
Undici marzo 2004. Il giorno degli attentati di Al Qaeda a Madrid. Umberto Bossi ebbe l’ictus che lo ridusse nello stato in cui lo vediamo oggi. Giunse all’ospedale di Cittiglio, in provincia di Varese. Era cianotico. Chi lo vide in quel frangente, giurò che fosse morto. I telefonini delle prime linee leghisti si passarono un messaggio del genere: “Umberto sta morendo, ci vediamo su a Varese”. Seguirono invece venti giorni di coma farmacologico e alcune menzogne dei leghisti alla base, come quando alla festa di Berghem dissero che Bossi stava ascoltando alla radio quand’invece era immobile in un letto.
Il 2004 fu un anno ad alto rischio, per la Lega. Rischio fallimento. Ad Agosto sulla Padania comparve una lettera (a firma Michele Calvi, Milano) in cui era scritto che per «la continuità e la crescita», e in nome dell’«impegno e della speranza», veniva segnalata ai lettori la necessità di fare donazioni e predisporre lasciti testamentari per la Lega Nord. Qualcosa, un male oscuro, stava trascinando il Carroccio in cattive acque. Acque limacciose, dalle quali non è più riemerso. Negli stessi giorni, Libero annunciò la liquidazione della cooperativa Made in Padania, una catena di negozi e discount che offrivano prodotti marchiati con il sole delle Alpi. L’affare non funzionò, la gente non sentiva il bisogno del made in Padania e le perdite superano i due milioni di euro (F. Ceccarelli, Archivio Storico La Stampa, 02.08.04). Due milioni. Da sommarsi agli altri fallimenti: quello della cooperativa “era il terzo o il quarto disastro economico, finanziario, affaristico e in fondo anche culturale ed esistenziale della Lega dopo l’incauta, ma pervicace apertura di sale da gioco, finanziarie, villaggi-vacanza, giornali, radio e tv” (Ceccarelli, cit.). L’inaugurazione del primo supermercato coop leghista, che avvenne a Paderno Dugnano nel 1998, ad opera di Calderoli, somiglia alla ben più ridicola inaugurazione dei ministeri leghisti a Monza, o alla Scuola leghista di Adro.
Ma l’affare più infruttuoso, l’affare che causò un buco enorme di alcuni milioni di euro si chiama Credieuronord. La Banca disegnata intorno alla Padania. Che fu edificata con i soldi dei soci raccattati fra i sostenitori leghisti, a Pontida o alle feste di partito.
Il 28 ottobre 1998 si costituisce a Samarate in provincia di Varese, il comitato Promotore per la costituzione della Banca Credieuronord […] Le quote sono raccolte battendo a tappeto le sezioni della Lega Nord di Piemonte, Lombardia e Veneto. Sono coinvolti i segretari di sezione e di circoscrizione che – raccogliendo l’appello del Segretario Federale Umberto Bossi – organizzano apposite riunioni tra militanti e simpatizzanti del partito […] Il 21 febbraio 2000, con atto notarile, si costituisce la Banca Popolare CredieuroNord, società cooperativa per azioni a responsabilità limitata. Con l’adesione di circa 2600 soci è sottoscritto un capitale nominale di 17 miliardi e 76 milioni di lire (Un po’ di verità sulla Banca Popolare Credieuronord).
Si narra che Bossi non credeva molto nell’operazione, che investì in essa solo 20 milioni di lire. Ma la perdita, alla fine della vicenda superò gli otto milioni di euro, ovvero la totalità del capitale societario. Soldi padani. Persi in spericolate operazioni immobiliari in Croazia ma anche e soprattutto in “intermediazioni fittizie con le coooperative di allevatori create per nascondere la truffa delle quote latte non pagate“, scrive su Repubblica del 27 luglio 2010 Paolo Griseri.
Dal momento in cui gli allevatori fatturavano il latte che eccedeva le quote loro assegnate, venivano effettuate tre registrazioni. La prima estingueva il debito nei confronti del fornitore del latte facendo sorgere contemporaneamente un debito nei confronti degli organismi competenti per il superprelievo. La seconda registrazione registrava lo spostamento del denaro dal conto della banca utilizzata dalle cooperative per incassare i pagamenti a un conto acceso presso la Credieuronord. La terza registrazione, che seguiva di pochi giorni le altre due, veniva effettuata in corrispondenza dell’uscita del denaro dal conto della banca Credieuronord“. Il denaro tornava così agli allevatori, chiosa Griseri, che non pagavano la multa (Finanza&Potere – La banca leghista Credieuronord copriva le truffe sulle quote latte, ecco perché Bossi difende gli allevatori che non pagano le multe).
