I parlamentari greci portano i loro beni all’estero

La FAZ.net riferisce che in Grecia si è aperto un aspro dibattito sul fatto che molti parlamentari greci, fra il 2009 e il 2011, mentre il governo Papandreu chiedeva ai greci grossi sforzi per rimanere nell’euro ed evitare il default, spostavano ingenti somme, anche superiori a 100.000 euro, sui conti esteri, in Regno Unito e in Svizzera. Venizelos, l’attuale ministro delle finanze, ha rivelato che l’ufficio delle imposte è a conoscenza dei nomi di decine di questi parlamentari. L’elenco comprende i politici e i parenti dei politici. In alcuni casi si tratta di trasferimenti per problemi di salute, per pagarsi interventi chirurgici o altro, ma nella maggior parte delle situazioni si tratta di rimesse all’estero senza altra spiegazione se non quella di mettere al riparo dal pericolo di un default il proprio patrimonio.

Quindi il clima in Grecia si è ulteriormente riscaldamto poiché alcuni parlamentari di Nuova Democrazia chiedono che i nomi dei “traditori” siano rivelati al pubblico. Il partito ha chiesto a un suo deputato, che ha ‘esportato’ in Svizzera un milione di euro, di manifestare la propria identità agli elettori. Venizelos, per contro, ha evitato di rivelare i nominativi e ha chiesto che si formi un forte movimento nazionale per il rimpatrio delle somme. Di certo non hanno pensato a uno scudo fiscale con tassazione al 5%…

La Camera sbaglia: non si esce vivi dalla Tassa sui Capitali Scudati

Si è detto tutto sulla Manovra Monti. Si è detto anche che la norma sulla ri-tassazione dei capitali rientrati dall’estero grazie allo Scudo Fiscale non funziona.

Secondo il Servizio Studi del Dipartimento Bilancio della Camera, “pur considerando la quantificazione del gettito potenziale coerente con i dati disponibili sui capitali finora emersi per l’effetto della normativa vigente, l’applicazione dell’imposta straordinaria prevista dalla norma in esame potrebbe non trovare applicazione sul complesso dei capitali già emersi. Tale situazione – spiegano i tecnici – potrebbe verificarsi nel caso in cui il contribuente scudato ha investito i capitali emersi in altre attività finanziarie ovvero ha spostato la sua posizione presso un altro intermediario. In tale ultimo caso, in cui il vecchio intermediario non ha la provvista e il nuovo non ha la dichiarazione riservata, non appare chiaro quale debba essere il sostituto d’imposta” ( Il Fatto Q).

Sul Corriere della Sera l’analisi è un po’ diversa, incentrata sul termine ‘secretati’ di cui al sottostante comma 4, che tenderebbe ad escludere i capitali non più tali, perché emersi in accertamento fiscale o spostati su altro conto (fonte Corsera, 08/12/2011, p. 15):

Ritengo che il termine segretati non sia un vincolo dirimente e che tutti i capitali scudati debbano essere sottoposti al prelievo. E’ vero che il c. 4 risulta ambiguo, ma non è il solo. Soprattutto è vero che il successivo comma 6 si prefigura come l’abolizione del segreto sui capitali scudati. Vi spiego come la penso. Partiamo dal testo del decreto:

Art. 19, c. 4: Le attività oggetto di rimpatrio o di regolarizzazione ai sensi dell’articolo 13-bis del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e successive modificazioni e integrazioni, e degli articoli 12 e 15 del decreto legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409, e successive modificazioni e integrazioni, e ancora segretate, sono soggette a un’imposta straordinaria dell’1,5 per cento.

Quindi è la norma medesima che intende colpire i capitali ancora secretati, non è un errore ma un’intenzione. Questi capitali sono stati rimpatriati, quindi sono depositati su conti correnti o di deposito in Istituiti Bancari italiani. Le Banche sanno dove sono collocate queste ‘attività’. L’art. 19 ci torna in aiuto:

5. Gli intermediari di cui all’articolo 11, comma 1, lettera b), del decreto legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409 [b) “intermediari”, le banche italiane, le società d’intermediazione mobiliare previste dall’articolo 1, comma 1, lettera e), del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le società di gestione del risparmio previste dall’articolo 1, com-ma 1, lettera o), dello stesso testo unico, limitatamente alle attività di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi, le società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966, gli agenti di cambio iscritti nel ruolo unico previsto dall’articolo 201 del predetto testo unico, le Poste italiane S.p.a., le stabili organizzazioni in Italia di banche e di imprese di investimento non residenti], provvedono a trattenere l’imposta dalle attività rimpatriate o regolarizzate, ovvero ricevono provvista dallo stesso contribuente. I medesimi intermediari effettuano il relativo versamento in due rate di pari importo entro il 16 febbraio 2012 ed entro il 16 febbraio 2013, secondo le disposizioni contenute nel Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

Ecco il punto: le Banche, le Poste, le società di intemediazione finanziaria sono costituite come una sorta di sostituto d’imposta: sono le stesse società dove sono stati depositati i capitali che devono tassare quei capitali e girare il ‘ricavato’ allo Stato. Qualora il cliente abbia già chiuso ogni rapporto con la Banca/Posta/società intermediaria ecc. ecc., questi stessi soggetti intermediari dovranno segnalare “i contribuenti nei confronti dei quali non è stata applicata e versata l’imposta“. Questo comma è incongruente con quanto detto sinora: tali contribuenti sono sconosciuti allo Stato, poiché la legge sullo Scudo Fiscale ne garantiva l’anonimato. Il comma 6 quindi non è sufficientemente chiaro e necessita di essere approfondito: esso infatti si configurerebbe proprio come la norma che elimina il segreto sui capitali scudati e poi – diciamo – fatti nuovamente sparire o “prelevati in tutto o in parte” o “dismessi”. Basta che il contribuente abbia deciso di cambiare istituto bancario o intermediario per determinare la sua segnalazione all’Erario e la messa in mora.

6. […] Nei confronti dei contribuenti l’imposta è riscossa mediante iscrizione a ruolo ai sensi dell’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

7. Per l’omesso versamento si applica una sanzione pari all’importo non versato.

Di fatto il meccanismo è stato studiato per far pagare tutti quelli che hanno rimpatriato i capitali, anche i furbi, o coloro che hanno deciso di prelevare tutte le somme a disposizione. Non c’è possibilità di ‘fuga’: chi si è nuovamente occultato verrà smascherano dalla stessa Banca da cui è ‘fuggito‘ e il suo nominativo sarà segnalato all’Erario e iscritto a ruolo. Poi ci penserà Equitalia.

Il dubbio dei tecnici della Camera è così risolto: è il primo intermediario a configurarsi come sostituto d’imposta. Poiché quest’ultimo deve aver ricevuto la ‘Dichiarazione Riservata’ (articolo 13-bis del D.L 78/2009) e in essa sono contenuti i dati del dichiarante, sconosciuti all’Erario ma noti all’intermediario. Fine del dilemma.

Non ci credete? Ecco la guida alla compilazione della Dichiarazione Riservata: scudo_fiscale_istruzioni.

Leggi la Manovra Monti

Il TG1 è organo di partito. La disinformazione, altra arma creatrice di consenso.


L’editoriale di Minzolini sulle intercettazioni e la condanna mediatica di Bertolaso segna il passaggio definitivo del TG1 dal terreno degli organi di informazione agli organi di partito. La filippica del Minzo è prodromo all’intervento di oggi di Angelino Alfano:
Andremo avanti con il testo approvato alla Camera che rappresenta un punto di equilibrio tra esigenze delle indagini, diritto alla riservatezza, di cronaca e tutela delle intercettazioni per i reati di mafia. Questo ddl è una della prime azioni in materia di giustizia e quando sarà approvato saranno passati due anni circa dal momento in cui è stato proposto (fonte: La Stampa.it <http://lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201002articoli/52456girata.asp> ).
Di fatto, il TG1 è diventato il portavoce della maggioranza al governo e come tale si adopera per alimentarne il consenso da parte dei cittadini attraverso due fondamentali strategie:
– l’occultamento delle informazioni, come nel caso della invasione del centro storico da parte degli aquilani;
– la diffusione di servizi giornalistici antitetici alla notizia: esempio lampante lo è stato il caso delle macerie de L’Aquila ancora nel mezzo del centro storico, messo in mostra dalle telecamere di Annozero, a cui il TG1 ha risposto con un servizio sulla attività di raccolta, che per Annozero era ferma, delle stesse macerie, mostrando addirittura come queste venissero accuratamente – e perciò “lentamente”, fornendo in modo implicito all’ignaro ascoltatore una spiegazione del ritardo nei lavori – separate dagli oggetti smarriti quali soldi, tesi di laurea, giocattoli, pietre storiche dei palazzi aquilani, corredando il tutto con immagini di vigili del fuoco al lavoro e camion colmi di detriti all’ingresso della discarica.
Lo stesso modello è stato applicato per la notizia della nota della Banca d’Italia sul fallace recupero di capitali dello Scudo Fiscale:
I denari, le azioni e le obbligazioni che i beneficiari dello scudo fiscale hanno riportato materialmente in Italia, smobilitando le attività estere e convertendole in contante, ammontano per la precisione a 34,9 miliardi, ovvero al 41 per cento degli 85 miliardi totalizzati complessivamente dalla prima fase dello scudo (si arriva a 95 solo tendendo conto di oro e gioielli, delle microperazioni e dei rientri differiti per particolari ostacoli procedurali; fonte La Repubblica.it http://www.repubblica.it/economia/2010/02/20/news/scudo_rientro_ridimensionato_in_italia_rientrati_solo_35_miliardi-2366262/).
Il TG1 ha fornito all’ascoltatore soltanto la risposta del Tesoro, per bocca del direttore dell’Agenzia delle entrate, Attilio Befera, secondo il quale “si tratta solo di «giochi statistici» e che lo scudo è stato «uno straordinario successo»”. Addirittura, secondo il TG1, le analisi della Banca d’Italia sono soltanto “illazioni”. Nemmeno nomina la Banca d’Italia. Per il TG1 c’è spazio solo per la voce del governo.

