Alfano che siede alla destra dell’ndrangheta

Angelino Alfano è segretario di quel partito che si è visto azzerare una giunta comunale per collusione con l’ndrangheta. Ma è anche segretario di quel partito che governa al Palazzo della Lombardia per mezzo del governatore seriale, alias Roberto Formigoni, che annovera fra i propri assessori un tale di nome Zambetti, eletto con i voti ‘ndranghetisti. Oggi, il segretario ha avuto il coraggio di commentare la scelta del governo di sciogliere il Consiglio Comunale di Reggio Calabria. E a sorpresa ha espresso la propria solidarietà agli amministratori del capoluogo reggino. Vale a dire si è detto solidale con alcuni signori ritenuti, da una attenta e scrupolosa indagine del Viminale, collusi con l’ndrangheta. Ignorati dieci anni di progressi, ha tuonato.

Lo scioglimento di Reggio è direttamente correlato con quanto si sta scoprendo a Milano. E la linea rossa che connette i due capoluoghi di regione, attraversa come una ferita il partito dell’ex presidente del Consiglio Berlusconi. La relazione del Viminale accenna a un collegamento fra la società ‘mista’ Multiservizi del Comune di Reggio Calabria e un ufficio di Milano, sito in via Durini  14. La Multiservizi fu sciolta a Luglio poiché la Prefettura le revocò il certificato antimafia e il Comune, guidato dal pidiellino Demetrio Arena, ha dovuto giocoforza prendere tale decisione. L’impresa era infiltrata dalla cosca guidata dal boss ex latitante Giovanni Tegano. Gli Interni hanno evidenziato come la direzione di questa società, posseduta per il 51% dal Comune, fossero collegate all’ufficio di via Durini. Che è anche sede delle attività di tale Bruno Mafrici, avvocato, già noto alle cronache per esser stato il consulente finanziario del tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito.

Trentasette anni e un bigliettino da visita sul quale c’è scritto avvocato, anche se Mafrici, calabrese di Condofuri, non si è mai abilitato alla professione. Il suo quartier generale è nella centralissima via Durini a Milano. Qui si incontravano tutti. Leghisti, affaristi, uomini fortemente in “odore” di ‘ndrangheta come Romolo Girardelli, l’ammiraglio, vecchi arnesi dell’estremismo di destra riciclati e diventati pezzi grossi della Milano da bere. […] Entra nelle grazie di Francesco Belsito, il tesoriere della Lega, che lo fa nominare consulente del ministero per la Semplificazione di Roberto Calderoli, ma cura anche i rapporti con esponenti del Pdl (Malitalia.it).

Il nome di Mafrici entra più volte nella relazione del Viminale, spesso in relazione con tale Pasquale Guaglianone. Guaglianone è un commercialista ed è titolare dello studio Mgimi. E’ sempre stato legato ad ambienti di estrema destra (“nel 1992 è stato condannato per associazione sovversiva e banda armata per il suo ruolo nei Nar”, Il Fatto Quotidiano, 13 Aprile 2012). Dopo la condanna, si è reinserito in società aprendo bar e palestre, ma è indicato come un uomo molto vicino all’ex ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Si è anche candidato con Alleanza Nazionale per le elezioni comunali di Milano del 2005.

Ritrovare il nome di Mafrici nell’inchieste su Belsito e ora nella relazione del Viminale fa un po’ specie. E solleva un sospetto: che il gruppo di potere che è passato sotto il nome di centro-destra sia stato in realtà un canale relazionale che ha permesso alla criminalità organizzata calabrese (ma non solo) di insediarsi stabilmente nelle regioni del Nord. E’ solo un sospetto che però le parole di Umberto Bossi di oggi tendono a tramutare in indizio. La sua difesa della poltrona di Formigoni, ora che è emerso il sistema di compravendita di voti all’ndrangheta, fa a pugni con lo spirito giustizialista che ha (o avrebbe) sempre animato la Lega Nord.

Formigoni e l’ufficio di presidenza a sua insaputa

Davide Boni è presidente del Consiglio Regionale della Lombardia, leghista della prima ora – così si dice per intendere che si tratta di un duro e puro, uno che ha fatto chiudere la moschea di viale Jenner e che voleva mettere al bando i phone center gestiti da immigrati. Nel 1993 e’ stato eletto presidente della Provincia di Mantova, ruolo che ha ricoperto fino al 1997. E’ stato segretario provinciale del Carroccio di Mantova dal 1992 al 1993 e responsabile nazionale Enti Locali Padani dal 1997 al 2000. Da oggi è anche indagato per corruzione. I fatti che gli sono contestati dai magistrati risalgono al periodo in cui era assessore al Territorio e Urbanistica (2008-2010), prima cioè delle elezioni regionali del 2010 durante le quali ha raccolto 13mila preferenze. I denari ottenuti dalle tangenti sarebbero stati dirottati al partito. Ricordate? Solo qualche settimana fa ci si chiedeva come e perché la Lega Nord avesse investito – lecitamente – milioni di euro in fondi esteri dal profilo finanziario estremamente rischioso (la Lega Tanzania). Si diceva che erano i soldi dei rimborsi elettorali. Ora vien da chiedersi se fra di essi non ci fosse anche il milione di euro ottenuto da Boni con i favori di quand’era all’Urbanistica.

Per Formigoni si tratta in ogni caso di “responsabilità personale”. La leggerezza e l’ipocrisia con cui lo dice sono disarmanti e fastidiose insieme. Non si è reso conto che del suo Ufficio di Presidenza non è rimasto nessuno? E la responsabilità politica dove la vogliamo mettere? Chissà che non ci ritroveremo tutti al Caffè Formigoni a discettare di affari e politica, domani, su Youtube. Il presidente è maggiormente dedito alle campagne mediatiche che a tenere sotto controllo i sui ‘sottoposti’.  Per oggi è riuscito a cavarsela dicendo che per Boni vale la ‘presunzione d’innocenza’. Di quel famoso Ufficio di Presidenza del 2010, sono stati eliminati in quattro: Penati, Boni, Ponzoni e Cristiani. La meglio gioventù della Regione Lombardia, sia a destra che a sinistra.

Un presidente di Regione che non si dimette dopo che il quarto componente del suo – suo! – Ufficio di Presidenza è stato indagato per tangenti, è un uomo che semplicemente aspetta il giorno in cui lo verranno a prendere. Non c’è altra spiegazione.

Governatori seriali Formigoni ed Errani, pietra tombale del Tar sui ricorsi

Capitolo Governatori seriali, alias Formigoni ed Errani: il Tar ha deciso lo scorso 17 Settembre della causa fra Giovanni Favia e Vasco Errani (Emilia-Romagna). Il ricorso era stato presentato dal Movimento 5 Stelle sia contro Formigoni che contro Errani. Entrambi sono stati bocciati. Medesima decisione da due tribunali diversi. Più volte su questo blog si era sostenuto la validità dell’interpretazione della immediata applicabilità dell’art. 2 comma 1, lett.f) della legge 165/2004 (formulata da giuristi del calibro di Valerio Onida e Vittorio Angiolini). Per una summa degli interventi precedenti, vi rimando a questo post.