Molta parte di questa vicenda è stata svelata da Rosanna Sapori, ex giornalista di Radio Padania e oggi semplice tabaccaia. Testimone della Lega delle origini, del Bossi che fu, quello della sigaretta sempre accesa e dell’immancabile completo grigio, fu epurata proprio nel 2004, quando il Senatur era messo fuori gioco dall’ictus, proprio perché si permise di commentare alla radio le strane operazioni di Credieuronord. La Banca della Lega fu poi oggetto di un tentativo di salvataggio da parte di Fiorani, allora AD di Banca Popolare di Lodi, poi Banca Popolare Italiana, coinvolto nel crac Parmalat e condannato per aggiotaggio nell’affaire Antonveneta.
Sapori sostiene che l’operazione di salvataggio di Fiorani fu concessa dalla Banca d’Italia e dall’allora governatore Antonio Fazio, su intercessione dello stesso Berlusconi:
Nel 2005, la Banca Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani interviene per rilevare Credieuronord. E Silvio Berlusconi cosa c’entra in tutta questa storia? «Fu lui a permettere l’intervento di Fiorani – spiega la Sapori -. In ogni caso i conti dissestati della Lega non derivavano mica solo dalla banca. C’erano già i problemi finanziari dell’Editoriale Nord, l’azienda cui facevano capo la radio, la tv e il giornale di partito. Il primo creditore di Bossi, poi, era proprio il presidente Berlusconi. Le innumerevoli querele per diffamazione che gli aveva fatto dopo il ribaltone del ’94, le aveva vinte quasi tutte. La Lega era piena di debiti. Si era imbarcata in un’interminabile serie di fantasiosi e poco redditizi progetti come il circo padano, l’orchestra padana. Non riuscivano a pagare i fornitori delle manifestazioni. Ricordo che allora erano sotto sequestro le rotative del giornale e i mobili di via Bellerio» (Berlusconi possiede il simbolo della Lega – Attualità, cronaca e politica).
Il racconto della Sapori prosegue poi con la rivelazione che Bossi abbia dovuto vendere a Berlusconi il simbolo della Lega (Giussano o la Stella Padana? i riferimenti cambiano a seconda degli articoli e degli anni in cui sono stati scritti); inoltre già da tempo esisterebbe un contratto fra i due – del cui valore legale ci sono ampie e divergenti discussioni in rete – con il quale B. si impegnerebbe a ripianare i debiti leghisti in cambio di fedeltà assoluta. Secondo Sapori “il Cavaliere tolse le querele, si preoccupò di salvare la banca. Ma non saldò tutto con un unico versamento. Non gli conveniva. Decise di pagare a rate”.
Glielo suggerì Aldo Brancher – ricorda la Sapori. La titolarità del logo di Alberto da Giussano era di Umberto Bossi, della moglie Manuela Marrone e del senatore Giuseppe Leoni. Furono loro a firmare la cessione del simbolo. È tutto ratificato da un notaio (Berlusconi possiede il simbolo della Lega – Attualità, cronaca e politica).
E’ una storia vecchia, già emersa lo scorso anno, quando le dichiarazioni della Sapori furono pubblicate in alcuni libri (uno su tutti, Umberto Magno, la vera storia dell’Imperatore della Padania, di Leonardo Facco, Alberti Editore). Credieuronord fu messa in liquidazione nel 2006; 1060 soci su 1800 furono rimborsati, ciò che rimase della Banca fu acquisito solo nel 2008 dal Banco Popolare (l’acquirente altro non è che il risultato della fusione fra Popolare di Novara e Verona e Popolare di Lodi) che beneficiò di un Tremonti bond da 1.45 milioni di euro. Per certi versi potete capire lo stretto legame che ha sinora legato Tremonti e i leghisti, legame oggi in crisi per ragioni ancora tutte da chiarire. e se sono vere le affermazioni della Sapori, potete anche capire perché la Lega difende Roma Ladrona (voto su Milanese, in primis, ma chi lo ricorda il voto sull’arresto di Previti?) e persino i collusi con la mafia (Romano). La risposta è perché non può fare altrimenti. Perché il partito è a libro paga di B. Molti dei giovani rampanti leghisti lo sanno e cercano una posizione di visibilità per poter rimanere in sella quando il vecchio si spegnerà. Nulla può Maroni, che è al corrente di tutto e non può che rimanere accodato alle disposizioni del cerchio magico – il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, il capogruppo al Senato Federico Brigolo, e la vicepresidente al Senato Rosi Mauro fedelissima della moglie Manuela Marrone.
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