Formigoni Ineleggibile, respinto il ricorso del Movimento 5 Stelle

Formigoni ineleggibile, ricordate? L’art. 2, comma 1, lettera f della legge 165/2004 che pone il divieto di terzo mandato per i governatori delle Regioni?Oggi la prima sezione del Tribunale di Milano ha giudicato sul ricorso proposto dal Movimento 5 Stelle, nella persona del suo ex candidato governatore, Vito Crimi. Dopo circa un’ora e mezza di camera di consiglio, i giudici hanno deciso per respingere il ricorso. Le motivazioni verranno depositate fra dieci giorni. Formigoni era difeso da uno stuolo di avvocati. Anche la Regione Lombardia aveva i suoi avvocati in difesa del Governatore Seriale. Avvocati pagati dai contribuenti, dice Grillo dal suo blog.

Alcune ipotesi circa le motivazioni del respingimento del ricorso si possono fare, a cominciare da quella suggerita dai Radicali Cappato e Lipparini:

Per i radicali Marco Cappato e Lorenzo Lipparini, il fatto che i giudici del Tribunale di Milano abbiano respinto il ricorso del movimento Cinque stelle sull’ineleggibilità di Roberto Formigoni «non cambia nulla» […] al momento la sostanza non cambia – spiegano i due -: i Radicali presenteranno il ricorso sull’incandidabilità di Formigoni quando sarà pubblicato l’atto di convalida della sua elezione da parte del Consiglio regionale, non ancora votato dalla Giunta per le elezioni […] La convalida, e non altri documenti – osservano Cappato e Lipparini – è l’atto che la legge prevede si debba impugnare nel caso di contestazioni sul quarto mandato consecutivo del Presidente […] In Emilia Romagna l’atto di convalida dell’elezione di Vasco Errani, nella stessa condizione di Roberto Formigoni, è già stato adottato e i Radicali della Lista Bonino Pannella hanno depositato il ricorso nelle scorse settimane – Elezioni regionali, respinti due ricorsi per ineleggibilità Formigoni – Milano
Come già per il precedente ricorso presentato da Angiolini-Civati, il Tribunale potrebbe essersi dichiarato incompetente a giudicare l’elezione di Formigoni, in mancanza dell’atto definitivo per la sua convalida, atto che spetta alla Giunta per le Elezioni della Regione Lombardia. In mancanza di questo, il Tribunale non può esprimersi. Sembra chiaro che la sostanza non muta: la dichiarazione di ineleggibilità è solo rimandata.
Sitografia:

Manovra, la norma interpretativa che annulla i ricorsi della Tassa Rifiuti

Il CorSera pubblica oggi il testo completo della manovra finanziaria del governo Berlusconi per gli anni 2011-2013. A parte il giallo sulla mancata firma del (finto) premier, il quale pretendeva di apporre il suo sigillo soltanto dopo il benestare del Presidente della Repubblica, atto assolutamente irrituale, il testo contiene veramente la norma interpretativa dell’art. 238 del DLGS  3 Aprile 2006, n. 152, volta a impedire la restituzione dell’IVA illecitamente riscossa dai Comuni con la Tariffa di Igiene Ambientale, come da pronuncia della Corte Costituzionale n. 238/2009 (se ne parla su questo blog qui).

La norma di Tremonti ribalta l’interpretazione della Corte Costituzionale, la quale invece considerava la TIA equivalente alla TARSU, quindi attribuendole valore di tributo pagato dai cittadini per la prestazione di un servizio dal parte dell’amministrazione comunale, pertanto non assogettabile ad IVA. E’ possibile ribaltare per legge una sentenza della Corte Costituzionale?

Art. 14 – Patto di stabilità interno ed altre disposizioni sugli enti territoriali

33. Le disposizioni di cui all’articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria.

Occorre innazitutto dire che la Corte si pronuncia sulla vecchia TIA Ronchi (DLGS 22/97), ma la nuova TIA non sembra presentare alcun elemento di difformità dalla precedente. Il DLGS n. 152/2006 parla chiaro: Art. 238 – Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, comma 1: ” Chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa. La tariffa costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani […] comma 4: “La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio”[… ] “nonché da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione” (DLGS n. 152/2006).

