Mali, i francesi stanno per prendere Timbuctu

Lo scrive The Guardian dopo che ieri sera tardi i militari francesi hanno annunciato di aver raggiunto e liberato la città di Gao, sede di un importante aeroporto internazionale. Sarebbero appena 600 i militari francesi alla testa di una truppa composta da maliani, ciadiani e nigeriani. Timbuctu, insieme a Gao e Kidal, è una delle città più importanti del Sahel cadute sotto il controllo degli jihadisti. Questi ultimi non sembrano poter opporre una grande resistenza e sembrano sul punto di trattare la liberazione di un ostaggio francese, Gilberto Rodriguez Leal, rapito lo scorso Novembre nell’ovest del Mali.

Soldati francesi in Mali (www.saharamedias.net)

Soldati francesi in Mali (www.saharamedias.net)

Ripercorri la storia della guerra nel Mali del Nord, dalla insurrezione di MNLA al caos di Bamako, alla distruzione dei monumenti di Timbuctu, alle bombe francesi.

Nel Mali è guerra aperta fra Tuareg e Jihadisti

Da venerdì scorso sono scoppiati violenti scontri fra il Movimento Nazionale per la liberazione dell’Azawad e i gruppi jihadisti di AQMI e Mujao, nel nord del Mali, presso la città di Menaka. I guerriglieri di Mujao sono riusciti a bruciare tre vetture appartenenti al MNLA e sembra che i tuareg abbiano dovuto abbandonare la città di Menaka. Proprio da Menaka era partita la loro rivolta, lo scorso Gennaio. Le tensioni erano aumentate anche in corrispondenza della cittadina di Anhengyu, che si trova a 100 km dal Gao, verso nord, dopo che il MNLA aveva arrestato otto membri del Mujao, uccidendo uno di loro in circostanze misteriose, considerate da Mujao un vero e proprio “atto di vendetta”. Secondo l’ANSA, “nella battaglia [di Menaka] avrebbero prevalso i guerriglieri del Mujao, grazie anche all’aiuto di miliziani di al Qaida nel Maghreb islamico, che avrebbero avrebbero dato man forte agli alleati”. Saharamedias.net rivela che gli scontri sono andati avanti per ore e che MNLA avrebbe avuto perdite gravi. AQMI avrebbe attaccato il gruppo dei Tuareg con ben sedici auto dotate di armi pesanti. Dal proprio canto, il portavoce del MNLA, riporta Sahara Medias, ha negato che i tuareg hanno perso il controllo della città, ha rivendicato il successo della battaglia di Tagrengbuet, che si trova a 50 km dalla città di Anhengyu, vicino al confine con il Niger e che AQMI avrebbe subito pesanti perdite, e ciò sarebbe testimoniato dai medici della città di Gao, secondo i quali sarebbero arrivati più di 100 feriti combattenti di Mujaoe di AQMI all’ospedale della città.

Intanto, il primo ministro del governo provvisorio di Bamako, Modibo Diarra, ha detto, mentre era in visita nella capitale del Burkina Faso, che il dialogo con le parti ribelli “non è inevitabile”. Essi sono nostri cittadini, ha detto.

Anche la Germania alla guerra in Mali

Angela Merkel ha annunciato oggi che le truppe tedesche della Bundeswehr parteciperanno alla missione Onu nel Mali del nord. Vi ricordo che il paese centrafricano è spaccato a metà dalla rivolta Tuareg di marzo poi seguita da un golpe militare nella capitale Bamako e dalla progressiva sostituzione del debolissimo MNLA con i gruppi jihadisti di Ansar Edine, AQMI e Mujao. Recentemente, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon, ha scelto l’ex presidente della Commissione Europea Romano Prodi quale mediatore dell’area per ottenere il più largo consenso possibile per una missione Onu che – contrariamente a quel che si dice – non sarà di pace ma di guerra e avrà l’obiettivo di spazzar via le organizzazioni jihadiste. Prodi ha incontrato la scorsa settimana il presidente della Nigeria e sarà in questi giorni a New York. In discussione non è se intervenire militarmente o meno, ma come e con chi. Quasi certa la partecipazione francese, che schiererà i propri cacciabombardieri e i droni. La Germania fornirà sostegno tecnico e formativo alle forze di Bamako, sostiene John Leithauser sulla Faz.

