The Guantanamo Files e i professionisti della menzogna

Parlare di mutazione genetica può sembrare esagerato. Eppure tutte le testate giornalistiche che ai tempi della guerra in Iraq o nei riguardi del conflitto afghano erano considerati embedded, dalla linea editoriale assolutamente acritica e unidimensionale, oggi si stanno scannado cercando di fornire ai propri lettori un ragguaglio quanto più dettagliato sui Guantanamo Files, l’ennesima fuga di documenti segreti dagli archivi del governo USA messa in opera da Wikileaks.

Il Nichilista offre un resoconto dei file in rete nonché un commento a questa insolita guerra editoriale. Conclusione, il risultato finale non può che essere favorevole ai lettori: “più articoli, più analisi, più commenti, più data journalism, maggiore copertura, ulteriori collaborazioni inedite tra testate”. Tanto più che The Guardian e The NYT hanno acquistato il materiale segreto da un’altra fonte essendo in rotta con Assange.

Probabilmente, qualora l’inquilino della Casa Bianca avesse un cognome con qualche assonanza a quello dei Bush, niente sarebbe successo. C’è da abbattere l’uomo nero e Guantanamo è un’ottima arma. Obama aveva dichiarato in campagna elettorale che Guantanamo sarebbe stata chiusa. Ribadì il concetto una volta eletto. Guantanamo non è mai stata chiusa, ancora oggi contiene circa 170 detenuti. Obama ha dovuto cedere all’evidenza: chiudere Guantanamo significa dover prendere in esame le responsabilità di una vergogna così grande. Significa aprire commissioni di inchiesta e processare generali, forse anche ex presidenti. Guantanamo è l’isola del disumano, la porta oltre la quale è sospesa qualsiasi legge, dove il diritto non entra. Così, pubblicarne i documenti segreti diventa un mezzo per colpire chi invece ha taciuto pur vedendo l’orrore. Pur avendone fatto uso in campagna elettorale. E se i Cable Logs erano un attacco alla sicurezza di una nazione nonché del suo sistema di relazioni internazionali, un pericolo tale da avallare l’uso di strumenti di guerra informatica, di sospensione del diritto di espressione in internet, di procedimenti di restrizione della libertà personale del padre del sito Wikileaks, anche imbastendo su di lui accuse di difficile dimostrazione, i Gitmo files danno “nuovo risalto alla stupidità del freddo e incompetente sistema” (Julian Glover, The Guardian).

Ora davvero sappiamo, ora abbiamo i documenti, abbiamo le trascrizioni delle interviste ai detenuti […] Un sistema progettato non per la giustizia ma per elaborare e fornire informazioni dei detenuti, come se non fossero esseri umani, ma elementi di dati digitali in una macchina demente di stoccaggio dati, programmata sempre a respingere la risposta “No, non è stato coinvolto” (Julian Glover, The Guardian).

Già, la vecchia storia della stupidità della macchina burocratica. Qualcosa di simile emerse anche studiando i campi di concentramento nazisti: il detenuto è un numero su una tabella, sottoposto a criteri di efficienza, smaltito quando necessario, per pura meccanica burocratica, pur seguendo un progetto di eliminazione delle anomalie da un certo criterio di normalità assunto come riferimento. Ora sappiamo, scrive Glover. Invece sbaglia. Noi già sapevamo. Sapevamo tutto. E siamo colpevoli del silenzio. Queste le giuste parole. Chi doveva vedere per tempo e condannare, non l’ha fatto. Soprattutto chi doveva informare l’opinione pubblica dello scempio dei diritti umani perpetrato a Guantanamo, non si è mosso dalla sedia. Naturalmente il “sistema” non è perfetto. Per merito dei media indipendenti, dei veri giornalisti che sono andati là a vedere e a testimoniare, qualche notizia circa le barbarie di Guantanamo già era emersa. Eppure si sono avallate, senza criticità alcuna, le giustificazioni del potere: “è stato un male necessario per sconfiggere il terrorismo di al-Qaeda”. I disvelatori di menzogne di oggi erano così proni quando l’amministrazione Bush ordinava le extraordinary renditions. Per questo riesce difficile credere che dietro al grande dispiego di mezzi editoriali di The Guardian e del The New York Times ci sia la sola volontà di far concorrenza ad Assange.