Cittadini frontalieri, il Ministero delle Finanze ammorbidisce lo Scudo Fiscale. I punti cruciali della Circolare 48/E.

Scudo fiscale ammorbidito per i cittadini transfrontalieri, i quali, se nei termini, possono avvalersi del ravvedimento operoso e pagare un decimo della sanzione. Esenzione completa dall’obbligo del monitoraggio fiscale, invece, per i dipendenti pubblici all’estero.
La normativa recentemente introdotta aveva creato qualche grattacapo ai comuni al confine con la Svizzera, dove risiedono molti frontalieri, i quali vedono già tassati i loro salari e risparmi ai sensi dell’art. 1 dell’Accordo tra Italia e Svizzera del 3 ottobre 1974, risorse che poi la Svizzera versa al governo italiano, il cosiddetto ristorno, che nell’ultimo anno era pari a 93 milioni di franchi.
Il Ministero delle Entrate e delle Finanze ha emesso il 17 Novembre scorso una circolare che specifica i punti chiave della normativa dello scudo fiscale e come queste non si applichino ai trasfrontalieri.
Deve essere precisato che la loro fattispecie non sfugge alla normativa del cosiddetto “monitoraggio fiscale”, ma l’intento e’ quello di non penalizzare categorie che non mostrano volonta’ di occultare disponibilita’ finanziarie all’estero, ma al contrario detengono conti correnti e depositi per la sola ragione che lavorano all’estero e li’ devono avere la disponibilita’ di denaro che necessitano per vivere.
In particolar modo, si evince dalla circolare 48/E emessa dal Ministero che:

  • occorre ricordare che i destinatari delle disposizioni concernenti l’emersione delle attività detenute all’estero sono quelli interessati dalla normativa sul cosiddetto “monitoraggio fiscale”, ossia le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed associazioni equiparate, fiscalmente residenti nel territorio dello Stato;
  • con riguardo alle persone fisiche, si deve fare riferimento alla nozione contenuta nell’articolo 2, comma 2, del TUIR, in base alla quale si considerano residenti “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”;
  • il presupposto della residenza ricorre in presenza di almeno uno dei seguenti requisiti:
    1.     iscrizione nelle anagrafi comunali dei residenti per la maggior parte del periodo d’imposta e, cioè, per almeno 183 giorni (184 per gli anni bisestili);
    2.     domicilio nel territorio dello Stato, per il medesimo periodo, inteso come sede principale di affari ed interessi;
    3.     residenza nel territorio dello Stato, intesa come dimora abituale.
  • il primo dei requisiti non è posseduto da coloro che, per la maggior parte del periodo d’imposta, siano iscritti all’albo dei cittadini italiani residenti all’estero (AIRE). In quest’ultima ipotesi, occorre tuttavia valutare se permane la qualità di “residente” nel nostro Paese in relazione agli altri predetti
    requisiti (qualora, ad esempio, la famiglia non abbia seguito il lavoratore all’estero e questi abbia mantenuto in Italia, per la maggior parte del periodo d’imposta, la sede principale dei propri affari e interessi);
  • si ricorda che, fino all’emanazione del citato decreto, si considerano residenti i cittadini emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato individuati dal D.M. 4 maggio 1999 (cosiddetta “black list”);
  • Al riguardo, si ricorda che il decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, recante la disciplina del cosiddetto “monitoraggio fiscale”, impone alcuni obblighi a carico delle persone fisiche residenti in Italia in relazione ad operazioni transfrontaliere e ad investimenti detenuti all’estero. Gli adempimenti più ricorrenti possono essere cosi sintetizzati:
    1.      indicazione nell’apposito modulo RW (Sez. II), contenuto nella dichiarazione annuale dei redditi, degli investimenti all’estero e delle attività estere di natura finanziaria, detenuti al termine del periodo d’imposta per un ammontare superiore a euro 10.000,00, attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia;
    2. indicazione nel medesimo modulo RW (Sez. III) dei trasferimenti da, verso e sull’estero che hanno interessato tali investimenti ed attività finanziarie;
  • In base alla suddetta normativa ed ai chiarimenti costantemente confermati nel tempo dall’Amministrazione finanziaria, tra le attività estere di natura finanziaria di cui al primo punto rientrano sicuramente i depositi ed i conti correnti detenuti presso le banche estere, indipendentemente dalla fonte di produzione delle disponibilità finanziarie confluite in detti depositi e conti correnti;
  • alla stregua di tali consolidati principi, anche i depositi e i conti esteri nei quali vengono accreditati o comunque detenuti emolumenti erogati da Amministrazioni pubbliche o private italiane per il lavoro svolto all’estero, nonché retribuzioni corrisposte da soggetti non residenti per attività svolte all’estero sono, in linea di principio, soggetti alla normativa sul cosiddetto “monitoraggio fiscale” e dovrebbero, quindi, sempre essere indicati nel modulo RW, pena l’applicazione di specifiche sanzioni, che il comma 7 dell’articolo 13-bis del decreto ha ulteriormente inasprito in un’ottica di rafforzamento dell’attività di contrasto all’evasione fiscale;
  • In tale consolidato contesto normativo e di prassi applicativa, si ravvisa, tuttavia, la necessità di non penalizzare determinate fattispecie – quali quelle dei lavoratori dipendenti in esame – che si caratterizzano per la carenza della volontà di porre in essere comportamenti illeciti finalizzati all’occultamento di disponibilità finanziarie all’estero.
  • occorre operare un’opportuna distinzione tra i lavoratori la cui residenza fiscale in Italia è determinata ex lege, in forza di una presunzione assoluta che prescinde dalla ricorrenza o meno dei menzionati requisiti richiesti dall’articolo 2 del TUIR, e i lavoratori per i quali non opera tale presunzione;
  • E’ il caso, ad esempio, dei dipendenti di ruolo pubblici che risiedono all’estero per motivi di lavoro;
  • si ritiene che tali soggetti siano esonerati dagli obblighi inerenti il monitoraggio fiscale limitatamente alle disponibilità detenute all’estero mediante l’accredito degli stipendi o altri emolumenti derivanti da tali attività lavorative;
  • Per i lavoratori all’estero, per i quali non sussiste una specifica disposizione normativa che determini la residenza fiscale in Italia per presunzione assoluta, sono invece tenuti agli obblighi del monitoraggio fiscale ricorrendone i presupposti;
  • è sintomatica, al riguardo, la circostanza che si tratta di disponibilità detenute all’estero derivanti
    da redditi di lavoro dipendente ed assimilato generalmente assoggettati a tassazione alla fonte a cura del datore di lavoro;
  • tali soggetti, qualora inadempienti, possono regolarizzare la propria posizione fiscale con riferimento agli anni pregressi, presentando la dichiarazione dei redditi integrativa relativamente al periodo
    d’imposta 2008 ed indicando nel modulo RW, Sezione II, la consistenza del deposito e/o conto corrente al termine del medesimo anno;
  • Per gli inadempienti, si ritiene applicabile la sola sanzione in misura fissa di cui all’articolo 8, comma 1, ultimo periodo, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (da euro 258 ad euro 2.065), che punisce, tra l’altro, la mancata indicazione in dichiarazione di qualsiasi “elemento prescritto per il compimento dei controlli” (cfr. risoluzione 17 gennaio 2006, n. 12);
  • qualora la dichiarazione integrativa venga presentata nei termini di cui all’articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 – e non siano ancora iniziati accessi, ispezioni, verifiche, o non sia ancora stato notificato il questionario relativo alle disponibilità costituite all’estero – il contribuente può avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso, pagando la
    predetta sanzione ridotta ad un decimo
    .
    • I frontalieri non saranno sottoposti allo scudo fiscale. L’unico obbligo è il pagamento di 26 Euro di multa, una sorta di mini sanatoria

       

    • restano fuori dallo scudo i depositi e i conti correnti aperti presso banche estere per l’accredito degli stipendi da parte dei dipendenti di ruolo pubblici in servizio all’estero: questi lavoratori, secondo l’Agenzia, non hanno l’obbligo di rispettare il monitoraggio fiscale (cioé di compilare il modulo RW della dichiarazione dei redditi), la cui violazione è una delle condizioni per aderire allo scudo

       

    • non saranno toccati dal provvedimento i lavoratori dipendenti transfrontalieri e i dipendenti di imprese multinazionali che lavorano all’estero

       

    • Le regioni montane italiane temono ritorsioni da parte della Svizzera. Se la Svizzera chiudesse i rubinetti del denaro, molti comuni non potrebbero più finanziare le loro scuole o strutture sociali. Perciò hanno fatto scattare l’allarme presso il governo a Roma.