Intanto nell’area intorno a Timbuctu e Gao si stanno concentrando gruppi di volontari jihadisti provenienti dal resto del Sahel e dal Sudan. I portavoce di alcune organizzazioni islamiste non coinvolte nelle occupazioni, avvertono che nessuno sarà al sicuro dalle fiamme della guerra e che sperano ancora in una mediazione pacifica. Essi credono che la guerra franco-tedesca sarà mossa soltanto dagli interessi sulle ricchezze minerarie dell’area, non già da concrete preoccupazioni sulla pericolosità jihadista.

Invece, il gruppo MNLA, il movimento di liberazione nazionale dell’Azawad, ha stretto un accordo con il Gruppo Islamico Armato. Il GIA controlla alcune consistenti aree del nord del paese. MNLA era stato ricacciato ai confini con il Niger dalla violenza degli jihaidisti di Ansar Edine. L’accordo ricalca un trattato simile firmato – poi disatteso – dal medesimo MNLA e dalla più temibile Ansar Edine.  Non è chiaro come il MNLA si possa collocare nel quadro generale del conflitto, ma certamente l’intervento ECOWAS-Onu sarà rivolto a restaurare il potere di Bamako sull’area, quindi a cancellare il sogno tuareg della indipendenza del Sahel.

Mali, l’Azawad e l’escalation jihadista

Questo post rimanda a un eccellente articolo di Anna Mahjar-Barducci pubblicato su Agenzia Radicale, semplicemente molto illuminante sulla situazione attuale nel Mali, dopo l’aggravarsi del predominio di Iyad Ag Ghali, del suo Ansar Dine e degli jihadisti salafiti di AQMI.

AQIM vuole disperdere MNLA e prendere il controllo dell’area. AQIM non ha interesse a negoziare con il Mali, vuole che Azawad diventi un paese senza abitanti, un’area strategica in Africa, in cui poter espandere le proprie attività. Il 27 giugno il quartier generale del consiglio di transizione dello stato di Azawad (CTEA, stabilito il 7 giugno e guidato dal MNLA), è stato attaccato a Gao da AQIM, MUJAO (che è un gruppo con base a Gao) e Boko Aram. In seguito a questa battaglia, il MNLA ha forzato la ritirata dai principali centri in Azawad e sta rivedendo i propri piani politici e militari. Durante la battahlia, però, il MNLA ha dato un doloroso colpo ad AQIM uccidendo il suo presunto capo, Moktar Belmoktar. Il giorno della battaglia, il MNLA ha compreso che Ansar Dine non ha il controllo della situazione, ma piuttosto AQIM e che non si sarebbe raggiunto nessun accordo con Iyadh, che ora è vicino ad AQIM.

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In Mali gli islamisti di Ansar Dine pronti a trattare con ECOWAS

La situazione in Mali si è ulteriormente modificata in una modalità poco prevedibile e che ha visto il gruppo islamico jihadista di Ansar Dine, capeggiato da Iyad Ag Ghali, accettare la mediazione del Burkina Faso ed aprire ad una trattativa sul destino del nord del paese che da Aprile è separato dalla capitale Bamako in seguito alla insurrezione Tuareg del MNLA.