La Corte Costituzionale, nella sentenza del 2009, ha evidentizato l’identità dei due prelievi (TIA Ronchi e TARSU)  in fatto di obbligo del pagamento e dei soggetti obbligati,  in fatto di struttura autoritativa, di criteri di commisurazione e pure in fatto di accertamento e liquidazione:

Con riguardo, poi, alla disciplina dell’accertamento e della liquidazione della TIA, la lacunosità delle statuizioni contenute nel comma 9 dell’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997 (il quale si limita a prevedere che «la tariffa è applicata dai soggetti gestori nel rispetto della convenzione e del relativo disciplinare») può essere colmata con l’esercizio del potere regolamentare comunale previsto per le entrate «anche tributarie» (Corte Cost. cit.).

La TIA, in maniera analoga alla TARSU, conclude la Corte, ha “la funzione di coprire anche le pubbliche spese afferenti a un servizio indivisibile, reso a favore della collettività e, quindi, non riconducibili a un rapporto sinallagmatico con il singolo utente” (ibidem). Le poche differenze fra i due prelievi non sono sufficienti a caratterizzare in ‘senso privatistic’ la TIA:

L’unica sostanziale differenza sul punto tra i due prelievi si riduce al fatto che, mentre per la TARSU il gettito deve corrispondere ad un ammontare compreso tra l’intero costo del servizio ed un minimo costituito da una percentuale di tale costo determinata in funzione della situazione finanziaria del Comune (art. 61, comma 1, del d.lgs. n. 507 del 1993); per la TIA il gettito deve, invece, assicurare sempre l’integrale copertura del costo dei servizi (art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997). Tuttavia, tale differenza non è sufficiente a caratterizzare in senso privatistico la TIA, perché nulla esclude che una pubblica spesa (come il costo di un servizio utile alla collettività) possa essere integralmente finanziata da un tributo (ibidem).

Poi il passaggio fondamentale, che annulla all’istante qualsiasi effetto per la ‘norma interpretativa’ di Tremonti:

la rilevata inesistenza di un nesso diretto tra il servizio e l’entità del prelievo – quest’ultima commisurata, come si è visto, a mere presunzioni forfetarie di producibilità dei rifiuti interni e al costo complessivo dello smaltimento anche dei rifiuti esterni – porta ad escludere la sussistenza del rapporto sinallagmatico posto alla base dell’assoggettamento ad IVA ai sensi degli artt. 3 e 4 del d.P.R. n. 633 del 1972 e caratterizzato dal pagamento di un «corrispettivo» per la prestazione di servizi. Non esiste, del resto, una norma legislativa che espressamente assoggetti ad IVA le prestazioni del servizio di smaltimento dei rifiuti, quale, ad esempio, è quella prevista dall’alinea e dalla lettera b) del quinto comma dell’art. 4 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, secondo cui, ai fini dell’IVA, «sono considerate in ogni caso commerciali, ancorché esercitate da enti pubblici», le attività di «erogazione di acqua e servizi di fognatura e depurazione, gas, energia elettrica e vapore». Se, poi, si considerano gli elementi autoritativi sopra evidenziati, propri sia della TARSU che della TIA, entrambe le entrate debbono essere ricondotte nel novero di quei «diritti, canoni, contributi» che la normativa comunitaria (da ultimo, art. 13, paragrafo 1, primo periodo, della Direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006; come ribadito dalla sentenza della Corte di giustizia CE del 16 settembre 2008, in causa C-288/07) esclude in via generale dall’assoggettamento ad IVA, perché percepiti da enti pubblici «per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità» (come si desume a contrario dalla sentenza della Corte costituzionale n. 335 del 2008), sempre che il mancato assoggettamento all’imposta non comporti una distorsione della concorrenza (distorsione, nella specie, non sussistente, in quanto il servizio di smaltimento dei rifiuti è svolto dal Comune in regime di privativa) (ibidem).

Pertanto la norma di Tremonti è da ritenersi assolutamente illegittima, poiché pretende di ribaltare una sentenza della Corte e, in secondo luogo, viola la normativa comunitaria espressa dalla Direttiva n. 2006/112/CE e dalla sentenza della Corte di Giustizia CE C-288/07.

Fate il ricorso. Pretendete i vostri soldi percepiti illegalmente. Esercitate il vostro diritto.