere la tv e potenziare il web (cosa che ben fa Zingaretti con gli Hot Spot del Wi-fi gratuito a Roma); parla di programmi e di idee, di persone e di possibilità di scelta:

    • oggi Loretta Napoleoni, economista finanziaria e uno dei massimi esperti mondiali di terrorismo internazionale, risponde a una chiamata che non arriva da Bersani, Bindi o Ferrero, ma da un gruppo di utenti di Facebook, nuova patria della contestazione giovanile nell’era tecnologica
    • Lei è pronta ad attraversare l’Atlantico, lasciare il suo lavoro diviso tra Stati Uniti e Gran Bretagna – “ma solo per pochi anni, il tempo di una legislatura” – e sfidare col centrosinistra Renata Polverini per la poltrona di governatore del Lazio
    • non conosco la Polverini e comunque non mi schiero contro nessuno. Ho fatto un programma e su quello mi voglio confrontare. La gente voglio che scelga chi la governerà sulla base delle cose concrete proposte per la propria regione
    • Ho preso la decisione di candidarmi il giorno di Natale proprio perché a chiedermelo sono stati centinaia di internauti. La Rete è un mezzo di comunicazione importantissimo perché non ancora contaminato
    • Penso che la televisione stia gradualmente perdendo importanza. Io dico di ripartire dal web
    • E’ giusto che Zingaretti svolga un’indagine e individui la persona più adatta per la candidatura. Ma faccia le primarie, spero che le faccia così come scritto nel suo statuto, perché sia la gente a scegliere il candidato del centrosinistra tra esponenti del partito certo, ma anche tra persone che vengono dal di fuori, dalla società civile
    • Zingaretti non lo conosco ma se mi chiama ci parlo volentieri. E se il mio nome può servire a scuotere il Partito Democratico ben venga. Per me l’importante è che sia finalmente la gente a scegliere, perché c’è bisogno di uscire da questa apatia nella quale il Paese è caduto
    • Come si governa il Lazio?
      “Si governa come qualsiasi società, come si governerebbe un comune anche molto piccolo. Le logiche di amministrazione sono le medesime: bisogna ricordarsi che si sta gestendo la cosa pubblica e tutto quello che si fa lo si fa per esclusivo interesse della gente. Il politico è un servitore non un padrone. Credo che un’equipe di professionisti esperti ed onesti, che sappiano prestare le orecchie alla gente, possa fare grandi cose. Partendo da questo credo che oggi la prima regola sia quella del risparmio. Nelle amministrazioni ci sono sprechi indicibili e solo chi viene dal di fuori può fare questo. I politici di oggi vivono in un’altra dimensione. Ho visto il bilancio del Lazio e mi sono messa le mani nei capelli”
    • Dopo che Zingaretti ha concluso l’incarico esplorativo e in attesa di ulteriori possibili nomi, resta in campo Emma Bonino. Così Ignazio commenta la sua possibile candidatura: “Già due mesi fa dissi che nella difficilissima situazione della regione Lazio che si trova a dover fronteggiare un debito disastroso lasciato dalla giunta Storace serviva una persona come Emma Bonino. Ovviamente confermo il mio giudizio. Mi auguro che il PD regionale consideri con molta attenzione il fatto che quella di Emma Bonino sia una candidatura rilevante di una persona di grande prestigio, in grado di attrarre moltissimi voti del centro sisnitra. Non penso che si possa svolgere una valutazione sul Lazio prescindendo dalla candidatura di Emma Bonino.”

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Nicolini, Napoleoni, Bonino: per il Lazio boom di auto candidature. Ma il PD ancora in esplorazione.

Certamente qualche imbarazzo a Via del Nazareno deve esserci: mai vista così tanta partecipazione politica, loro, abituati a decidere al chiuso delle stanze dei palazzi di partito.

Il PD brancola nel buio, anche nel Lazio, soprattutto nel Lazio, quando la parte avversa ha già da settimane un candidato forte, la Polverini, e invece i democrats nemmeno si sognano UNA linea politica condivisa.

