Primarie PD | Renzi e il rendiconto spese molto light

Leggi la prima parte – https://yespolitical.com/2013/12/27/primarie-pd-alcune-curiosita-nei-rendiconti-spese/

Vi dicevo ieri che il rendiconto spese del Comitato Matteo Renzi meriterebbe una più ampia e attenta analisi. Perché? Per una serie di ragioni, la prima delle quali è che il totale spese dichiarato è appena al di sotto del limite, imposto per regolamento, stabilito a 200000 euro, ma è indicato Iva esclusa – almeno per le spese di “Comunicazione, Web e Servizi” di cui all’Allegato E. Ora, il Comitato Renzi non è soggetto giuridico che fiscalmente può scaricare l’Iva essendo esso stesso il terminale dell’interazione economica quindi non se ne comprende la omissione dal resoconto finale. Solo aggiungendo l’imposta prevista dalle prestazioni elencate in fattura nell’allegato suddetto (pari a 12000 euro), il totale spese supera già il tetto regolamentare.

Preciso un aspetto, onde evitare fraintendimenti: la vittoria di Renzi è netta e regolare. Non si vuol qui dire che Renzi abbia vinto violando le regole, bensì che abbia vinto e che abbia violato le regole (in materia di finanziamento). I due aspetti vanno tenuti disgiunti, altrimenti si commette un grave errore, diciamo così, svilendo la volontà elettorale espressa democraticamente da quasi tre milioni di elettori.

Ma Democrazia equivale a dire anche parità di condizioni e rispetto delle regole. In entrambe le voci, il Comitato Renzi si trova in una posizione delicata.

In termini di parità delle condizioni, ci sarebbe da dire qualcosa circa il ruolo della Fondazione Big Bang (oggi Fondazione Open). Renzi ha potuto cominciare la campagna congressuale sfruttando il volano finanziario ed organizzativo della sua struttura personale che gli ha consentito di coprire gli extra costi per circa 89000 euro e di organizzare la manifestazione “Leopolda 2013” senza per questo farla rientrare nelle manifestazioni correlate al congresso. I costi della Leopolda sono quindi stati espunti dal Resoconto Generale renziano e non sono nemmeno così chiari, non essendo ancora stati resi pubblici. Sul sito della Fondazione Open (fondazioneopen.it) si spiega – alla voce ‘Spese’ –  che “il totale e le voci di spesa della Fondazione, con i relativi importi, risultano dai bilanci di esercizio annuali”, per cui occorre attendere la chiusura del bilancio (a Gennaio?). In ogni caso, sul sito matteorenzi.it, che è il media ufficiale del sindaco-segretario e lo è stato per tutta la campagna elettorale, potete ancor oggi entrare nella pagina dedicata alla manifestazione della Leopolda come se fosse una iniziativa stessa del (ex) candidato. Innegabile che la Leopolda abbia consentito al sindaco una esposizione mediatica eccezionale: durata tre giorni, è stata l’apertura di quotidiani online e cartacei, nonché dei telegiornali. Un bel credito comunicativo che è stato sfruttato a dovere, non c’è che dire. Gli altri due candidati? Uno aveva dalla sua la macchina del partito (un po’ inceppata, ad onor del vero); l’altro – Civati – non aveva proprio nulla, a parte l’operosità dei propri volontari. La Commissione di Garanzia nazionale avrebbe, pertanto, dovuto adoperarsi affinché i candidati avessero parità di trattamento e di opportunità a livello comunicativo. Sorvoliamo?

Non del tutto. Perché di mezzo, appunto, c’è il rispetto delle regole. Veniamo al famigerato Allegato E. In esso, come anticipato poche righe più sopra, sono contenute le fatture dei servizi di Comunicazione e Web, fra cui quelle relative ai pagamenti verso Proforma, la nota agenzia di Comunicazione e Marketing politico. Si tratta di tre pagamenti fatturati da Proforma al Comitato Matteo Renzi che elenco qui di seguito: fattura n. 76 del 16/10/2013 per un importo totale di 27450 iva compresa; fattura n. 100 del 13/12/2013, con importo totale pari a 9150 euro; fattura n. 82 per 1342 euro. Niente di illecito, sia chiaro. Ma, ad un occhio più attento, sorgerebbe un dubbio. Il primo documento, il n. 76 del 16 Ottobre reca nel campo descrizione la frase seguente: “Quota acconto (pari al 50% del compenso totale concordato)”. L’importo netto è di 22500 euro; ne consegue che il totale pattuito con Proforma sarebbe di 45000 euro Iva esclusa. Purtroppo i pagamenti verso Proforma, come rendicontati dal Comitato Renzi, ammontato a sole 31100 (Iva esclusa), di cui 1100 di rimborso spese. Mancano 15000 euro più Iva che (insieme all’imposta omessa) impattano sul totale speso da Renzi spingendolo ben sopra quota 250000, sforando il tetto massimo di spesa consentito dal Regolamento congressuale di 50000 euro.

