Ablyazov e i segreti dell’ENI

KulibayevL’Espresso ha rovistato fra i cablogrammi della diplomazia USA rivelati da Wikileaks due anni or sono ed ha rivelato che Ablyazov era ben noto alle cancellerie occidentali, non già in quanto ‘pericoloso latitante’ bensì come dissidente democratico in possesso di scottanti rivelazioni circa la pesante corruzione della azienda petrolifera del governo kazako, la KazMunaiGaz:

Mukhtar Ablyazov, recentemente [2009] ha fatto uscire sui media internazionali “documenti che provano” che le aziende di stato cinesi hanno recentemente dato tangenti a Kulibayev per oltre 100 milioni di dollari per gli affari petroliferi (L’Espresso).

Timur Kulibayev, zar dell’energia del paese nonché genero del presidente kazako Nursultan Nazarbayev, secondo i magistrati milanesi che hanno messo sotto processo la Agip KCO, è stato oggetto di una corruzione milionaria da parte dell’Eni (Agip KCO è la succursale di Scaroni in Kazakhstan), ma il medesimo trattamento gli è stato riservato anche dalla BP. Kulibayev ha ‘brama’ di denari, sostenne il il primo vicepresidente della compagnia petrolifera di stato, KazMunaiGaz, Maksat Idenov, mentre nel gennaio 2010 riceve l’ambasciatore americano al Radisson hotel di Astana. Anche i cinesi hanno corrotto Kulibayev. Il businness ruota intorno ad un enorme giacimento di petrolio:

Lo sviluppo del giacimento di Kashagan, che ha 38 miliardi di barili di petrolio, è fondamentale per il futuro del Kazakistan. Attualmente il giacimento è controllato da un consorzio composto da ENI, Total, Exxon, Shell, la kazaka KazMunaiGaz (con una quota di partecipazione del 16,8%), ConocoPhillips (con l’8,4%) e Inapex (7,5%) (fondazionecdf.it).

Sfruttare il Kashgan è altamente costoso. Si deve lottare contro il ghiaccio, e contro il vento, fortissimo, che stacca le lastre dalle torri di trivellazione. Ancor oggi il progetto Kashgan è in alto mare: il costo è raddoppiato e Eni ha mostrato di essere in ritardo, in difficoltà tecniche, scarsamente efficiente. Eni, nel 2009, stava per essere estromessa dal progetto. La tangente a Kulibayev non risolse del tutto la situazione: solo l’intervento diretto di Berlusconi permise a Eni di restare dentro al paese, in un nuovo consorzio, il North Caspian Operating Company (NCOC).

Lo scorso 3 Luglio si è svolta, presso il giacimento di Kashagan in Kazakhstan con la partecipazione del presidente kazako Nursultan Nazarbayev e il primo ministro britannico David Cameron, una cerimonia di messa in servizio degli impianti di produzione e per la costruzione di quelli necessari per la produzione iniziale. Nazarbayev non è solo amico di Berlusconi. Fra i suoi consiglieri figura un certo Tony Blair. Curiosamente il presidente del Consiglio italiano, Enrico Letta, oggi è volato a Londra proprio da David Cameron. Lo scandalo Ablyazov lo ha inseguito sino nella capitale del Regno Unito, ma i giornalisti italiani si soffermano sulla impacciata relazione del ministro dell’Interno, Alfano. Avranno i due capi di governo parlato dei progressi del consorzio NCOC? Il volume della produzione è previsto essere gradualmente in aumento durante il secondo semestre del 2013. Circa 180.000 barili al giorno saranno estratti in media durante la prima fase, 370.000 barili al giorno nella seconda fase, che coinciderà con il secondo semestre. Eni controlla il 16% del consorzio, tramite Agip Caspian Sea BV che a sua volta controlla Agip KCO.

Ablyazov è una mina vagante. Se, in seguito al fattaccio del rimpatrio della moglie e della figlia, dovesse iniziare a rivelare l’intreccio di interessi internazionali e della corruzione dilagante, saranno guai, al di qua e al di là della Manica. Mal che vada, pagherà il solo Angelino Alfano.