       

    • «Non possiamo permetterci che le tensioni tra Svizzera e Italia compromettano servizi fondamentali», ha detto lunedì Enrico Borghi, presidente dell’Unione delle Comunità Montane (Uncem)

       

    • comuni della regione Lombardia, Piemonte e Val d’Aosta, che confinano tutti con la Svizzera. Essi ricevono annualmente circa 36 milioni di euro dell’imposta sul reddito sui frontalieri, che la Svizzera versa all’Italia

       

    • Poichè la Svizzera nel 2006 ha stipulato un accordo con l’Austria, in base al quale questo vicino riceve solo il 12,5 per cento dei proventi, il CVP, l’SVP (Partito Popolare Svizzero, N. d. T.) e la Lega pensano che sia ora di nuovi negoziati con Roma

       

    • Con tali misure questi partiti vorrebbero controbattere all’attacco del ministro delle finanze italiano Tremonti alla piazza finanziaria svizzera il cui obiettivo dichiarato è chiudere l’oasi bancaria di Lugano

       

    • Se la Svizzera chiudesse di fatto il rubinetto del denaro si creerebbe una grossa falla nell’amministrazione di molti comuni italiani. Questi ultimi chiedono, pertanto, che il loro governo a Roma garantisca contributi anche in futuro e, come ha detto Borghi, indipendentemente dall’esito dei negoziati con la Svizzera

       

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Voti in Senato che passano inosservati: scudo fiscale e privatizzazione dell’acqua.

In tema di scudo fiscale, ieri il Senato ha bocciato l’emendamento a un decreto collegato allo Scudo Fiscale, contenente una norma piu’ stringente sull’obbligo di segnalazione da parte delle banche di operazioni sospette di riciclaggio e finanziamento al terrorismo. Di fatto non si è voluto compromettere l’appeal del provvedimento sul rientro dei capitali, fondato su una sostanziale impunità dell’evasore e/o detentore di fondi neri.

Invece in tema di privatizzazione dell’acqua, o della sua gestione, sempre ieri il senatore Bubbico, del PD, ha provato ma non è riuscito a far passare un emendamento alla legge di conversione del DL 135/09, recante norme in tema di Servizi Locali. Con  l’emendamento, il senatore aveva l’intenzione di equiparare il servizio idrico al servizio energetico – elettircità e gas – già escluso dalla normativa che estende il mercato e quindi l’interesse privato a questi ambiti.

Questo il testo dell’emendamento respinto dall’aula:

Emendamento 15.84 – Respinto

Al comma 1, lettera a), dopo le parole: «distribuzione di energia elettrica, », inserire le seguenti: «le disposizioni del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di gestione delle risorse idriche,”».

E queste le motivazioni di Bubbico per far votare il testo:

BUBBICO (PD). Signor Presidente, non ci sono obblighi comunitari né sentenze della Commissione che possano imporre alcuna esecuzione. Con questo provvedimento si dispone la definizione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica e si escludono settori importanti come il gas, la distribuzione di energia elettrica e il trasporto ferroviario regionale, nel presupposto che tali attività costituiscano una specifica attività che merita una particolare attività normativa. Dal momento che il servizio idrico integrato è già disciplinato dal decreto legislativo n. 152 del 2006 e dalla legge n. 36 del 1994, non si capisce perché non debba risultare escluso, esattamente come si propone di fare per il gas, per l’energia elettrica e per il trasporto pubblico locale. Per questo motivo, sosteniamo l’emendamento 15.84 che esclude da questo intervento il servizio idrico integrato.

L’attività in Senato continua, ma le prospettive di veder modificato l’impianto dell’articolo 15 del DL 135/09 sono fosche. Di seguito il testo dell’articolo incriminato:

  • Art. 15.

    Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica

    1. All’  articolo 23-  bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 , convertito, con modificazioni, dalla   legge 6 agosto 2008, n. 133 , sono apportate le seguenti modificazioni:

    a) al comma 1, terzo periodo, dopo le parole: «in materia di distribuzione del gas naturale», sono inserite le seguenti: «, le disposizioni del   decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 , e della   legge 23 agosto 2004, n. 239 , in materia di distribuzione di energia elettrica, nonche’ quelle del   decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 , relativamente alla disciplina del trasporto ferroviario regionale.».

    b) i commi 2, 3 e 4 sono sostituiti dai seguenti:

    «2. Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria:

    a) a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità;

    b) a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera   a) , le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento.

    3. In deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l’affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata dall’ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall’ordinamento comunitario per la gestione cosiddetta “in house” e, comunque, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell’attività svolta dalla stessa con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.

    4. Nei casi di cui al comma 3, l’ente affidante deve dare adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad un’analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all’Autorità garante della concorrenza e del mercato per l’espressione di un parere preventivo, da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione. Decorso il termine, il parere, se non reso, si intende espresso in senso favorevole.»;

    c) dopo il comma 4, e’ inserito il seguente: «4-  bis . L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in forza dell’autonomia organizzativa e funzionale attribuita dalla   legge 10 ottobre 1990, n. 287 , e successive modificazioni, individua, con propria delibera, le soglie oltre le quali gli affidamenti di servizi pubblici locali assumono rilevanza ai fini dell’espressione del parere di cui al comma 4.»;

    d) i commi 8 e 9 sono sostituiti dai seguenti:

    «8. Il regime transitorio degli affidamenti non conformi a quanto stabilito ai commi 2 e 3 e’ il seguente:

    a) le gestioni in essere alla data del 22 agosto 2008 affidate conformemente ai principi comunitari in materia di cosiddetta “in house” cessano, improrogabilmente e senza necessità di deliberazione da parte dell’ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011;

    b) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera   a) del comma 2, le quali non abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011;

    c) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera   a) del comma 2, le quali abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio;

    d) gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data e a quelle da esse controllate ai sensi dell’  articolo 2359 del codice civile , cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio, a condizione che la partecipazione pubblica, si riduca anche progressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica ovvero forme di collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali, ad una quota non superiore al 30 per cento entro il 31 dicembre 2012; ove siffatta condizione non si verifichi, gli affidamenti cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, alla data del 31 dicembre 2012;

    e) le gestioni affidate che non rientrano nei casi di cui alle lettere da   a) a   d) cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante.

    9. Le società, le loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, anche non appartenenti a Stati membri dell’Unione europea, che, in Italia o all’estero, gestiscono di fatto o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica ovvero ai sensi del comma 2, lettera   b) , nonche’ i soggetti cui e’ affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dall’attività di erogazione dei servizi, non possono acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, ne’ svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, ne’ direttamente, ne’ tramite loro controllanti o altre società che siano da essi controllate o partecipate, ne’ partecipando a gare. Il divieto di cui al primo periodo opera per tutta la durata della gestione e non si applica alle società quotate in mercati regolamentati. I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere alla prima gara svolta per l’affidamento, mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, dello specifico servizio già a loro affidato.»;

    e) al comma 10, primo periodo, le parole: «centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» sono sostituite dalle seguenti: «il 31 dicembre 2009»;

    f) al comma 10, alla lettera   a) la parola: «diretti» e’ sostituita dalle seguenti: «cosiddetti in house» e dopo le parole: «patto di stabilità interno» sono inserite le seguenti: «, tenendo conto delle scadenze fissate al comma 8,»;

    g) al comma 10, la lettera   e) e’ soppressa.

    2. All’  articolo 9-  bis , comma 6, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39 , convertito, con modificazioni, dalla   legge 24 giugno 2009, n. 77 , il quarto periodo e’ soppresso.

    • Governo e maggioranza vanno avanti senza ripensamenti sulla strada della privatizzazione dell’acqua

       

    • La filosofia del decreto legge 135/09, che dopo l’approvazione del Consiglio dei ministri approda dal 3 novembre nell’aula del Senato

       

    • decreto legge 135/09

       

    • gestione dei servizi pubblici locali, compreso il servizio idrico, è affare delle società private

       

    • L’art. 15 della nuova normativa, che modifica l’art. 23Bis della legge 133/2008, appare tassativo. Gli affidamenti diretti alle società a totale capitale pubblico (in house) potranno realizzarsi soltanto in via eccezionale e dietro parere preventivo dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

       

    • il metodo ordinario di conferimento dei servizi pubblici locali è la gara e la società mista

       

    • Secondo il governo il testo in discussione in parlamento rappresenta un mero adeguamento della legge italiana alla disciplina comunitaria. Ma questa interpretazione è fortemente contestata a livello locale

       

    • Roma, 4 nov – No dell’Aula del Senato ad una norma piu’ stringente sull’obbligo di segnalazione da parte delle banche di operazioni sospette di riciclaggio e finanziamento al terrorismo. L’emendamento al decreto sugli obblighi comunitari, presentato dall’Idv e a cui anche il Pd, attraverso il capogruppo Anna Finocchiaro, si era dichiarato favorevole, estendeva l’obbligo di segnalazione anche nei casi di applicazione dello scudo fiscale, quindi anche ai reati ‘scudabili’. Attualmente la circolare dell’Agenzia delle Entrate ha previsto che l’obbligo di segnalazione resta per i reati non scudabili. Il vice ministro all’Economia, Giuseppe Vegas, ha proposto una riformulazione che prevede l’obbligo di segnalazione ”fuori dai casi di applicazione dello scudo fiscale”. Riformulazione che non e’ stata accettata dall’Idv e dal Pd. Posto ai voti il testo originale, sono prevalsi i ‘no’.

       

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    • “Come si può dialogare con chi rifiuta i minimi principi democratici, di rispetto delle regole, di giustizia, di contrasto all’illegalità?