L’ECOWAS, sorta di comunità economica africana, ha raggruppato circa 3000 uomini ai confini, in attesa di un mandato Onu, ma il Consiglio di Sicurezza è poco interessato alla vicenda e soprattutto non intende avallare il piano francese di un attacco contro i rivoltosi, un “intervento abbastanza ravvicinato” per usare i termini impiegati da François Hollande durante la visita del primo ministro maliano, Diarra, avvenuta negli scorsi giorni. L’obiettivo di Parigi è chiaro: attaccare il nord per liberarlo dai gruppi islamici e dai tuareg per “popolarlo” con le sue multinazionali (Total in primis). La Francia è stata in conflitto di interessi sin dal principio poiché si sospetta che dietro il gruppo MNLA ci sia la mano dell’emiro del Qatar, a sua volta grande amico dell’ex presidente francese Sarkozy. Sarkozy avrebbe lasciato fare all’emiro con l’obiettivo di aprire parte del Sahel al mercato francese e farne un territorio di salvaguardia delle terre rare, diventate motivo di contesa con la Cina, a sua volta molto presente nell’area dell’Est Sahara con acquisizione di concessioni di sfruttamento delle terre presso i governi locali (si legga per approfondimento Arturo Gallia IL RUOLO DELLA CINA IN AFRICA TRA INTERESSI ECONOMICO-POLITICI, SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE NATURALI E CONFLITTI SOCIALI, Intervento presentato alla Conferenza di Studi Africanistici, 30 settembre – 2 ottobre 2010).

La politica cinese è “in netto contrasto con l’approccio allo sviluppo perseguito dai governi occidentali” (Gallia, cit.) in quanto è una politica senza condizioni, mentre quella occidentale è una politica di insediamento economico che presuppone l’accettazione delle priorità degli Occidentali: se ciò non avviene, essi procedono con i propri mezzi militari alla demolizione dello status quo per l’edificazione di strutture istituzionali presunte “democratiche” ma opportunamente addomesticate sul piano delle relazioni internazionali. Ciò ha indotto gli osservatori a parlare di un Beijing consensus in contrasto proprio con il Washington consensus, fondato sulle priorità imposte da Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale e investitori occidentali. Il Beijing consensus tende a promuovere l’integrità sovrana degli stati africani laddove il Washington consensus tende a sostituirla.

Quanto sta accadendo in Mali può essere inteso o come un tentativo francese di mettere un freno a questa espansione “incondizionata” cinese (il gruppo MNLA appare così disorganizzato militarmente e poco potente politicamente da far pensare che sia solo una scatola vuota, una sigla costruita altrove) o come un effetto diretto di questa espansione. L’idea di fondo è che la Francia, per mezzo del Qatar, abbia alimentato la rivolta per poi giustificare un suo intervento militare; che Ansar Dine si sia trovata solo per caso nel mezzo degli scontri e che la conquista di Gao da parte degli jihadisti sia stata solo un caso, giustificato dalla estrema debolezza delle forze armate maliane. E che ora, messi in mezzo i gruppi qaedisti di AQMI e Mujao, la situazione sia sfuggita completamente di mano, producendo le condizioni per la creazione di un Afghanistan a due passi dall’Europa.

Nel Mali l’Azawad indipendente è una polveriera jihadista

Il giornalista-scrittore Serge Daniel, in una intervista rilasciata al giornale online El watan, testata francofona algerina, racconta di AQMI e del suo ruolo nell’indipendenza dell’Azawad. Daniel è autore di un libro intitolato “AQMI, l’indusria dei sequestri di persona” ed è un profondo conoscitore del movimento islamico indipendentista che ha avuto ed ha tuttora un ruolo nella secessione del nord del Mali ad opera dei Tuareg del MNLA. Gruppi legati a AQMI e ad Ansar Edine occupano città come Gao e Timbuctu ed hanno imposto la Sharia. I Tuareg non sembrano avere la potenza economica dei jihadisti, arricchiti dai traffici di droga dalla Colombia e dalla pratica dei sequestri di persona.
Secondo Serge Daniel, AQMI ha modificato la propria ragion d’essere e da fabbrica di sequestri si sta trasformando in una organizzazione statuale di natura islamica. Questo è possibile perché “ha già dieci anni iniziato l’operazione sotto copertura installando cellule dormienti nel nord del Mali, e quindi, già cinque anni fa, installando strutture attive, pienamente calate nel tessuto di alleanze dell’organizzazione”.