Il Tar ha demolito il pilastro fondante della predetta via interpretativa che contemplava nel comma 1, lett. f, il cosiddetto divieto di terzo mandato, diveito che avrebbe impedito ai due Governatori anche solo di ricandidarsi alla carica. In particolare, per il Tar:

  1. E’ EVIDENTE IL RICHIAMO ALLA LEGISLAZIONE ATTUATIVA REGIONALE: solo per l’ipotesi di cui alla lettera f), a differenza delle precedenti previsioni di cui alle lettere a), b), c), d) ed e), il legislatore statale ha inteso dover ripetere il richiamo alla legislazione regionale attuativa (“sulla base della normativa regionale attuativa in materia”) che già risultava sia dall’art. 1 che dal primo comma dell’art.2, e tale espressa specificazione non può essere ignorata dall’interprete. Con tale inciso il legislatore ha voluto espressamente individuare il dies a quo nell’applicazione del principio di cui alla citata norma nelle prime elezioni successive all’avvenuta ricezione della norma de qua da parte della legislazione delle singole regioni. In breve, all’adozione della legge elettorale regionale. Il legislatore ove avesse voluto disporre l’immediata applicazione della norma, avrebbe dovuto espressamente disporlo, e non certo qualificare la norma come norma di principio – non solo nella rubrica dell’articolo ma anche nel testo dello stesso – subordinandone, poi, l’efficacia all’adozione della legge di ricezione della Regione.
  2. LA NORMA AFFERISCE ALLA MATERIA ELETTORALE, NON GIA’ ALLA MERA ELEZIONE DIRETTA: La stessa Corte Costituzionale (Corte Cost.n.203/03) ha, infatti, più volte affermato che la disciplina delle cause di incompatibilità ed ineleggibilità afferisce al “sistema di elezione”, secondo l’espressione utilizzata dall’art. 122 Cost., ossia alla materia elettorale. Proprio l’afferenza delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità alla materia elettorale, in relazione alle quali è dettato il principio di cui all’art.2, lett. f, legge 165/2004, impone una interpretazione dell’inciso della medesima lettera (“sulla base della normativa regionale adottata in materia”) come riferito non all’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale (come sostenuto dal ricorrente) bensì alla disciplina delle incompatibilità ed ineleggibilità e, più in generale, alla materia elettorale.
  3. L’ART. 2 l. 165/2004 E’ INAPPLICABILE PER MANCANZA DELL’OGGETTO DELLA LEGGE: la Suprema Corte, seppur in termini di obiter dictum, con la decisione n.4327 del 1.1.2005, ha affermato l’inapplicabilità “per mancanza del suo oggetto, vale a dire della legge regionale, cui compete la disciplina in materia della legge n.165 del 2004.
  4. LA NORMA NON E’ ESAUSTIVA DI TUTTE LE FATTISPECIE: Si osserva, ancora, che il testo della citata lettera f), dell’ali. 2 1. 165/2004, benché molto chiaro e dettagliato, non affronta tutti gli aspetti che in concreto possono evidenziarsi, ed in particolare tace- e tale lacuna denuncia la necessità di una norma attuativa,- sulla mancanza dei mandati anzitempo conclusi […] Anche la forma elettorale, ossia la elezione diretta a suffragio universale del Presidente regionale potrebbe non essere adottata dallo statuto regionale (art. 122 ultimo comma della Costituzione).

Di fatto, la legge elettorale regionale è necessaria affinché il divieto di terzo mandato possa avere effettività. Al contempo, se ne deduce che una legge elettorale che non contempla il divieto di terzo mandato, in un regime di elezione diretta del Presidente della Regione, confligge con l’art. 2, comma 1, lett. f della legge 165/2004. Di fatto, è stato creato un sistema in cui si premia il comportamento omissivo del legislatore: basta non fare mai una nuova legge elettorale regionale per essere liberi da qualsiasi limite di numero di mandati. Abbiamo concepito, primi al mondo, la figura del Governatore Seriale.

Liste Regionali: Formigoni chiese l’intercessione della P3?

Secondo una informativa dei Carabinieri, la fantomatica Loggia P3, l’organizzazione segreta a scopo lobbistico facente capo al vecchio Flavio Carboni, agì su mandato di Formigoni presso il presidente della Corte d’Appello di Milano, Alfonso Marra, nei giorni del pasticcio delle liste delle regionali, al fine di pilotare la decisione della Corte di Appello medesima chiamata a decidere sui ricorsi contro il listino pro-Formigoni, Per la Lombardia:

“Non appena Marra – proseguono i carabinieri – ha ottenuto, dopo un’intensa attività di pressione esercitata dal gruppo (ed in particolare da Pasquale Lombardi) sui membri del Csm, l’ambita carica, i componenti dell’associazione gli chiedono esplicitamente, peraltro dietro mandato del presidente Formigoni, di porre in essere un intervento nell’ambito della nota vicenda dell’esclusione della lista ‘Per la Lombardia». Al riguardo, i carabinieri citano una telefonata del primo marzo 2010 di Formigoni all’imprenditore campano Arcangelo Martino nella quale chiede: “Ma l’amico, l’amico, l’amico Lombardo, Lombardo lì, Lombardi è in grado di agire” (Libero-News.it).

Formigoni – naturalmente – smentisce. E’ una bufala. Il PD chiede chiarimenti. Sono fatti gravi, avvertono Emanuele Fiano e Andrea Orlando, responsabili Sicurezza e Giustizia del Partito Democratico.

Non è il caos, ma poco ci manca.

Così Cappato, leader dei Radicali lombardi:

Un presidente di Regione al potere ininterrottamente da 16 anni che cerca di sfruttare la propria influenza per condizionare il corso della giustizia – ha concluso l’esponente dei radicali – diventa un pericolo per la democrazia e lo stato di diritto. Del resto, è proprio questa la ragione della norma che limita a due i mandati consecutivi per un presidente di Regione, norma che Formigoni ha scelto di ignorare in modo evidentemente pericoloso per se stesso oltre che per tutti i lombardi». (Ansa)

Formigoni Ineleggibile, respinto il ricorso del Movimento 5 Stelle

Formigoni ineleggibile, ricordate? L’art. 2, comma 1, lettera f della legge 165/2004 che pone il divieto di terzo mandato per i governatori delle Regioni?Oggi la prima sezione del Tribunale di Milano ha giudicato sul ricorso proposto dal Movimento 5 Stelle, nella persona del suo ex candidato governatore, Vito Crimi. Dopo circa un’ora e mezza di camera di consiglio, i giudici hanno deciso per respingere il ricorso. Le motivazioni verranno depositate fra dieci giorni. Formigoni era difeso da uno stuolo di avvocati. Anche la Regione Lombardia aveva i suoi avvocati in difesa del Governatore Seriale. Avvocati pagati dai contribuenti, dice Grillo dal suo blog.