      Mi ha molto colpito ieri, durante il voto su di un emendamento che riguardava lo scudo fiscale, che la maggioranza abbia scelto di bocciare una modifica della legge mirata a ribadire l’obbligo di segnalazione per ogni operazione sospetta di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

      Certo, si trattava di una modifica formale, con l’obbligo di segnalazione limitato a sospetti difficilmente controllabili dalle banche, una modifica che non avrebbe cambiato l’impianto negativo dello scudo fiscale. L’avrebbe però ricondotto sotto la dichiarazione, almeno di principio, di rispetto della legalità e di contrasto a forme estreme di uso criminoso dei fondi.

      Insomma nulla lasciava immaginare che qualcuno potesse essere contrario, eppure la maggioranza ha bocciato l’emendamento.

      È vero che la polemica parlamentare divide maggioranza e opposizione in un modo che determina spesso votazioni a prescindere dai contenuti, ma credo sia una prassi sbagliata, tanto più quando si parla di rischi di reati gravissimi, come riciclaggio e terrorismo.

      Abbiamo così assistito all’ennesimo esempio di una maggioranza che rifiuta il dialogo parlamentare e che si dimostra distante da quei principi condivisi che dovrebbero essere la base per ogni dialogo politico”.

      IRM

       

       

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Assenze PD, tutti assolti o quasi. Ma quale disciplina di partito: il PD è un mostro a mille teste.

Per Franceschini, “le assenze nell’opposizione di ieri (il giorno del voto sullo scudo) sono state un errore grave e verranno applicate sanzioni molto severe a quei deputati che non hanno una giustificazione incontestabile”.
Dichiarazione ineccepibile. Peccato che il seguito a queste parole sia nullo. Il direttivo del gruppo parlamentare alla Camera, composto da alcuni fra i deputati assenti al voto sullo scudo fiscale, abbia decretato la sola espulsione di Gaglione, come detto ieri, già migrato al Gruppo Misto in barba alle loro sanzioni.
Nessuna dichiarazione aggiuntiva sul ruolo avuto da un presidente del Gruppo che mobilita il partito via sms. Ma pensa. Lo scudo fiscale non vale neanche una telefonata. Tempi addietro, per votare la fiducia a Prodi, andavano a prendere i deputati all’ospedale, certi arrivavano con le stampelle.

Oggi Marino a Skytg24 è tornato a chiedere punizioni esemplari per i deputati assenti. Marino ha mostrato anche in questa occasione di essere giusto, non fa sconti a nessuno, e ribadisce che, salvo coloro che erano effettivamente malati – perché alcuni lo erano veramente – agli assenti al voto sullo scudo che già reiterano continuamente questo comportamento, debba essere chiesto di farsi da parte: essi sono al parlamento non perché eletti ma in quanto nominati dal partito. Sono stati messi lì dal partito e perlomeno dovrebbero comportarsi confromemente alle richieste dello stesso.

Va da sé che il Partito dovrebbe pretendere di più da se stesso. Il mostro a mille teste che produce mille dichiarazioni diverse sullo stesso argomento non ha più senso di esistere. La Segreteria dovrebbe avere la lungimiranza di prevedere i momenti cruciali della politica e dovrebbe saper scuotere i gruppi parlamentari, al fine di condurli verso la linea politica che essa stessa porta avanti. Non ha senso che Franceschini vada in tv a criticare il governo con il suo tono angustiato, per poi lasciare anche lui lo scranno vuoto.

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    • I proclami di “gravi sanzioni per gli assenteisti” si sono vanificati. Probabilmente quando scorrendo la lista dei meno presenti al voto il comitato è inciampato nei nomi di Bersani, Franceschini , D’Alema.
    • quest’ultimo, sabato, non aveva risparmiato critiche al capogruppo Antonello Soro per la gestione del Pd alla Camera
    • la migliore difesa è l’attacco
    • provvedimenti solo nei confronti di Antonio Gaglione, il deputato con più assenze nel Pd da inizio legislatura, che ha già comunicato il passaggio al gruppo misto. Sarà cancellato dall’anagrafe degli iscritti del partito e gli verrà chiesto di dimettersi da parlamentare (unico modo per permettere il recupero di un altro deputato
    • Anche Rosy Bindi ieri ha chiesto che Gaglione lasci il parlamento. Ha deluso anche lei, suo maggiore sponsor.
    • Per i 10 assenti ingiustificati, invece, è previsto un supplemento d’indagine
    • per i 12 malati? Per loro nessun problema, nemmeno per quelli che malati non lo sono del tutto: Giuseppe Fioroni, per esempio, che come dimostrato da il Fatto Quotidiano presenziava ad un convegno sulla scuola a Torino, o come Marianna Madia, segnalata su un aereo per il Brasile.
    • Ma Soro non ha intenzione di verificare il suo alibi. “Sono un medico dermatologo io, non un medico fiscale – ha detto il capogruppo Pd – la responsabilità di chi presenta un certificato è sua e del medico curante
    • Alludendo nello specifico a Fioroni, col quale –riferiscono -pare sia infuriato, perché da febbraio risulta assente per malattia e si presenta alla Camera nei giorni in cui è interessato personalmente (per esempio alle votazioni per i precari della scuola di Benevento, come ha dichiarato in un’intervista)
    • è stato votato un documento all’unanimità. La presidenza aveva inizialmente caricato molto di significato la necessità di una punizione per chi aveva provocato l’attacco mediatico al gruppo parlamentare
    • dopo una lunga serie d’ interventi, il clima è cambiato: il punto politico, hanno fatto notare in molti, è che non si possono creare una decina di capri espiatori, tra i quali c’è anche chi ha una percentuale altissima di presenze, quando al voto sulla pregiudiziale di costituzionalità mancavano i big
    • Maria Coscia, è intervenuta duramente: “Dobbiamo tener conto anche del quadro che si è venuto a creare e delle reazioni – ha detto la deputata – non possiamo uscire da qui senza infliggere sanzioni”
    • Ma Soro non ci sta a fare di tutta l’erba un fascio, del resto l’sms che ha inviato ai parlamentari prima della votazione era chiaro: “Presenza obbligatoria. Senza eccezione alcuna”
    • Frase, quest’ultima, usata solo in occasione di votazioni importantissime
    • sentendosi attaccato, si è fatto garantire con un voto l’uscita di un documento senza alcun rilievo sulla gestione del suo lavoro e della presidenza
    • “Il gruppo del Partito Democratico – si legge nel dispositivo – nella attuale legislatura garantisce un tasso di presenza elevatissima e qualificata, la più alta tra i gruppi presenti alla Camera
    • Il grande lavoro e l’impegno della stragrande maggioranza dei deputati e delle deputate del Pd ha rischiato di essere gravemente offuscato dalla assenza di un numero limitato di parlamentari”. Che, però, restano impuniti

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Assenze PD: e Gaglione migrò al Gruppo Misto.

Antonio Gaglione, da oggi ex deputato PD. Uno dei venti assenti. L’assenteista per eccellenza. Da oggi non fa più parte del gruppo parlamentare del Partito democratico. Sarà stato il direttivo del gruppo? Sarà l’ira del Segretario? No, Gaglione ha fregato tutti e, anziché dimettersi da deputato, è migrato nel Misto e continua così a occupare il suo scranno in parlamento, con compensi e diaria annessi. Lui, assente 4000 volte, un danno per il partito, dove è stato eletto e chi lo ha proposto?
Antonio Gaglione è nato nel 1953, è un medico, è stato eletto nelle file PD nella circoscrizione Puglia. Cosa? Esattamente dalla stessa circoscrizione che al Senato ci ha regalato tal Alberto Tedesco, ex assessore alla Sanità della regione e socio in affari di Tarantini, il famoso procuratore di escort. L’on. Gaglione è stato addirittura sottosegretario del governo Prodi per conto dei DL, vale a dire della Margherita.
Oggi avrebbe dovuto subire gli strali del direttivo del Gruppo parlamentare ma già ieri se ne è brillantemente sfilato. E che cosa ha fatto il partito? Ha incassato il colpo, come un pugile ormai suonato. E dire che loro affermano di averlo più volte richiamato, di averlo sollecitato a partecipare al voto. Tutto qui? La Segreteria e il partito – anche nella sua diramazione locale – ha la responsabilità primaria di averlo inserito nella lista e di non aver promosso contro di lui alcuna iniziativa disciplinare. Questo è un segnale – ancora un altro – di mancanza di leadership.

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    • «Pene corporali ancora non le abbiamo previste», spiega il presidente del gruppo Antonello Soro

    • direttivo convocato per decidere il destino dei ventidue deputati del Pd assenti in aula venerdì scorso

    • chi dei ventidue verrà sanzionato e chi no il direttivo del Pd, nonostante un dibattito fiume, durato ben tre ore, non l’ha preso alcuna decisioni

    • Tutto rinviato

    • L’istruttoria, così l’ha chiamata lo stesso Soro. Sarà la presidenza del gruppo ad aprirla, caso per caso, e i singoli deputati avranno l’opportunità di difendersi individualmente dall’accusa

    • In undici hanno già presentato il certificato medico. E quello fa fede

    • Gli altri hanno ancora qualche giorno per fornire la loro spiegazione. «È ovvio che presentare adesso certificati medici sarebbe sospetto»

    • Le sanzioni, in ogni caso, non sono esattamente draconiane. Richiamo orale, se il deputato assente potrà vantare almeno qualche attenuante, richiamo scritto, se le attenuanti sono meno convincenti, sospensione, nei casi più gravi

    • Moralmente una macchia nella carriera del deputato, ma che concretamente comporta solo una temporanea esclusione dall’"attività del gruppo"

    • solo per il “recordman dell’assenteismo” Antonio Gaglione, che però ha anticipato le decisioni del direttivo lasciando il gruppo. «In realtà la giusta conseguenza del suo comportamento dovrebbero essere le dimissioni dal parlamento, per rispetto degli elettori del Pd che l’hanno votato»

    • Potevano essere invocate prima visto che Gaglione in un anno e più di legislatura ha collezionato 4041 assenze al voto? «Lo avevamo sollecitato personalmente più volte a presenziare al voto, pensavamo di chiedere in modo bonario le sue dimissioni»

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Assenze PD: la responsabilità politica è del Segretario. Dagli al deputato PD.