All’entrata dei jihadisti in Timbuktu, gli indigeni sono stati sorpresi nel vedere tra gli assalitori, giovani provenienti da Timbuktu che avrebbero dovuto essere in Libia o altri paesi del Magreb, a lavorare per aiutare la famiglia rimasta fisicamente sul luogo. Ora sappiamo, questi bambini erano in rimasti nel Sahel, ed inviavano denaro alle famiglie in Timbuktu tramite AQIM. E poiché questi soldi molte volte erano in euro, si potrebbe pensare che si trattasse di una parte dei riscatti pagati dai paesi occidentali. E ‘molto interessante notare che il Mujoa (Movimento per l’unicità e la jihad in Africa Occidentale), si era stabilito a Gao e non a Timbuktu. Il capogruppo è, naturalmente, un mauritano, ma Mujoa è una cella composta principalmente da Arabi di Tilemsi, un’area geografica che corrisponde in parte alla regione di Gao (Remi Racine per El Watan).

Fra AQMI, Mujao e Ansar Edine c’è sempre un collegamento, una connessione. Sono comunque jihadisti e sanno da che parte stare. Il gruppo di Mujao è stato formato da giovani mauritani affiliati a AQMI che si stavano “annoiando” ed hanno voluto creare una organizzazione militare di secondo livello. Così, “per dimostrare che sono cresciuti e avrebbero potuto giocare in grandi campionati, hanno cominciato a rapire gli ostaggi (due spagnoli e uno italiano – parla di Rossella Urru, ndr), nel cuore del territorio rivendicato dal Fronte Polisario“. Il simbolismo è forte. Il Mujao ha fatto un debutto sensazionale, secondo Serge Daniel.  Dovrebbe essere costituito da almeno 70 membri permanenti.

AQMI è una società che dispone di diverse centinaia di combattenti ed ha molti complici nel Sahel. In termini di armi, afferma Daniel, non vi è alcun dubbio, l’AQMI è sovra-armata. Nel marzo scorso, per aiutare la rivolta dei Tuareg e di Ansar Edine, AQMI si è infiltrata nella rete di comunicazione dell’esercito del Mali. L’altro punto di forza di AQMI l’intelligence. Ha reclutato tutte le tribù locali. Ci sono una serie di fazioni di Tuareg, ma vi sono essenzialmente sei tribù nel nord del Mali: il Iforas i Imrades i Idnanes le Imouchars, e la Kel Essouks Daoussak. AQMI ha reclutato tutte queste tribù (El watan, cit.).

AQMI funzionerebbe quindi da organizzazione di raccordo di tutte queste tribù, di Mujao e di Ansar Edine.  Ha giurato fedeltà ad Al Qaeda, mentre il Mujao non l’ha ancora fatto. Questo è importante. Il Mujao ha, per ora, è come”un fascio di elettroni liberi” nel Sahel, e sta cercando una direzione. In fondo, ha gli stessi obiettivi di AQMI. E AQMI si è arricchito grazie ai sequestri: “la Spagna ha pagato 8 a 9 milioni di euro per ottenere la liberazione degli ostaggi; il Canada pagato qualche milione di euro, l’Austria ha pagato tra i 2 e 3,5 milioni di euro per il rilascio di due austriaci; l’Italia ha pagato 3 milioni di euro per liberare i suoi cittadini; nel 2002/2003, la Germania pagò 5 milioni di euro per la liberazione degli ostaggi europei, la Svizzera è stata anche generosa con i rapitori”, sostiene Daniel.

Paesi come la Gran Bretagna non è pagano mai riscatti. Questa è la linea da difender (peccato che poi tentino dei blitz infelici, come nel caso Lamolinara, ndr). Attualmente, per il rilascio degli ostaggi europei, l’Europa è disposti a mettere circa 200 milioni di euro sul tavolo. E’ una somma enorme che consentirà a AQMI di reclutare uomini, comprare armi, compiere attacchi.