The New York Times: il mondo commenta lo scandalo Berlusconi-Ruby

Negli scorsi giorni, il mondo anglosassone ha potuto specchiarsi nel nostro sex-scandal. Berlusconi e  il sesso con la minorenne. Sex, drug and Silvio. Sì, certo: solo di sesso si è parlato. Nessun giornale straniero ha minimamente preso in considerazione il risvolto legato al rapporto di Berlusconi con la giustizia. Perché rifiutarsi di farsi interrogare dai magistrati? I giornali stranieri, e in particolare quelli americani, hanno accostato il caso B. a quello celeberrimo di Bill Clinton. Con la discriminante evidentissima che quella di Clinton fu una scappatella extra coniugale, quello di B. un vero giro di super squillo a pagamento. Non so se notate la differenza.

Sul The New York Times è stato aperto un forum sul caso Berlusconi. Questo il tenore dei commenti. Si passa dall’antropologismo culturale al maschilismo, a teoremi d’invidia di classe. Ho provato a tradurre alcuni passaggi.

Durante la presidenza di Bill Clinton ero sposata con un cittadino italiano che ha pensato che non ci fosse nulla di sbagliato in quello che Clinton ha fatto. Cercando di insultarmi, mi ha chiamato moralista. Non ho dubbi che con il suo cornetto mattutino e il caffè espresso, sta leggendo La Republica e applaude il signor Berlusconi. Uomini europei (alcuni, molto) hanno un modo diverso di pensare. (Giusto per essere chiari, Ero sposata, non più). Ho detto basta (Amy Ahlert, Philipse Manor, N.Y.).

Le persone che stanno attaccando Berlusconi lo stanno facendo così, inconsciamente, sapendo che non si può avere niente di tutto questo lusso, anche a metà dei propri anni. E ‘solo lo sfogo dei non abbienti. Lasciate che l’uomo abbia il suo divertimento, fino a quando egli non utilizza le casse dello Stato per i suoi affari e fa il suo lavoro (di primo ministro) di destra (Dewan Jaglul Central Florida).

L’età del consenso (per avere rapporti sessuali) in Italia e Germania è di 14 in Francia e Svezia, 15. Tu e io possiamo non essere d’accordo ma questa è la legge in questi paesi. Quindi abbiamo un 74 anni, con più soldi che neanche Creso [trentesimo e ultimo sovrano della Lidia, 506-561 a.C.] potè contare, fa affidamento sul suo pacemaker al fine di avere rapporti sessuali consensuali con belle giovani donne (Rosario Exeter NH).

… E questo sarebbe il ragazzo che castiga i gay ad ogni occasione che ha. Vergogna!!! (westcoastkid San Diego, CA)

Sono stato spesso in Italia ultimamente. Gli Americani non possono avere un’idea in ciò che sta accadendo. Immaginate il presidente proprietario di Fox News e controllore di quel che accade negli altri canali televisivi, e che possieda due giornali. Immaginate che un giorno un politico va all’opposizione (come per esempio Fini ha fatto), i titoli urlano della sua presunta irregolarità per settimane, e quando queste scorrettezze si scoprono essere solo invenzioni, ignorano i fatti. Immaginate un magistrato seguito da un cameraman per tutto il giorno essere ridicolizzato per ore perché aveva messo su i calzini viola. Immaginate talk-show invasi dai Berlusconians che letteralmente urlano tutto il tempo e non lasciano nessun altro finire una frase. Questo è ciò che sta accadendo (Eduardo, Uruguay).