Ci sono quelli che in rete hanno fatto i nomi degli assenti al voto sullo scudo fiscale e hanno lanciato la campagna del “dagli al deputato Pd”. Non capisco questa miopia. Dovrebbero guardare altrove, magari più in alto. La gran parte dei deputati in fondo è costituita da “soldati” semplici; chiedano lumi ai dirigenti, ai “generali”, a chi doveva chiamare alle armi, e non l’ha fatto.
Mi chiedo cosa diranno agli assenti durante la riunione del Comitato direttivo del Gruppo i vari Antonello Soro, Dario Franceschini e compagnia bella. Poiché a loro spettava l’analisi politica e a loro spettava il dovere di informare gli altri deputati e a chiamarli “a raccolta”. Il PD è mancato nella funzione più importante per un partito, quella di muoversi come “un sol uomo”. E la responsabilità va cercata non in chi si è mosso in ordine sparso, bensì in chi doveva e poteva suonare l’allarme e mobilitare dalle regioni di appartenenza tutti i deputati. La gravità del fatto è lampante e mostra ancora una volta la mancanza di leadership di colui che guida il Partito e ne determina la linea politica, ovvero il Segretario, che fra l’altro siede pure lui nello stesso emiciclo.
Pubblicare i nome degli assenti non serve a nulla. Chiedere giustificazioni ai singoli è del tutto inutile. E’ il capitano del vascello (fantasma?) colui il quale si dovrebbe mettere sotto accusa. Invece si gettano a mare i mozzi, gli ultimi, quelli che non ne possono di niente.

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    • I 22 parlamentari del Pd assenti ieri in occasione del voto finale sullo scudo fiscale si dividono in due liste: i malati e gli ingiustificati
    • Beppe Fioroni compare nella prima lista, dichiara alla stampa che “combatte da tre mesi con una peritonite” , che aveva un impegno a Torino, ma “come capita ai medici la mia situazione di salute si è complicata da febbraio ad oggi e mi hanno appena detto che devo fare un terzo intervento di addomino-plastica”.
    • Renato Botto, che ha firmato i lanci di agenzia usciti venerdì, conferma a Il Fatto di aver incontrato Fioroni tra le dodici e le tredici, proprio nel momento in cui si svolgeva il voto finale in aula
    • “Era lui – scherza – a meno che non abbia un gemello…”. In effetti venerdì a Torino era previsto un incontro tra l’ex ministro e gli operatori della scuola, che Fioroni non menzionerà mai tra le sue giustificazioni. Anzi, si farà inserire nella lista dei “meno cattivi” per malattia.
    • perché, anche lui, è stato indifferente al suo compito di parlamentare, se la malattia gli permetteva un viaggio in Piemonte?
    • Arrabbiatissima Paola Binetti, sospettata di essere assente per una scelta interna ai rutelliani, che non accetta le accuse: “Non pensavo si approfittassero di questa situazione per fare campagna elettorale per il congresso – dichiara la Binetti – sono molto delusa e non so cosa succederà al quadro politico e al Pd”
    • E sfoga il suo malumore in un post sul suo blog dove dichiara di aver preso un impegno con la Croce Rossa di Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, venerdì mattina perché solitamente è un giorno non impegnato da voti, e di avere l’83,19% di presenze in aula.
    • il suo compagno di banco, invece, è un assenteista seriale “che potrebbe anche dimettersi, perché nella vita bisogna fare delle scelte”
    • Antonio Gaglione, già sottosegretario alla Salute nel governo Prodi, cardiologo interventista di Brindisi, praticamente sconosciuto ai frequentatori di Montecitorio. Martedì alle 12.30 si riunirà alla Camera il Comitato direttivo del gruppo, allargato ai capigruppo di commissione, che dovrà “processare” gli assenti e decidere se infliggere sanzioni.
    • Gli imputati non potranno nemmeno appellarsi alla scusa che suggeriva Bersani in conferenza stampa: “Se fossimo stati in numero maggiore noi, sarebbero stati di più anche loro”, perché venerdì il Pdl era in seria difficoltà e aveva già richiamato urgentemente in aula i Ministri.

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Scudo fiscale, il voto assente. Ignazio Marino unica voce critica. L’intervista.

D’alema assente in aula sul voto della questione pregiudiziale sollevata da IDV sullo scudo fiscale, si è giustificato affermando che non era a conoscenza dell’importanza del voto.
E’ possibile continuare con un’opposizione così?
Da più parti ci si accorge ora che esiste una possibilità per cambiare. Questa possibilità è rappresentata dalle primarie PD del 25 Ottobre. Con il voto delle primarie eleggeremo l’Assemblea Nazionale composta da 1000 delegati i quali, a loro volta, nomineranno il segretario. Alle primarie quindi non voteremo direttamente il candidato segretario, bensì una delle liste collegate. Quindi verranno assegnati i seggi secondo il metodo del quoziente naturale, proporzionalmente al numero dei voti della lista.
Il voto nei circoli, il voto dei soli iscritti, che ha visto l’affermazione quasi plebiscitaria di Bersani, candidato di area dalemiana, determina la composizione della sola convenzione. Questo barbatrucco crea la possibilità per l’inversione dell’equilibrio delle forze e soprattutto crea un diverso livello di legittimazione: il voto dei soli iscritti ha un valore tendente al nullo poiché non incide direttamente nella determinazione del segretario.
Gli elettori del PD hanno la possibilità di incidere veramente sul partito e di punire la politica di opposizione blanda fin qui condotta: di punire chi non conosceva la gravità del voto sullo scudo fiscale e ha lasciato cadere la questione pregiudiziale di costituzionalità sollevata da IDV e dal suo stesso partito.
Intanto si è svolta la manifestazione della FNSI sulla libertà di stampa. Di seguito l’intervista a Marino, ieri, a Piazza del Popolo. Marino ha definito l’attacco del Presidente del Consiglio verso alcuni giornali “di una violenza inaudita”; ha parlato del suo imbarazzo nel parlare del proprio paese con i colleghi chirurghi americani, che gli domandano ancora “come mai avete ancora Silvio Berlusconi?”; l’immagine dell’Italia all’estero “ci umilia”; ha fatto nuovamente riferimento all’incredibile intervista di Mr b a Nessma Tv; sulle primarie è tornato a chiedere il confronto televisivo; ripete il suo slogan, “dire dei sì e dei no chiari” e confessa che sebbene continui “a fare il chirurgo una volta a settimana sarei bugiardo a dire che non mi manca”, però può essere giusto per un certo periodo della vita, se si hanno cose da dire, affrontare la carriera politica per poi tornare alle proprie occupazioni.

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    • SONO L’ANIMA movimentista del Pd. Quella meno amata dalla struttura tradizionale di origine Ds-Margherita.
    • Ieri, i sostenitori di Ignazio Marino, 11 delegati al congresso, si aggiravano con un vistoso fiocco rosso al braccio, distintivo della campagna congressuale. I contenuti della loro mozione, sul territorio, sono chiari: niente nucleare, sostegno alle associazioni dei movimenti vicini alla sinistra, favorevoli alla laicità e al ricambio generazionale.
    • il richiamo al limite dei due mandati non sarà piaciuto a chi politica la fa da qualche tempo
    • Alla fine dell’assemblea, quando si trattava di ratificare per alzata di mano l’invio di tre delegati, due bersaniani e un franceschiniano, all’assemblea nazionale hanno abbozzato una protesta: «Un candidato ce l’avremmo, possiamo votarlo»
    • Aggiungendo che non gli sembrava bello puntare su persone assenti. Alla fine, unici, si sono astenuti da soli durante il voto «bulgaro» che ha sancito la scelta dei delegati.
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    • Massimo D’Alema, gia’ Presidente del Consiglio dei ministri e parlamentare di lungo corso, cosí spiega la sua assenza dalla Camera dei Deputati per il voto sulle pregiudiziali di incostituzionalità sullo scudo fiscale:

      “avevo una manifestazione e non mi era stato spiegato bene che era un voto importante”

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    • Ignazio ha ammesso le responsabilità del Pd nel non aver fatto una legge sul conflitto di interessi, affermando che“viviamo in un paese che, come dice il Censis, ha scelto per chi votare alle Europee formandosi la sua opinione nel 70% guardando i Tg e sappiamo che i Tg più visti sono uno posseduto dal premier e l’altro controllato. Ma è evidente che il problema non è stato risolto quando il centrosinistra era al governo e Franceschini e Bersani oggi sono meno credibili quando chiedono una legge sul conflitto di interessi. Per questo chiederò al congresso un impegno comune perché se non viene garantito il pluralismo in Rai, si chiedano le dimissioni dei consiglieri di centrosinistra e del presidente della Rai”

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Assente in aula. Questa non è l’opposizione che vogliamo. Centotredici assenti al Senato sullo scudo fiscale.