Secondo Daniel, il MNLA non sarà in grado di controllare la zona, né Ansar Edine, il cui scopo è solo quello di organizzare distribuzioni di cibo per le popolazioni indigen e ridistribuire le proprietà. Solo AQMI ha le risorse per proseguire la secessione e resistere ad eventuali azioni repressive (è di ieri la notizia che Ecowas manderà un contingente nel Mali per ripristinare lo status quo precedente all’insurrezione Tuareg).

Il leader del islamista di Ansar Dine, Iyad Ag Ghaly, è molto conosciuto in Algeria. Nel 1990, poi nel 2006 divenne capo della ribellione tuareg nel nord del Mali. Ma se era sempre il primo a fare la guerra, era sempre il primo a fare la pace. Il 10 Aprile 2012, Iyad Ag Ghaly, chi era contro la secessione del Mali, ha preso contatti con il Consiglio superiore islamico del Mali e chiese di raccogliere i soldati dell’esercito del Mali arrestati durante i combattimenti. Iyad Ag Ghaly sarà fondamentale nei futuri negoziati. Si comincerà sulla linea mediana tra AQIM e il ribelle MNLA, se è “l’opzione della pace” che sarà finalmente scelta dal governo del Mali.

Dal Mali in guerra fuoriescono tre civili spagnoli

Saharamedia.net rivela che oggi un’auto, una (pick up?) Toyota carica di armi, ha raggiunto la frontiera con la Mauritania. A bordo di essa vi erano tre militari maliani e – a quanto pare – tre civili spagnoli. La loro identità è finora sconosciuta. I tre militari si sono arresi alle autorità mauritane. Nulla è dato a sapere dei tre spagnoli. L’auto era per l’appunto carica di armi e munizioni. La notizia è stata divulgata stamane dal sito di informazione online, Sahara Media. Sia chiaro, è solo una supposizione: ovvero che due di questi tre spagnoli siano i cooperanti rapiti insieme a Rossella Urru.

Ho cercato conferme a questa notizia su Internet, senza successo.

Intanto la Giunta militare golpista capeggiata da Sanogo ha preso accordi con l’ECOWAS, una sorta di Comunità Economica dei Paesi dell’Africa Occidentale: in cambio della cessione del potere al presidente del parlamento e alla tenuta di nuove elezioni presidenziali fra due mesi circa, l’ECOWAS procederà ad una azione militare repressiva nei confronti dei ribelli del nord del Mali. Si parla pertanto di un intervento di truppe militari algerine, marocchine, mauritane e forse nigeriane. La situazione, insomma, si complica.

Timbuctu divisa fra Qaedisti e Tuareg aspetta le bombe francesi

Così la caduta di Timbuctu nelle mani dei ribelli Tuareg ha determinato una fuga dalla città. L’esercito ufficiale maliano è in rotta, ha lasciato l’area senza combattere, appena qualche sparo, qualche elicottero in volo, nulla di più. Il golpe militare che ha agitato la capitale Bamako la scorsa settimana non ha inciso in alcun modo nel confronto bellico con i Tuareg del MNLA. Bamako è in preda ad uno stato confusionale. Reclama aiuto internazionale, ma nessun paese risponde.

Così la città è stata divisa. Il centro è occupato dal gruppo salafista di Ansar Edine. Voci parlano anche di membri del AQMI, Al Qaeda del Maghreb Islamico, i rapitori di Rossella Urru, insediatesi in alcuni quartieri della città. La parte esterna sarebbe controllata dai Tuareg. Oggi dovrebbe verificarsi l’incontro fra Mohamed Ag, Capo di Stato Maggiore nel Movimento Nazionale per la Liberazione della Azawad,e Iyad Ghali, il leader di Ansar Edine. Dovrebbero discutere delle modalità con cui dichiarare l’indipendenza dell’Azawad dal Mali.

