Ma quale bufala, è l’effetto Grecia: le rivolte di piazza sull’orlo del default

foto La Repubblica

Effetto fallimento. O default. Chiamatelo come desiderate. Per il TG1 sono bufale. Bufala la presunta presenza di agenti sobillatori fra i dimostranti. Qualcuno ha dimenticato il potere di Internet: tramite la rete le idee circolano. Tutti abbiamo la possibilità di vedere e giudicare. Sia in quanto cittadini che netizen, abbiamo il diritto di sollevare questioni e porre domande. Così è stato fatto su questo blog, con il caso di GiaccaFaccia, la cui figura nelle primissime ore degli scontri è stata interpretata perlomeno come ambigua, con in mano quel manganello e quelle manette. Molti di voi hanno avuto la mia stessa percezione, vedendo quelle immagini. Molti altri hanno dubitato e hanno invitato alla cautela. Per molte ore nessuno è stato in grado di spiegare il ruolo di GiaccaFaccia negli scontri.

Ridurre il tutto alla dicotomia bufala/non bufala è riduttivo e serve a sviare l’attenzione dalla vera questione: tutti noi abbiamo il diritto di porre delle domande e di ricevere delle risposte. Ricordatevi che un blog non è un giornale. E’ uno spazio atipico in cui una o più persone esprimono il proprio punto di vista sul mondo. Si manifestano tramite il pensiero e la parola. Esercitano cioè la propria libertà individuale di espressione. Ecco, allora: per una volta i blog, facebook, la rete, ovvero le persone connesse ad essa per mezzo dei computer e delle linee telefoniche sono state in grado di determinare il dibattito dell’opinione pubblica. Stamane il giallo di GiaccaFaccia era su tutte le prime pagine. Era cominciato – forse – su questo blog (o su facebook). E’ stato ribaltato lo schema gerarchico dei produttori di informazione e dei consumatori di informazione. Non è la prima volta che accade, ma è successo di nuovo e succederà sempre più spesso. Perché? La ragione fondamentale è che le persone vogliono partecipare. Scendono in piazza e urlano. Sono più che altro giovani. Quei giovani che si connettono a internet e si informano non tramite le vie canoniche e irrigimentate dalla fedeltà al padrone dei telegiornali. Chi ha criticato l’ipotesi degli infiltrati ha aggiunto che martedì a Roma gli scontri non potevano essere ricondotti a poche decine di persone. Questa volta, hanno detto, è stato diverso. Erano centinaia. Non è stata la solita manifestazione con quei tafferugli quasi preordinati fra centri sociali e polizia. E’ stata guerriglia. Una rivolta vera e propria. Oserei dire, un atto di resistenza.

Cosa accade se una classe dirigente, l’intera classe dirigente, è divenuta impermeabile alla società e non è più in grado di fornire risposte alle domande della società medesima? Succede che la domanda inascoltata diviene sempre più forte fino a rompere gli argini dell’ordine sociale. La domanda inascoltata diventa legittima sul piano della moralità. Di fatto il potere che non ascolta la domanda che promana dalla società, che la rifiuta trincerandosi in un condizione di agio dorato, diventa potere dispotico (sì, anche se frutto di regolari elezioni). Allora diventa legittimo tutto, persino la resistenza con ogni mezzo, persino la violenza è legittima dinanzi al dispotismo. Lo è stato nel ’43, quando il paese era sotto il giogo dei nazisti. Lo potrebbe essere oggi, se la classe politica non mettesse in opera i necessari canali di circolazione delle élite, aprendo le liste elettorali alla libera scelta dell’elettore, permettendo che i partiti siano liberamente determinati dagli elettori nella formazione degli organi dirigenziali. Quella di martedì è stata una risposta emotiva, è vero, alla pantomina della fiducia comprata da Berlusconi. Ma è soprattutto una richiesta gridata di democrazia.

Fatti non dissimili da quanto accaduto in Grecia, quando la popolazione si è vista, da un giorno all’altro, privata dei diritti e decurtata nei salari. E’ quello che è successo in Inghilterra, quando una Camera dei Lord,quasi del tutto sorda e cieca, ha approvato l’aumento delle tasse universitarie. C’erano migliaia di giovani in piazza. Hanno lottato contro chi stava decidendo del loro futuro senza tenere minimamente conto della loro opinione. E’ l’effetto della Crisi del Debito: la cancellazione delle generazioni future. Che non ci stanno a essere depennate da chi quel futuro non lo vivrà affatto.

Pertanto chi festeggia per la fiducia strappata a furia di bigliettoni nelle tasche delle giacche di un Scilipoti qualsiasi, beve forse il calice della sua ultima cena. Poiché il governo, nel 2011, dovrà apportare alla spesa pubblica il colpo finale. Il PIL italiano langue da un decennio. Accade perché la nostra produttività è in costante calo. Perché la nostra attività lavorativa non crea abbastanza valore aggiunto. Per produrre spendiamo 100, il valore di ciò che abbiamo prodotto è 101. Una miseria. Ciò è a sua volta causato dal fatto che la classe imprenditoriale non è in grado di immaginare il futuro. Non crea nulla. Investe in prodotti standard a basso valore aggiunto. Per poter lavorare in profitto, è costretta a stringere sul costo del lavoro. Per quindici anni lo hanno fatto grazie alla precarizzazione dei contratti. Altri hanno delocalizzato. Adesso tentano di cancellare lo Statuto dei Lavoratori e il Contratto Collettivo Nazionale (o di operarne in deroga come vuole Marchionne). Pensate a quanto sono miseri, a quanto sono incapaci. Scaricano sui lavoratori la loro insipienza. Il governo non potrà in alcun modo stimolare la crescita, se non riducendo i diritti. Sarà chiamato a tagliare ulteriormente la spesa pubblica. Il debito ha toccato a Novembre un nuovo record, sebbene abbia un tasso di crescita inferiore a quello del debito dell’Inghilterra, per esempio. Arriveranno nuovi tagli alla scuola e all’Università. Tagli alla sanità pubblica. Tagli agli enti locali che saranno a loro volta costretti a tagliare i servizi fondamentali. Un lavoro sporco che Berlusconi dovrà fare giocoforza, pena il fallimento dello Stato. E allora, pensate davvero che Fini e Casini, Bersani e Di Pietro abbiano davvero perso con il voto di sfiducia di martedì scorso?

Resistenza