Berlusconi e Gazprom, l’ombra di società off-shore

Ieri Repubblica.it apriva con un articolo sulle relazioni pericolose di Berlusconi in Russia. I cablelogs di Wikileaks hanno svelato le preoccupazioni dell’amministrazione americana circa i rapporti fra il premier russo Putin e quello italiano, sulla politica energetica italiana e il ruolo di ENI in questa vicenda dai contorni oscuri. La premessa: ENI ha aperto il mercato interno a un concorrente e Washington sospetta che dietro questa “liberalizzazione” ci siano interessi commerciali di Berlusconi in prima persona. La relazione Roma-Mosca è puro businness, e ciò la rende pericolosa poiché è businness potenzialmente dannoso per gli interessi americani, sia economici che politici (che senso avrebbero poi le basi missilistiche Nato su un territorio come quello italiano dipendente energeticamente da Mosca e Tripoli?). Di fatto si è creato nel corso degli anni un asse del gas fra Gazprom ed ENI, allenza alimentata con fragore da Palazzo Chigi. Il trio D’avanzo, Greco, Rampini che firma l’articolo, cita l’episodio del biglietto di Berlusconi: una cena, a Milano, nel 2003, fra manager di ENi e manager di Gazprom e quella raccomandazione dei russi in favore di un certo Mentasti, l’uomo che cedette la San Pellegrino alla Nestlé. ENI vuole rinnovare i contratti con il gigante russo, Gazprom dal suo canto vuole inserirsi nel mercato italiano. Ci sono da decidere i vertici delle società che tratteranno la commercializione del gas, i cosiddetti acquirenti al Punto di Scambio Virtuale, ovvero quel punto del gasdotto in cui il gas diventa di proprietà di società italiane o aventi diritto alla commercializzazione in Italia del metano.

Dalla tasca, l’alto dirigente di Gazprom estrae un fogliettino come se fosse una santa icona che da sola avrebbe spazzato via ogni dubbio profano. Sopra c’è scritto: “Mentasti”. Gli italiani cadono dalle nuvole. Quel nome non l’hanno mai sentito. Chi è? Il russo spiega: “Ma come non conoscete il patron della San Pellegrino?”. Gli italiani sorridono: “Anche se gassata, l’acqua ha poco a che fare con il gas, bisogna che qualcuno glielo spieghi a questo Mentasti…”. Il russo non ride, agita ancora il foglietto e dice: “Druzia, amici, ma davvero non riconoscete la grafia del vostro capo di governo?”. Quelli di Eni fingono di non capire e chiedono: “… ma questo biglietto con questa grafia chi te l’ha dato?”. Risposta: “Da dove volete che venga, dal Cremlino!”. A conferma che la faccenda è molto seria perché molto voluta da Putin, gli uomini di Eni vengono invitati a stringere le sedie intorno al tavolo per far posto a un altro convitato che attende un cenno nell’albergo dall’altra parte di piazza della Repubblica, il Principe di Savoia. L’uomo si chiama Alexander Ivanovic Medvedev, è un amico d’affari del professor Fallico, è stato come Vladimir Putin un colonnello del Kgb, oggi è il numero due di Gazprom (Berlusconi, Putin e quel biglietto la vera storia del gas di Mosca – Repubblica.it).

Valentini, Fallico, Mentasti: un trio di nomi che connette Berlusconi e Gazprom. Sulle relazioni dei primi due non mi dilungo, visto l’esaustivo articolo di Repubblica. Ma Mentasti Granelli merita un approfondimento. In particolar modo è da chiarire il suo ruolo all’interno di Centrex. Centrex è la società intermediaria che vende il gas al Punto di Scambio Virtuale. Questo il suo CdA:

Consiglio di Amministrazione
– Dr. Thomas Kozich, Presidente
– Mag. Michael E. Klinger, MBA, Consigliere
– Stefano Gasparini, Segretario
CEA Centrex Italia Srl è registrata presso il “Registro delle Imprese di Milano” REA n° 1835547 (Centrex Italia).

Stefano Gasparini, che in questo organigramma compare come segretario di Centrex, è stato in passato Chief Financial Officer di EPA Thessaloniki, oscietà di Eni Group; prima ancora Finance Manager, Foreign Companies per Eni Gas & Power Division; un remoto passato in RCS Mediagroup. Ma Centrex è una società controllata indirettamente da Gazprom. Un manager di formazione ENI migra in una società del colosso russo. Questo potrà sembrare normale, e forse lo è. Meno normale se si leggono le parole di Roman Kupchinsky. Kupchinsky, riportando una notizia di Bloomberg del 18 Ottobre 2005, racconta della denuncia di una  Commissione Parlamentare italiana nei confronti dell’accordo ENI-Gazpromexport, “accordo che avrebbe consentito Gazpromexport, guidata dal vice CEO di Gazprom, Alexander Medvedev, che è anche presumibilmente uno dei “cardinali invisibili” del torbido Centrex Group in Europa, a partecipare nella vendita di gas russo per i consumatori domestici italiani” (Berlusconi, Centrex, Hexagon 1 and 2 and Gazprom – The Jamestown Foundation).

Si tratta di subentrare all’ Eni nella negoziazione di 2 miliardi di metri cubi di gas, circa il 10% di quanto acquistato dalla russa Gazprom e rivenduto all’ ingrosso italiano. Si tratta poi di trovare spazio per il combustibile nei tubi dell’ Eni che da Tarvisio lo smistano a imprese e amministrazioni, e ottenere margini che a spanne porteranno alla nuova nata 50-60 milioni di euro l’ anno di utile netto […] L’ Antitrust da tempo chiede a Eni di potenziare la capacità dei tubi, e venderne una parte; Eni ne ha piazzato in Borsa il 50%, entro il 2007 deve scendere sotto il 20%, ma di questo non vi è certezza. Comunque l’ Eni, che farà spazio al gas di Mentasti nei tubi, finora colma molto bene tutti i pertugi delle proprie condotte con gas intermediato dalla stessa (Gas, tutti i misteri della partita russa, Repubblica.it – Archivio 2005).