Antonello Soro dice che il PD non fa politca sui numeri. Al Senato, il 23 Settembre alla votazione dello scudo fiscale (conversione in legge DL. 103/09) erano presenti in aula solo tre senatori del PD. Ora il PD cerca di riparare facendo ostruzionismo, ma domani si voterà, in tempo per non far decadere il decreto. e certo il PD non ha i numeri al Senato. Ma, signori, presentarsi al voto di un decreto così contestato con tre senatori non pare un po’ poco?
La Segreteria del PD avrebbe dovuto cambiare strategia. Eppure tutto sembra stranamente allienato con la vicenda RU486 e della trattativa fra Finocchiaro e Gasparri (“rimandiamo la questione pillola abortiva a dopo il congresso PD, e poi ti voto sulla indagine conoscitiva”, patto che Gasparri ha stracciato appena lei ha girato i tacchi, facendo scoppiare il caso Dorina Bianchi). Strano che Franceschini non abbia pensato di riunire il gruppo parlamentare e di chiedere di fare una opposizione dura. Strano che Franceschini stia lasciando sul campo occasioni per un riscatto e mostrarsi come alternativa concreta alla mozione Bersani.
Questa non è l’opposizione che vogliamo. Centotredici assenti al Senato è troppo e non è giustificabile.

Senato – votazione n. 12 (seduta n. 256 del 23/09/2009)

Gruppo Favorevoli (Maggioranza) Contrari (Minoranza) Astenuti Assenti In missione
Gruppo Misto 1 1 0 5 1
Italia dei valori 0 12 0 2 0
Lega Nord Padania 22 0 0 1 3
Partito Democratico 0 3 0 113 2
Popolo della Libertà 117 0 0 7 20
UDC, SVP e Autonomie 0 5 1 5 0
Totali 140 21 1 133 26

fonte Openparlamento

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    • Le assenze in Aula? «Davanti a una legge vergognosa, di cui vorremmo parlare, non mi sembra il punto politico», risponde Antonello Soro, capogruppo Pd a Montecitorio. E spiega che il Pd «con cento voti di margine rispetto alla maggioranza», non segue la strategia di una «prevalenza numerica».
    • «Siamo impegnati in una battaglia durissima usando l’ostruzionismo per far decadere il decreto», ma presidente della Camera ha annunciato il ricorso alla “ghigliottina“ ovvero all’interruzione forzosa del dibattito per andare al voto
    • «Non affidiamo ai numeri le nostre battaglie politiche, sarebbero perse in partenza. Le affidiamo agli argomenti quando è possibile, e agli strumenti che consentono all’opposizione di pesare di più quando ci sono i decreti legge.
    • mi pare importante vedere se il presidente della Camera utilizzerà la “gligliottina“
    • sarebbe la prima volta nella storia parlamentare e verrebbe usata per una legge di cui si vergognano anche quelli che saranno costretti a votare a favore
    • Abbiamo scommesso sul ricorso agli strumenti che ci consentono di arrivare fino a sabato
    • «L’ostruzionismo, che stiamo già facendo con dichiarazioni di voto e illustrazione di ordini del giorno e che, secondo il regolamento, ci consente di far decadere il decreto»
    • «Davanti a questa legge la Sinistra farebbe bene a scaricare la propria tensione sul governo e non contro chi fa l’opposizione. In ogni caso vorrei dire che in tutta la legislatura il Pd ha la percentuale più alta di presenze rispetto ad altri gruppi. A parte i malati, non giustifico mai gli assenti e non l’ho fatto in questa occasione, ma se noi avessimo avuto anche soltanto dieci deputati in più il governo ne avrebbe fatti arrivare venti dai ministeri.

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Ora basta! 25 Ottobre per Marino segretario. Riprendiamoci la politica.

Marino ieri a Ballarò contesta lo scudo fiscale:

PD e IDV divise al voto sul vergognoso scudo fiscale. Le assenze falcidiano i banchi del PD, soprattutto durante il voto della pregiudiziale di costituzionalità presentata da IDV, una sgarberia istituzionale. I due gruppi parlamentari sono andati al voto separatamente, senza una mozione unica, né una intenzionalità unica. E questo rappresenta un danno, sia per il PD che per IDV, la quale resta sempre più isolata e priva di possibilità di incidere nella dinamica parlamentare.
E’ necessario dare un segnale al gruppo dirigente del PD: le primarie sono l’occasione migliore. Non ha alcun senso la polemica di Flores D’Arcais sul cambiamento diidea avuto da Marino sull’opportunità o meno di affiancare alle due liste – quelle dei piombini e quelle dell’associazionismo – una terza lista, chiamata “dei girotondi”. Marino aveva già mostrato perplessità in merito a Luglio, pronunciandosi in favore di una sola lista. Le liste saranno due, una eccezione data solo a esponenti del PD che lo sostengono e che fanno parte del variegato mondo delle associazioni di volontariato, quel mondo di cui Marino si sente di poter essere espressione.
La politica dell’acquiescenza condotta nei confronti di questo governo da parte del Gruppo dirigente attuale continuerà con Bersani anche dopo il congresso. Una vergognosa collusione che non è nemmeno confrontabile con la tedesca Grosse Koalition, che ha portato la socialdemocrazia tedesca alla sconfitta alle elezioni di domenica scorsa. Innanzitutto perché la SPD era al governo con la CDU, e questo per responsabilità istituzionale, non per convenienza. Il PD dovrebbe essere all’opposizione, così almeno sostiene. E invece sottobanco, i gruppi parlamentari alla Camera e al Senato prendono accordi (come sulla RU486 – votiamo sì ma dopo il congresso), oppure si permettono di essere in numero esiguo durante votazioni importanti come quella di oggi sullo scudo fiscale.
E’ ora di dire basta. Riprendiamoci la politica. 25 Ottobre per Ignazio Marino segretario del PD.

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    • ”Siamo pronti ad ospitare il confronto televisivo tra i candidati alla guida del Partito Democratico”. Cosi’,il direttore del Tg5,Clemente Mimun, che ha inviato oggi a Pierluigi Bersani, Dario Franceschini e Ignazio Marino, il seguente invito: ”In vista delle primarie del Partito Democratico,il Tg5 sarebbe lieto di ospitare un confronto tra voi candidati,con modalita’ ed ospiti da concordare insieme,unitamente alla data di trasmissione”.
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    • alla fine di luglio, su questo stesso sito, lanciavo l’idea di una lista “girotondi per Marino”
    • Tal proposta nasceva dalla consapevolezza che la candidatura di Marino aveva la possibilità di vincere esclusivamente se capace di mobilitare una parte dei quattro milioni di elettori del Pd che hanno deciso di non votarlo più nell’anno intercorso tra le politiche e le europee
    • ho formulato a fine luglio “undici punti”, assolutamente non esaustivi ma chiaramente indicativi di un orientamento intransigente contro ogni tentazione di inciucio e dunque nei confronti di tutti i dirigenti del Pd
    • E ho chiesto a quanti fossero iscritti al Pd e condividessero tali punti, di dare la loro disponibilità a candidarsi in questa lista di “girotondi per Marino”, di raccoglier le firme per presentarla, di impegnarsi a sostenerla nelle settimane precedenti le primarie
    • Il meccanismo delle primarie non prevede infatti che si voti direttamente per un candidato, ma che si voti per una delle liste che lo sostengono.
    • circa duecento iscritti al Pd hanno mandato la loro disponibilità ad essere candidati, la maggior parte allegando un dettagliato curriculum
    • Ho perciò messo al corrente Ignazio Marino di questi promettenti risultati
    • Marino si è detto favorevole, con un calore che a tratti mi è sembrato entusiasmo, e in un dialogo con me per la rivista MicroMega (dal 25 settembre in edicola, e che spero leggerete con interesse, perché ricchissimo anche su altri temi) ha ribadito la sua decisione positiva, ed ha anzi spiegato la sua intenzione di essere appoggiato da tre liste: una legata a dirigenti locali del Pd (l’on. Meta e i “piombini” di Civati, per intenderci), una quella da me proposta, e una che fosse espressione del mondo delle associazioni e del volontariato.
    • Qualche giorno dopo, però, in risposta alle mie sollecitazioni per dare pratica realizzazione al progetto, Marino mi rispondeva che a seguito di una consultazione con il suo staff era stato deciso di rifiutare la nostra lista “girotondi per Marino”.
    • Gli argomenti addotti (che più liste comporterebbe la dispersione di alcuni “resti”, e che la sua impostazione per un “partito dei circoli” esclude più liste di appoggio) mi sono sembrati e mi sembrano francamente speciosi. Esistevano anche prima.
    • sul piano tecnico i “resti” vengono conteggiati a livello regionale e nazionale, e sono più che compensati dalla possibilità di raccogliere consensi in ambienti con sensibilità politiche diverse, consensi che mai convergerebbero su una sola lista
    • Credo che con questa scelta la candidatura di Marino perda ogni chance di successo, e possa dar vita ormai solo ad una presenza di minoranza, cioè ad una “corrente” di quadri intenzionati a “condizionare” il nuovo segretario
      • – post by cubicamente: Ma davvero Flores D’Arcais pensa che la sua mini lista avrebbe consentito a Marino di poter vincere? Crede davvero di avere la capacità di influenzare i quattro milioni di elettori persi per strada nella diaspora del dopo Lingotto? A me che scrivo pare che Flores D’Arcais sbagli. Già a Luglio Marino aveva detto no a una lita di estrazione girotondina. Aveva detto, “una sola lista”. Ne verranno fatte due, ma con la sola necessità di ricomprendere l’area dell’associazionismo. Marino è il candidato dei piombini, non dei girotondini. Il movimento dei girotondi si è spento qualche anno fa. E’ un anacronismo tentare di riproporlo come se fosse una novità. Flores D’Arcais farebbe bene a prodursi in grandi sforzi per parlare di Marino e della sua mozione, sarebbe più utile che sciupare tutto in queste beghe da quattro soldi.
    • Prospettiva che ho sempre considerato di spessore nullo rispetto alla drammaticità della crisi che stiamo vivendo.