La maggiore preoccupazione per queste squallide storie dovrebbe essere incentrata sulla sicurezza nazionale e il fatto che il capo di un governo di una grande nazione europea è soggetto al ricatto. Per quanto riguarda l’uso del termine “stupro”, in Italia l’età del consenso è 14. Anche se la prostituzione non è illegale qui, aver fatto sesso con una prostituta di età inferiore ai 18 anni è un reato grave. Anche se il comportamento di Berlusconi da molti è visto come intrattenimento, non dovrebbe essere così. Piuttosto, il suo comportamento e la sovversione del processo parlamentare per il beneficio personale e la sua tutela giuridica è una tragedia per tutti gli italiani e per l’Europa. L’Italia soffre anche della debolezza dell’opposizione politica incapace in frenare l’abuso dell’arroganza del potere da parte di Berlusconi. Questo sottolinea l’importanza in avere un’opposizione forte e competente in politica di governo per il bene del popolo (American in Rome).

Vedo che c’è molta confusione nei commenti. Berlusconi è indagato per non aver fatto sesso con una minorenne, ma per aver assunto una minorenne come una prostituta, e per aver usato il suo status per liberarla dopo che era stata arrestata per furto (l’accusa sostiene che ha fatto ciò per impedire che venisse divulgato il primo reato). Indipendentemente da ciò che è il valore del diritto in un paese come l’Italia, entrambe le azioni sono considerate come reato, almeno sulla carta, e l’accusato non è un cittadino normale, ma il primo ministro di un paese membro del G8 (PP Tuckahoe, NY)

Silvio Berlusconi è il politico più onesto del mondo. Non ha mai promesso di fare il suo grande paese, ha promesso solo di farsi grande. Non ha mai rappresentato i valori della famiglia, i diritti umani, la giustizia universale o il miglioramento della società. Rappresenta solo se stesso e i suoi amici. Sapendo tutto questo, l’elettorato italiano ha votato per lui, e gli ha dato la possibilità di farsi anche più ricco. Solo per questo motivo merita di andare avanti, a differenza della truffa Obama che ha promesso per ripristinare i diritti umani del mondo nei confronti degli Stati Uniti e chiudere Guantanamo. Berlusconi ha adempiuto in tutto e per tutto la sua campagna si impegna per farsi più potente. Obama deve ancora raggiungere un tale successo nei suoi obiettivi dichiarati (Alan Spain).

E via discorrendo. Per chi volesse divertirsi e continuare a vergognarsi, questo è il link:

http://community.nytimes.com/comments/www.nytimes.com/2011/01/19/world/europe/19italy.html

Crisi del Debito, The New York Times indica la road map ai mercati: attaccare Belgio e Italia

Per il secondo giorno, The New York Times si ricorda del debito italiano e si mostra preoccupato per le nostri sorti. In un’analisi pubblicata anche sul sito web viene disegnato un prospetto politico-economico del nostro paese che riflette per intero le riflessioni di ieri di Paul Krugman, nonché quelle fatte dal Financial Times e le considerazioni della Frankfurter Allgemeine Zeitung: più che le condizioni macroeconomiche, ciò che è apertamente un fattore negativizzante per il nostro paese è la classe politica. E in Europa non siamo soli in quanto a masochismo politico, poiché anche in Belgio la sfera pubblica è allo sfascio e l’ingovernabilità di fiamminghi e valloni sembra endemica:

Italia e Belgio hanno molto in comune: entrambi sono meno dipendenti da creditori esteri di Grecia o Irlanda. Ma ognuno è afflitto da una grave disfunzione politica, che ha sollevato la questione se possano mai ripagare una montagna di debiti, rispettivamente, il secondo e il terzo debito più pesante nell’unione monetaria europea dopo la Grecia (Worries About Italy and Belgium in Euro Zone, By LIZ ALDERMAN, The New York Times).

Sia in Italia che in Belgio ci sono tendenze centripete che sono volte alla dissociazione della comunità politica: fiamminghi e valloni in Belgio, Nord e Sud in Italia. Le riforme istituzionali sono ben lungi dal calmare il dibattito politico sempre più infiammato. A coronare tutto ciò, debiti pregressi che pesano più del PIL di circa il 18% (debito/pil Italia 118%). Nell’articolo non si tralasciano i pochi dati positivi, fra cui il tasso di crescita del debito italiano, inferiore persino a quello tedesco nel biennio 2008-2010.