Nodo della contestazione era l’assetto proprietario di Centrex Italia, allora chiamata Central Energy Italian Gas Holding (CEIGH), parte di Centrex Group, che in quell’accordo giocava la parte del leone. La medesima Commissione Parlamentare, nella sua azione investigativa, avrebbe rivelato che “un importante uomo d’affari italiano di nome Bruno Mentasti Granelli, noto per essere un amico intimo di Silvio Berlusconi, detiene la proprietà del 33 per cento di CEIGH attraverso due società, Hexagon Prima e Hexagon Seconda, entrambi registrate allo stesso indirizzo di Milano”, mentre “Gazprom, società russa a controllo statale, detiene il 25 per cento delle azioni di CEIGH tramite ZMB, la controllata tedesca di Gazpromexport, mentre Centrex Europe Energy Gas AG con sede a Vienna vale il 41,6 per cento” (Berlusconi, Centrex, Hexagon 1 and 2 and Gazprom – The Jamestown Foundation). Le relazioni di Mentasti-Granelli con Berlusconi emersero subito: erano soci a Telepiù. Chi si nasconde dietro Hexagon Prima ed Hexagon Seconda (nomi che ricordano da lontano le 22 holdings in cui si disperdeva il capitale sociale della Fininvest, da Holding Italiana Uno a Holding Italiana Ventidue)? Per giunta dietro Centrex c’è il vuoto:

Centrex, dopo tutto, ha inviato i suoi profitti ad una società off-shore denominato Ventures Siritia a Cipro, che poi ha trasmesso i guadagni ad un’altra società ombra, OOO Rubin, un business con un indirizzo falso in un condominio a Mosca (Berlusconi, Centrex, Hexagon 1 and 2 and Gazprom – The Jamestown Foundation).

Ci fu un passaggio precedente che coinvolse l’austriaca Centrex, prima proprietà di una misteriosa holding del Liechtenstein, la Idf, poi passata di mano alla Gazprombank di Andrey Akimov proprio nel 2005:

Una prima sforbiciata, peraltro, è stata data da Mosca con l’austriaca Centrex, rompendone la vecchia struttura di controllo per affidarla dallo scorso anno alle mani dell’ italiano Massimo Nicolazzi, ex Eni con esperienza pluriennale nella Lukoil di Vagit Alekperov (un altro italiano, Enrico Grigesi, ex Snam, ha invece lasciato Centrex Italia per guidare l’ ex municipalizzata di Como)  Fondata nel 2003, già nel 2005 la Centrex era scomparsa dalla lista delle società affiliate a Gazprom e Gazprombank, e risultava controllata, via una Centrex Group basata a Cipro, da una società del Liechtenstein: la Idf […] I soci della Idf sono rimasti sconosciuti fino al 2009, quando è emerso che sin dal 2005-06 l’ 80% è stato venduto alla Russische Kommerzial Bank, controllata svizzera del colosso bancario russo Vtb […] Doppio comparto La Idf, si è scoperto in seguito, ha sempre funzionato come un fondo esclusivo di investimenti (il principale in Centrex) ed è probabile che molti sconosciuti soci eccellenti – di nazionalità russa ma non solo – siano ormai usciti da anni […] La Idf, nell’ ultimo rendiconto disponibile al 2008, risultava possedere attivi per 283 milioni di dollari, suddivisi su due comparti. Il Gas1, investito appunto in Centrex e, per poche centinaia di migliaia di dollari, in titoli della Lukoil e della siberiana Surgutneftegaz. Il secondo, Energie1, con pochi titoli Total, Bp, ancora Surgutneftegaz, e azioni e bond di società energetiche non quotate che in apparenza potrebbero fare capo a Dubai e alle Barbados (Gazprom Nuovi equilibri per il colosso russo del gas).

Insomma, secondo voi è anormale che gli americani fossero perlomeno incuriositi dal genere di link che collega Berlusconi e Putin? Questa vicenda, come tutte le vicende di società off-shore, si perde nel nulla. Ma certamente ci sono responsabilità politiche del governo. E’ evidente che non è stato fatto l’interesse generale nel permettere a Gazprom di metter piede nel mercato italiano del gas, peraltro non in una cornice di libero mercato, ma in regime di monopolio di ENI. E se si scoprissero interessi personali di Berlusconi nelle società Hexagon Prima e Seconda (sono tutte registrate a Milano, così come Centrex Italia) sarebbe forse il colpo finale a questo sistema di potere. Grazie anche a Wikileaks.