DL Stabilità, colpita anche la spesa per intercettazioni

Mentre la politica sta implodendo – sì, penso che sia questo il termine più corretto per descrivere lo psicodramma nazionale – il governo procede imperterrito, come un rotativa di stampa, a produrre nuove norme correttive di quelle adottate sinora tanto che risulta quasi impossibile star dietro ai cambiamenti e forse ci vorranno mesi, per non dire anni, a capire e comprendere in profondo gli effetti di questo stravolgimento.

Il DL Stabilità ha occupato le prime pagine dei giornali per quella odiosa norma che riduce le detrazioni fiscali anche per l’anno corrente, il che significa per molti, parlo in special modo per i sostituti d’imposta, dover stornare a Gennaio, in sede di conguaglio, la parte di imposta non versata poiché coperta dalla detrazione. Ma il disegno di legge è una costellazione di norme, spesso da leggere in combinato con quelle oggetto di emendamenti e aggiunte o modifiche di singole parole. Per cui colpisce quel che emerge dalla lettura del comma 11 dell’articolo 3 intitolato “Riduzione delle spese rimodulabili ed ulteriori interventi correttivi dei Ministeri”.

Il decreto 259/2003 è noto con il nome di Codice delle comunicazioni elettroniche. Il comma 2 dell’art. 96 fa riferimento a una sorta di listino prezzi stabilito dal Ministero delle Comunicazioni, contenuto nel D.M. 26 aprile 2001, che è relativo alle intercettazioni effettuate da soggetti specializzati per conto delle autorità giudiziarie. La norma, come ridisegnata dal governo Monti, cancella di fatto il listino prezzi del 2001 e demanda ad un decreto del Ministro della giustizia e del Ministro dello sviluppo economico, da adottare con il concerto del Ministro dell’economia e delle finanze, il compito di determinare le prestazioni obbligatorie a carico degli operatori e il ristoro dei costi, nelle forme di un canone annuo forfettario. E’ di fatto la tanto temuta riduzione di spesa per le intercettazioni. Il comma 12 specifica che l’abrogazione del listino prezzi del 2001 avrà effetto solo nel momento in cui il Ministero della Giustizia approverà il decreto suddetto, questo al fine di evitare un blocco delle attività investigative da parte dei fornitori delle procure. In ogni caso, il taglio che si prefigura non è affatto chiaro ed è soggetto al vaglio del MEF. Ma è implicito che tale modifica abbia lo scopo di raggiungere evidenti obiettivi di spesa, anche se non specificati.

Non credo sia il caso di dare la stura ai profeti dell’indignazione, ma credo che la propensione del governo a tagliare tutto quanto sia tagliabile sia un fatto preoccupante tanto quanto quello di aumentare le tasse ad ogni decreto di carattere economico. Ma quel che più impressiona e che ciò stia avvenendo in un clima di generale caos nella classe politica, distratta dal mercimonio del denaro pubblico a tal punto da non accorgersi che l’erosione della spesa stia oramai procedendo verso il nocciolo delle funzioni vitali della Macchina-Stato. E Monti e soci sono al punto di recidere la giugulare del paese, che è poi l’attività investigativa delle procure chiamate a far giustizia anche di questa marmaglia che passa sotto al nome di Casta. Senza una magistratura inquirente e una giustizia funzionanti, non riusciremo mai a bonificare il terreno pubblico della competizione politica. E resteremo in una sorta di stato comatoso, estremamente bisognosi di un governo tecnico. Bis, magari.

Mazzamuto Sottosegretario ma non troppo

Salvatore Mazzamuto è diventato sottosegretario alla Giustizia il 28 Novembre 2011. E’ laureato in Giurisprudenza ed è Professore Universitario. Ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato all’Università di Palermo. Diviene preside della Facoltà di Giurisprudenza della stessa università. E’ stato Avvocato cassazionista. Dal 1998 al 2002 è stato membro del Consiglio Superiore della Magistratura. È ordinario di Diritto civile all’Università degli Studi Roma Tre. Ė stato, inoltre, docente di “Ordinamento Giudiziario” – cattedra di Diritto Processuale Civile – presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’ Università “Kore” di Enna. Nell’ultimo governo Berlusconi è stato consigliere giuridico del ministro della Giustizia Angelo Alfano. Il 28 novembre 2011 è stato proposto dal governo Monti come Sottosegretario alla Giustizia. Ha giurato il giorno successivo (Wikipedia, alla voce Mazzamuto).

Ieri, il governo ha espresso parere favorevole alla norma che cancella l’emendamento al DdL Corruzione di Italia dei Valori volto a ripristinare il meccanismo sanzionatorio di tipo penale per il reato di falso in bilancio. Il rappresentante del governo era proprio Mazzamuto, il quale sostituiva il collega Zoppini, dimessosi – che coincidenza! – proprio il giorno prima in quanto indagato in un’inchiesta della procura di Verbania. Mazzamuto dichiara poi al Corsera che lui di quell’emendamento non ci capiva nulla, che la scheda illustrativa del contro-emendamento non era chiara, erano “solo sette righe”.

Naturalmente quelli del PdL l’emendamento lo avevano capito benissimo e l’hanno votato. Ed è chiaro che Mazzamuto non ha capito un accidente e il suo ruolo come “consigliere giuridico” dell’ex ministro della Giustizia – guarda un po’! – Alfano non ha nulla a che vedere con quanto accaduto in aula. Ed è singolare che il sottosegretario Zoppini, uno dei più giovani sottosegretari del governo Monti e anche uno dei più ricchi, 46 anni,  si sia dimesso perché indagato per frode fiscale, nel 2010, e raggiunto da un avviso di garanzia della procura di Verbania  che neanche le bombe intelligenti di George W. Bush. “Secondo l’ipotesi dei magistrati piemontesi, attraverso la sua attività di consulenza, Zoppini avrebbe aiutato i titolari della Giacomini a realizzare una frode fiscale internazionale” (Il Sole 24 ore).

Sarà pur vero, ma intanto oggi, il redivivo Berlusconi ha così potuto tranquillamente andare a pranzo dal premier Monti.