Alcune ipotesi circa le motivazioni del respingimento del ricorso si possono fare, a cominciare da quella suggerita dai Radicali Cappato e Lipparini:

Per i radicali Marco Cappato e Lorenzo Lipparini, il fatto che i giudici del Tribunale di Milano abbiano respinto il ricorso del movimento Cinque stelle sull’ineleggibilità di Roberto Formigoni «non cambia nulla» […] al momento la sostanza non cambia – spiegano i due -: i Radicali presenteranno il ricorso sull’incandidabilità di Formigoni quando sarà pubblicato l’atto di convalida della sua elezione da parte del Consiglio regionale, non ancora votato dalla Giunta per le elezioni […] La convalida, e non altri documenti – osservano Cappato e Lipparini – è l’atto che la legge prevede si debba impugnare nel caso di contestazioni sul quarto mandato consecutivo del Presidente […] In Emilia Romagna l’atto di convalida dell’elezione di Vasco Errani, nella stessa condizione di Roberto Formigoni, è già stato adottato e i Radicali della Lista Bonino Pannella hanno depositato il ricorso nelle scorse settimane – Elezioni regionali, respinti due ricorsi per ineleggibilità Formigoni – Milano
Come già per il precedente ricorso presentato da Angiolini-Civati, il Tribunale potrebbe essersi dichiarato incompetente a giudicare l’elezione di Formigoni, in mancanza dell’atto definitivo per la sua convalida, atto che spetta alla Giunta per le Elezioni della Regione Lombardia. In mancanza di questo, il Tribunale non può esprimersi. Sembra chiaro che la sostanza non muta: la dichiarazione di ineleggibilità è solo rimandata.
Sitografia:

Formigoni e Errani ineleggibili: dove eravamo rimasti

Ora che i Consigli Regionali si sono insediati e i governatori e le Giunte sono nel pieno delle loro funzioni, ritorna la spada di Damocle della ineleggibilità per il divieto di terzo mandato. Se ne sono dimenticati, in molti ma non in tutti. In attesa del ricorso, annunciato e poi persosi nelle nebbie, di Beppe Grillo, qualcuno agita la palude. E’ Mantini, dell’UDC, mentre annuncia che l’UDC non farà ricorso contro il Governatore Seriale né contro Errani, ma – dice lui – “non escludo che singoli candidati e cittadini possano porre il tema”. Un suggerimento? Per Mantini, “i Consigli regionali neo eletti, cui spetta la dichiarazione di ineleggibilità, devono dimostrare che non si comportano come “caste” ma che rispettano i principi fondamentali della legge statale”. Certo, peccato che il legislatore abbia inserito nella medesima legge 165/2004 il principio ‘simul stabunt vel simul cadent’ (citato anche dalla consulta nella sentenza 2/2004), ovvero se cade il Governatore, cade anche il consiglio Regionale. Quindi il Consiglio della Lombardia, piuttosto che quello dell’Emilia Romagna, voterà mai per ‘suicidarsi’?

Formigoni ed Errani erano ineleggibili: denuncia di Mantini per le elezioni regionali

Per un riassunto sulla vicenda:

Regionali, il divieto di terzo mandato è un principio fondamentale. La non rieleggibilità di Formigoni.

Regionali, divieto di terzo mandato: il silenzio del PD, il silenzio di tutti

Divieto di terzo mandato, l’incoerenza e l’incostituzionalità.

Regionali, per La Loggia Formigoni è eleggibile. Basta non far valere la legge dello Stato.

Regionali, basta un ricorso e Formigoni va giù. Giovanni Favia alza la voce su Errani.

Divieto di terzo mandato. Ve lo spiega Vittorio Angiolini.

No Formigoni Day: firma la petizione online contro i Governatori a vita.

Ineleggibilità Formigoni, il ricorso dei cinque ribelli del PD. Il Governatore Seriale: “non conoscono il diritto”.

Formigoni ineleggibile, pronto il decreto? La risposta del ministro Raffaele Fitto.

Formigoni ineleggibile, la Corte di Appello non si pronuncia sul ricorso: troppo complesso. La vittoria dei Radicali sulla lista PdL lombarda.

Beppe Grillo, che tonfo! Errani e Formigoni sono ancora ineleggibili.

Grecia, Formigoni, Bond: chi resta con il cero corto

Domani, in tempi molto sospetti, Angela Merkel applaudirà al voto tedesco sul maxi prestito al governo di Papandreou e tutti vivranno nuovamente felici e contenti. Così Formigoni vorrebbe, ardentemente vorrebbe. Ma i 30 mld di euro del prestito UE-FMI sono lievitati nel frattempo a 45 e il Bundestag sarà costretto a ingoiare un boccone indigesto. Tutti siamo certi sarà l’unico. E invece si scopre che il bubbone finanziario ha radici molto profonde, radici malate, eppure con diramazioni fittissime  e non pienamente conosciute. Rendiamo grazie ai banksters e al capitalismo finanziario made in ‘swinging London’ (naturalmente Washington ha dato una mano).

Dove sono diramati i perfidi tentacoli dei bond della Grecia? C’è chi parla di rischio sistemico. C’è chi è convinto che salvare la Grecia sarà come salvare sé medesimo. Se la speculazione ha colpito la Grecia, è come se avesse colpito alla base un castello di ‘carte’: cade la Grecia, cadono tutti, poiché i titoli tossici sono nelle tasche non di ignoti, ma delle nostre istituzioni finanziarie, dalle banche agli enti locali.

E’ il caso – lo avrete letto – della Lombardia e del famoso prestito obbligazionario dell’anno formigonensis 2002, quando l’amministrazione regionale decise di accendere un bond da un miliardo di euro, per “finanziare opere infrastrutturali e interventi nella net economy” (siamo nel 2010 e la Lombardia a che punto è nella net economy?). Una parte del prestito – 115 mln – fu deciso di reinvestirla in strumenti finanziari sicuri, ovvero in bond di un paese europeo aderente all’euro: la Grecia. Ma la curiosa coincidenza è che questo giochetto dell’investimento con i soldi degli altri sono proprio le banche a gestirlo. Banche che rispondono al nome di Ubs e Merril Lynch. Le medesime che piazzano sul mercato il bond di Formigoni. Qualcuno cercò di indagare sul bond lombardo già nel 2007. Un trucchetto che funziona così:

La particolarità dell’emissione consiste nella modalità del rimborso, che non viene diluito mensilmente o annualmente, ma tutto insieme alla fine del contratto. Nel frattempo, però, la Regione per non trovarsi a dover sborsare tutto il debito in una sola volta, accantona in un fondo (sinking fund) il capitale da restituire. Il fondo non è un semplice fondo di ammortamento, ma viene gestito attivamente dalle due banche. Ovvero possono investire quei soldi in altri titoli, riconoscendo in caso di buon esito un rendimento alla Regione pari agli interessi del bond e tenendo per sé l’extra-rendimento. Qualora le cose andassero male, il rischio resta semplicemente a carico dell’Ente. Il risvolto peggiore è che quei soldi vadano in fumo e l’Ente si trovi a dover pagare due volte l’ importo del bond (Archivio Storico – La Repubblica.it).