Riassumendo:

  1. il Comitato Renzi ha presentato un rendiconto spese per 197000 euro circa, ma in esso non ha conteggiato l’Iva;
  2. nel Rendiconto Spese – Allegato E, mancano almeno 15000 euro di versamenti verso Proforma;
  3. non è chiaro se la somma messa a disposizione da parte della Fondazione Big Bang/Open sia stata nelle disponibilità del sindaco-segretario sin dall’inizio della campagna o se sia stata ‘trasferita’ in forma di copertura degli extracosti (considerato il budget pari alla somma raccolta con i finanziamenti volontari); non è altrettanto chiaro se tale finanziamento rientra nelle finalità della fondazione medesima;
  4. la manifestazione Leopolda è stata espunta dal rendiconto ma era parte integrante del sistema comunicativo del candidato; non esiste rendiconto pubblico di entrate/uscite della Leopolda 2013.

Avete spiegazioni in merito?

Congresso vero, Congresso falso

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L’intervista a Pierluigi Bersani pubblicata oggi su L’Unità sgombra ogni dubbio sulle intenzioni che l’attuale dirigenza del PD ha circa la strategia da mettere in atto sabato durante l’Assemblea Nazionale che eleggerà il segretario-reggente.

Bersani ha più volte ripetuto che il congresso dovrà essere affrontato con una discussione seria, vera, eccetera, sulle regole: a questo dovrebbe servire il suo sacrificio, a “decidere delle correzioni profonde riguardo il nostro modo di essere”. Eh già, il PD non ha perso le elezioni, ha incontrato delle difficoltà dopo. “Messi di fronte alla prima vera responsabilità nazionale da quando siamo nati, non siamo riusciti a saltare l’asticella. Abbiamo mancato la prova”, ripete l’ormai ex segretario. Nessun cenno su una campagna elettorale disastrosa, specie nel mese di Gennaio, quando i sondaggi ‘sentivano’ – ma senza percepirlo in tutta la sua interezza – il calo della coalizione Italia Bene Comune. No, il disastro è colpa dell’immaturità dei parlamentari del PD, i quali non sono in grado di “distinguere tra funzioni istituzionali, come è quella del Presidente della Repubblica, e funzioni politiche e di governo”, ma tutti sapevano che la scelta del Quirinale avrebbe influito pesantemente nella scelta dell’incarico.

Bersani non dimentica di ripercorrere le tappe decisionali: la direzione che gli ha conferito mandato per ricercare un candidato presidente della Repubblica “largamente condiviso”; la scelta di Marini (“Mi piacerebbe piuttosto chiedere a Grillo e tutti gli altri perché hanno detto no a uno come Marini” – il no è stato detto innanzitutto dal suo stesso partito e Marini è stato lo stesso portato in aula, agnello sacrificale sull’altare del governissimo); la convergenza unanime sul nome di Romano Prodi, poi vigliaccamente killerato nel segreto dell’urna.

“Nell’inconsapevolezza di tanti di noi, lì è tramontata la possibilità di un governo di cambiamento, la possibilità di aprire la legislatura con una terapia d’urto capace di riconnettere il governo e noi stessi con la società”.

Questo tema dell’inconsapevolezza, come se il parlamentari del PD fossero degli ingenui intenti più che altro a farsi le scarpe l’un l’altro, è una ipotesi che Bersani spaccia per verità. Come se i 101 franchi tiratori non sapessero affatto quel che stavano facendo e il governissimo, per loro, non fosse certamente l’obiettivo finale.Tutto ciò viene affermato da un segretario dimissionario, che ha quindi ammesso di non esser stato in grado di formulare iniziative politiche chiare e vincenti. Figuriamoci se ora è in grado di prefigurare una linea politica per il futuro.

Eppure, ostinatamente abbarbicato sul proprio scoglio, lo fa. E sostiene, con una allarmante limpidezza di linguaggio, che:

  1. ci vuole un congresso vero, che sia svincolato dalla scelta di un candidato premier, visto che per la prima volta da quando esiste il PD un presidente del Consiglio lo abbiamo;
  2. è possibile avviare una procedura per arrivare a una modifica dello statuto tale per cui non ci sia più coincidenza tra la figura del segretario e quella del candidato premier;
  3. che l’Assemblea di sabato non deve essere un mini-congresso. Però poi dice che deve eleggere un segretario (alla domanda segretario o reggente, risponde, testuale:  “E’ una discussione formalistica”!), ovvero che deve “dare un mandato pieno a qualcuno che dovrà condurci nella fase congressuale e intanto rappresentare il PD di fronte al Paese”, e questo non è affatto formalismo, è svolgere il congresso in un pomeriggio, senza discussione alcuna, vidimando una decisione presa altrove e da chissà chi.

In queste tre condizioni, ovviamente, le primarie non sono più contemplate né sono contemplabili. L’assunto generale è “non disturbate il manovratore Letta” e perciò il prossimo congresso eleggerà non un candidato premier poiché il premier il PD già ce l’ha. Se vi sembrano ragioni durevoli. Il premier Letta nasce con la scadenza (18 mesi, ma potrebbe essere una “etichettatura errata” e potremmo scoprire una ‘frode’ sulla genuinità del governissimo). E non nasce secondo il principio democratico ma in virtù del giogo dei 101 occulti manovratori. I quali hanno agito consapevolmente – beata ingenuità – per suggerire la via unica dell’accordo con il Pdl.

Il congresso vero secondo Bersani sarà quello in cui ci sarà discussione sulle deroghe alle regole dello statuto. Il congresso falso è quello che le vuole applicare?