L’Italia ha fatto un lavoro migliore di Grecia a mantenere la sua finanza in ordine durante la crisi del debito. Il ministro italiano dell’Economia, Giulio Tremonti, prudentemente ha tagliato la spesa pubblica e ha revisionato il costoso sistema pensionistico con la benedizione del governo del primo ministro Silvio Berlusconi […] il debito emesso dal governo è diviso quasi equamente tra investitori stranieri e italiani […] Le banche italiane, a differenza dell’Irlanda, sono relativamente sane e non hanno bisogno di un salvataggio (ibidem).

Ma il guaio italiano è che manca la crescita. Il PIL è fermo. E ciò non può certo fare del bene ai mercati. In primis, gli sforzi fatti dai governi “nel corso degli anni per migliorare la crescita hannofallito”; la crisi finanziaria globale si è quindi trasformata in crisi della produzione industriale, “un pilastro dell’economia italiana”; infine, “i datori di lavoro non sono riusciti a migliorare la competitività, limitando i salari o aumentare la produttività”. L’Italia nemmeno può ricorrere alle svalutazioni competitive che negli ani ottanta salvarono capra e cavoli. Abbiamo aderito all’Euro, non siamo più liberi “di svalutare la propria moneta per rilanciare la crescita”.

Le preoccupazioni sono aggravate da una persistente crisi politica che verrà a una testa in un paio di settimane per il signor Berlusconi, la cui capacità di resistenza possono essere testati a seguito di una serie di scandali sessuali e l’economia rifluisce. Egli deve affrontare una fiducia voto di questo mese che potrebbe portare al collasso del suo governo conservatore (ibidem).

Ecco, questa rinnovata attenzione per il nostro paese da parte dei giornali americani può essere lo spettro della prossima tappa della crisi del debito, crisi che si muove nei mercati a ondate di irrazionalità. Certo, gli USA non hanno alcun interesse nel danneggiare l’Euro; grazie al dollaro debole, hanno finanziato un deficit del 14% sul PIL e non hanno certo bisogno che il dollaro si apprezzi, anzi, la FED prega affinché i verdoni rimangano pari alla carta straccia. Viceversa, i big dei mercati finanziari devono puntare il loro fucile verso ciò che dell’Euro non li convince, ovvero la politica economico-finanziaria slegata, lasciata ai governi dei vari paesi. La crisi del debito si risolverà solo con un’altra delega di sovranità verso l’Unione Europea, che avverrà fose con un nuovo trattato che unifica le politiche finanziarie. E’ ciò a cui stanno puntando le mani invisibile che stanno dietro ai mercati. La ragione è che devono esser sicuri di dove mettono i loro soldi, e se ci fossero dei bond europei, questi farebbero loro molto comodo, per cambiare quei dollari che non contano più nulla di cui hanno le tasche piene. Ma per fare ciò devono demolire la grandeur della Germania. Lo diceva ieri Krugman: la Germania deve smettere di essere il dominus dell’unione monetaria. Difficile che ciò accada, almeno finché governa la Merkel. Allora, meglio puntare in alto, al debito dei debiti, quello dell’Italia: poiché l’Euro non esisterebbe senza l’Italia, e l’Italia allora non potrà mai fallire, sennò fallisce l’Unione, e con essa la Germania.

Marea Nera, BP usa un solvente tossico

L’Armageddon ha il volto mostruoso della Marea Nera. Un disastro colossale. Basta? No, perché la BP sta impiegando tutti i mezzi a sua disposizione per fermare il greggio disperso nel Golfo del Messico. A mali estremi, estremi rimedi. Pure il Corexit, un forte solvente gravemente tossico per gli animali.