Morale della favola? Formigoni è convinto che la Grecia non fallirà. Beata incoscienza.

Beppe Grillo, che tonfo! Errani e Formigoni sono ancora ineleggibili.

Ancora in merito al DDL Salva Effetti del DL Salva Liste: il blog di Grillo titola a grandi caratteri “Errani e Formigoni riverginati”. Oibò, che il DL Salva-Liste avesse effetti sulla legge 165/2004 art. 2, comma 1, lettera f, norma che introduce il divieto di terzo mandato come principio fondamentale delle leggi elettorali regionali nella elezione del Governatore, legge statale attualmente in vigore e mai emendata, è una novità. Ma leggiamo dal blog di Grillo, noto giurista:

Ieri, 15 aprile 2010, si è varcato il Rubicone della legalità. Alea iacta est. Il protagonista non è stato Giulio Cesare, ma più modestamente il duo Pdl-Pdmenoelle che si esibisce da quasi vent’anni nella distruzione della democrazia in Italia, riuscendovi peraltro benissimo. Il fiume non era il Rubicone, ma il Parlamento, la Cloaca Massima della politica italiana. La Camera ha approvato con 435 voti a favore, 21 contrari e 41 astensioni la legge salva Errani-Formigoni (Errani e Formigoni riverginati, blog di Beppe Grillo).

Sì, si riferisce proprio al disegnino di legge PD-PdL per mantenere salvi gli effetti del Decreto Salva-Liste, bocciato dall’aula solo lunedì scorso. Peccato che, come predetto, il contestatissimo decreto non intervenisse in alcun modo sulla legge 165. E come potrebbe? Dovrebbe contenere articoli che emendano la medesima 165/2004. E’ forse così? Il decreto conteneva altresì norme di interpretazione legittima per salvare il listino Formigoni in Lombardia e quelli del PdL e della Polverini nel Lazio. Chiaro? L’ineleggibilità è un’altra cosa, è una questione spinossissima e difficile da specificare anche con un decreto – infatti servirà certamente pronuncia del Consiglio di Stato, forse pure della Consulta. Ma Grillo insiste:

E’ una legge a posteriori per legittimare un comportamento fuori legge a priori. Il decreto salva liste è un’istigazione a leggi ex post fai da te. Hai evaso il fisco? Nessun problema, ti riunisci in salotto con i famigliari e fai un decretino ex post con uno scudo fiscale. Sei stato licenziato insieme ad altri precari? Convochi un’assemblea per approvare una legge per il reintegro immediato. Non riesci a pagare le bollette dell’acqua, della luce e del gas? Scrivi una legge ex post per un’autoriduzione del 100% e la spedisci a Equitalia con affrancatura a carico del destinatario (ibidem).

Ecco, forse l’attenzione stava paurosamente calando, e allora era necessario rinfocolare il sentimento anti PD. Infatti il post ha ricevuto commenti di fuoco contro il partito di Bersani. Ma almeno, visto che sono palesemente in errore, che si producano in una smentita con scuse. Loro, lo hanno pur detto, la rete non si lascia sfuggire nulla. E neppure Grillo è esente dal controllo, sia chiaro. Che sia il post fasullo una occasione per rimangiarsi la promessa di un ricorso contro Errani e Formigoni?

Regionali 2010, in bilico insieme alle regioni in bilico. La diretta dello spoglio.

Su Yes, political! si sceglie di seguire in diretta lo spoglio delle due regioni più interessanti, quelle che si concluderanno al fotofinish: Piemonte e Lazio.

Per il Piemonte: http://www.radiogold.it/site/index.php

Per il Lazio: http://www.repubblica.it/static/speciale/2010/elezioni/regionali/index.html?refresh_cens

Alla fine la spuntano sia Cota che Polverini. Il PdL dà il via ai festeggiamenti, ma la sua è una vittoria di Pirro, la Lega sfonda poi sfonda solo nel Lombardo-Veneto, ed è partito di maggioranza relativa in Veneto. Bresso chiederà il riconteggio dei voti, ma per il PD c’è poco da contestare: finisce 7 a 6 (con la Lombardia sub judice per la questione del divieto di terzo mandato).

In Lombardia, eletto consigliere regionale Giuseppe Civati; medesia sorte per Giulio Cavalli per IDV; ce la fa anche Thomas Casadei in Emilia-Romagna (PD, area Marino); per il Mov 5 Stelle, eletto Favia in Emilia-Romagna in virtù del voto nelle liste circoscrizionali di Bologna e Modena; Luisa Capelli raccoglie solo 196 voti nella circoscrizione Roma; Abonante in Piemonte non va oltre le 2300 preferenze (pur un buon risultato, ma forse non basta). In Piemonte e Lazio, l’incertezza del risultato finale ha rallentato di molto la computa del voto di lista. Più tardi i risultati finali e le considerazioni di merito. Ma il risultato nazionale non è certo un premio per il PdL, il partito del (finto) premier: chiude con un risultato inferiore alle Europee di quasi l’8%.

23.05, in pratica Cota ha quasi vinto in Piemonte; si annuncia l’enplain della Lega: Piemonte, Lombardia e Veneto al Carroccio; qualcosa è cambiato;

23.05, Lazio, Polverini chiama a raccolta i suoi, per festeggiare?

23.00, Cota è davanti del 3% quando manca il 27% delle sezioni;

22.55, Lazio, ora la vittoria di Polverini è un oscuro fantasma, rimonta a meno 2000 voti, 80% l’avanzamento dello scrutinio

22.45, a Brescia il più votato è Renzo Bossi – viva la meritocrazia.

22.35, Piemonte, sostanziale parità fra PD e PdL, divise da circa un punto percentuale; piccola crescita della Lega, 1.36%; l’astensionismo punisce tutti;

22.30, Lazio, si riduce lo scarto fra Bonino e Polverini, ora pari a circa 4.500 voti

22.30, La Russa, le regioni vinte da PdL e Lega sono più popolose, ergo le eventuali elezioni mid-term confermano la maggioranza al governo (???? chi glielo spiega che non è così?)

22.25, Lombardia, Civati ce la fa in Brianza!

22.25, Proiezioni Rai danno Cota vincente;

22.15, Formigoni, “siamo al quarto successo consecutivo, mai visto da altre parti”; certo, da altre parti è illegale, e anche in Lombardia;

22.15, Piemonte, Bresso in difficoltà, circa 2 punti di svantaggio su Cota

22.15, Lazio, scrutinio al 67%, Bonino 49,9%

21.20, Lazio, 58% di sezioni scrutinate, Bonino avanti ancora, 50.38%, quasi 20.000 voti.

21.20, Piemonte, circoscrizione Torino, Bresso sotto la soglia del 55%, indispensabile per vincere. Bresso vince solo a Torino; le altre provincie del Piemonte votano tutte per Cota, con vantaggio massimo anche del 14% (Cuneo). Torino però vale metà vittoria (più popolosa).