Eppure, l’aria che tira, seppure al di fuori delle suddette stanze, che permangono chiuse a qualsiasi interferenza, è di grande rinnovamento: nell’arco delle ultime ventiquattro ore, tre i coraggiosi volontari che si auto-candidano alla carica di governatore del Lazio, tre nomi eccellenti, la cui storia potrebbe pesare in maniera significativa sull’andamento del voto:  Renato Nicolini, architetto, politico (già Assessore alla Cultura dal ’76 all’85 nelle giunte di sinistra Argan, Petroselli e Vetere del comune di Roma, a partire dal 1983, fu Deputato al Parlamento italiano per tre legislature, fino al 1994) e drammaturgo, personalità eccentrica ma con un certo bagaglio valoriale  e una tradizione alle spalle:

Nicolini intende porsi come un’alternativa, che è anche un ritorno al passato. Tant’è vero che ha dichiarato di “poter rappresentare un progetto che vada oltre il modello Roma di Rutelli e Veltroni. Perché, anche la memoria è importante per progettare novità e voglio ricollegarmi ad Argan e Petroselli”. Nicolini ha già illustrato le sue priorità: il potenziamento della cultura a Roma e nel Lazio, in un ventaglio di settori che contempla tanto i beni archeologici quanto la ricerca, passando per cinema, teatro e televisione (fonte: Viterbo News);

Nicolini pensa che non si possa far finta di nulla:  “non si può neppure ricorrere a spostamenti di casella della nomenclatura poco graditi dagli elettori. Le primarie hanno un senso se scendono in campo idee e si vota su queste”.

Già abbiamo parlato di Loretta Napoleoni, nome di altissimo profilo, candidatasi con un programma ambizione che prospetta il pareggio di bilancio per la sanità regionale con un rilancio del servizio pubblico.

Oggi è la volta di Emma Bonino. Tutti sanno chi è Emma Bonino. Ha già uno stuolo di sostenitori su Facebook.

Così la pensa Ignazio Marino:

“Le diverse candidature annunciate nelle ultime ventiquattro ore per la guida della regione Lazio sono un fatto rilevante e coprono il vuoto dell’iniziativa politica del Pd a livello regionale. Renato Nicolini, Loretta Napoleoni, Emma Bonino sono candidati che, per lo loro storia personale e la loro esperienza meritano grande attenzione e rispetto e che potranno proporre valide proposte ai cittadini del Lazio. Il Pd non può ignorare queste novità e deve uscire al più presto dallo stallo che dura da due mesi. Mi auguro che il Pd del Lazio avvii rapidamente un confronto aperto per indicare possibilmente un suo candidato e che si chiarisca una volta per tutte se ci sono le condizioni per alleanze il più ampie possibile ma soprattutto solide perché  basate sulla condivisione sincera dei programmi e di progetti per il futuro della regione.
Il mio auspicio è che il Pd non si sottragga al passaggio delle primarie e coinvolga i suoi elettori, attraverso un metodo democratico, nella scelta del candidato migliore e più gradito in una regione in difficoltà, che sconta ancora oggi una grave crisi di bilancio causata dalla giunta di destra guidata da Francesco Storace. Non possiamo permettere che la regione ritorni nella mani di una destra che ha lasciato disastri tali che i cittadini pagano ancora oggi in sanità, nello sviluppo delle attività produttive, nella gestione dei rifiuti. Serve rapidità e chiarezza nella scelta del candidato presidente perché i cittadini non capiscono le nostre indecisioni e non conoscono su quali programma dovranno basare la loro scelta.”

La realtà è ben diversa: forse le primarie non verranno mai fatte, l’UDC le osteggia:

«Basta inutili esplorazioni – ha aggiunto Lorenzo Cesa -. Basta evocazioni di primarie. Basta con altri diversivi. Boccia è un moderato che per noi può immediatamente presentare una coalizione che non rimanga imprigionata nei veti dell’ultrasinistra radicale. Le 48 ore servono certo. Ma a dare questa risposta chiara e definitiva da parte del Pd» (fonte La Stampa.it);

l’UDC viene rappresentato da tutti i sondaggi come l’ago della bilancia: il PD, che ha smesso i panni del partito a “vocazione maggioritaria” che l’imprintig veltroniano gli aveva conferito, deve affidare la propria “anima” alle mani di Pierferdi Casini:

Proprio oggi sui giornali è apparso un sondaggio commissionato dall’Udc secondo il quale il partito di Pier Ferdinando Casini sarebbe determinante per la vittoria nel Lazio sia se si alleasse con il Pdl e Renata Polverini sia se si alleasse con il Pd, e il candidato scelto per la rilevazione è proprio Zingaretti, per il quale l’Udc tifava fin dall’inizio (fonte La Stampa.it).