Il Corexit è un solvente prodotto dalla NALCO, un’azienda chimica americana. Secondo la NALCO, “quando il disperdente COREXIT è dispiegato sul petrolio sversato, l’olio è suddiviso in piccole goccioline bio-degradabili che subito affondano sotto la superficie dove continuano a disperdersi e bio-degradarsi”. NALCO offre l’impiego di Corexit come tecnologia per la protezione delle zone costiere: “i più importanti test, sia a Louisiana State University che all’Università di Miami, hanno mostrato chiaramente che COREXIT EC9580A può salvare le mangrovie e le erbe palustri, specie se applicato precocemente dopo la colata di olio” (http://www.nalco.com/applications/corexit-technology.htm).

Sembra tutto oro. E invece si scopre che il Corexit è il solvente più tossico della sua categoria. Ci sono alternative al Corexit che BP non può adottare perché semplicemente sprovvista:

BP non dispone di uno stock di disperdenti diversi che soddisfano i criteri di cui alla Direttiva del 19 Maggio [essere meno tossici], ed i produttori dicono che non possono produrre la quantità richiesta per i prossimi 10 o 14 giorni o forse più (BP: We Have to Use Corexit Because No One Tests for Endocrine Disruptors – emptywheel).

BP si difende sostenendo che l’alternativa, un solvente chiamato Sea Brat #4 può degradare in un ‘nonylphenol’ (NP), un potenziale distruttore endocrino e il produttore non ha il tempo necessario a valutare sperimentalmente l’incidenza di questi effetti sulla fauna e sull’uomo. I ‘distruttori endocrini’ sono associati a numerosi problemi biologici, quali il cancro e i disturbi agli apparati riproduttivi.

L’Environmental Protection Agency (EPA), l’agenzia di protezione ambientale americana, non ne ha mai testato a lungo gli effetti, sebbene li abbia approvati. BP ha impiegato circa 700.000 galloni – circa 2.800.000 litri – sulla superficie del Golfo del Messico. Dopo i primi rilevi della EPA, la BP ha cercato di contattare la Polychemical USA Corporation, società chimica americana, che produce il Dispersit SPC 1000, ma non ha finora fatto alcun ordine.

Il disastro si somma all’uso massivo di questo solvente a cui sembra non esserci un’alternativa valida a breve termine. Il governo degli USA dipende da BP per la soluzione della crisi ambientale, ma BP sembra non essere all’altezza del compito richiestole e i tentativi messi finora in campo sono volti solo ad una riduzione dello sversamento in mare.

Oggi il The New York Times ha innescato una polemica contro l’amministrazione Obama, rea di aver violato la moratoria sulle trivellazioni off-shore che essa stessa ha disposto dopo il disastro della piattaforma del golfo del Messico.

“Almeno sette nuove autorizzazioni per diverse tipologie di foratura e cinque deroghe ambientali sarebbero state concesse, e questo in base ai documenti […] I documenti indicano anche che, fin dal 20 aprile, giorno della esplosione della piattaforma, i ‘regulator’ federali hanno concesso almeno 19 deroghe ambientale per i progetti di perforazione del Golfo e almeno 17 permessi di trivellazione, la maggior parte dei quali sono stati emessi per tipi di lavoro come quello sul Horizon Deepwater poco prima che esplodesse, versando una corrente incessante di petrolio nel Golfo del Messico – The New York Times.

Un funzionario dell’Interno ha dichiarato che la moratoria era intesa soltanto a arrestare la trivellazione di nuovi pozzi, e non invece a fermare progetti di perforazione su piattaforme esistenti. La moratoria sarebbe così una soluzione di facciata, troppo debole per evitare nuovi incidenti. C’è chi parla di una ‘Katrina’ per Obama, cercando un parallelismo fra il disastro ambientale vissuto da New Orleans durante la presidenza di George W. Bush e quello odierno. Ma Obama dipende da BP molto più di Bush dall’uragano. Bush avrebbe potuto fornire una migliore assistenza alle vittime del disastro, Obama non può che affidarsi ‘agli occhi e alle oerecchie’ di BP, le uniche in grado di raggiungere la profondità del pozzo.