21.10, Piemonte, dati Viminale, sono ora 7.700 i voti di vantaggio per Cota. Bresso in silenzio, si gioca tutto sul finale (il dato è relativo a poco meno del 50% delle sezioni).

21.04, per Bossi, la sinistra è sparita (e il PdL?).

21.04: altro off-topic sul Veneto: Lega al 35%, stacca di 11 punti il PdL e si pone come il partito del Veneto, il partito non del Nord, ma del Nord-Est; in Lombardia, parti invertite; PD appena sopra la soglia del 20% in entrambe le Regioni

20.54: Cota avanti di 3.500 voti, il sorpasso? Secondo Bossi, sì, Cota è vincente. E se vince Cota, festeggia anche Grassano, l’ex presidente del Consiglio Comunale di Alessandria sotto processo per truffa aggravata, truffa tentata e falso nei confronti del proprio Comune.

20.50: Piemonte, 0.1% il divario fra Bresso e Cota. Tensione alle stelle.

20.50: Lazio, Emma Bonino al 50.26%, lasciate perdere le percentuali delle proiezioni, saranno carta straccia con risultati così indecisi.

20.40: Piemonte, debole la crescita della Lega Nord, +0.62%

20.27: piccolo off-topic, Emilia-Romagna, Giovanni Favia vicino al 7%, incredibile exploit del Movimento 5 Stelle!

20.15: Piemonte, prosegue il testa a testa fra Bresso e Cota, su 37% delle sezioni, Bersso 47.69, Cota 47.11

20.15: Lazio, davanti c’è Emma! 43% delle sezioni, 50.7 vs 48.8

20.10: nel Lazio, il PdL è al 4.5%, ma il Tg1 trucca il risultato suddividendo il numero ei voti per i votanti escuso Roma (certo Roma e provincia non hanno potuto votarlo, ma quei voti sono confluiti nel listino della Polverini);

20.00: il Tg1 titola “finirà 7 a 5”, ma argomenta sulle proiezioni comparandole con il risultato delle regionali 2005 (PD paragonato all’Ulivo).

19.00, Lazio: Bonino davanti, ma la lista della Polverini incamera il voto disperso del PdL romano (PdL solo 4%).

18.55, Piemonte: un dato su tutti, lampante, sebbene iniziale, PDL circa 25%, dato regionale, -7% dalle europee; ma la Lega non sfonda (sez. scrutinate meno del 10%). PD in lieve flessione; Movimento 5 Stelle sfonda il 3%.

Regionali 2010, Candidati Coraggiosi: area Marino, Civati e Abonante materiale resistente.

La breve galleria dei Candidati Coraggiosi che Yes, political! ha organizzato a cominciare da Luisa Capelli nel Lazio (Indie IDV), non può non proseguire senza far cenno ai protagonisti della stagione delle primarie PD dell’area Marino, ora candidati alle Regionali. Due, in special modo, i volti che chiedono di essere (di)svelati, raccontati, portati alla luce della pubblico: Giuseppe Civati per la Lombardia, Giorgio Abonante per il Piemonte.
Civati è un volto noto, è uno dei “piombini”, uno dei mariniani, uno dei quattro guitti che hanno firmato l’esposto contro il Governatore Seriale (ah che dolori di fegato, eh Penati…), l’ineleggibile Roberto Formigoni. Civati scrive insieme a Carlo Monguzzi il “Libro Grigio” su Formigoni (download dal sito di Monguzzi), testo che ci fornisce in un sol colpo tutti i capi d’accusa contro il fumus formigonis che da quindici anni sosta sui cieli della Lombardia.
Impegnatissimo nelle battaglie sulla legalità, sull’ambiente, sulla democraticità della propria regione, del proprio paese, del proprio partito soprattutto, è autore di una campagna elettorale alquanto sui generis, con soluzioni idee slogan frutto del suo talento creativo letterario e visionario.

Il video che segue ha influenzato altre menti e ora – non senza suscitare il risentimento dello stesso Civati – è stato ripreso paro paro da Abonante Giorgio, altro mariniano, sponda Piemonte, Provincia di Alessandria, violando in senso buono la prassi del copyleft che prevede di “citare le fonti”:


Il programma di Civati? Civati è in cerca della conferma a consigliere regionale, naturalmente il suo programma è l’antitesi del Formigoni pensiero. Eccolo riassunto in cinque grandi punti:

  • Ambiente e Traffico: Mandar via Formigoni, che è una fonte fossile e ormai emette un sacco di Co2! La Lombardia ha visto aumentare la produzione di Co2 del 15% negli ultimi 15 anni” […] Partirei da una revisione significativa della partita urbanistica. Il territorio si sta trasformando senza criterio e solo perché alcune  scelte come quella di abolire l’Ici ci hanno fatto passare dalla tassa sulla casa alle case nuove come tassa per far quadrare i bilanci;
  • Immigrazione: riservare un’attenzione maggiore su un territorio come quello monzese dove c’è grandissima integrazione dal punto di vista lavorativo, ma ancora scarsa dal punto di vista sociale […] Al di là delle ronde di qualche  scalmanato, bisogna mandare gli ispettori sul luogo di lavoro. I controlli devono essere spietati, come dice la Lega: voglio vedere se poi i leghisti saranno contenti di farli, quei controlli.  Questo al fine di interrompere  la “creazione”  di clandestini […] proposte pratiche, con ispettori del lavoro, semplificazione delle procedure burocratiche per chi richiede il permesso di soggiorno, perché molti sono clandestini ma sono in attesa del permesso di soggiorno e sono confusi coi clandestini veri […] cambiare la legge Bossi Fini che crea clandestini, e tramite i clandestini si prendono i voti;
  • Rifiuti: contro il raddoppio degli inceneritori, a partire da quello di Desio, Trezzo e una novità come quello di Paderno per i rifiuti speciali;
  • Autonomie Locali: a me piace il federalismo della Lega, ma da quando c’è la Lega i Comuni hanno sempre meno soldi
  • Criminalità Organizzata: è innegabile la presenza della ‘ndrangheta, in modo diffuso in diversi settori dell’economia, ma è soprattutto sul versante ambientale, dal movimento terra alle attività immobiliari che la sua presenza si esprime (fonte : Giuseppe Civati vuole la riconferma | La rivista che vorrei | Monza, la Brianza e tutto il resto).

Abonante ha scelto di dare risposte, seguendo l’indicazione mariniana dei sì e dei no chiari:

Chi volesse conoscere Abonante e forse chiedergli di rispettare il copyleft di Civati, Venerdì 26 Marzo alla Camera del Lavoro presso la sede della CGIL, in Via Cavour ad Alessandria, Giorgio chiuderà la campagna elettorale insieme a Ignazio Marino (sì, il chirurgo).