Loretta Napoleoni, un progetto per sfidare la Polverini. Il PD ora scelga le primarie.

Non c’è pace per il PD: ora anche i "cervelli in fuga" di ritorno dall’America. Loretta Napoleoni si candida a raccogliere il cero corto del candidato alle regionali del Lazio per il centro-sinistra con il trattino. E’ sbarcata dagli States con il suo bel progetto nella valigia, e chiede a gran voce le primarie, consapevole di poter contare sul popolo di Facebook.
E che ne sarà dell’UDC? Schieratosi frettolosamente a destra, no, a sinistra, no a destra? Quale sarà il carro vincitore?
Un bel dilemma, che costringe i vertici del PD a scelte drammatiche: primarie di coalizione. E se vincesse la "straniera", che vuol fare il pareggio nella sanità regionale? Si sarà forse ammattita?

    • Un’altra donna in campo per la Regione Lazio: pronta ad attraversare l’Atlantico e la Manica per sfidare Renata Polverini. E’ Loretta Napoleoni, fra le massime esperte mondiali di terrorismo islamico ed internazionale, economista finanziaria e consulente di diverse amministrazioni ed organizzazioni internazionali. Romana di nascita e di studi ma poi ‘fuggita’ all’estero facendo fare fortuna al suo cervello soprattutto negli Usa e in Gran Bretagna.

    • pronta a tornare mettendo a disposizione del centrosinistra la sua candidatura per "un nuovo rinascimento del Lazio"

    • Loretta Napoleoni ha scelto che in Italia per qualche anno è pronta a tornare. Ha deciso a Natale. Quando, consultata la famiglia, ha risposto sì ad un gruppo di blogger politicamente impegnati.

    • dopo il no del Presidente della Provincia Nicola Zingaretti che ha resistito alle pressioni del suo partito e dell’Udc

    • Riprende così quota l’ipotesi di elezioni primarie, alle quali Napoleoni chiede di partecipare

    • E’ la ventiquattrore con cui arriva: contiene il programma con cui governare il Lazio nei prossimi cinque anni che ora chiede di poter illustrare al centrosinistra

    • Napoleoni pensa a una riforma sanitaria per il Lazio Obama style con conti in pareggio senza un solo taglio ai servizi.

    • efficienza energetica basata su fonti rinnovabili e sulla non economicità del nucleare e dall’altro metta la parola fine alle ‘emergenza rifiuti’e ai traffici della criminalità organizzata

    • Un nuovo welfare. Un piano definito di investimenti sul ‘capitale giovani’

    • un progetto sicurezza da accompagnare ad un modello di integrazione mutuato dalle diverse amministrazioni americane e anglosassoni di cui è stata consulente

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Le opposizioni naufraghe sullo scoglio delle regionali. PD, UDC, IDV e MoVimento 5 stelle in preda al caos.

Ma quale unitarismo in senso antiberlusconiano. Qui si guarda al tornaconto proprio. E chi resta in mezzo ai due fuochi – giustizialismo e appeasement – rischia di rimanere con il cervello fritto.
Le Opposizioni si sono arenate sullo scoglio della scelta dei candidati di colaizione alle prossime elezioni regionali, nessuno escluso: PD, IDV, UDC, MoVimento a 5 stelle. In ordine di gravità:

  1. nel Lazio, mentre Renata Polverini, ex segretaria UGL, candidata per il PdL, va alla televisione a Raidue per un’intervista senza contradditorio con Monica Setta, Nicola Zingaretti si è defilato, l’UDC si allea con la destra ( e forse non è la cattiva notizia), il PD brancola nel buio e nessuno prende posizione chiaramente (dov’è Bersani?);
  2. in Campania, il PD è diviso ancora – e siamo nel 2009, quasi 2010 – fra bassoliniani e antibassoliniani, mentre l’UDC vuole D’Amato, ex Confindustria, ma forse per un’alleanza con la destra;
  3. in Puglia, l’assemblea di ieri – sempre del PD – è finita in un parapiglia di grida e insulti fra sostenitori di Michele Emiliano e sostenitori di Nichi Vendola (con la complicanza che Emiliano non è neppure candidabile causa doppio incarico – è sindaco di Bari – e per esserlo gli servirebbe giusto una leggina regionale ad hoc che i vendoliani non vogliono votare);
  4. in tutto questo scenario di PD-dissoluzione, l’UDC fa la parte del leone, sapendo di essere determinante in ogni regione, un vero e proprio ago della bilancia, con quella manciata di voti che tutti anelano ma che nessuno è in grado di conquistare da sé, e si appresta a giocare il modulo doppiogiochista, con il PD in Piemonte, con il PdL in Lazio eccetera – un’alleanza anti-berlusconiana a macchia di leopardo, si direbbe;
  5. nel frattempo, l’IDV pone veti a questo e a quest’altro (in Campania osteggia i bassoliniani, in Puglia sostiene Vendola), ma non fa alcun passo avanti rispetto alla forma del partito ad personam quale è ed è sempre stata; Di Pietro sembra propendere per un congresso confermativo degli attuali assetti di partito e si attira le critiche dei girotondini nella persona di Flores D’Arcais, il quale lo invita oggi, a mezzo post, a farsi coraggio e aprire il suo partito ai movimenti, al popolo viola, alla base – a Grillo? – a nuovi giovani protagonisti (De Magistris?), in sostanza a mettere a pregiudizio la propria leadership, ovvero ad essere un po’ più democratico;
  6. infine, il MoVimento a 5 stelle, di cui già abbiamo parlato delle difficoltà interne, presente in sole tre regioni – Emilia-Romagna, Piemonte, Campania – ovvero laddove l’IDV non ha da temere la sua concorrenza come alfiere dell’antiberlusconismo, ancorché in crisi per la mancata realizzazione delle cosiddette “primarie dei cittadini”, prontamente archiviate dal coordinatore nazionale (Grillo stesso), in favore di candidati scelti dal coordinatore stesso, diciamo sulla base del “sentito dire”.

Inosmma, un bel parapiglia. Per finire, gustatevi la rassegna web sul tema e il filmato dell’Assemblea dei delegati del PD in Puglia (una bella pagina di democrazia, al grido di “andate a lavorare!”):

    • “A questo punto le primarie le chiedo io a Vendola”.
    • Sono le 16 quando i 126 delegati regionali si apprestano ad iniziare l’incontro nel quale, attraverso il voto segreto, dare il benestare alla candidatura di Emiliano. Il resto è storia, fatta di tensioni, urla e scontri verbali fra i sostenitori di Nichi Vendola e i rappresentanti del Pd.
    • Oggi, quindi, a dettare le sue condizioni è proprio il sindaco di Bari. “Voglio le primarie – ha dichiarato apertamente Emiliano – a patto che il consiglio regionale il 19 gennaio approvi la legge elettorale. Sarò felice in ogni caso – prosegue – sia che perda le primarie, perchè resterò sindaco, sia che le vinca, in modo da poter occuparmi della città da Presidente della Regione. In entrambi i casi – sottolinea – rimarrò con Vendola, il quale dovrà accettare il risultato delle primarie e riconciliarsi con me”.
    • Se dovesse vincere la destra, a rischio i 30mila posti di lavoro che sono stati il cavallo di battaglia, della campagna elettorale di Emiliano
    • Lazio, non pervenuto. Campania, non pervenuto. Puglia non pervenuto. In tre delle regioni più importanti per la sfida di marzo il centrosinistra non ha ancora designato i suoi candidati. Se volesse davvero vincere le elezioni regionali dovrebbe almeno provare a nominarli prima della chiusura delle liste.
    • Nel Lazio i casiniani sono già traslocati con la Polverini, applicando uno nuovo “modello doppiofornista” (indimenticabile definizione di Giulio Andreotti): dove è sicura la vittoria a destra vanno a destra, dove è sicura la vittoria a sinistra vanno a sinistra.
    • in Puglia in queste ore, dove è in corso una incredibile sfida fratricida fra il presidente uscente Nichi Vendola e lo scalpitante Michele Emiliano
    • le primarie sono sterilizzate, molti iscritti del Pd protestano per la mancata consultazione, e il nome di chi prevarrà nel duello fratricida ancora non si conosce