Timbuctu si estende in forma di ferro di cavallo; è adiacente al fiume Niger e piega verso nord, nel Sahara. I suoi centri vitali sono distribuiti tra la regione meridionale e il centro della città, i quartieri con alta densità di popolazione si concentrano nel nord della città. Il MNLA è di stanza nella regione meridionale della città, oltre che nei valichi Cabara, e controlla il fiume, l’aeroporto e la zona che porta verso Bamako. Ansar Edine occupa come detto la zona centrale della città, e quindi i suoi punti vitali. La città aspetta ma è chiaro che i due gruppi si scrutano e si osservano. Non è escluso che, se l’incontro di oggi avrà un esito negativo, inizino a bombardarsi a vicenda.

E la Francia che fa? Può permettere che il Mali, sua ex colonia, venga diviso e spartito fra Tuareg e gruppi assimilabili ad Al Qaeda? Chi vive a Timbuctu pensa di no e si aspetta le bombe di Sarkozy (o di Hollande?). Il MNLA nega qualunque correlazione con Ansar Edine. Lo fa con un comunicato sul proprio sito nel quale stigmatizza gli organi di informazione del Mali e internazionale, in particolar modo France Presse, colpevole di essere l’autrice di un’opera di disinformazione globale volta a rappresentare il MNLA come un movimento di ex mercenari di Gheddafi e ora di fondamentalisti qaedisti.

Dei rapiti italiani e spagnoli nessuna notizia.

 

Il Mali cede sotto i colpi dei Tuareg

Dopo Kidali è caduta Gao, oggi Timbuctu. L’esercito maliano è in disfatta. Secondo Sahara Media il colonnello Elhadj Ag Gamou si è unito ai combattenti Tuareg. Due giorni fa il capo della autoproclamatasi Giunta Militare del Mali, Amadou Sanogo, ha lanciato un appello per un aiuto militare straniero. Viene scritto, anche sui giornali italiani – come La Repubblica – che i ribelli Tuareg si sono alleati con la cellula di Al Qaeda nel Sahel, AQMI. In realtà si tratterebbe di un gruppo minore, islamista, chiamato Ansar Edine, una formazione politico militare che vorrebbe applicare la Sharia nel nuovo stato dell’Azawad. Ma l’Azawad è la terra dei Tuareg e i Tuareg sono nomadi, seppur islamizzati, e mantengono una identità culturale ben definita.

Dire che i Tuareg si sono alleati con Al Qaeda non è completamente corretto. Il Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad (MNLA) si è formato all’inizio dell’Ottobre 2011. L’impulso per questa nuova guerra dei Tuareg (l’ultima è terminata nel 2009) è venuto alla fine del regime di Gheddafi in Libia. Tuareg di diverse tribù hanno combattuto sia per il Raìs che contro. Il comandante militare dell’MNLA, Mohammed Ag Najm è stato certamente un ufficiale libico di origini maliane ed ha servito durante il regime di Gheddafi ma si è espressamente dichiarato in disaccordo con il regime fin dall’inizio dell’insurrezione di Bengasi. Ma non si tratta di mercenari. Essi sono ex ufficiali libici di etnia Tuareg. Combattono ora per il loro vero paese.

Ansar Edine è un gruppo salafista Tuareg. Certo è difficile distinguere. La presa della città di Kidal è un punto di non ritorno. Dopo sono cadute Gao – in seguito a una sanguinosa battaglia in cui l’esercito maliano ha dispiegato persino degli elicotteri, senza evidentemente ottenere l’effetto di fermare l’avanzata dei ribelli berberi – e Timbuctu. Il nord del Mali è fuori del controllo del governo di Bamako e potrebbe suggerire alla cellula di Al Qaeda in Algeria, AQMI, responsabile dei rapimenti di Rossella Urru e dei due cooperanti spagnoli, di iniziare attività terroristiche o di guerriglia in territorio algerino. Aveva ragione Giulio Sapelli sul Corriere: la caduta di Gheddafi ha spezzato l’equilibrio dell’area, importantissima per la produzione di petrolio ma anche per il traffico della droga e degli immigrati verso l’Europa. L’Azawad potrebbe nascere come narcostato, come Stato Canaglia, un nuovo Afghanistan, palestra del terrore qaedista. O forse no. Forse ci stiamo ingannando. forse siamo vittime della propaganda del governo diBamako, che già otteneva i soldi e le armi dalla Comunità Internazionale per combattere il Terrore di AQMI, soldi che invece hanno ingrassato le tasche dell’ex presidente ATT, Amadou Toumani Touré, deposto dai militari.