  • Ho 34 anni, sono sposato da circa un anno e papà di un bimbo di cinque mesi. Faccio politica da quando avevo 20 anni sia all’interno del partito democratico (allora PDS) sia con l’associazione Tempi Moderni. Dall’esperienza di Tempi Moderni nacque il Gruppo Universitario e l’idea di organizzare Etnomosaico, festival interculturale che quest’anno vivrà a Cassine la sua decima edizione. Dal 1998 al 2001 sono stato rappresentante degli studenti nel Consiglio di Facoltà di Scienze Politiche e nel CdA dell’Università del Piemonte Orientale avanzando proposte come le fasce di contribuzione appositamente dedicate agli studenti lavoratori e le attività di sostegno allo studio realizzate con il Progetto Maieutica. Dal 2007 sono consigliere comunale di Alessandria eletto nella lista DS, oggi membro del gruppo consigliare del Partito Democratico. Con lo stesso gruppo di amici e attivisti che ha dato vita ad Etnomosaico organizzo dal 2008 ad Alessandria la rassegna teatrale “Martedì all’Ambra”. Sono candidato per il Partito Democratico nella lista proporzionale (collegio di Alessandria) per il Consiglio Regionale a sostegno di Mercedes Bresso. Voglio impegnarmi in particolare per dire no al nucleare, per contribuire ad uno sviluppo più sostenibile e per rendere la politica più accessibile e più aperta al rinnovamento.

(Motivazione piccola piccola sul perché del titolo: Civati e Abonante sono materiale resistente, in primis perché trentaquattrenni – basta con gli ottuagenari; secondo, perché resistono come icone del diverso nel mediocre paesaggio del pressapochismo e del tiriamo a campare che si estende a tutto il PD. Scusate se è poco).

Lista PdL Roma, nuovo stop. Ancora ricorsi al Consiglio di Stato. Berlusconi vuole la Piazza il 20 Marzo. Legittimo Impedimento al voto di fiducia.

Il caso della lista PdL romana si aggroviglia su sé stesso. Il Tar del Lazio ha pubblicato oggi le motivazioni della prima esclusione: il decreto è inapplicabile nella fattispecie poiché il Lazio ha esercitato la propria competenza legislativa concorrente in materia di elezioni attribuitagli in forza dell’art. 122 della Costituzione con la legge 13 Gennaio 2005. Il decreto fa invece, giocoforza, riferimento alla vecchia legge elettorale statale 17 febbraio 1968, n. 108 e alla legge 23 febbraio 1995, n. 43. Molto probabilmente, l’Ufficio Centrale Elettorale della Corte d’Appello di Roma, nella sofferta decisione di oggi di respingere nuovamente la lista PdL ripresentata ieri ai sensi dell’art. 1 comma 4 del decreto salvaliste n. 29/2010, non ha potuto che constatare l’inapplicabilità della norma e respingere la richiesta di riammissione.
Ora tenteranno la via del Consiglio di Stato. Berlusconi preme per portare i propri sostenitori in piazza il 20 Marzo. Oggi l’iter in Senato del ddl sul Legittimo Impedimento, prima ingolfato dagli innumerevoli emendamenti ostruzionistici del PD e di IDV, ha subìto una accelerazione che passa però per due voti di fiducia, poi nella delibera finale del provvedimento. L’aula voterà domani a partire dalle ore 17. Il governo non teme imboscate da alcunché. I finiani stanno tutti in riga per la figuraccia romana.
Diverso il caso del listino Formigoni, riammesso dal Tar lombardo. Oggi sono state depositate le motivazioni:

“Nel merito – scrivono ancora i giudici amministrativi – i ricorsi sono stati ritenuti fondati ed accoglibili alla luce dell’articolo 10 della legge 17 febbraio 1968 n.108 e successive modifiche, che regola l’attività dell’Ufficio centrale elettorale presso la Corte d’appello”. Il Tar spiega che questa norma “regola altresì in modo preciso e puntuale i termini per gli eventuali ricorsi contro le sole eliminazioni di liste o candidati, che i delegati delle liste o dei candidati esclusi possono effettuare entro e non oltre le 24 ore (termine decadenziale)”.

“Consumati tali termini – spiegano ancora i giudici – anche l’Ufficio centrale non ha più alcun autonomo potere di procedere ad un riesame di profili già oggetto di verifica e non censurati dai soli soggetti legittimati (delegati di liste o di candidati eliminati)”. “Pertanto – sottolineano  – nel caso della lista ‘Per la Lombardia’, che era già stata ammessa alla competizione elettorale del 28 marzo del 2010, l’Ufficio centrale aveva ormai esaurito i suoi poteri di controllo e di decisione”.Elezioni, il Tar lombardo conferma riammissione della lista Formigoni | Milano la Repubblica.it

Il Tar non ha considerato il decreto salvaliste, ma ha rilevato che il ricorrente, nella fattispecie, era il delegato di una lista avversa al listino Formigoni che a sua volta contestava il ricevimento della lista medesima. In sostanza, il ricorso era irricevibile. Doveva essere presentato al Tar, immediatamente. L’art. 10 disciplina solo i casi di ricorso contro decisioni di esclusione. L’Ufficio Centrale Regionale non ha escluso la lista Formigoni, l’ha invece accolta in prima istanza. Era pertanto incompetente a giudicare sul ricorso dei Radicali, i quali, a loro volta dovevano ricorrere al Tar.
Il caso dimostra come la giustizia, pur con i suoi lunghi tempi, è autocorrettiva. E che il decreto salvaliste, almeno nel caso lombardo, era assolutamente superfluo.
Questo il testo dell’articolo:

Legge 17 febbraio 1968, n. 108

“Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale.”
TITOLO III – Procedimento elettorale
  • art. 10. Esame ed ammissione delle liste – Ricorsi contro l’eliminazione delle liste o di candidati.
    • Contro le decisioni di eliminazione di liste o di candidati, i delegati di lista possono, entro 24 ore dalla comunicazione, ricorrere all’Ufficio centrale regionale. Il ricorso deve essere depositato entro detto termine a pena di decadenza, nella cancelleria dell’Ufficio centrale circoscrizionale. Il predetto Ufficio, nella stessa giornata, trasmette, a mezzo di corriere speciale, all’Ufficio centrale regionale, il ricorso con le proprie deduzioni. L’Ufficio centrale regionale decide nei due giorni successivi. Le decisioni dell’Ufficio centrale regionale sono comunicate nelle 24 ore ai ricorrenti ed agli Uffici centrali circoscrizionali. (fonte: Legge 17 febbraio 1968, n. 108 “Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale.”).

Il decreto non salva la lista PdL a Roma. Polverini senza partito. Per Formigoni ancora aperta la questione ineleggibilità.

Il Tar del Lazio respinge il ricorso del PdL contro la sua esclusione per la mancata presentazione della lista nei termini temporali consentiti. Secondo il Tribunale Amministrativo, non c’è prova che l’incaricato per la presentazione delle liste PdL della Provincia di Roma avesse con sé la necessaria documentazione. Il decreto? Non è servito a nulla.