    • Ieri l’assemblea convocata a Bari per designare il candidato del partito di Bersani (la seconda, perché un primo sì a Vendola era già stato) non ha votato. Emiliano aveva chiesto un voto unanime per correre, non l’ha avuto. Per candidarsi ha bisogno di una legge ad personam che 15 consiglieri vendoliani non vogliono votare. Lo scontro, ambizioni personali a parte, è nato dal veto dell’Udc a Vendola. Ma il bello è che ancora non è certo che l’Udc correrà con il centrosinistra.
    • Il caso Campania è ancora più eloquente, e in qualche modo incredibile. Anche qui il candidato ancora non c’è perchè l’Udc ha chiesto un “segnale di discontinuità”. Enzo Amendola, il nuovo segretario regionale del Pd (un trentenne a cui non manca il dinamismo e il senso dei tempi) ha subito risposto: “Siamo disponibili a dare questo segnale”. Tradotto dalla lingua rituale del politichese, la discontinuità significherebbe scegliere un uomo che non viene dall’entourage del presidente uscente, Antonio Bassolino.
    • l’avversario storico di Antonio Bassolino, Vincenzo De Luca, sarebbe pronto a correre. Unico problemino: due rinvii a giudizio che rendono non proprio praticabile la candidatura, e che sono sicuramente poco digeribili dall’Italia dei Valori
    • difficile scegliere un bassoliniano, difficile scegliere un non bassoliniano. E difficile anche scegliere un candidato gradito all’Udc, senza avere la sicurezza che l’Udc ci sia
    • anche Amendola lo ammette: “E che ne so io, cosa decideranno De Mita e i suoi?”.
      Già, chi lo sa? Pierferdinando Casini era calato in Campania per gettare sul piatto un nome pesante: “Il profilo ideale sarebbe quello dell’ex presidente di Confidustria Antonio D’Amato“.
    • non si è capito se D’Amato sarebbe disposto a correre, e sostenuto da chi
    • L’unico dato positivo, alla fine, è che qui le primarie potrebbero celebrarsi. Sono state ufficialmente convocate per il 24 gennaio, ma le candidature si devono presentare entro il 9 gennaio
    • caso del Lazio. In questo momento l’unico nome in campo è quello di Esterino Montino, il vice di Marrazzo, che dopo il caso del video con i trans ha assunto la direzione della giunta prote-tempore
    • È tramontanta già la candidatura di Nicola Zingaretti, che pure aveva dato la sua disponibilità. Aveva fissato tre condizioni. I dalemiani gli hanno chiesto di accettare senza condizioni, lui si è tirato indietro. La più importante delle tre, era che in coalizione ci fosse anche l’Udc.
    • Ma i casiniani, come abbiamo visto, hanno già detto che si schierano a destra. Insomma: dal Piemonte alle Marche, dal Lazio alla Puglia, alla Campania, il partito di Casini, con il 6% ha il potere di veto su quello di Bersani, che ha il 30%. A Casini sicuramente conviene. Ma al Pd?
    • il silenzio di Bersani. “State tranquilli, sto lavorando per portare la coalizione alla vittoria”
    • in Puglia ha delegato le missioni diplomatiche (si fa per dire) a Massimo D’Alema. E nel Lazio – a quel che dicono i protagonisti – non è intervenuto
    • Dar vita ad una nuova opposizione è dunque un compito improcrastinabile. Opposizione larghissima nel paese, assente in Parlamento.
    • Di fronte a tale compito, un mero congresso di “rinnovamento”, da parte dell’Italia dei valori, è meno di un’aspirina per curare un cancro. Passare dal 7% al 9% non cambia nulla.
    • L’Italia ha un DISPERATO bisogno di una grande opposizione civile, di un grande Partito della Costituzione. Di una forza che può già ora raccogliere un italiano su quattro, e in un domani non lontano ambire alla maggioranza.
    • Mi domando perché Di Pietro tentenni ancora, di fronte alla strada maestra dello scioglimento del suo partito dentro un crogiuolo da lui stesso proposto e che veda co-protagonisti i movimenti della società civile, le lotte sindacali che si moltiplicano, le nuove generazioni “viola”, la cultura “azionista” e la scienza “illuminista”.
    • Caro Tonino, solo se avrai il coraggio e la lungimiranza di proporre questo Big Bang – per oggi, non per un fumoso domani – diventerai lo statista che puoi essere, e un’alternativa a Berlusconi.

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