Cosa succederà se la guerra coinvolgerà l’Algeria? Cosa farà la Francia, da sempre dominus dell’area? Le elezioni presidenziali in Francia saranno discrimine per un intervento militare straniero, come è successo per la Libia, questa volta però in chiave conservativa, anti-ribelli? Oppure anche Francoise Hollande vede nell’Azawad una minaccia agli interessi francesi?

Il Golpe in Mali complica le trattative per liberare Rossella Urru

E’ in corso in Mali, nella capitale Bamako, un tentativo di colpo di Stato da parte di una sezione ribelle dell’esercito. Stando alla ricostruzione riportata su Il Fatto Q, la “scintilla è scoppiata nel campo militare di Kati, a una quindicina di chilometri dalla capitale, durante la visita del ministro della Difesa, Sadio Gassama”. Alcune decine di militari si sono rivoltati contro di lui, lanciandogli pietre. Gassama è quindi fuggito. Se il suo intento era quello di placare gli animi e rassicurare sull’impegno del governo di Bamako nella repressione della rivolta Tuareg nel nord del paese, possiamo dire che ha in realtà innescato una vera e propria insurrezione armata. Da Kati, i militari golpisti si sono diretti nella capitale e hanno assaltato la tv pubblica e in un secondo momento anche il palazzo presidenziale. Motivo della rivolta sono le condizioni con cui i militari sono costretti a combattere. I ribelli Tuareg del Fronte di liberazione nazionale dell’Azawad hanno “ereditato” molti degli armamenti e degli ufficiali delle ex truppe fedeli a Gheddafi, dissoltesi con la cattura del Rais. L’Azawad intende separarsi dal governo di Bamako per riunificare i popoli del Sahel, la regione intermedia tra il Sahara e l’Africa nera, a sud del Maghreb. Nella zona è operativa la cellula di Al Qaeda AQMI, responsabile del rapimento di Rossella Urru e dei suoi due colleghi cooperanti spagnoli. Molto probabilmente i tre rapiti sono tenuti nascosti in una città del nord del Mali, al confine con l’Algeria. Nelle scorse settimane era emerso che la trattativa per la liberazione di Rossella passava attraverso alcuni mediatori maliani, fra cui l’attuale presidente del Mali, Amadou Toumani Touré e uno sceicco, tale Bahla Ag Nouh. Ebbene, il primo sta per essere defenestrato; il secondo è stato ucciso lo scorso undici Marzo, tra le città di Onafis e Taodney, nel centro del paese. L’impressione è che da questo momento in poi, se il golpe dei militari dovesse concludersi con il ribaltamento dell’attuale regime, le trattative per la liberazione di Rossella dovranno ricominciare daccapo.

Rossella Urru, ucciso un intermediario. E nel nord del Mali infuria la guerra dei Tuareg

Nonostante il silenzio stampa, che in questo caso mi sento di non dover rispettare, emergono altre scarne notizie circa la sorte della cooperante italiana Rossella Urru, rapita in Algeria insieme a tre colleghi spagnoli da Al-Qaeda. Il giornale algerino al Khabar afferma che lo sceicco Bahla Ag Nouh, uno dei più importanti negoziatori nelle diverse trattative per la liberazione di ostaggi occidentali nel Sahel, è stato ucciso nel Mali. L’uccisione dello sceicco sarebbe conseguenza del fallito blitz delle forze militari inglesi per la liberazione di Chris McManus e di Franco Lamolinara. L’uomo sarebbe stato ucciso insieme ad altri tre, probabilmente uomini della sua scorta, in un’imboscata in una strada tangenziale di collegamento tra le città di Onafis e Taodney, nel centro del Mali.