L’articolo 1, comma 1, infatti, reca scritto che “il rispetto dei termini orari di presentazione delle liste si considera assolto quando, entro gli stessi, i delegati incaricati della presentazione delle liste, muniti della prescritta documentazione, abbiano fatto ingresso nei locali del Tribunale”. Sempre al primo comma, si specifica che “la presenza entro il termine di legge nei locali del Tribunale dei delegati puo’ essere provata con ogni mezzo idoneo”. Si sono dimenticati della documentazione. Ovvero di fornire prove certe al Giudice Amministrativo che il delegato alla presentazione liste portasse con sé i documenti al momento in cui entrava nei locali del Tribunale.

Niente paura, però. L’art. 1 comma 4 lascia comunque aperta la possibilità per il PdL romano di presentare le proprie liste “dalle ore otto alle ore venti del primo giorno non festivo successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto”. Vale a dire entro domani. Questa norma equivale a una vera e propria riapertura dei termini. Ma qualche dubbio “interpretativo”, il comma 4 lo apre. Rivediamolo:

Per le medesime elezioni regionali i delegati che si siano trovati nelle condizioni di cui al comma 1 possono effettuare la presentazione delle liste dalle ore otto alle ore venti del primo giorno non festivo successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto.

Le condizioni del comma 1 quali sono? I delegati sono entrati negli uffici preposti con la necessaria documentazione. Ma la sentenza del Tar dice che non c’è prova. Domani l’Ufficio Elettorale Centrale che deve fare? Come deve considerare il delegato PdL che riporta la lista al suo cospetto? Rientra o no nel comma 1? Per il Tar no. Quindi la lista PdL è nuovamente impresentabile. Un bel pasticcio. Chi se ne è accorto è Maroni: “il decreto non serve a niente”, ha dichiarato oggi. C’è aria di posticipazione delle elezioni per far in modo che l’iter giudiziario si concluda con il giudizio definitivo al consiglio di Stato.

Intanto, in Lombardia, un certo stupore proviene dalla Corte d’Appello per le motivazioni del Tar sul ricorso Formigoni-PdL: l’ufficio elettorale che domenica scorsa aveva ritenute valide le firme del listino Pdl non poteva modificare la sua decisione. Di fatto, il Tar ha applicato il comma 3 del decreto salva-liste: “le decisioni di ammissione di liste di candidati o di singoli candidati da parte dell’Ufficio centrale regionale sono definitive, non revocabili o modificabili dallo stesso Ufficio”. Pazienza se finora si sia proceduto diversamente. Sono decine ogni anno le occasioni in cui le Corti d’Appello apllicano il cosiddetto principio di autotutela: “il principio di autotutela è chiarissimo: vuol dire che fino a quando l’ufficio elettorale non si spoglia della sua funzione, ha tutto il diritto di rivedere le proprie decisioni. E questo è successo, senza scandali, tantissime volte” (fonte: La Repubblica.it – Milano).

Savino Pezzotta, candidato Governatore in Lombardia per l’UDC, ricorda a tutti che Formigoni, ai sensi della legge 165/2004, art. 2, comma 1, lett. f, è ineleggibile. Il Tar deciderà sui ricorsi UDC e Radicali non in tempo per le elezioni. Formigoni verrà eletto sub judice. Ieri flash mob del Gruppo Facebook “No Formigoni Day”, coordinato da Fausto Renzi, ex Coordinatore Nazionale Popolo Viola e ora candidato consigliere regionale nella lista Italia dei Valori circoscrizione di Milano e Provincia, per le vie di Milano. L’evento ha trovato spazio persino sulla prima pagina di La Repubblica Milano.

Formigoni, Il Tar accoglie la sospensiva. Napolitano alla gogna.

Il Tar accoglie la sospensiva del provvedimento della Corte d’Appello di Milano che escludeva la Lista Formigoni dalle elezioni regionali per vizi formali. Insomma, Formigoni può partecipare alla campagna elettorale e alle elezioni. Capitolo chiuso?

No, perché la vicenda ha scavato un solco, ben più profondo di quel che si possa immaginare, fra il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica. Napolitano è stato oggi accusato di correità con il “regime golpista”, Di Pietro ha parlato di impeachment. Dal Quirinale fanno sapere che Napolitano ha soltanto firmato un decreto secondo le prerogative costituzionali. Nulla di più. Fini è sulla medesima lunghezza d’onda, e parla di “male minore”.

Attenzione perché Napolitano è andato ben al di là della semplice firma. I contatti con Palazzo Chigi sono stati intensissimi, ieri sera. Napolitano ha portato il governo sulla strada del decreto “interpretativo”. Ha svolto una funzione mediatoria fra il testo, inaccettabile, del decreto formulato dal governo giovedì e qualcosa che potesse somigliare a una legge. Napolitano faceva quel giorno sapere che non c’era alcuna “soluzione politica”. Poi è successo qualcosa. Qualcosa che ha fatto temere al Capo dello Stato uno scontro istituzionale senza precedenti.

Un articolo de Il Messaggero ha parlato di minacce di Berlusconi a Napolitano. “Non ho bisogno della tua firma”, avrebbe detto il (finto) premier al Presidente. Gli avrebbe detto “ti scateno la piazza”, o qualcosa di simile.

Stasera, Napolitano ha risposto sul sito della Presidenza della Repubblica ad alcuni cittadini che hanno inviato proteste contro il decreto salva liste (il testo riporta, a onor del vero, un commento contro il decreto e uno per il rispetto del diritto di voto). Una parte della nota merita la nostra attenzione:

Diversamente dalla bozza di decreto prospettatami dal Governo in un teso incontro giovedì sera, il testo successivamente elaborato dal Ministero dell’interno e dalla Presidenza del consiglio dei ministri non ha presentato a mio avviso evidenti vizi di incostituzionalità. Né si è indicata da nessuna parte politica quale altra soluzione – comunque inevitabilmente legislativa – potesse essere ancora più esente da vizi e dubbi di quella natura. La vicenda è stata molto spinosa, fonte di gravi contrasti e divisioni, e ha messo in evidenza l’acuirsi non solo di tensioni politiche, ma di serie tensioni istituzionali. E’ bene che tutti se ne rendano conto. Io sono deciso a tenere ferma una linea di indipendente e imparziale svolgimento del ruolo, e di rigoroso esercizio delle prerogative, che la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica, nei limiti segnati dalla stessa Carta e in spirito di leale cooperazione istituzionale. Un effettivo senso di responsabilità dovrebbe consigliare a tutti i soggetti politici e istituzionali di non rivolgersi al Capo dello Stato con aspettative e pretese improprie, e a chi governa di rispettarne costantemente le funzioni e i poteri (fonte: Presidenza della Repubblica).