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Scudo fiscale: le pregiudiziali di incostituzionalità erano due. PD e IDV divise. La Camera vota la fiducia.

A cosa serve la fiducia sullo scudo fiscale? Non certamente per fronteggiare l’opposizione. PD e IDV sono andate al voto in ordine sparso, con grandi defezioni nel PD, come ha riportato il fatto. E le pregiudiziali di incostituzionalità erano due: un testo per il PD, un testo per IDV.
E allora la fiducia serve ad annichilire l’opposizione interna alla maggioranza. A mettere a tacere quel gruppo di peones che non ce la fa più a mandar giù il groppone. Lo stesso Fini ha accelerato l’iter di questa inutile discussione per consentire al Presidente della Repubblica di prendere in esame il testo “prima possibile”.
La fiducia arriva ora, ore 21,01. Un’opposizione solidale, di questo ci sarebbe bisogno. di questo parlo nel prossimo post.
Questo il testo della seduta di oggi:

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 18,20.

La Camera approva il processo verbale della seduta del 28 settembre 2009.

I deputati in missione sono ottantuno.

Seguito della discussione del disegno di legge S. 1749, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 103 del 2009: Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009 (approvato dal Senato) (A.C. 2714).

Nella seduta del 29 settembre 2009 il Governo ha posto la questione di fiducia sull’approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell’articolo unico del disegno di legge di conversione.

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(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia)

SIEGFRIED BRUGGER (Misto-Min.ling.). Richiamata l’importanza cruciale delle disposizioni sul cosiddetto scudo fiscale, manifesta contrarietà alla misura, introdotta dal Senato, volta ad estendere la possibilità di rimpatrio dei capitali illecitamente detenuti all’estero con la previsione dell’impunità per gravi reati societari e tributari, peraltro con prospettive incerte circa l’effettivo rimpatrio dei capitali stessi. Dichiara quindi che la sua componente politica negherà la fiducia al Governo, stigmatizzando inoltre il ricorso per l’ennesima volta a tale strumento.

DANIELA MELCHIORRE (Misto-LD-MAIE). Espressi sdegno e netta contrarietà alle disposizioni del decreto-legge in esame concernenti il cosiddetto scudo fiscale, che giudica scandalose, inefficaci e irresponsabili, dichiara che la sua componente politica negherà la fiducia al Governo.

MARIO BACCINI (Misto-RRP). Dichiara che la sua componente politica accorderà la fiducia al Governo, ritenendo che il decreto-legge in esame si inscriva nel contesto delle positive misure varate dall’Esecutivo per sostenere l’economia del Paese, favorendo in particolare le fasce più deboli della popolazione.

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CARMELO LO MONTE. Nel manifestare un orientamento non pregiudiziale e complessivamente positivo sul decreto-legge in esame, ravvisa, tuttavia, talune criticità nelle disposizioni relative allo scudo fiscale, che reputa di carattere eccezionale e quindi inadeguate a reperire risorse per interventi strutturali. Evidenziata, inoltre, la necessità di recuperare il ritardo infrastrutturale del Mezzogiorno, dichiara che la sua componente politica confermerà la fiducia al Governo.

ANTONIO DI PIETRO (IdV). Stigmatizzate le gravi e reiterate lesioni delle prerogative del Parlamento perpetrate dal Governo anche nel corso dell’iter del decreto-legge in esame, esprime indignazione per i contenuti del medesimo, che ritiene dettati da interessi meramente personali del Presidente del Consiglio, giudicando di stampo criminale e costituzionalmente illegittime le norme sullo scudo fiscale e paventando il rischio che le stesse agevolino la malavita organizzata. Contestata inoltre la surrettizia introduzione di una amnistia per gravi reati, dichiara che il suo gruppo negherà la fiducia al Governo, rivolgendo altresì un appello al Presidente della Repubblica a non promulgare – qualora approvata – la legge di conversione del provvedimento d’urgenza in esame.

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PIER FERDINANDO CASINI (UdC). Lamentato l’ennesimo ricorso, da parte del Governo, alla questione di fiducia su un provvedimento d’urgenza, giudica negativamente le disposizioni sullo scudo fiscale, che premia esclusivamente chi ha posto in essere comportamenti illeciti, nonostante lo stesso Ministro Tremonti abbia indicato nella carenza di etica e nella mancanza di regole le cause della grave crisi economica in atto. Giudicata altresì particolarmente odiosa e di dubbia costituzionalità la sanatoria per reati tributari e societari, sottolinea come la politica del Governo, forte con i deboli e debole con i forti, mortifichi i cittadini onesti.

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LUCIANO DUSSIN (LNP). Giudicate le dichiarazioni degli esponenti delle opposizioni offensive, non veritiere e improntate ad un catastrofismo strumentale, utile anche a celare le responsabilità storiche del centrosinistra nella politica economica e fiscale condotta in passato, segnatamente sul versante delle privatizzazioni, rivendica al Governo e alla maggioranza di centrodestra gli importanti risultati conseguiti nella lotta alla mafia e alla criminalità economica, con particolare riferimento agli accertamenti tributari e al recupero dell’evasione fiscale. Ricordato, quindi, che le disposizioni sullo scudo fiscale renderanno disponibili per il sistema economico le risorse necessarie ad una effettiva ripresa e non favoriranno, invece, il paventato riciclaggio dei proventi di reati diversi da quelli fiscali, dichiara che il suo gruppo confermerà la fiducia al Governo.

ANTONELLO SORO (PD). Espressa forte indignazione per le disposizioni in tema di scudo fiscale, giudicato una vergognosa ed iniqua sanatoria tombale che infligge un grave vulnus alla legalità, paventa il rischio che dall’attuazione delle stesse derivino insoddisfacenti risultati finanziari ed un rilevante aumento dell’evasione fiscale. Nel ritenere che il Governo abbia occultato ai cittadini la verità sugli effetti del provvedimento d’urgenza in esame e sulle dinamiche della crisi economica celando l’inefficienza della sua politica, invita il Presidente della Camera a riconsiderare la prospettata ipotesi di conclusione forzosa del dibattito, che costituirebbe un grave precedente. Dichiara, infine, che il suo gruppo negherà la fiducia al Governo.

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PRESIDENTE. Nel precisare che in base al dettato costituzionale la Camera ha il diritto di votare un decreto-legge, a garanzia del dovere che le istituzioni devono avvertire di essere trasparenti, sottolinea che, come espressamente previsto dal Regolamento, il Presidente della Camera ha il dovere di rendere possibile l’esercizio del voto da parte di ogni deputato e dunque ha la prerogativa di avvalersi delle norme che rendono vano l’ostruzionismo politico, pur legittimo, ma teso a far decadere il decreto-legge in esame.

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FABRIZIO CICCHITTO (PdL). Stigmatizzate le considerazioni del deputato Di Pietro, il cui comportamento non è stato sempre coerente con le posizioni sostenute, esprime apprezzamento per l’azione di contrasto ai paradisi fiscali posta in essere dal Governo, nell’ambito di una strategia internazionale finalizzata ad arginare la crisi economica in atto. Sottolinea quindi che le misure sul rientro dei capitali detenuti all’estero sono volte anche ad impedire, in futuro, la reiterazione di comportamenti illeciti. Giudica inoltre impropri taluni rilievi critici dell’opposizione, secondo la quale le norme sulla non punibilità di alcuni reati tributari e societari configurerebbero una vera e propria amnistia, atteso che tali disposizioni si sono rese necessarie per garantire la corretta applicazione dello scudo fiscale.

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La seduta, sospesa alle 19,25, è ripresa alle 19,35.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

PRESIDENTE. Indìce la votazione per appello nominale sull’articolo unico del disegno di legge di conversione, nel testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
(Segue la votazione).

