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Il Blog Beppe Grillo sotto attacco Ddos e Anonymous si spacca

Da ieri pomeriggio i server che ospitano il blog del fondatore del Movimento 5 Stelle sono andati sotto attacco DdOS, Denial of Service. Non è un fatto nuovo: già nel 2007 il blog di Grillo fu “defacciato”. D’altronde Grillo non è un campione della difesa del libertarismo digitale, anzi egli si nutre di copyright e spesso non cita le sue fonti, quindi per certi versi è “attaccabile”.

Il Tango Down odierno dovrebbe essere invece opera del gruppo di hacker Anonymous, ma la primaria rivendicazione che circola in rete viene contestata dal profilo twitter di @anonita, gli Anonymous italiani ufficiali:

A metterci del suo ci ha pensato Byoblu, noto videoblogger marcatamente filo-Grillo, secondo il quale l’attacco DdOS non sarebbe opera di Anonymous. Le argomentazioni – ribadisco, argomentazioni, non fatti – portate a suffragio di questa affermazione sono le più disparate:

  1. non è stato fatto defacement;
  2. Anonymous non attacca blog o media di informazione non mainstream (non ci metto la mano sul fuoco);
  3. quanto scritto sullo screenshot del presunto defacement non convince: Grillo che fa il saluto romano; Grillo che non ammette gli stranieri nelle sue liste;
  4. un DOS può arrivare da chiunque.

In realtà l’attacco è stato riconosciuto da @anonita che quindi smentisce Byoblu e le sue ricostruzioni artificiose:

E pure sul blog ufficiale di Anonymous Italia si dispiega una verità diversa: “AnonOps è una rete completamente autogestita il suo fine è mettere a disposizione di ognuno gli strumenti di protesta informatica, nessun utente può garantire del comportamento dell’altro, ognuno ha diritto a sviluppare liberamente il proprio dissenso, purché non sia manifestamente discriminatorio verso religione, etnie, orientamenti sessuali etc… etc… Riguardo al recente attacco al blog di Beppe Grillo questo non crea discriminazione alcuna verso minoranze o altro quindi è un’azione che può essere rivendicata da anonymous e come tutte le azioni di anonymous è sostenuta da alcuni ma non da tutti” (Anonymous blog ufficiale).

Insomma, una gran confusione. Un “anonimo fra tanti” si chiede su pastebin.com a chi fa comodo Anonymous. Secondo questo anonimo, Anonymous serve a chi fa sicurezza informatica poiché ogni attacco è una nuova possibilità di lavoro; ai giornalisti, “così da poter parlare di criminali e terrorizzare le masse”; alle persone montate. “Era un bel movimento”, scrive, “ora è roba da giornali, da pettegolezzo, da comunicato e  da Tango Down a random”. Ecco, questo mondo è intriso dell’idea che tutto ciò che va sui giornali sia dozzinale, sia pettegolezzo, gossip, pastura per innocenti pesci che abboccano. I giornali che “terrorizzano le masse”.

Anonymous Italia era una piattaforma anarchico-democratica agli albori. Scrive “anonimo” che essa era il luogo della libertà. Ne siamo sicuri? Siamo sicuri che la libertà coincida con la possibilità di mettere “tango down” blog o siti altrui? Tutto ciò ha a che fare con la libertà di espressione, nel senso che la pregiudica. Gli attacchi DOS altro non servono se non a esplicitare che esiste una tecnica, fra le tante in Rete, che permette di far tacere qualsiasi voce. Ma a lungo andare questa presunta patente di Giustizieri del Web diventa una chimera.

Ripetiamo l’accaduto per alcuni giornalisti che hanno evidentemente problemi nel recepire i messaggi: L’attacco al blog di Beppe Grillo è vero, c’è un comunicato sul blog del movimento Italiano, ma l’attacco era contro uno dei principi che ci siamo posti all’inizio di questa avventura con i gruppi internazionali: cioè non attaccare media/blog. Quindi di conseguenza chi l’ha fatto non ha rispettato questa regola condivisa comunemente e ha solamente rovinato la reputazione di qualcosa più grande e profondo di un semplice attacco Ddos. Con questa penso che sia chiaro. Ora scrivete quello che volete. Cioè, scrivete quello che vi dicono di scrivere (@anonita).