L’incontro con Berlusconi di giovedì sera, sarebbe stato “teso” e la vicenda è stata “spinosa” e “fonte di gravi contrasti e divisioni; ha messo in evidenza l’acuirsi non solo di tensioni politiche, ma di serie tensioni istituzionali”. Tradotto: Berlusconi era pronto ad andare in Consiglio dei Ministri (che fra l’altro ieri si è riunito alla presenza di pochissimi ministri), approvando comunque il testo da lui voluto, fortemente emendativo della legge elettorale del 1978, causando la inevitabile collisione con la Presidenza della Repubblica, che avrebbe dovuto respingere il provvedimento. Berlusconi allora avrebbe agito con tutte le sue forze, agitando la pazza, e forse – ma questa è solo un’ipotesi – scatenando i suoi media contro Napolitano. Avrebbe magari dato mandato ai suoi fedeli corvi della macchina del fango di mettere in mostra vecchi scheletri nell’armadio del Presidente: rapporti con il KGB o con il PCUS, storie di rubli al Partito Comunista Italiano. Una vicenda che avrebbe dato alibi alla maggioranza di porre la questione dell’impeachment. Sì, proprio la stessa idea che ha avuto oggi Di Pietro, l’antiberlusconista per eccellenza (si sa, gli estremi tendono ad assomigliarsi).

Così forse Berlusconi tiene in mano “strumenti” d’eccezione per piegare il Capo dello Stato ai suoi voleri. Dalle semplici minacce politiche a vere e proprie “pressioni” alla sua persona. E Napolitano non può che scegliere il male minore: trattare. Evitare che il (finto) premier porti allo sfascio le istituzioni. Poiché questo è l’elemento più significativo della vicenda. La furia distruttiva di Mr b non trova alcun limite, piega la legge alle sue necessità. Come tale, essendosi già posto al di sopra della legge, si configura come il nuovo Sovrano Assoluto. Il Leviatano che tutto sussume e che tutto inghiotte.

Napolitano apre al de-cretino interpretativo, ma si rischia lo scontro istituzionale. Verso la sospensione della legalità.

  • art.2 si stabilisce che ci sono 24 ore di tempo, a partire dall’accettazione delle liste, per sanare le eventuali questioni di irregolarità formale

  • art.1 che il diritto all’elettorato attivo e passivo sia preminente rispetto alle formalità

  • Una norma transitoria stabilirebbe che – solo ed unicamente per quanto riguarda le elezioni regionali che si terranno in Lazio e Lombardia – lo start delle 24 ore sia da intendersi non dal momento di accettazione delle liste, ma da quello di attuazione del decreto

  • art.3 si stabilisce che con ogni mezzo di prova si potrà dimostrare di essere stati presenti nell’ufficio competente al momento della chiusura della presentazione delle liste (fonte: Regionali, ecco i contenuti del decreto legge – Associate – ANSA.it).

Non c’è nulla di emergenziale nella situazione che si è venuta a creare, tanto che ad ogni elezione si contano decine di casi di giudizi delle Corti d’Appello sulla ammissimibilità o l’inammissibilità di liste elettorali. In alcuni casi si è giunti sino a rimandare il giorno delle elezioni. Come giustamente è stato fatto notare da Pierluigi Mantini dell’UDC:

  • ‘Formigoni parla di orpelli e cavilli, ma la competenza in materia elettorale e’ sua, della Regione, e se non ha fatto una legge elettorale, al contrario di altre regioni, e’ perche’ sa di essere ineleggibile per il terzo mandato a suffragio diretto. E’ questa la pura e semplice verita’. Ora i superfederalisti Bossi e Formigoni vogliono che ‘mamma Stato’ faccia una leggina di sanatoria per le loro colpe. Ma a tutto c’e’ un limite”. Lo dice Pierluigi Mantini dell’Udc

  • ”Quando l’Udc fu esclusa dalle elezioni in Trentino per l’assenza di una delega nessuno ha protestato ne’ invocato leggi speciali. Piuttosto l’Ufficio circoscrizionale ed il Prefetto di Milano procedano alla stampa dei manifesti elettorali e agli adempimenti per legge dovuti”, conclude. (fonte: Regionali: Mantini (Udc), Formigoni e Bossi invocano sanatoria – Libero-news.it).

Formigoni contro i giudici. Polverini riammessa, ma la piazza è “nera”. Nella notte, Consiglio dei Ministri d’urgenza.

Bersani ha messo le mani avanti: “qualsiasi decreto in corso d’opera è inaccettabile”. Napolitano, a Bruxelles, nicchia: “se qualcuno mi spiega cos’è la via politica…”.
Ma il governo è in allarme. Berlusconi è rimasto in contatto con i suoi per tutto il giorno. Ministri allertati: stasera probabile Consigio dei Ministri d’urgenza in cui verrà approvato o il de-cretino anti Corte d’Appello con la riapertura dei termini di presentazione delle liste, o la sospensiva per le elezioni in Lombardia e in Lazio, via decisamente più legittima della prima.
Il listino Polverini, in serata, è riammesso dal medesimo Ufficio Centrale della Corte d’Appello di Roma. Evidentemente, la mancanza della firma di Alfredo Pallone è stata considerata come mera irregolarità formale, non tale da impedire l’accoglimento della lista.


Oggi, però, il PdL romano ha raccolto i suoi fans a Piazza Farnese: presenti Gasparri, Cicchitto, la ministra Meloni, Polverini. Qualche braccio teso, qualche camicia nera, slogan contro “il complotto dei comunisti”. La Polverini, dal palco, arringa la folla – si fa presto a riempire Piazza Farnese – invocando “democrazia”. Alcuni scritte sugli striscioni ricordano certa estetica destrorsa.
Anche a Milano il PdL, come ha detto Bersani, manifesta “contro se stesso”. A Piazza della Scala è stata organizzata una raccolta firme pro Formigoni. Assolutamente simbolica. Lui, il Governatore Seriale, stamane, ha sbottato: la sua esclusione è una manovra ordita da ignoti per danneggiare il centrodestra e impedire la presentazione del listino. I giudici avrebbero “commesso gravi irregolarità”. L’ufficio centrale regionale ha prima accolto le liste e il listino del centrodestra e solo successivamente, compiendo un’irregolarità, ha accolto il ricorso dei radicali. I giudici avrebbero dato ai radicali “la piena disponibilità delle nostre liste”, che naturalmente, secondo il complottismo made in Formigoni, avrebbero passato il loro tempo a cancellare timbri e firme. “Dal punto di vista teorico avrebbero potuto compiere qualsiasi attività manipolatoria compresa la sottrazione dei documenti”. Teorie: nella pratica Formigoni deve attendere non il giudizio del Tar, ma – è opportuno ricordarlo – “i giudizi” del Tar: sul ricorso proprio contro l’esclusione del listino; sulla sua ineleggibilità ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. f della legge 165/2004 che introduce il principio fondamentale che regola il sistema della elezione diretta del Presidente di Regione, ovvero il divieto di terzo mandato. Principio cardine delle leggi elettorali che le Regioni avrebbero dovuto adottare, e che la Lombardia ha pensato bene di non fare.
Ma il Governatore Seriale, disinteressandosi di tutto ciò, pensa anche di fare a meno dell’intervento del Governo: qui in Lombardia, sbotta, non abbiamo bisogno di nulla. Un attimo dopo sembra ripnsarci. “Se il Consiglio dei Ministri farà sue valutazioni – ha detto -, se le più alte cariche dello Stato faranno valutazioni, noi non possiamo che guardare con rispetto alle loro decisioni”. Potrebbe fare altrimenti?