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    • Anche l’Idv ha presentato una pregiudiziale di costituzionalità per motivi analoghi a quelli del Pd. “Lo scudo fiscale
      ha gli stessi effetti di un’amnistia e secondo al nostra costituzione per approvarla ci vuole una maggioranza qualificata”, ha spiegato il presidente vicario dei deputati dell’Italia dei Valori Fabio Evangelisti.
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    • A sole due settimane dal via (il 15 settembre) la quantità di denaro già rimpatriato è “superiore a ogni aspettativa”, scrive ItaliaOggi.
    • Lo scudo fiscale sta suscitando grande interesse presso i contribuenti, secondo quanto riferiscono gli intermediari – banche, sim, fiduciarie, commercialisti. E il quotidiano già la chiama “febbre” da scudo fiscale. Si tratta solo dei primi calcoli, sussurrati “a mezzabocca”, ma secondo alcuni sarebbero già rientrati 8 miliardi, secondo altri 10 o ancora di più.
    • La scorsa settimana il Senato ha dato via libera all’emendamento Fleres che amplia la copertura dello scudo e la platea dei potenziali beneficiari, pur restringendo la scadenza per aderire al 15 dicembre, ma le modifiche devono ancora passare alla Camera dei deputati, dove oggi riprende l’esame della legge di conversione del decreto 103/09
    • I deputati democratici rilevano “l’incostituzionalità del decreto in discussione a Montecitorio perché sul piano sostanziale lo scudo favorisce le attività di riciclaggio, in particolare delle organizzazioni criminali e terroristiche, creando una corsia preferenziale ai proventi di delitti gravi che finiranno per mimetizzarsi nella massa dei capitali che rientrano mentre sul piano del diritto si pone in contrasto con la direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione”.
    • DONADI (IDV): FIDUCIA BLINDA NORMA CRIMINOGENA – “Siamo ormai abituati ai costanti schiaffi del governo al Parlamento, ma questa fiducia è ancora più incomprensibile delle altre, perché blinda una norma criminogena che è un vero e proprio favore a mafiosi e criminali. Un atto antidemocratico di una gravità estrema che rivela il vero volto di questa maggioranza. Ci opporremo con tutte le nostre forze a questo brutale atto di arroganza contro tutti i cittadini onesti”. Lo afferma il presidente dei deputati Idv Massimo Donadi.
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    • Terminata la discussione generale si va verso la fiducia per il contestato scudo fiscale.
    • I deputati del Pd hanno presentato una pregiudiziale di costituzionalità al decreto legge che contiene lo scudo fiscale, primo firmatario il presidente Antonello Soro. «Il decreto prevedeva, secondo le iniziali intenzioni esposte dal governo, una serie limitata e puntuale di interventi correttivi del decreto legge dello scorso luglio – evidenziano i deputati – ma l’introduzione dello scudo fiscale, teso a favorire il rientro di capitali dall’estero, è stato strumentalmente trasformato in mezzo per realizzare un vero e proprio condono tributario e un’amnistia mascherata».
    • Per i deputati Democratici quindi l’incostituzionalità del decreto in discussione a Montecitorio si riscontra sul piano «sostanziale» e su quello «del diritto»: lo scudo «favorisce le attività di riciclaggio, in particolare delle organizzazioni criminali e terroristiche, creando una corsia preferenziale – affermano – ai proventi di delitti gravi che finiranno per mimetizzarsi nella massa dei capitali che rientrano». Infine, concludono, si pone «in contrasto» con alcune direttive europee.
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    • Ieri il Fatto domandava: “Ma il Pd dov’è?”. Ieri, puntuale, il Pd ha risposto: siamo momentaneamente assenti. Almeno fino al congresso. Purtroppo il Parlamento non si ferma: ieri si votava la pregiudiziale di incostituzionalità dell’Italia dei valori contro scudo fiscale (tutte le opposizioni si erano associate). Risultato: presenti 485, votanti 482, astenuti 3, maggioranza 242. Contro lo scudo 215, a favore 267. Traduzione: malgrado la ressa sui banchi del governo, Pdl e Lega sarebbero andati sotto (70 assenze su 329) e lo scudo sarebbe stato bocciato. Peccato che in aiuto del centrodestra sia arrivato il soccorso “rosa”. Quasi un deputato Pd su quattro era altrove (28% di assenze, 59 su 216). Quasi al completo i dipietristi (24 su 26). Più virtuosa del Pd è stata persino l’Udc (8 assenti, 29 al voto su 37). Bastavano 27 deputati di opposizione, quindi, per seppellire il mega-condono. Domani pubblicheremo i nomi degli assenteisti salvascudo. Ma quattro a caso ve li anticipiamo: Franceschini, Bersani e D’Alema. I veri leader.

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Prima che il paradiso fiscale divenga un purgatorio. Il condono sulla fiducia.

Lo scudo fiscale non è compatibile con la politica decisa a Luglio al Consiglio EcoFin. Questo deve essere detto, poiché nessuno oggi ricorda che a Luglio il ministro Tremonti si vantava in aula a Bruxelles con i colleghi di aver avuto delle grandi idee e di lavorare a stretto contatto con GB, Francia e Germania, in linea con quanto stava facendo Obama in USA, e questo per combattere la crisi finanziaria, la peggiore crisi dal 1929.
Ma ecco che a Ottobre il governo debba fare cassa e Tremonti allunga il gomito a Mr b e gli mette sotto al naso questa bozza di condono, ma da chiamarsi “scudo” che così si confondono le idee. Un modo per accontentare il capo, che così fa rientrare qualche gruzzoletto, e per mettere fieno in cascina, in barba alla legge sul falso in bilancio, già depenalizzato dagli stessi che ora governano. Con lo scudo, s’introduce anche un altro aspetto dirompente, che lede il principio dello stato di diritto, questo lo si fa attraverso il “cavallo di troia” dell’anonimato. Vale a dire, queste persone, colpevoli di evasione fiscale, non sono neanche identificate, non sono neanche sottoposto a mezzo procedimento, che dico, a una notifica, niente. Sono di fatto amnistiate. Sono anonimi che fanno transitare al confine valigette di soldi delle quali non si sa la provenienza e che lo Stato preleva in minima percentuale, un tributino per il servizio prestato.
In realtà si è dato un pugno nello stomaco ai criteri OCSE. Si è sputato sul piatto dove a Luglio si è mangiato. E si è bypassato ancora una volta il Parlamento, poiché su questo Ddl verrà posta la questione di fiducia. Non interessa la discussione, interessa non perdere tempo, prima che i partner europei impongano delle regole comuni, prima che il consesso del G20 decida per una regolamentazione degli scambi finanziari, prima che il paradiso divenga un mezzo purgatorio.

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    • E’ partito con una rissa ieri al consiglio Ecofin quello che il ministro Tremonti ha definito «l’ assedio ai paradisi fiscali» e all’ evasione fiscale che vi si consuma.
    • «In molti paradisi – ha detto il ministro dell’ Economia – ci sono più società di panama che abitanti. Noi stiamo lavorando, come Regno Unito, Francia e Germania, su alcune ipotesi, in parte simili a quanto leggo sul piano Obama».
    • Tre le direttrici dell’ iniziativa italiana contro l’ evasione: 1) «inversione dell’ onere della prova (se il capitale è depositato in un paradiso si presume che sia originato da evasione salvo prova contraria); 2) sanzioni aggravate se il capitale evaso viene depositato in un paradiso fiscale; 3) più attenzione sui redditi nei paradisi».
    • La pubblicazione della lista Ocse, fortemente voluta da Franciae Germania, era stata decisa al vertice del G20 a Londra
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    • Il governo pone alla Camera la questione di fiducia sul decreto legge correttivo al pacchetto di misure anti-crisi e che contiene le norme sullo scudo fiscale.
    • Quella che il governo Berlusconi ha chiesto alla Camera sul decreto correttivo delle misure anticrisi, che contiene le norme sullo scudo fiscale, è la 25/a fiducia nei 17 mesi di questa legislatura.
    • La conferenza dei capigruppo di Montecitorio, convocata per domani mattina alle 10, stabilirà il calendario preciso delle ultime fasi del passaggio del testo. La fiducia sarà votata presumibilmente domani sera, mentre giovedì è atteso il via libera definitivo al decreto sulla sanatoria per il rientro dei capitali dall’estero, che diventerà legge.
    • Le opposizioni, che hanno approfittato di tutti gli spazi consentiti dal regolamento di Montecitorio per prendere la parola, attaccano Esecutivo e maggioranza convinti che lo scudo
      fiscale sia «uno schiaffo agli onesti», come dice il segretario del Pd Dario Franceschini, e addirittura «favorisca la criminalità», come sostiene l’Italia dei Valori.
    • Il fronte del no però intanto si allarga e oggi anche Famiglia cristiana si schiera apertamente contro lo scudo fiscale («l’ennesima beffa per la gente onesta») e definisce Tremonti «un furbetto del governino».
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    • [NRC Handelsblad]

    • Gli evasori fiscali italiani possono rilassarsi e prendere fiato. Il Senato approva oggi una legge che rende possibile riciclare il denaro sporco depositato all’estero a condizioni molto convenienti. Chi dichiara entro il 15 dicembre i propri fondi neri giacenti nei paradisi fiscali dovrà pagare solo il 5 per cento di tasse, contro il circa 40 per cento prelevato dalle entrate degli italiani onesti.
    • Chi fa la dichiarazione può contare sull’anonimato. Anche coloro che hanno ottenuto guadagni non dichiarati attraverso il falso in bilancio non saranno perseguiti.
    • “Questo è riciclaggio di Stato”, ha detto il leader del partito Italia dei Valori, Antonio di Pietro. “Una vergogna”, sostiene Dario Franceschini, capo dell’opposizione di sinistra, il Partito Democratico. Gli Italiani onesti sono secondo lui svantaggiati dal provvedimento.
    • Tremonti prevede che circa 100 miliardi di euro in nero verranno dichiarati. Spera di incassare 5 miliardi di euro per le casse dello Stato. Secondo Tremonti il provvedimento rispetta le condizioni che l’OCSE pone alle legislazioni per il rientro dei capitali dall’estero.
    • Nessun altro Paese sta considerando un approccio così timido come quello italiano. In Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti gli evasori fiscali devono comunque pagare le tasse. Solo una parte della multa può essere condonata. Chi ha ottenuto il denaro da pratiche illegali o criminali rimane perseguibile.
    • Sei anni fa il governo Berlusconi di allora aveva già concesso agli evasori italiani una legge indulgente per il riciclaggio del denaro. Ai tempi l’operazione aveva fruttato 2 miliardi di euro al Tesoro ed era stato detto che si trattava dell’ultimo condono generale.

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