Intanto la situazione nel nord del Mali, là dove si fronteggiano le truppe del governo maliano e i ribelli Tuareg, e soprattutto dove è probabile che Al Qaeda tenga ostaggio Rossella Urru, sta precipitando. La base militare di , a , nel nord del , sarebbe nelle mani dei ribelli del Movimento nazionale per la liberazione dell’ (). Sahara Media ne dà conferma citando le parole del ministro della difesa maliano. Il comandante operativo alla base del Tsalit ha deciso di evacuare la base militare temporaneamente, al fine di preservare la vita di più di 1500 civili che vi avevano trovato rifugio.

La base era circondata da settimane e il suo controllo è considerato strategico da parte dell’Mnla per via di un aeroporto e perché aprirebbe le strade a un’offensiva contro Kidal, uno dei principali centri dell’Azawad, la regione settentrionale del Mali (Atlas).

Il Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad è fondamentalmente composto di tribù Tuareg e di ex combattenti libici pro-Gheddafi. La situazione umanitaria nella zona è definita preoccupante. C’è chi parla di un forte sostegno dell’intelligence francese nelle operazioni del MNLA. Il Movimento ha un sito internet in cui si possono leggere i comunicati ufficiali. Nella home page in queste ore campeggiano i titoli trionfalistici sulla liberazione di Tessalit. Il gruppo del MNLA non è certamente da annoverarsi fra le formazioni affiliate ad Al-Qaeda. Fra due mesi il Mali andrà ad elezioni presidenziali.

La caduta di Muammar Gheddafi è un tassello importante per la costituzione dell’Mnla. Centinaia di tuareg che si erano arruolati nell’esercito libico sono ritornati in patria, fra loro anche gli “irriducibili”, capitanati da Ibrahim Ag-Bahanga (scomparso in un incidente d’auto lo scorso 26 agosto), che non avevano accettato l’ultimo accordo di pace con il governo di Bamako, firmato ad Algeri nel luglio 2006. Gli ex militari si sono uniti ai giovani del Movimento nazionale dell’Azawad (Mna, formatosi nell’ottobre 2010): intellettuali, militanti politici, blogger alla ricerca di un avvenire per il loro popolo. Dalla fusione di diverse anime, il 16 ottobre 2011 è nato l’Mnla. Con un obiettivo ben preciso: l’indipendenza dell’Azawad, la vasta fascia desertica a nord del fiume Niger, che comprende le regioni di Gao, Kidal e Timbuctu, abitate dal popolo tamasheq e dalle etnie songhai, peul, bozo, mauri (nigrizia.it).

Il movimento è quindi definibile come politico e militare, volto all’autodeterminazione dell’area, sottoposta al giogo del governo di Bamako e di funzionari di etnia bambara. Non è nemmeno lontanamente paragonabile a movimenti politici teologici che propagandano la Jihad. Bilal Ag-Chérif, segretario generale dell’Mnla, “nega categoricamente ogni contatto con l’Aqmi” (Al-Qaeda nel Maghreb islamico), il gruppo terroristico che ha rapito Rossella. Secondo MNLA, il governo di Bamako strumentalizza la presenza di Al-Qaeda nel nord del paese per richiedere forniture militari all’estero, nella cornice della lotta internazionale al terrore iniziata nel 2001. Ma il governo maliano non ha mai veramente combattuto Aqmi. Ha invece dirottato gli aiuti ricevuti nelle repressioni delle minoranze tuareg. Il Mali è uno dei paesi beneficiari del progetto ‘ Africom’, il complesso di aiuti militari che gli USA di Barack Obama hanno ‘democraticamente’ dirottato sul continente africano per combattere Al-Qaeda.