Gli anarchici della Rete non sono certo diversi dai loro parenti di sessanta anni fa. La mancanza di organizzazione e di struttura rende il movimento “pieno di spifferi”. Chi ha agito ha “rovinato qualcosa di più grande”. Cos’era? Il senso di giustizia? Battersi per la neutralità della Rete è un principio valido per cui fare dei Ddos? Prima di fare la cyberguerra dovremmo tentare una soluzione “più politica”, non credete? A che servono queste tecniche se possono essere usate per fini di lotta partitica? Non ho ancora visto nessun hacker di Anonymous mettere tango down il sito di Google, il primo e principale attore della rete che con il suo algoritmo di ricerca “malleabile” è il più importante fattore di pregiudizio della net-neutrality. I diritti digitali sono un catalogo di diritti che è ancora tutto da scrivere. Che deve esser portato alla luce del dibattito pubblico e incorporato nel quadro costituzionale europeo e nazionale. Battersi contro Acta e contro Sopa e Pipa è stato un momento di grande vivacità della Rete, un momento in cui anche gli attacchi Ddos erano uno strumento per far parlare i media tradizionali di questi provvedimenti oscuri, tenuti estranei al dibattito pubblico dai loro stessi relatori.

Oggi è stato compiuto semplicemente un abuso. Oggi il Ddos è stato impiegato per mettere a tacere.

Il senso di @VeltroniWalter per Twitter

Italiano: L'On. Walter Veltroni, per la rappre...

(Photo credit: Wikipedia)

La vicenda Calearo, apertasi con le dichiarazioni del deputato ex PD a Radio24 (“non vado in parlamento ma mi tengo lo stipendio”), ha avuto ieri sera un inatteso sforamento su Twitter. Inatteso perché uno si aspetta, che so, una agenzia di stampa, un lancio Ansa, con il tal politico che rilascia dichiarazioni e si sottopone alle domande dei giornalisti ivi presenti. E invece no. Al tempo di Twitter, le agenzie di stampa vengono completamente dribblate dal politico, così i loro giornalisti. E i giornalisti nelle redazioni non possono far altro che rincorrere il loro Blackberry o l’iPhone o il tablet o sedersi rassegnati.

Ma procediamo con ordine.

Succede che @VeltroniWalter, account ufficiale e evidentemente gestito dal politico Walter Veltroni, si sente in dover di rispondere alle critiche del “popolo-della-rete” – naturalmente ‘insorto’ contro le dichiarazioni del Calearo, deputato ceerleader del PD veltroniano, anno domini 2008 – e lo fa il sabato sera, stando a malapena dentro i 140 caratteri e con una sintassi che a tratti sembra andare in crisi:

Quindi Calearo è una “persona orrenda”, ma la colpa di averlo portato alla Camera non è di Veltroni bensì di tutto il PD che l’ha votato all’unanimità. Ne consegue che Veltroni non può accettare critiche, soprattutto da chi ha fatto cadere il governo Prodi – due volte! a chi si riferisce? A D’Alema? – né da coloro i quali hanno “compiuto errori gravissimi”. Fine delle comunicazioni. Veltroni affida il proprio vomito dichiarativo a Twitter poi se ne va. Si scollega? Abbandona sul comodino il suo iPhone? Si addormenta sul divano in un mestissimo sabato sera ascoltando la meravigliosa intervista di Fabio Fazio a Er Circoria detto Rutelli? Non è dato a sapere. Veltroni non impiega Twitter per sottoporsi al confronto con “gli Altri”. Lo usa solo per NON avere alcun confronto, per non essere contraddetto, per instillare nella pubblica discussione affermazioni impacchettate, e basta. E allora l’uso che tu, Politico, fai dei social network, diventa una misura del valore che dai alla relazione con chi non è come te, privilegiato e protetto dentro al Sistema. Laddove puoi esporti alla pubblica e libera discussione e non puoi proteggerti dalla mediazione professionale e giornalistica del conduttore televisivo, mostri la paura intrinseca dell’uomo per la parresia. La “parola libera” ti confonde, è terra straniera, una terra in cui uno conta uno, e si è soli, senza scorte né ‘armature’.

@VeltroniWalter dinanzi a tutto ciò fa una cosa sola: scappa.